Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 7 settembre 2017, n. 40855. La minaccia costitutiva del delitto di estorsione può essere manifestata anche in maniera implicita e indiretta

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“Nei casi in cui si proceda con giudizio abbreviato, la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello per assumere d’ufficio, anche se su sollecitazione di parte, prove sopravvenute che non siano vietate dalla legge o non siano motivatamente ritenute manifestamente superflue o irrilevanti, puo’ essere sindacata, in sede di legittimita’, ex articolo 603 c.p.p., comma 3, soltanto qualora sussistano, nell’apparato mctivazionale posto a base della conclusiva decisione impugnata, lacune, manifeste illogicita’ o contraddizioni, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto alla chiesta rinnovazione, considerando anche che la “novita’” del dato probatorio sopravvenuto e’, per sua natura, adatta a realizzare un potenziale, decisivo, ampliamento delle capacita’ cognitive del giudicante”.
Il ricorso del PG va invece dichiarato inammissibile nei confronti di (OMISSIS).
4) Ricorso di (OMISSIS):
Il GUP del Tribunale di Catanzaro aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole del reato ascrittogli al capo 1), con la contestata recidiva, ed operata la riduzione per il rito lo aveva condannato alla pena di anni 9 e mesi 4 di reclusione, oltre alle statuizioni accessorie.
All’imputato si contestava la partecipazione all’associazione di tipo mafioso denominata âEuroËœndrangheta, costituita, promossa, organizzata e diretta da (OMISSIS) detto “(OMISSIS)”, capo riconosciuto della locale di (OMISSIS), con ruolo svolto nella âEuroËœndrina (OMISSIS), con ruolo di primaria importanza nel campo dei prestiti usurari, ed in traffici di sostanze stupefacenti, e con ruolo decisionale in alcune azioni omicidiarie (in Larrezia Terme a partire dal 2004, con condotta perdurante).
a Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato al pagamento delle ulteriori spese processuali, anche in favore delle pp.cc. Comune di Lamezia Terme, Associazione antiracket di Larrezia Terme e F.A.I..
4.1. Contro la predetta decisione, ricorre l’imputato, con l’ausilio di difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, deducendo:
1) violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B/C/E in relazione all’articolo 416 bis c.p., articoli 192 e 533 c.p.p. per manifesta illogicita’ ed intima contraddittorieta’ della motivazione, nonche’ travisamento della prova, quanto all’affermazione di responsabilita’, ed in particolare alla ritenuta partecipazione dell’imputato alla “cosca (OMISSIS)” dal 2004 all’attualita’, asseritamente viziata dall’erronea interpretazione (in difformita’ rispetto a quanto ritenuto anche dal primo giudice: f. 7 ss. del ricorso) di una conversazione telefonica con la moglie risalente al febbraio 2012 e non dimostrata convincentemente dalle plurime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia acquisite; sarebbe contraddittorio il riferimento alla partecipazione ad un pranzo nel luglio del 2004, essendosi in altra parte della motivazione ritenuto che l’alleanza con la cosca de qua risalirebbe al settembre dello stesso anno;
2) violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B/E, in relazione all’articolo 416-bis c.p., comma 5, per manifesta illogicita’ della motivazione quanto all’accertata disponibilita’ di armi da parte del sodalizio enucleato, in difetto della necessaria consapevolezza dell’imputato;
3) violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B/C, in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 546 c.p.p., comma 1, nonche’ agli articoli 62-bis e 99 c.p., per mancanza di motivazione “in ordine all’entita’ della pena irrogata a fronte dell’avversato riconoscimento della recidiva e del diniego delle invocate attenuanti generiche” (f. 23 del ricorso); la Corte avrebbe indebitamente valorizzato l’assenza di elementi sintomatici di meritevolezza e la natura e l’entita’ dei precedenti penali, peraltro con motivazione identica a quella relativa ad analoga statuizione in danno di due coimputati; mancherebbe la valutazione individualizzante in tema di recidiva richiesta dalla sopravvenuta sentenza n. 185/2015 della Corte cost., che ha dichiarato l’illegittimita’ dell’articolo 99 c.p., comma 5;
4) violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera C/E, in relazione all’articolo 533 c.p.p., per manifesta illogicita’ ed intima contraddittorieta’ della motivazione quanto all’affermazione di responsabilita’, in difetto dell’accertamento della colpevolezza dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio.
4.2. Il ricorso e’ integralmente inammissibile.
4.2.1. Quanto ai motivi inerenti all’affermazione di responsabilita’ (1 e 4) sono state gia’ illustrate (nel § 1.3. di queste Considerazioni in diritto) le ragioni per le quali e’ inammissibile il motivo in cui si deduca la violazione dell’articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all’articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l’omessa od erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o acquisibile.
4.2.1.1. Le doglianze riguardanti l’affermazione di responsabilita’ reiterano, inoltre, piu’ o meno pedissequamente, a fronte di una doppia conforme affermazione di responsabilita’ (cfr. § 1.4.2. di queste Considerazioni in diritto) censure gia’ dedotte in appello e gia’ non accolte, risultando, pertanto, prive della specificita’ necessaria ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera C), (Sez. 4, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), e, comunque, meramente assertive nonche’ manifestamente infondate, in considerazione dei rilievi con i quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche’ esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede ha motivato la contestata affermazione di responsabilita’ (in particolare, ff. 59-65 della sentenza impugnata), valorizzando convergenti dichiarazioni di cinque collaboratori di giustizia motivatamente ritenute attendibili, sia intrinsecamente che estrinsecamente, nonche’ esiti di intercettazioni di conversazioni, incensurabilmente interpretate, oltre che puntualmente esaminando, e dettagliatamente confutando, tutte le censure specifiche dell’appellante.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gia’ sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, e’ giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilita’ dell’imputato che, in concreto, si limita a reiterare le doglianze gia’ incensurabilmente disattese dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture difensive improduttive di effetti.
