Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 7 settembre 2017, n. 40855. La minaccia costitutiva del delitto di estorsione può essere manifestata anche in maniera implicita e indiretta

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Il GUP del Tribunale di Catanzaro aveva dichiarato (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli del reato di cui al capo 1), e le prime due anche del reato di cui al capo 28 (esclusa la circostanza aggravante di cui all’articolo 629 c.p., comma 2, in riferimento all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 1,) in continuazione con quello di cui al capo 1), ed operata la riduzione per il rito aveva condannato:
– (OMISSIS) (riconosciute le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla sola residua aggravante di cui all’articolo 629 c.p., comma 2) alla pena di anni 5 di reclusione ed Euro 2400 di multa;
– (OMISSIS) (riconosciute le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla sola residua aggravante di cui all’articolo 629 c.p., comma 2) alla pena di anni 5 di rec usione ed Euro 2400 di multa;
– (OMISSIS) (riconosciute le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull’aggravante concorrente) alla pena di anni 4 di reclusione, per tutte con le ulteriori statuizioni accessorie.
Alle imputate si contestava la partecipazione all’associazione di tipo mafioso denominata âEuroËœndrangheta, costituita, promossa, organizzata e diretta da (OMISSIS) detto “(OMISSIS)”, capo riconosciuto della locale di (OMISSIS), tutte con ruolo attivo ed anche decisionale, nonche’ di raccordo tra i congiunti in posizione verticistica detenuti, gli affiliati in liberta’ e gli imprenditori assoggettati ad usura ed estorsione, oltre che beneficiarie di profitti ingiusti derivanti dal metodo estorsivo tipico della cosca, dettagliatamente descritto nel relativo capo d’imputazione.
In particolare:
– (OMISSIS), moglie del “(OMISSIS)”, aveva un ruolo di destinataria, insieme alla figlia (OMISSIS), di “imbasciate” da parte del marito/padre detenuto, da esternare agli altri componenti della cosca per la gestione delle attivita’ della stessa, ed in particolare delle estorsioni;
– (OMISSIS), moglie di (OMISSIS) e nipote del “(OMISSIS)”, era depositaria/custode di assegni e denaro contante, con il compito di occultarli perche’ costituenti provento di usure e/o estorsioni, nonche’ co-detentrice di materiale esplodente, ed, altresi’, incaricata di mantenere vivi, anche con l’aiuto dei figli, i rapporti con le vittime di usure ed estorsioni, durante il periodo di detenzione del marito.
A (OMISSIS) e (OMISSIS) si contestava, inoltre, il concorso nell’estorsione di cui al capo 28.
La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, ha confermato la sentenza di Primo grado limitatamente alle affermazioni di responsabilita’, riducendo a tutte le imputate le pene (per (OMISSIS) e (OMISSIS) ad anni 4 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2200 di multa ciascuna; per (OMISSIS) ad anni 3 e mesi 4 di reclusione), e condannandole al pagamento delle ulteriori spese processuali soltanto in favore delle pp.cc. Comune di Lamezia Terme, Assoc. antiracket di Lamezia Terme e F.A.I.
5/6/7.1. Contro la predetta decisione, le imputate ricorrono congiuntamente ( (OMISSIS) e (OMISSIS) con l’ausilio di due difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, (OMISSIS) con l’ausilio di un solo difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione), deducendo, con il medesimo atto:
– (capo 1) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione e falsa applicazione dell’articolo 192 c.p.p. e articolo 416-bis c.p., nonche’ motivazione carente ovvero manifestamente illogica ed irragionevole quanto alle affermazioni di responsabilita’, asseritamente viziate:
– per (OMISSIS) e (OMISSIS) (rispettivamente moglie e figlia di (OMISSIS)) dal travisamento delle risultanze probatorie, non avendo esse mai trasmesso messaggi del congiunto, anche perche’ quest’ultimo non aveva piu’ alcun ruolo decisionale attivo nell’ambito della cosca; d’altro canto nessuno tra i numerosi collaboratori di giustizia esaminati ha mai riferito di avere ricevuto “imbasciate” da una delle due donne. Anzi (OMISSIS) ha riferito che le mogli non partecipavano alle riunioni, perche’ le donne e non dovevano essere messe al corrente di nulla, e di non sapere nulla di riferibile spec ficamente a (OMISSIS); (OMISSIS) ha escluso di avere mai avuti) rapporti con la (OMISSIS) legati ad “imbasciate” od attivita’ comunque illecite; inoltre, (OMISSIS) riferiva dell’attivita’ di “messo” della (OMISSIS) soltanto per sentito dire, non per conoscenza diretta; il figlio del (OMISSIS), (OMISSIS), ha categoricamente escluso che la madre o le sorelle possano avere avuto un ruolo attivo all’interno del sodalizio; non sarebbe possibile evocare il giudicato cautelare intervenuto sul punto, poiche’ rispetto ad esso sono successivamente intervenute le dichiarazioni col aborative di (OMISSIS), di necessita’ non considerate in sede cautelare; la Corte d’appello ha valorizzato a carico della (OMISSIS) e della figlia (OMISSIS) le dichiarazioni del col aboratore (OMISSIS), ma avrebbe anche dovuto tenere conto del fatto che il predetto nulla ha dichiarato di riferibile all’altra figlia (OMISSIS): trattasi asseritamente di prova a discarico non considerata; nessuna delle acquisite intercettazioni documenta il ruolo che si pretenderebbe di attribuire alla (OMISSIS) ed alla figlia (OMISSIS);
3 – per (OMISSIS), valgono le medesime considerazioni.
