Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 7 settembre 2017, n. 40855. La minaccia costitutiva del delitto di estorsione può essere manifestata anche in maniera implicita e indiretta

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23.2. Il ricorso e’ integralmente inammissibile.
23.2.1. Sono state gia’ illustrate (nel § 1.3. di queste Considerazioni in diritto) le ragioni per le quali e’ inammissibile il motivo (nel caso in esame, il 3) in cui si deduca la violazione dell’articolo 192 c.p.p., anche se in relazione all’articolo 125 c.p.p. e articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e), per censurare l’omessa od erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o acquisibile.
23.2.2. Le doglianze riguardanti le conclusive affermazioni di responsabilita’ (1, 2, 3, oltre motivi nuovi in realta’ reiterativi delle doglianze gia’ costituenti oggetto di ricorso), reiterano, piu’ o meno pedissequamente, a fronte di una doppia conforme affermazione di responsabilita’ (cfr. § 1.6.2. di queste Considerazioni in diritto), censure gia’ dedotte in appello e gia’ non accolte, risultando, pertanto, prive della specificita’ necessaria ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera C), (Sez. 4, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. 6, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), e, comunque, meramente assertive nonche’ manifestamente infondate, in considerazione dei rilievi con i quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche’ esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha motivato le contestate statuizioni (in particolare, esaurientemente, f. 95 ss. della sentenza impugnata), valorizzando plurime e convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia motivatamente ritenute attendibili, oltre che puntualmente esaminando, e dettagliatamente confutando, tutte le censure specifiche dell’appellante.
Nel caso di specie, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio gia’ sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, e’ giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della resoci isabilita’ dell’imputato che, in concreto, si limita a reiterare le doglianze gia’ incensurabilmente disattese dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture difensive improduttive di effetti.
23.2.3. La difesa del ricorrente erra certamente quando, nel corpo del 2 motivo, lamenta violazione dei criteri di valutazione della prova indiziaria, poiche’ a carico del suo assistito non gravano meri indizi, ma vere e proprie prove; d’altro canto, la Corte d’appello, nelle sedi gia’ richiamate, ha incensurabilmente ritenuto l’attendibilita’ estrinseca ed intrinseca dei cinque collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni sono state essenzialmente valorizzate a fondamento delle conclusive affermazioni di responsabilita’, convergendo sull’appartenenza dell’imputato al sodalizio (cui era stato anche ritualmente affiliato, secondo due collaboratori) e sulle specifiche attivita’ illecite cui lo stesso era dedito (principalmente la pratica dell’usura, ma anche traffici di droga).
E, quanto alla considerazione delle attivita’ usura, essa mostra di travisare quanto osservato dalla Corte di appello a f. 97 della sentenza impugnata quanto alle ragioni puntualmente esposte, con rilievi gia’ richiamati, che appare inutile trascrivere pedissequamente – per le quali anche le usure individuali sono state ritenute sintomatiche dell’appartenenza al sodalizio: l’usura praticata dai (OMISSIS), ancorche’ posta in essere dai membri di quel sottogruppo individualmente e non in forma collettiva (vale a dire attraverso capitali comuni), rientrava, infatti, a pieno titolo tra le attivita’ illecite della cosca e contribuiva a connotare l’apporto partecipativo dei singoli autori al sodalizio stesso.
23.2.4. Il quarto motivo e’ ancora una volta privo della specificita’ necessaria ex articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera C), poiche’ il ricorrente non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello (in particolare f. 98 della sentenza impugnata) che, con argomentazioni giuridicamente corrette, nonche’ esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha motivato le contestate statuizioni incensurabilmente valorizzando le premesse gravi modalita’ dei fatti accertati (che rendono la contestata recidiva particolarmente pregnante) e l’assenza di sintomi di resipiscenza o di altri elementi decisivamente sintomatici – in senso contrario – della necessaria meritevolezza, oltre ai gravi precedenti, quanto allo specifico diniego delle attenuanti geneirche.
24) (OMISSIS):
Il GUP del Tribunale di Catanzaro aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole del reato ascrittogli al capo 33) (tentata estorsione aggravata in danno di (OMISSIS)), con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti concorrenti, ed operata la riduzione per il rito lo aveva condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed Euro 1400 di multa, oltre alle statuizioni accessorie.
La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, ha confermato la sentenza di primo grado quanto all’affermazione di responsabilita’, riducendo la pena ad anni 2 e mesi 8 di reclusione ed Euro 1200 di multa, e condannando l’imputato al pagamento delle ulteriori spese processuali soltanto in favore della p.c. (OMISSIS).

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