[….segue pagina antecedente]
– affermo’ essersi in presenza di “un contratto sottoposto a condizione sospensiva – pienamente lecita ed anzi imposta afferente alla misura del canone e legata alla registrazione del contratto reale”.
6. Avverso la sentenza della Corte calabrese la (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
6.1. Con il primo motivo viene lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendosi che il giudice di appello avrebbe esaminato in via preliminare l’appello incidentale spiegato dalla (OMISSIS) di Amato senza chiarire gli “evidenti motivi” cui fa riferimento la sentenza impugnata per spiegare tale scelta, e non avrebbe, di converso, esaminato l’appello principale, violando cosi’ il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nonche’ l’obbligo di pronunciare su tutta la domanda.
6.2. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 e 1355 c.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e in particolare censurata la sentenza impugnata per aver ritenuto la validita’ delle clausole contenute negli articoli 2 e 3, dell’atto integrativo al contratto di locazione sulla base di una interpretazione non corrispondente alla reale comune intenzione delle parti, quale invece desumibile da una corretta ricostruzione dell’economia generale dell’accordo che tenesse conto dell’intimo collegamento esistente tra le due clausole. Ad avviso della ricorrente, infatti, non appariva condivisibile l’affermazione dalla Corte d’appello secondo cui il canone di locazione sarebbe stato fissato “sin da subito” in Euro 5.500 mensili, in quanto dalla lettura combinata degli articoli 2 e 3, dell’atto integrativo – la cui analisi era stata colpevolmente e completamente omessa dal giudice di secondo grado – emergeva un accordo che prevedeva: “a) il versamento di somme ulteriori rispetto al canone pattuito nel contratto di locazione; b) la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, comportando variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati del tutto diversi ed indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere di acquisto della moneta: previsioni entrambe nulle in ragione di quanto previsto dalla L. n. 392 del 1978, articolo 79”. Erroneo appariva, dunque, il risultato dell’indagine ermeneutica svolta dalla Corte territoriale, che inammissibilmente aveva ravvisato, nella complessa fattispecie sottoposta al suo esame, una struttura negoziale sottoposta a condizione sospensiva – afferente alla misura del canone in relazione alla eventuale registrazione del contratto -, da considerarsi comunque nulla, ex articolo 1355 c.c., in quanto perche’ rimessa alla mera volonta’ della parte locatrice.
6.3. Nella memoria depositata ex articolo 378 c.p.c., inoltre, la ricorrente ha altresi’ dedotto la nullita’ delle pattuizioni di cui all’accordo integrativo alla luce dei principi di diritto affermati da queste stesse sezioni unite con la sentenza n. 18213 del 17 settembre 2015, emessa in epoca successiva al deposito del ricorso, con la quale, in relazione a fattispecie identica a quella di cui si oggi discute, seppure relativa ad una locazione ad uso abitativo, era stata sancita “la nullita’ di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato, al di la’ e a prescindere da qualsivoglia elemento esterno all’atto” (cosi’ al folio 13 della memoria di parte ricorrente).
6.4. La signora (OMISSIS) di Amato ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilita’ del gravame per violazione dell’articolo 360 bis c.p.c., risultando a suo dire “palese che il provvedimento impugnato abbia deciso le questioni di diritto in modo nettamente conforme alla giurisprudenza di Codesta Suprema Corte”, e non emergendo dai motivi di ricorso alcun elemento utile per mutare l’orientamento della stessa. Ha richiamato all’uopo le sentenze della terza sezione di questa stessa Corte n. 2901 del 9 febbraio 2007 (con la quale venne confermata la pronuncia di merito che aveva ritenuto legittima la pattuizione complessiva iniziale del canone sulla base di quanto stabilito nel contratto e in “una scrittura integrativa in pari data”), n. 2902 del 9 febbraio 2007 (secondo la quale la qualificazione giuridica dell’aumento del canone, se lecita o illecita, era ” rimessa all’apprezzamento di fatto del giudice del merito”) e n. 4210 del 23 febbraio 2007 (a mente della quale, “in materia di contratto di locazione di immobili destinati ad uso non abitativo, in relazione al principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo, la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive i tempo nell’arco del rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati del tutto diversi ed indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere di acquisto della moneta – deve ritenersi legittima, ex articoli 32 e 79, della legge sull’equo canone, salvo che essa non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria – nel qual caso e’ nulla”).
