Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 7 settembre 2017, n. 40855. La minaccia costitutiva del delitto di estorsione può essere manifestata anche in maniera implicita e indiretta

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18.3.2. La difesa omette di considerare che, a carico dell’imputato, non e’ stata valorizzata unicamente la frase piu’ volte menzionata nei ricorsi, bensi’:
– le dichiarazioni collaborative di (OMISSIS), incensurabilmente giudicate attendibili (al riguardo, la Corte d’appello espressamente afferma, in motivazione, l’impossibilita’ di utilizzare come riscontro quanto dallo stesso riferito al figlio);
– quanto risultante da due annotazioni di servizio redatte nel luglio dal Carabiniere (OMISSIS) e dai marescialli (OMISSIS) e (OMISSIS) (ai quali i CC vibonesi (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano, nell’immediatezza dei fatti successivamente contestati all’odierno imputato, manifestato perplessita’ sul comportamento di quest’ultimo) e dalla conclusiva relazione di servizio del cap. (OMISSIS), nonche’ infine quanto riferito anche dal tecnico (OMISSIS) (su tutto, dettagliatamente, f. 187 ss. della sentenza impugnata, anche ad incensurabile confutazione delle eccezioni difensive).
(ncensurabilmente valorizzando, in difetto di documentati travisamenti, le predette risultanze, la Corte di appello ha concluso che, se anche il (OMISSIS) aveva dei sospetti sul fatto che gli operai di telefonia presentatisi in casa sua fossero in realta’ operanti delle forze dell’ordine incaricati di installare delle microspie (in realta’, essi dovevano unicamente porre rimedio al malfunzionamento di microspie gia’ installate), tali sospetti divennero delle certezze grazie al documentato contributo del sopraggiunto Carabiniere (OMISSIS), la cui condotta integra, sotto il profilo della materialita’, il contestato reato, non avendo ad oggetto notizie gia’ con certezza note, ovvero l’esistenza a carico del (OMISSIS) di un’attivita’ info-investigativa per sua natura destinata a restare segreta, onde non essere vanificata.
Infine, deve rilevarsi che costituiva frutto di una iniziale piu’ ampia ipotesi accusatoria, rimasta indimostrata, la compartecipazione al fatto di un terzo rimasto ignoto: trattasi, peraltro, di circostanza del tutto ininfluente in riferimento alla conclusiva affermazione di responsabilita’ dell’imputato.
1.8.4. Il ricorso del PG e’ fondato.
Le argomentazioni sulla base delle quali la Corte di appello (f. 199 della sentenza impugnata) ha motivato l’esclusione della circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7 appaiono meramente assertive: occorreva valutare se la condotta accertata fosse rivolta a vantaggio del singolo oppure posta in essere per finalita’ mafiose, ovvero rivolta a vantaggio del sodalizio cui il (OMISSIS) apparteneva, e la Corte di appello ha avvalorato la prima ipotesi senza convincentemente spiegarne il perche’, e senza considerare che il (OMISSIS) era, nell’ambito del sodalizio di appartenenza, in posizione verticistica, e quindi il segreto rivelatogli ben poteva rivolgersi a vantaggio, oltre che del singolo beneficiario della rivelazione, anche del sodalizio stesso, garantendo la segretezza delle conversazioni riguardanti la sua vita ed i suoi affari.
18.4.1. In accoglimento del ricorso del Procuratore Generale, la sentenza impugnata va, quindi, annullata limitatamente all’esclusione della circostanza aggravante di cui al Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Catanzaro per nuovo giudizio, che sara’ condotto tenendo conto dei rilievi di cui al § che precede, ed in particolare colmando l’indicata lacuna motivazionale.
19) (OMISSIS):
GUP del Tribunale di Catanzaro aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole dei reati ascrittigli ai capi 1), 5), 8), 21), 22), 23) e 28) (esclusa per i reati di cui ai capi 5) e 28) la circostanza aggravante di cui all’articolo 629 c.p., comma 2, in riferimento all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 1, e per i reati di cui ai capi 21), 22) e 23) la circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7), unificati dal vincolo della continuazione, con la contestata recidiva, ed operata la riduzione per il rito lo aveva condannato alla pena di anni 13 e mesi 8 di reclusione, oltre alle statuizioni accessorie.
La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’imputato al pagamento delle ulteriori spese processuali,
anche in favore delle pp.cc. Comune di Lamezia Terme, (OMISSIS) di Lamezia Terme e F.A.I. oltre che della p.c. (OMISSIS) e della p.c. (OMISSIS).
19.1. Contro la predetta decisione, ricorre l’imputato, con l’ausilio di un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione, deducendo:
1) articolo 606 c.p.p., lettera C – violazione dell’articolo 442 c.p.p., comma 1-bis, richiamato dall’articolo 458 c.p.p., comma 2, norma prevista a pena d’inutilizzabilita’, nella parte in cui la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la confisca di beni nella disponibilita’ dell’imputato sulla base di atti non ricompresi tra quelli che potevano essere legittimamente utilizzati, trattandosi di atti integrativi d’indagine svolti dopo l’ammissione al rito abbreviato;
2) Art. 606 c.p.p., lettera E – mancanza di motivazione nella parte in cui la Corte d’appello ha omesso di prendere in considerazione la CT prodotta dalla difesa a dimostrazione dell’assenza del requisito della sproporzione previsto dalla L. n. 356 del 1992, articolo 12-sexies, con riferimento al fabbricato identificato al Catasto urbano del Comune di Lamezia Terme foglio n. (OMISSIS) del quale era stata disposta la confisca in primo grado.
19.2. Il ricorso e’ integralmente inammissibile perche’ (come peraltro risultante anche dal non contestato riepilogo dei motivi di appello operato dalla Corte di appello a f. 34 della sentenza impugnata) presentato per motivi inerenti ad un punto della decisione che non aveva costituito oggetto di appello, e non deducibili per la prima volta in sede di legittimita’.
20) (OMISSIS):
Il GUP del Tribunale di Catanzaro aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole dei reati ascrittigli ai capi 1) e 21) (esclusa la circostanza aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, articolo 7), unificati dal vincolo della continuazione, con la contestata recidiva, ed operata la riduzione per il rito lo aveva condannato alla pena di anni 8, mesi 10 e giorni 20 di reclusione, oltre alle statuizioni accessorie.
All’imputato si contestava (capo 1) la partecipazione all’associazione di tipo mafioso denominata âEuroËœndrangheta, costituita, promossa, organizzata e diretta da (OMISSIS) detto “(OMISSIS)”, capo riconosciuto della locale di (OMISSIS), con il compito, tra gli altri, di usuraio/esattore per conto della cosca di appartenenza, nonche’ di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti; si contestava inoltre la commissione di un’usura aggravata.

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