Alla indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni può, infatti, derogarsi solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 5 ottobre 2018, n. 5720.

La massima estrapolata:

Alla indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni può, infatti, derogarsi solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico.

Sentenza 5 ottobre 2018, n. 5720

Data udienza 17 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3407 del 2013, proposto da:
Cl. So., rappresentato e difeso dall’avvocato Br. Ri., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Le. Studio in Roma, via (…);
contro
CRI – CROCE ROSSA ITALIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Campania – Napoli – Sez. IV n. 4292 del 2012;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Cri – Croce Rossa Italiana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2018 il Cons. Dario Simeoli e uditi per le parti gli avvocati Mi. Pe., in sostituzione dell’avvocato Br. Ri., e At. Ba. dell’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.? Con il ricorso di primo grado, i signori So. Cl. e altri ? premesso di prestare servizio per la Croce Rossa Italiana in qualità di autisti soccorritori ? impugnavano i seguenti atti: l’ordinanza commissariale n. 0655/2011, con cui i ricorrenti erano stati congedati come personale militare in servizio presso la Croce Rossa Italiana; – l’ordinanza commissariale 0656/2011 con cui i ricorrenti erano stati richiamati in servizio e dislocati presso diverse sedi; – ulteriori provvedimenti di proroga del servizio.
A sostegno dell’impugnativa, gli istanti sostenevano che, essendo essi stati ripetutamente congedati e poi richiamati in servizio, in assenza dei presupposti di cui agli artt. 1668 e1669 del d.lgs. 66 del 2010, avevano oramai instaurato con la Croce Rossa Italiana un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Instavano altresì per la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
2.? Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, con sentenza n. 4292 del 2012, rigettava il ricorso.
3.? Avverso la predetta sentenza, ha quindi proposto appello il signor Cl. So., chiedendone la riforma. L’appellante ribadisce che il servizio di autista soccorritore è stato svolto da lui e dagli altri volontari, attraverso le modalità paradigmatiche del rapporto di lavoro subordinato che avrebbero reso assolutamente incompatibile qualunque ulteriore e diversa attività lavorativa. Cosicché, al di là della sua definizione formale, tale abuso dovrebbe essere sanzionato o con la stabilizzazione del sergente Sommella, ovvero in alternativa con la concessione di un idoneo risarcimento quantificato in Euro 300.000,00.
4.? Si costituiva in giudizio la Croce Rossa Italiana, insistendo per il rigetto del gravame.
5.? La Sezione, all’esito dell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2017 ? “Ritenuto necessario, al fine del decidere: che l’appellata Croce Rossa Italiana fornisca al Collegio i seguenti chiarimenti, unitamente al deposito della pertinente documentazione: “Riferisca il periodo complessivo in cui il sig. Cl. So. ha prestato sevizio come autista soccorritore di autoambulanze, con indicazione dei giorni, dell’orario e del trattamento retributivo goduto; precisi, altresì, se per lo svolgimento delle stesse mansioni di autista soccorritore disponga anche di personale stabile non volontario; – che l’appellante So. Cl. fornisca al Collegio i seguenti chiarimenti: “Riferisca se, nello stesso periodo temporale in cui ha prestato sevizio come autista soccorritore di autoambulanze, abbia svolto ulteriori attività lavorative presso enti pubblici o datori privati”” ? disponeva gli incombenti istruttori di cui in motivazione, adempiuti dall’Amministrazione in data 22 dicembre 2017.
6.? All’udienza del 17 maggio 2018, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.? Va premesso che, al di là della struttura formalmente impugnatoria del ricorso, l’appellante ha promosso un’azione di accertamento della natura subordinata ed a tempo indeterminato del rapporto di lavoro intrattenuto con l’Amministrazione convenuta, e, in subordine, la condanna al risarcimento del danno subito in conseguenza della violazione degli artt. 1668 e 1669 del d.lgs. n. 66 del 2010, recanti i presupposti per la chiamata in servizio del personale militare della Croce Rossa Italiana.
1.1.? Deve inoltre essere precisato che è preclusa al Collegio ogni delibazione in ordine alla sussistenza della giurisdizione amministrativa nella presente fattispecie, dal momento che, nei giudizi di impugnazione, il difetto di giurisdizione può essere rilevato soltanto se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione (art. 9 c.p.a.).
Su queste basi sono necessari alcuni spunti ricostruttivi preliminari.
2.? L’articolo 97, quarto comma, Cost. (“Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”) non precisa i casi in cui si può derogare al principio del pubblico concorso per l’instaurazione di rapporti di pubblico impiego. La giurisprudenza costituzionale è intervenuta più volte negli ultimi anni per valutare la legittimità di disposizioni (statali e regionali) che escludevano la regola del concorso per l’assunzione agli impieghi con le pubblica amministrazione, ovvero riservavano a personale già dipendente la partecipazione a concorsi per l’assunzione, ovvero garantivano scivolamenti automatici verso posizioni superiori (senza concorso o con concorsi interni per la totalità dei posti vacanti).