(OMISSIS) esclude, infatti, che le donne possano partecipare all’associazione; quanto alla funzione di “messo”, che lo stesso dichiarante accredita ad alcune donne, non si tiene conto del fatto che, egli non ha mai avuto colloqui con (OMISSIS); vi sarebbero sfasature tra le dichiarazioni dei collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS) (che attribuiscono alla (OMISSIS) il ruolo di depositaria di assegni e denaro contante di provenienza illecita), risalenti al 2008, e la detenzione del marito dell’imputata, intervenuta nel 2009 e che segnerebbe l’inizio della riferita attivita’ della donna, alla quale, inoltre, non e’ stato sequestrato alcun assegno; generiche sarebbero le dichiarazioni riguardanti l’imputata, rese dai collaboratori (OMISSIS) e (OMISSIS); sarebbero state ignorate le dichiarazioni del collaboratore (OMISSIS), per il quale la donna non aveva mai assunto ruoli all’interno del sodalizio; nulla di decisivo emergerebbe dalle eseguite intercettazioni: in particolare, il fatto che la moglie potesse essere al corrente delle attivita’ illecite del marito non implica di necessita’ l’adesione ad esse, e se anche ella avesse detenuto soldi ed assegni per conto del marito, nulla dimostra che ella fosse consapevole della loro provenienza illecita; l’asserito utilizzo in conversazioni intercettate di un linguaggio criptico nulla dimostrerebbe in difetto dell’acquisizione di una generalizzata chiave di lettura utile al fine di decifrare l’esatto significato delle espressioni adoperate; diverso rispetto a quello avvalorato dalla sentenza impugnata sarebbe il significato del colloquio intervenuto il 22.9.2008 tra l’imputata ed il marito;
4 – (capo 28) per (OMISSIS), che i collaboratori di giustizia (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero riferito genericamente di vantaggi economici ricevuti dall’imputata presso alcuni esercizio commerciali, e la p.o. ha riferito di averle praticato sconti, ma mai di mancati pagamenti o di atteggiamenti di prevaricazione valorizzabili come minacce implicite;
5 – per (OMISSIS), l’asserita illegittimita’ della confisca disposta dal “Giudice di prime cure”, in difetto della necessaria sproporzione tra il valore del patrimonio riconducibile alla donna ed i redditi dichiarati dalla medesima (f. 18 s. del ricorso);
6 – a f. 19 del ricorso si riprende a confutare l’assunto della partecipazione all’associazione di (OMISSIS) e poi promiscuamente l’assunto della partecipazione delle donne, in sostanza reiterando rilievi gia’ in precedenza svolti: nessuna videoripresa documenterebbe passaggio di bigliettini; l’utilizzo al piu’ saltuario delle donne si porrebbe in contrasto con il rapporto permanente che dovrebbe sussistere tra sodalizio ed associato, e documenta la non condivisione del programma criminoso; sarebbe possibile una lettura alternativa: non essendo accertato cosa le donne avrebbero scambiato, non puo’ dirsi accertata la loro partecipazione al sodalizio, in ipotesi potrebbero aver condiviso un delitto diverso;
7 – (capo 28) per (OMISSIS) e (OMISSIS), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione e falsa applicazione dell’articolo 192 c.p.p., articolo 629 c.p. e articolo 62 c.p., n. 4, nonche’ motivazione carente ovvero manifestamente illogica ed irragionevole: nessuna condotta attiva sarebbe ascritta alle imputate, che nulla hanno fatto per soggiogare la p.o. ed indurla a concedere loro uno scontro, neanche richiesto; trattandosi di reato contro il patrimonio andava valutata l’attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 4 per la lieve entita’ del danno.
5/6/7.2. I ricorsi sono, nel complesso, infondati.
5/6/7.2.1. Deve premettersi che i vizi di “motivazione irragionevole” e “falsa applicazione della legge” non sono deducibili in quanto non previsti dal testo vigente dell’articolo 606 c.p.p. come possibili motivi di ricorso.
in parte qua, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, i ricorsi, proposti per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge, sono inammissibili.
5/6/7.2.2. Quanto ai motivi inerenti alle affermazioni di responsabilita’ (1, 2, 3, 4, 6, 7), le doglianze delle imputate reiterano, piu’ o meno pedissequamente, a fronte di una doppia conforme affermazione di responsabilita’ (cfr. § 1.6.2. di queste Considerazioni in diritto), censure gia’ dedotte in appello e gia’ non accolte, risultando, pertanto, prive della spec ficita’ necessaria ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera C), (Sez. 4, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), e, comunque, meramente assertive nonche’ manifestamente infondate, in considerazione dei rilievi con i quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche’ esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha motivato la contestata affermazione di responsabilita’ (in particolare, ff. 127 ss. della sentenza impugnata), valorizzando plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia motivatamente ritenute attendibili, sia intrinsecamente che estrinsecamente, nonche’ esiti di intercettazioni di conversazioni e dichiarazioni testimoniali quanto alla estorsioni, oltre che puntualmente esaminando, e dettagliatamente confutando, tutte le censure specifiche dell’appellante.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gia’ sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure delle appellanti, e’ giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilita’ delle imputate che, in concreto, si limitano a reiterare le doglianze gia’ incensurabilmente disattese dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, esclusivamente fondata su rilievi inesatti o su mere ed indimostrate corgetture difensive, improduttive di effetti.
5/6/7.2.3. In particolare, quanto all’affermazione di responsabilita’ in ordine al reato associativo di cui al capo 1, e’ opportuno rilevare quanto segue:

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