Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 3 settembre 2018, n. 5143.
La massima estrapolata:
È legittima la delibera con cui la giunta comunale sopprime l’avvocatura civica e affida all’esterno la difesa dell’ente, in quanto il potere di organizzazione contempla ampi margini di apprezzamento discrezionale, riservato al potere politico, che si sostiene nella misura in cui risulta sufficientemente motivato ed è frutto di una complessiva riorganizzazione degli uffici.
Sentenza 3 settembre 2018, n. 5143
Data udienza 12 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4685 del 2017, proposto da
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Sp., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. Li. in Roma, via (…);
contro
Ca. Pu., rappresentata e difesa dall’avvocato Or. Mo., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
e con l’intervento di
ad opponendum:
UNAEP – Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Gu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fa. Im. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Calabria – Catanzaro, Sez. II n. 99/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ca. Pu.;
Visto l’atto di intervento ad opponendum di UNAEP – Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici,
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 aprile 2018 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Sp., Mo. e Gu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con atto di appello notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Comune di (omissis), come in atti rappresentato e difeso, impugnava la sentenza resa in forma semplificata, meglio distinta in epigrafe, con la quale il TAR per la Calabria – Catanzaro aveva accolto il ricorso proposto dall’avv. Ca. Pu. avverso la deliberazione di Giunta comunale con la quale, nel quadro di una complessiva riorganizzazione degli uffici comunali, era stata disposta la soppressione, a far data dal 1° agosto 2017, del Servizio Avvocatura Civica.
A sostegno del gravame esponeva che:
a) con deliberazione n. 51 del 10 novembre 1994 il Consiglio Comunale di (omissis) aveva deciso di rideterminare la dotazione organica dell’Ente, inserendo, fra gli altri, un posto di Vice Segretario Generale e Funzionario dirigente del 1° dipartimento “Area Governo dell’Ente”, con funzione anche di legale – ottava qualifica funzionale;
b) dovendo disporre la copertura del suddetto posto, con deliberazione n. 329 del 2 dicembre 1997 la Giunta Comunale aveva proceduto alla indizione del relativo concorso pubblico, di cui risultava vincitrice l’Avv. Ca. Pu., collocatasi prima nella relativa graduatoria di merito, la quale veniva conseguentemente assunta con la ridetta qualifica ed anche con la funzione di legale;
c) in particolare, nel relativo contratto di lavoro, veniva espressamente pattuito l’inquadramento nella VIII q.f. (oggi categoria giuridica D3), con assegnazione delle relative mansioni;
d) con successivo provvedimento sindacale n. 20788 del 16.12.1999, recepito con deliberazione di G.C. n. 270/1999, l’Amministrazione aveva affidato all’Avv. Pu. il servizio “Affari Generali, Legali ed Attività Produttive”, che comprendeva una serie di tipologie gestionali che andavano dalla cura e gestione degli “affari del personale”, alla “gestione del contenzioso legale”, alla “gestione del sistema informatico”, delle “attività produttive e commerciali”, alla gestione della biblioteca comunale, fino alle funzioni di supplenza del servizio di Segreteria Generale: competenze ulteriormente ribadite e specificate con altra deliberazione di Giunta Comunale n. 280/1999;
e) poiché i compiti così affidati erano risultati particolarmente gravosi, la Giunta Comunale, con deliberazione n. 222 del 01.08.2000, la aveva dispensata dalle attività attinenti alla gestione del personale ed alla biblioteca comunale, assegnandole al Segretario Generale;
f) con delibera n. 270 del 28.09.2001 il Comune aveva poi deciso di istituire un proprio Ufficio Legale, individuandone quale responsabile proprio l’Avv. Pu., che veniva, conseguentemente, autorizzata all’iscrizione all’Albo Speciale degli Avvocati del Tribunale di Cosenza: in forza di che, con successivo provvedimento n. 327 del 30.11.2001, le erano state attribuite le funzioni esclusive connesse al neocostituito ufficio;