Gli approdi cui è pervenuta la Corte possono dirsi oramai consolidati.
Il concorso pubblico è la forma generale ed ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione, in quanto meccanismo imparziale che, offrendo le migliori garanzie di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del merito, garantisce l’efficienza dell’azione amministrativa (ex plurimis, sentenze n. 134 del 2014; n. 277, n. 137, n. 28 e n. 3 del 2013).
L’area delle eccezioni al principio del concorso è stata delimitata in modo assai rigoroso.
Alla indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni può, infatti, derogarsi solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico (sentenze n. 7 del 2015; n. 134 del 2014; n. 217 del 2012).
Forme diverse di reclutamento e di copertura dei posti devono essere legislativamente disposte per singoli casi e secondo criteri che, pur involgendo necessariamente la discrezionalità del legislatore, devono rispondere a criteri di ragionevolezza che non contraddicano i principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione.
In particolare, sono ritenute legittime le sole deroghe giustificate dall’esigenza di garantire alla pubblica amministrazione specifiche competenze consolidatesi all’interno dell’amministrazione stessa e non acquisibili dall’esterno. Tale evenienza non ricorre in presenza di indiscriminate procedure di stabilizzazione del personale precario, prive cioè di riferimenti alla peculiarità delle competenze e funzioni di cui l’amministrazione abbisogna e che quindi si risolvono in un privilegio a favore di categorie più o meno ampie di persone (sentenze n. 3 del 2013, n. 310 del 2011 n. 189 del 2011, n. 195 del 2010). La stabilizzazione di contratti di lavoro precario è peraltro ammissibile solo entro limiti percentuali tali da non pregiudicare il prevalente carattere aperto delle procedure di assunzione nei pubblici uffici (sentenze n. 7 del 2011, n. 235 del 2010).
Il principio del pubblico concorso ? recentemente ribadito anche in relazione a norme regionali di generale ed automatico reinquadramento del personale di enti di diritto privato nei ruoli di Regioni o enti pubblici regionali (sentenze n. 134 del 2014; n. 227 del 2013) ? ricomprende le ipotesi non solo di assunzione di soggetti in precedenza estranei all’amministrazione, ma anche del personale già impiegato con strumenti di contrattazione flessibile. La Corte ha infatti precisato: “la circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un pubblico concorso, per effetto della diversità di qualificazione richiesta delle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato, non offre adeguata garanzia né della sussistenza della professionalità necessaria per il suo stabile inquadramento nei ruoli degli enti pubblici regionali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive” (sentenze n. 235 del 2010; nello stesso senso, anche n. 127 del 2011; n. 28 del 2013).
2.1.? Nel pubblico impiego, in caso di violazione dei limiti temporali e quantitativi all’utilizzo del contratto a termine (illegittima apposizione del termine, proroga, rinnovo o ripetuta reiterazione contra legem), è precluso al giudice disporre la conversione del rapporto a tempo indeterminato, sussistendo soltanto il diritto del lavoratore al risarcimento dei danni subiti. Il divieto legislativo espresso – contenuto nell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 e confermato dall’art. 29, comma 4, del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81) – costituisce applicazione del predetto vincolo costituzionale del concorso pubblico (art. 97 Cost.).
La diversità di tutele tra lavoro pubblico e privato ? dove invece l’illegittimo ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato comporta, in caso di violazione delle prescrizioni dettate dal d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, la conversione del rapporto ? è stata ritenuta legittima non soltanto dalla Corte costituzionale (sentenza n. 89 del 2003), ma anche dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea.
La Corte europea ha ritenuto la disciplina nazionale astrattamente compatibile con il diritto europeo, purché sia assicurata altra analoga misura sanzionatoria effettiva, proporzionata e dissuasiva (CGUE ordinanza 12 dicembre 2013, Papalia, C-50/13, la quale si pone nel solco delle sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C-212/04 e del 7 settembre 2006, Marrosu e Sardino, C-53/04). La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato (da ultimo, con riguardo al personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario, cfr. la sentenza della Corte giustizia UE, sez. III, 26/11/2014 n. 22).
2.2.? Nell’ordinamento italiano l’effettività dell’apparato che sanziona l’abuso nel rinnovo dei contratti a tempo determinato è assicurato non solo dalla responsabilità amministrativa cui sono sottoposti i dirigenti che violano la disciplina imperativa dei collaborazioni flessibili con la pubblica amministrazione, ma anche dallo speciale regime risarcitorio che assicura al lavoratore pubblico un danno minimo presunto. A quest’ultimo riguardo, le Sezioni Unite (Cass., sez. un., 15 marzo 2016 n. 5072) ? chiamate a pronunciarsi sui criteri da utilizzare per la liquidazione del danno subito nel caso di abusivo ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione ? hanno statuito che “la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito”.