Nel merito, la controricorrente ha altresi’ evidenziato la correttezza dell’interpretazione e della qualificazione giuridica dell’accordo integrativo operata dalla Corte di appello, precisando, a sua volta, ed espressamente, che “a nulla varrebbe obiettare che la registrazione tardiva dell’accordo integrativo sarebbe inutiliter data poiche’ il contratto non registrato sarebbe addirittura inesistente ex articolo 1423 c.c.: in realta’, siffatta prospettazione avrebbe ripercussioni negative non soltanto sugli interessi delle parti ma altresi’ sugli interessi dell’erario. Infatti deve ritenersi che la L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 346, consenta, analogamente a cio’ che accade in ambito fiscale e con effetti valicanti sul piano civilistico, il ravvedimento dei contraenti che non hanno registrato il contratto. Ergo, il contratto non registrato puo’ essere sanato con la registrazione, e tale sanatoria, alla luce di un’ermeneutica costituzionalmente orientata (v. sentenza di primo grado, richiamata dalla Corte di appello di Catanzaro in nota n. 2 a pag 7) ha efficacia ex tunc”.
6.5. Tali argomentazioni, e tale linea difensiva, sono state sostanzialmente reiterate ed ulteriormente ampliate con le note illustrative (il cui contenuto va testualmente riportato, sia pur in parte qua, per le ragioni di cui piu’ innanzi si dira’), ove si legge (f. 9-10) come “sicuramente non sfugga a questa difesa che le sezioni unite della Corte, in tema di locazione immobiliare abitativa, abbiano stabilito che la nullita’ prevista dalla L. n. 431 del 1998, articolo 13, comma 1, sanzioni esclusivamente il patto di maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente; il patto occulto, in quanto nullo, non e’ sanato dalla registrazione tardiva, fatto extranegoziale inidoneo ad influire sulla validita’ civilistica. Ma tale principio non e’ applicabile al caso in esame, in primis perche’ il giudizio non verte in tema di locazione immobiliare ad uso abitativo, mentre la disciplina delle locazioni ad uso diverso continua a trovare la sua fonte principale nella L. n. 392 del 1978; inoltre, la norma di cui al citato articolo 13, non e’ applicabile al caso in esame, in quanto nessun patto successivo tendente ad aumentare il canone di locazione e’ stato stipulato tra le parti, ne’ v’e’ stata alcuna imposizione del locatore nei confronti della conduttrice tale da far sorgere l’esigenza di apprestare al contraente debole un adeguato ed effettivo strumento di tutela. Il contratto di locazione e l’atto integrativo non sono e non possono essere intesi come due pattuizioni diverse, bensi’ costituiscono un unico atto e un tutt’uno sin dall’inizio, il primo esistendo in funzione del secondo e viceversa. La volonta’ delle parti era soltanto quella di celare all’erario un prezzo di canone maggiore, attraverso un contratto, simulato solo nel prezzo, perfettamente legittimo e rientrante nella sfera della libera autonomia contrattuale delle parti. Una diversa interpretazione porterebbe all’inevitabile conseguenza che tutti i contratti simulati sarebbero nulli. Il canone, dunque, e’ stato determinato dalle parti di comune accordo sin dall’inizio del rapporto, anche se il contratto e’ stato successivamente registrato. La volonta’ delle parti era ben chiara: entrambe avrebbero risparmiato denaro, la conduttrice pagando una somma notevolmente minore (Euro 3500) a fronte di 5500 mensili” (e cio’ se il contratto non fosse stato registrato) “e la locatrice avrebbe pagato meno tasse”.
7. All’esito dell’udienza pubblica del 13 aprile 2016, la terza sezione civile di questa Corte, con ordinanza n. 16604 del 5 agosto 2016, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, ponendo una questione di massima di particolare importanza “in una materia connotata da diffusissima contrattazione e caratterizzata da un’accentuata litigiosita’”, quale quella concernente i contratti di locazione ad uso diverso da abitazione, che puo’ riassumersi nei termini che seguono:
“Se, in tema di contratti di locazione ad uso diverso da quello di abitazione, nell’ipotesi di tardiva registrazione (anche) del contestuale e separato accordo recante l’importo del canone maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, sia configurabile un’ipotesi di sanatoria di tale nullita’, ovvero se anche per le locazioni ad uso diverso da abitazione debba farsi applicazione del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U., 17 settembre 2015, n. 18213, rv. 636471) con riferimento ai contratti di locazione ad uso abitativo, secondo il quale, su di un piu’ generale piano etico/costituzionale, l’esclusione di una qualsivoglia efficacia sanante della registrazione tardiva consente di impedire che dinanzi ad una Corte suprema di un paese Europeo una parte possa invocare tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria qualita’ di evasore fiscale, e sia proprio la Corte di legittimita’ ad affermarne la liceita’”.
7.1. In particolare, si legge nell’ordinanza interlocutoria:
[…segue pagina successiva]
Leave a Reply