g) con deliberazione n. 249 del 25.08.2005 la Giunta aveva anche approvato il “Regolamento dell’Avvocatura Civica del Comune di (omissis)”, nel quale erano stati, in particolare, disciplinati i compensi e le modalità di corresponsione degli stessi nella cornice della disciplina contenuta dall’art. 26 del CCNL del 14.09.2000 (c.d. code contrattuali) Comparto Regioni ed Autonomie Locali; un nuovo regolamento dell’Avvocatura Civica era stato, quindi, approvato con altra deliberazione di C.C. n. 18 del 08.05.2016 (ratificata dalla Giunta Comunale con atto n. 110 del 30.08.2016), con il quale erano stati, tra l’altro, significativamente ridotti gli importi dei compensi professionali, in ossequio alla disciplina legislativa contenuta nell’art. 9 del D.L. 90/2014;
h) nel corso dell’anno 2015 l’Amministrazione comunale si era trovata costretta a fronteggiare una difficile situazione finanziaria, che aveva dato luogo all’approvazione – giusta deliberazione di C.C. n. 39 del 21.10.2015 – di un Piano di Riequilibrio Finanziario Pluriennale;
i) proprio in ragione delle sopracitate esigenze, il Consiglio Comunale aveva stabilito di internalizzare l’attività di accertamento tributario, prima affidata a società esterne, quale principale misura di risanamento finanziario, contestualmente decidendo – anche al fine di dare attuazione al disposto di cui all’art. 1 comma 557 lett. b) della legge n. 296/2006, che aveva imposto la riduzione delle spese di personale, attraverso la razionalizzazione delle strutture burocratiche/amministrative – di rivisitare l’intera macrostruttura dell’Ente, che contava su un’articolazione organizzativa decisamente complessa, costituita da ben 16 servizi affidati alla responsabilità di 12 funzionari/istruttori direttivi, non più confacente alle reali esigenze ed agli obiettivi di mandato (soprattutto di risanamento economico-finanziario) da perseguire;
j) perciò con successiva deliberazione di Giunta Comunale n. 27 del 09.02.2017, l’Ente aveva individuato quattro misure organizzative: 1) l’accorpamento del Servizio Tributi con il servizio Finanziario in un’unica area funzionale; 2) la soppressione del Servizio Avvocatura Civica, a partire dal 1° agosto 2017, con la contestuale costituzione del “Servizio Gare ed appalti, consulenza legale, controllo società concessionaria del servizio di riscossione coattiva delle entrate e contenzioso tributario”; 3) la riorganizzazione delle competenze assegnate ai diversi Servizi Tecnici anche attraverso una loro diversa rimodulazione; 4) l’istituzione dello sportello del cittadino, sede privilegiata di incontro fra i cittadini e l’Amministrazione comunale;
k) per effetto di tali misure l’Ente aveva, in definitiva, riarticolato la propria macrostruttura, riducendo a 11 gli originari 16 Servizi; inoltre, in conseguenza del soppressione dell’Avvocatura, aveva optato per l’affidamento all’esterno della difesa giudiziale, previo esperimento di idonea procedura ad evidenza pubblica, con un compenso per l’attività svolta in convenzione contenuto nei limiti di spesa preventivati annualmente dall’Ente per compensare l’attività professionale della soppressa Avvocatura Civica;
l) con altra deliberazione di G.M. n. 26 del 09.02.2017 era stato, quindi, approvato il Nuovo regolamento sul funzionamento degli Uffici e dei Servizi e, con decreto Sindacale n. 4 del 20.02.2017, erano stati nominati i nuovi responsabili, individuati con deliberazione di G.M. n. 27 del 09.02.2017;
m) avverso tali provvedimenti l’avv. Pu. aveva interposto gravame innanzi al Tar Calabria, il quale – definendolo con la sentenza epigrafata – lo aveva inopinatamente accolto, sull’assorbente e decisivo assunto che “dalla motivazione degli atti impugnati, non risulta[ssero] comprensibili le ragioni per cui l’Amministrazione [aveva] inteso escludere completamente la possibilità di una difesa interna dell’ente, né appar[iva] adeguatamente valutato l’impatto economico delle spese derivanti dalla necessità di affidare all’esterno tutto il contenzioso, presente e futuro”.
