Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 7 maggio 2019, n. 2927.
La massima estrapolata:
Il concetto di vittima del dovere presenta caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio e deve, quindi, essere tenuto distinto dal decesso in o per causa di servizio per la necessità che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto.
Sentenza 7 maggio 2019, n. 2927
Data udienza 11 aprile 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8656 del 2018, proposto da Mi. Ma., rappresentato e difeso dall’Avvocato Cl. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via (…);
ed altri non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 604 del 10 aprile 2018 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. I, resa tra le parti, concernente D.M. n. 50/12/SE, posiz. n. 630/RTA del 19 gennaio 2012, del Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile Direzione Centrale per le risorse finanziarie – Area II, notificato in data 10 febbraio 2012, ed ove occorra anche del parere espresso in data 7 ottobre 2010, con il quale si è decretato “per i motivi esposti nelle premesse, non sussistono i presupposti per il riconoscimento dello status di vittima del dovere e per la corresponsione dei conseguenti benefici di legge in favore del D.V.D. dei Vigili del Fuoco Ma. Mi., nato a (omissis) il (omissis)”, nonché di ogni altro atto connesso, consequenziale e presupposto.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2019 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierno appellante, Mi. Ma., l’Avvocato Cl. Al. nonché per l’odierno appellato, il Ministero dell’Interno, l’Avvocato dello Stato Wa. Fe.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierno appellante, Mi. Ma., ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, il provvedimento con il quale la competente Commissione presso il Ministero dell’Interno ha respinto la sua istanza, volta ad ottenere il riconoscimento dei benefici di cui all’art. 1, commi 562-565, della l. n. 266 del 2005 e del d.P.R. n. 243 del 2006, relativi alle “vittime del dovere”, in ordine all’infermità “lombosciatalgia bilaterale e nevrite intercostale” conseguente all’intervento effettuato il 28 gennaio 1988 per spegnere un incendio, sviluppatosi in un capannone adibito a deposito di articoli casalinghi nel Comune di (omissis), al fine di evitare il propagarsi dell’incendio ai capannoni adiacenti.
1.1. La Commissione, nella seduta del 7 ottobre 2010, ha espresso il parere che non ricorrono le condizioni, previste dalla normativa, con la motivazione che “sulla base di quanto documento l’infortunio si è verificato in circostanze specifiche le quali, seppure inserite nell’ambito di un contesto operativo di soccorso, non appalesano condizioni straordinarie, imprevedibili od incontrollabili verificatesi durante lo svolgimento diretto di attività di soccorso e tali da aumentare il livello di rischio rispetto all’ordinario”.
1.2. Presa visione della documentazione aggiuntiva, prodotta dal ricorrente, nella seduta del 3 maggio 2011 la predetta Commissione riteneva di confermare il parere negativo precedentemente espresso.
1.3. Sulla scorta di questi pareri, con D.M. n. 50/12/SE del 19 gennaio 2012, è stata respinta l’istanza di riconoscimento dello status di “vittima del dovere”.
2. Avverso detto provvedimento e quelli connessi, deducendone l’illegittimità, l’interessato ha proposto ricorso avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, e ne ha chiesto l’annullamento.
2.1. Nel primo grado si è costituito il Ministero dell’Interno per opporsi al ricorso, di cui ha chiesto la reiezione.
2.2. Con la sentenza n. 604 del 10 aprile 2018 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha respinto il ricorso.
3. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessato, articolando due motivi di censura che saranno di seguito esaminati, e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati in prime cure.
3.1. Si è costituito il Ministero dell’Interno, appellato, per chiedere la reiezione del ricorso.
3.2. Nella pubblica udienza dell’11 aprile 2019 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
4. L’appello, infondato in entrambi i motivi, deve essere respinto.
5. Con il primo motivo (pp. 6-13 del ricorso), anzitutto, l’odierno appellante ha inteso evidenziare, anche mediante la produzione documentale effettuata in questo grado del giudizio (doc. 1, p. 13 del ricorso), la rilevanza dell’intervento effettuato, tale da integrare la straordinarietà dell’evento ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, commi 563 e 564, della l. n. 266 del 2005.
5.1. Il motivo non può trovare accoglimento perché l’intervento effettuato il 28 gennaio 1988, per quanto di notevole rilievo per la vastità dell’incendio e per l’impiego dei mezzi, non integra quel carattere di particolare straordinarietà, rispetto al normale espletamento delle funzioni di servizio, che giustifica il riconoscimento del beneficio in questa sede invocato, per essere il rischio corso dai vigili del fuoco intervenuti a spegnere l’incendio del 28 gennaio 1988 non superiore a quello ordinario connesso all’attività di istituto.