3.? Su queste basi, correttamente il giudice di primo grado ha respinto la domanda principale, il cui petitum era sostanzialmente volto alla stabilizzazione del rapporto di lavoro. La disciplina sopra richiamata, come è stato detto, esclude ? caso di violazione di norme imperative in materia ? la conversione in contratto a tempo indeterminato, prevedendosi un diverso e specifico regime sanzionatorio che passa attraverso la responsabilizzazione del dirigente pubblico e il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni subiti dal lavoratore, ove ne ricorrano i presupposti.
4.? Va pure confermata la statuizione della sentenza impugnata che ha respinto la domanda risarcitoria, sia pure per le diverse ragioni che vanno di seguito precisate.
4.1.? Secondo la sentenza impugnata la tutela di natura risarcitoria sarebbe esclusa in radice dall’essere il signor Sommella membro di un corpo ausiliario su base volontaria. L’atto di precetto militare con cui il personale volontario viene richiamato in servizio ? si legge nella motivazione ? non potrebbe in alcun modo essere assimilato ad un contratto di lavoro a tempo determinato, e non potrebbe quindi determinare nemmeno le conseguenze di natura risarcitoria di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001. Tale assunto sarebbe confermato dall’art. 10, comma 1, lettera c-bis), del d.lgs. 368 del 2001 ? disposizione che, ancorché riferita al Corpo dei vigili del fuoco, sarebbe espressione di un principio generale ? secondo cui: “i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l’Amministrazione”.
4.2.? Tale argomentazione non tiene tuttavia conto del fatto che un rapporto di lavoro ben può essere dissimulato da un rapporto volontario. La giurisprudenza del lavoro ha sempre escluso che ai fini della qualificazione del rapporto possa assumere valenza dirimente il nomen iuris utilizzato dalle parti, dovendo invece attribuirsi rilevanza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, da cui è ricavabile l’effettiva volontà delle parti. La qualificazione normativa ha valore dirimente solo qualora le modalità di svolgimento non si siano in alcun modo discostate dalla previsione di legge, sicché la stessa non impedisce di dimostrare un rapporto di impiego di fatto instauratosi fra le parti, con conseguente applicabilità dell’art. 2106 c.c. Occorre, pertanto, verificare se attraverso il ricorso al personale volontario, l’ente pubblico non abbia di fatto instaurato un rapporto di lavoro subordinato a termine, reiterato in assenza dei presupposti richiesti dalla legge.
4.3.? Nel sistema normativo prefigurato dall’art. 1626 del d.lgs. n. 66 del 2010 ? secondo cui: “Per il funzionamento dei suoi servizi in tempo di pace, di guerra o di grave crisi internazionale, la Croce rossa italiana arruola proprio personale che costituisce un corpo speciale volontario, ausiliario delle Forze armate” ? la Croce Rossa Italiana può arruolare gruppo ausiliario delle forze armate, basato sull’elemento della volontarietà e della temporaneità dei richiami in servizio (art. 1668 del d.lgs. n. 66 del 2010; in precedenza, vedi l’art. 29 del r.d. n. 484 del 1936), e sempreché ricorrano specifiche esigenze contingenti (attualmente, il d.lgs. n. 178 del 2012 prevede che il servizio prestato dal Corpo militare volontario è gratuito).
Sennonché, le risultanze dell’istruttoria hanno dimostrato come il rapporto del So. non si sia affatto attenuto allo schema normativo sopra prefigurato. Dalla relazione depositata in atti (cfr. l’allegato Foglio Matricolare da cui si possono evincere i periodi di servizio complessivi prestati dall’interessato per esigenze di servizio pronto soccorso e trasporto infermi) si evince che:
– dal gennaio 1997 al luglio 2012, l’appellante è stato richiamato con richiami periodici che venivano interrotti solo per pochi giorni prima della successiva immissione in servizio;
– il servizio di pronto soccorso e trasporto infermi era svolto in turni di 12 ore;
– in ordine al trattamento retributivo goduto i cedolini stipendiali mensili del ricorrente attestano la corresponsione di una vera e propria (nell’ultimo periodo la retribuzione lorda era di Euro 2157,88);
– per lo svolgimento delle medesime mansioni di autista soccorritore, il Comitato Provinciale CRI di Napoli disponeva anche di personale stabile non volontario ovvero di dipendenti civili di ruolo o militari immessi in servizio continuativo nel Corpo Militare.
Con tutta evidenza, il richiamo in servizio non è avvenuto per esigenze contingenti e temporanee, ma per soddisfare, invece, esigenze ordinarie e costanti nel tempo, instaurando di fatto un rapporto avente i connotati del rapporto di impiego.