Sulle esposte premesse, impugnava la decisione, assumendone la complessiva erroneità ed ingiustizia ed invocandone l’integrale riforma.
2.- Nella resistenza della controinteressata appellata e dell’UNEP (costituitasi ad opponendum, dopo essere intervenuta ad adiuvandum in prime cure), alla pubblica udienza del 12 aprile 2018, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
1.- L’appello è fondato e merita di essere accolto.
2.- Con due ragioni di gravame, che possono essere esaminate congiuntamente, il Comune appellante lamenta – denunziando error in judicando, eccesso di potere per presupposto erroneo, travisamento, manifesta illogicità ed irragionevolezza, sviamento, violazione dell’art. 97 Cost. e degli artt. 2 e 5 del d.lgs. n. 165/2001, nonché dell’art. 89, comma 1 del d.lgs. n. 267/2000, oltre a eccesso di potere per violazione della discrezionalità amministrativa – che la sentenza impugnata abbia giustificato la decisione assunta sul non corretto presupposto che le scelte organizzative dell’Ente, con le quali – nei sensi della narrativa in fatto che precede – si era decisa la riorganizzazione degli uffici e dei servizi e la soppressione dell’Avvocatura civica – non fossero state idoneamente motivate (sotto il duplice e concorrente profilo della preventiva valutazione dell’impatto economico rinveniente dalla necessità di affidare il contenzioso a legali esterni e della possibilità di non escludere “completamente” una difesa interna dell’Ente).
Assume, in proposito: a) che – per un verso ed in termini generali – le scelte di ordine macroorganizzativo non richiedono, per natura, motivazione puntuale e specifica (il cui pregnante sindacato si risolverebbe, come occorso nella specie, in un giudizio sovrappositorio del giudice su scelte ampiamente riservate alla sfera discrezionale dell’amministrazione; b) che – per altro verso ed in particolare – le decisioni in contestazione erano state il frutto di ampio e diffuso apprezzamento istruttorio, dal quale era lecito indurre con puntualità le ragioni giustificative.
3.- Il motivo è fondato.
Importa premettere che la determinazione delle linee fondamentali di organizzazione degli uffici pubblici (con l’individuazione di quelli di maggiore rilevanza, dei modi di conferimento della relativa titolarità e di determinazione delle dotazioni organiche complessive) è rimessa – sulla base di “principi generali” fissati dalla legge – a ciascuna amministrazione pubblica, che vi provvedere mediante “atti organizzativi” (cfr. artt. 2 e 5 d.lgs. n. 165/2001), complessivamente ispirati a criteri di funzionalità , flessibilità , trasparenza ed imparzialità , idonei a tradurre e compendiare, in prospettiva programmatica, i principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità (art. 97 Cost.) e a perseguire la complessiva efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa (art. 1 l. n. 241/1990).
Sebbene non sia revocabile in dubbio che siffatti “atti organizzativi” rientrino pienamente nel novero del provvedimenti amministrativi e siano, in quanto tali, soggetti al relativo statuto (che ne impone la complessiva verifica di legittimità , la soggezione alle norme sulla competenza, il rispetto dei canoni di ragionevolezza, la garanzia di imparzialità e ne legittima il corrispondente sindacato giurisdizionale da parte del giudice amministrativo, anche in punto di adeguatezza delle premesse istruttorie e di idoneità giustificativa sul piano motivazionale: cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3728), è vero, tuttavia, che gli ampi margini della scolpita logica di auto organizzazione postulano ed impongono, per tradizionale e consolidato intendimento, il riconoscimento di una lata discrezionalità programmatica.