4.2.1.2. E’ opportuno precisare che la Corte d’appello ha interpretato ragionevolmente, e senza incorrere in travisamenti, la conversazione evocata dal ricorrente.
Deve, in proposito, rilevarsi che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Sez. 2, sentenza n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389), in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo’ essere sindacato in sede di legittimita’ se non nei limiti della manifesta illogicita’ ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite, nel caso di specie non seriamente configurabile.
4.2.1.3. D’altro canto, questa Corte (Sez. 2, sentenza n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, Rv. 269218) e’ anche ferma nel ritenere che, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilita’ di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita’ per aspecificita’, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento.
4.2.1.4. Nel caso di specie, con riferimento alla contestata conversazione, costituente mero elemento accessorio, rispetto alle plurime dichiarazioni accusatorie rese da collaboratori di giustizia, incensurabilmente ritenute attendibili, intrinsecamente ed estrinsecamente, e valorizzate dalla Corte di appello a fondamento della conclusiva affermazione di responsabilita’, il ricorso non spiega convincentemente le ragioni di una presunta asserita decisiva incidenza dell’elemento affetto dal vizio lamentato.
4.2.1.5. Valorizzando incensurabilmente l’insieme dei predetti elementi di prova, la Conte d’appello ha motivatamente concluso che essi delineano “la partecipazione di (OMISSIS) in termini tutt’altro che statici e relegati a mero status, emergendo concreti apporti fattuali e decisionali alla vita del gruppo. Ne’ rileva il fatto che non siano stati contestati specifici reati-fine, la cui importanza, ai fini della prova indiretta della partecipazione all’associazione (…) non esclude che a quella prova possa arrivarsi per altre vie, come nello specifico e’ avvenuto attraverso le dichiarazioni dei collaboratori e gli altri elementi acquisiti a riscontro (…). Dal materiale analizzato emerge inoltre inconfutabilmente la prova della partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio anche dopo la fusione con il clan (OMISSIS). Sul punto, fondamentale riscontro proviene dalla conversazione intercettata nel febbraio 2012, nella quale (OMISSIS) rimprovera la moglie per la scelta collaborativa compiuta insieme agli altri membri della sua famiglia e le rammenta il continuativo sostentamento economico ricavato dall’appartenenza alla cosca (“lo stipendio, lo vuoi lo stipendio -). Il dato conferma che il legame associativo e’ persistito e non si e’ affatto reciso a causa dei contrasti insorti anni addietro con i (OMISSIS) per questioni di spartizione di denaro (…), confinando quei contrasti all’interno di un legame associativo-familiare che non e’ mai venuto meno”.
4.2.1.6. Del tutto generiche appaiono, infine, le argomentazioni che corroborano il quarto motivo, prive, in tre pagine, del benche’ minimo riferimento ad acquisite risultanze o passi della motivazione della sentenza impugnata.
4.2.2. Inammissibile perche’ meramente reiterativo, e comunque manifestamente infcndato, e’ il secondo motivo: il ricorrente sostiene di non sapere che la âEuroËœndrangheta avesse a disposizione armi, ma cio’ appare insostenibile, atteso che egli e’ al corrente delle vicende omicidiarie riconducibili al sodalizio, in una delle quali e’ coinvolto in prima persona (f.: 16 della sentenza impugnata), e quindi sa della disponibilita’ di armi da parte del sodalizio cui apparteneva (f. 65 della sentenza impugnata).
4.2.3. Inammissibile perche’ meramente reiterativo, e comunque manifestamente infondato, e’ anche il terzo motivo: a ben vedere, il ricorrente non indica quali sarebbero gli elerienti dai quali trarre i necessari profili di meritevolezza, dai quali dovevano in ipotesi conseguire il riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione della recidiva.
inoltre, il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello che, con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche’ esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha mot vato il diniego delle attenuanti generiche, la mancata esclusione della recidiva e la conclusiva determinazione della pena valorizzando le premesse gravi modalita’ del fatto, l’esistenza di rilevanti precedenti penali e l’assenza di resipiscenza (testimoniata in concreto dalla presa di distanza dalla scelta collaborativa della moglie), oltre che, piu’ in generale, l’assenza di decisivi elementi sintomatici della necessaria meritevolezza all’uopo positivamente valorizzabili in senso contrario (f. 65 della sentenza impugnata), non ritenendo l’obbligatorieta’ della contestata recidiva, ma indicando le ragioni per le quali essa veniva computata e non esclusa.
D’altro canto, se anche per altri imputati non sussistono elementi sintomatici della necessaria meritevolezza, e risultano documentati precedenti penali molto gravi, e’ inevitabile che la motivazione delle sentenze di merito richiami, per piu’ posizioni, le medesime argomentazioni, e che i rispettivi passi siano sovrapponibili: le norme di riferimento sono le stesse, e quindi fisiologicamente sono gli stessi i percorsi argomentativi del giudicante. Anche sotto questo profilo, le doglianze difensive risultano, pertanto, del tutto prive di giuridico fondamento.
5) Ricorso di (OMISSIS):
6) Ricorso di (OMISSIS):
7) Ricorso di (OMISSIS):

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