4.4.? Tale violazione della disciplina sul servizio volontario è suscettibile di avere determinato un danno ingiusto risarcibile ai sensi dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001. Tale diposizione ? inerente la disciplina dell’impiego pubblico contrattualizzato ? è espressione di un principio generale applicabile alla Croce Rossa Italiana, quale ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, secondo la qualificazione, vigente ratione temporis, dettata dal d.P.R. 31 luglio 1980, n. 613 del 1980 (come modificato dall’art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 390 del 1995; a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 178 del 2012, le funzioni dell’ente pubblico sono state trasferite alla Associazione della Croce Rossa italiana, persona giuridica di diritto privato ai sensi del libro primo, titolo II, capo II, del codice civile, iscritta nel registro unico nazionale del Terzo settore).
Peraltro, tale violazione produce, altresì, un danno sistemico, che la Sezione non può fare a meno di stigmatizzare, ancorché estraneo alla causa in oggetto. Difatti, tale illegittima prassi riduce, di fatto, il ricorso a risorse selezionate con criteri selettivi di scelta meritocratica, per favorire invece situazioni che non possono più, in alcun modo, trovare un consolidamento.
4.5.? Sennonché, nel caso di specie, non sussiste la prova del danno effettivamente subito.
Va rimarcato che gli articoli 1218, 1223 e 2043 del codice civile distinguono in modo chiaro tra l’inadempimento (ossia la lesione) e la perdita (solo eventuale). Un limite strutturale del nostro sistema di responsabilità afferisce proprio all’oggetto del risarcimento, che non può consistere se non in una perdita cagionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva dal momento che l’evento, il fatto materiale e naturalistico, quale effetto del comportamento ingiusto, non può avere alcuna rilevanza autonoma. Non è poi possibile, da parte di chi invoca il risarcimento, il mero utilizzo di formule standardizzate occorrendo, invece, l’allegazione e la prova di concrete circostanze comprovanti il pregiudizio subito (secondo la regola di giudizio contemplata dall’articolo 2967 c.c., ora analogamente l’art. 63 c.p.a.).
Il lavoratore che abbia reso una prestazione lavorativa a termine in una situazione di ipotizzato abuso delle forme di contrattazione flessibile, può subire un danno patrimoniale variamente configurabile. Come precisato dalle Sezioni Unite (con la citata sentenza n. 5072 del 15 marzo 2016), non è tuttavia possibile far coincidere il danno con la mancata conversione, posto che il pregiudizio è risarcibile solo se ingiusto e tale non può ritenersi la conseguenza che sia prevista da una norma di legge, non sospettabile di illegittimità costituzionale o di non conformità al diritto dell’Unione.
Si può invece ipotizzare una perdita di chance nel senso che, se la pubblica amministrazione avesse operato legittimamente emanando un bando di concorso per il posto, il lavoratore, che si duole dell’illegittimo ricorso al contratto a termine, avrebbe potuto parteciparvi e risultarne vincitore. Le energie lavorative del dipendente sarebbero state liberate verso altri impieghi possibili ed in ipotesi verso un impiego alternativo a tempo indeterminato.
Ebbene, nel caso in esame, l’appellante, iscrittosi volontariamente al Corpo Militare e richiamato in servizio temporaneo, non ha mai partecipato ? la circostanza allegata dalla Croce Rossa non è stata specificatamente contestata da controparte ? ad alcuna delle procedure selettive (indette durante il periodo in esame) per l’immissione in servizio continuativo nel Corpo Militare. Deve dunque escludersi che il lavoratore sia rimasto confinato in una situazione di precarizzazione e che abbia perso contro la sua volontà la chance di conseguire, con percorso alternativo, l’assunzione mediante concorso nel pubblico impiego o la costituzione di un ordinario rapporto di lavoro privatistico a tempo indeterminato.
Al riguardo, non può invocarsi la sopra citata agevolazione probatoria (secondo cui la misura del danno si presume nei limiti di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5) statuita dalle Sezioni Unite in funzione dissuasiva e di rafforzamento della tutela del lavoratore pubblico, dal momento tale presunzione opera in ordine al quantum del pregiudizio, quando però sia indiscusso che la perdita di chance si sia realizzata nell’an.
Neppure sono stati allegati elementi ulteriori da cui evincersi che la prolungata chiamata in servizio volontario per anni possa aver inflitto al lavoratore un pregiudizio non patrimoniale che vada al di là della mera perdita di chance di una occupazione migliore.
5.? Conclusivamente, l’appello non può essere accolto e va respinto.
6.? Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti, attesa la novità della questione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 3407 del 2013, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado con motivazione in parte diversa. Compensa interamente le spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Carbone – Presidente
Francesco Mele – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore
Giordano Lamberti – Consigliere
Oswald Leitner – Consigliere

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