La conclusione discende, del resto, dal rilievo che – pur essendo anche l’attività amministrativa organizzativa assoggettata al principio di legalità (art. 97 Cost., nella parte in cui postula una base legale ad ogni attribuzione competenziale) – i relativi procedimenti (di matrice caratteristicamente infrastrutturale o interna o programmatoria) non sono destinati ad incidere, se non in via mediata, sulle posizioni soggettive dei consociati, in quanto destinatari dell’azione amministrativa: a livello macroorganizzativo, l’amministrazione non entra in relazione diretta con i titolari di situazioni giuridiche soggettive, ma crea soltanto presupposti alla instaurazione di rapporti giuridicamente rilevanti con tali soggetti. Ne risulta corrispondentemente attutito (se pur non eliso, non trattandosi propriamente di autonomia) il profilo garantistico del momento giustificativo, che legittima – come tale – un sindacato limitato al travisamento del fatto o al manifesto eccesso di potere.
Si dovrà cioè osservare che sussiste, nella adozione dei provvedimenti in questione, una discrezionalità che, per un verso – non strutturandosi in termini di confronto comparativo di posizioni e di interessi pubblici e privati, nella logica della determinazione conclusiva dei procedimenti ad efficacia esterna – ridimensiona, pur senza elidere, l’intensità dell’onere motivazionale e, per altro e consequenziale verso, limita il sindacato giudiziale alle ipotesi di conclamata ed evidente abnormità .
A livello di enti locali, gli esposti principi hanno trovato conferma positiva a partire dalla legge n. 127 del 1997 che, nel modificare l’art. 51 della legge n. 142 del 1990, ha cambiato la competenza ad adottare il regolamento degli uffici e dei servizi, attribuendolo (unico, non a caso, fra tutti i regolamenti) alla Giunta, proprio per porre in evidenza che la organizzazione degli uffici degli enti locali è vicenda intrinsecamente collegata con il potere operativo.
In siffatto contesto, anche l’Avvocatura Comunale, malgrado le consistenti guarentigie rivenienti dalla legge professionale in relazione alla qualificata attività dispiegata, rappresenta a tutti gli effetti un ufficio comunale e, come tale, è soggetto al generale potere di auto-regolamentazione dell’ente.
Alla luce delle esposte premesse deve ritenersi che la sentenza impugnata – nella parte in cui ha imputato alle contestate scelte organizzative di non aver idoneamente vagliato la possibilità di non rinunciare “completamente” alla difesa interna dell’Ente – ha obiettivamente travalicato i limiti di un sindacato estrinseco di legalità, di fatto sovrapponendosi ad una opzione organizzativa di per sé né arbitraria, né irragionevole, né sproporzionata, ove confrontata con i canoni di funzionalità e flessibilità (art. 2 d.lgs. n. 165/2001 cit.).
Del resto, la scansione degli atti, così come sintetizzata nella narrativa in fatto che precede, dimostra che, nel caso di specie, la decisione di sopprimere l’ufficio legale – lungi dal rappresentare il frutto di una decisione improvvisata, poco meditata o superficiale – ha costituito l’esito della progressiva maturazione, elaborata attraverso un complesso iter istruttorio, di riorganizzare e rivisitare, per esigenze finanziarie e di “semplificazione” organizzativa, la macro-struttura dell’ente.
Né – contrariamente all’assunto del primo giudice – risulta pretermessa la stima dei prevedibili impatti economici rinvenienti dalla necessità di affidare all’esterno gli incarichi legali: stima operata nel quadro di un complessivo bilanciamento di costi e benefici, che di per sé – in difetto di emergenti incongruenze o contraddizioni – non può essere doppiato e superato da un difforme apprezzamento giudiziale.
Del resto, dovrà pur notarsi – di là da ogni altro rilievo – che la soppressione dell’Avvocatura civica non risulta operata ut sic, ma costituisce il frutto di un più comprensivo “accorpamento” degli uffici (con significativa riduzione dei servizi preesistenti) e di una reciproca “internalizzazione” della (deficitaria) gestione dell’accertamento tributario e della relativa riscossione. Le cui complessive motivazioni di fondo emergono con sufficiente chiarezza dagli atti dei relativi procedimenti decisionali.
4.- Le esposte considerazioni sono sufficienti ai fini dell’accoglimento dell’appello, con conseguente riforma della statuizione impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.
La particolarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione di spese e competenze di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore
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