5.2. Lo specifico elemento di rischio, esulante dalla normalità delle funzioni istituzionali, è l’elemento caratterizzante della fattispecie giuridica della “vittima del dovere”, anche con riferimento alla l. n. 266 del 2005 e a tutte le ipotesi previste dal relativo regolamento di attuazione di cui al d.P.R. n. 243 del 2006, atteso che la ratio sottesa alla disciplina in materia è quella di riconoscere benefici ulteriori, rispetto a quelli attribuiti alle vittime del servizio, soltanto a soggetti che, in circostanze eccezionali e per un gesto che rasenti l’eroicità, al fine di evitare un male ormai imminente, siano deceduti o abbiano riportato invalidità di carattere permanente (Cons. St., sez. III, 11 agosto 2015, n. 3915; Cons. St., sez. III, 1° febbraio 2019, n. 816).
5.3. Tale orientamento è stato confermato anche di recente, ribadendo che il concetto di vittima del dovere presenta caratteristiche speciali rispetto al genus della causa di servizio e deve, quindi, essere tenuto distinto dal decesso in o per causa di servizio per la necessità che il rischio affrontato vada oltre quello ordinario connesso all’attività di istituto (Cons. St., sez. IV, 13 aprile 2015, n. 1855; Cons. St., sez. IV, 18 gennaio 2018, n. 306; Cons. St., sez. III, 1° febbraio 2019, n. 816).
5.4. La valutazione della Commissione, anche al di là della riconducibilità causale dell’infortunio all’evento negata dalla sentenza impugnata, appare sul punto corretta e immune da errore, pur volendo considerare la documentazione depositata in appello, e giustifica la reiezione dell’istanza per l’assenza, nel caso di specie, di un rischio superiore a quello ordinario.
5.5. Sono quindi del tutto ultronee e, dunque, irrilevanti ai fini del presente giudizio le considerazioni della sentenza impugnata in ordine alla riconducibilità causale della patologia all’evento, considerazioni peraltro non espresse dal provvedimento impugnato in primo grado, che ha invece negato, e correttamente, la natura straordinaria dell’evento ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 563, lett. d), della l. n. 266 del 2005.
6. Deve anche essere respinto il secondo motivo (pp. 14-16 del ricorso), con il quale l’odierno appellante, nel riproporre il terzo motivo dell’originario ricorso, assume l’applicabilità dell’art. 1, comma 563, lett. e), della l. n. 266 del 2005 e, quindi, nella fattispecie dell’attività di tutela della pubblica incolumità .
6.1. Si deve tuttavia negare che nel caso di specie ricorra tale ipotesi per la considerazione che l’intervento effettuato non concerneva la tutela della pubblica incolumità, ma lo spegnimento, come detto, di un incendio generatosi in un capannone adibito a deposito di articoli casalinghi, incendio sviluppatosi alle ore 22.00 in una zona industriale, in quel momento del tutto disabitata, senza alcun rischio per la pubblica incolumità .
6.2. La condotta dell’appellante, per quanto meritevole di particolare lode per l’abnegazione mostrata, non rientra dunque in alcune delle ipotesi dell’art. 1, commi 563 e 564, della l. n. 266 del 2005, in quanto si deve negare, come ha correttamente fatto la Commissione, che l’intervento abbia esposto l’appellante a rischi e fatiche superiori al normale espletamento del servizio e, dunque, abbia avuto i caratteri della straordinarietà, nel senso sopra precisato (§ § 5.2.-5.3), anche rispetto alle condizioni ambientali ed operative di cui al comma 564, pure rispetto all’ipotesi di cui al comma 563, lett. e).
7. Ne segue che l’appello debba essere respinto, con la conseguente conferma, seppure per le ragioni appena dette, della sentenza impugnata, che ha respinto il ricorso.
8. Le spese del presente grado del giudizio, considerata, comunque, la particolarità della vicenda nella quale l’odierno appellante si è distinto per l’esemplarità della sua condotta, possono essere interamente compensate tra le parti.
8.1. Rimane definitivamente a carico di Mi. Ma., per la soccombenza, il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, proposto da Mi. Ma., lo respinge e per l’effetto conferma, ai sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
Pone definitivamente a carico di Mi. Ma. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 aprile 2019, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere
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