Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 19 maggio 2016, n. 20763

Va annullato il provvedimento del giudice che, in un procedimento penale per reati fiscali, confermi la legittimità del sequestro preventivo operato per equivalente sui beni dell’amministratore di società, in assenza della prova dell’impossibilità di effettuare il sequestro e la confisca in forma specifica nei confronti dei beni della persona giuridica. Inoltre, il profitto del reato può consistere nel risparmio di spesa corrispondente alla somma derivante dal mancato pagamento nei confronti dell’Erario o ai beni acquisiti mediante il suo reinvestimento

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 19 maggio 2016, n. 20763

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. DI STASI Antonell – rel. Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 02/02/2015 del Tribunale di Bergamo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FILIPPI Paola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Bergamo, con ordinanza del 2.2.2015, rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse di (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro preventivo del Giudice per le indagini preliminari del predetto Tribunale del 29.12.2014, disposto per equivalente (L. n. 143 del 2007, ex articolo 1, comma 143) sui beni personali- mobili e immobili- di (OMISSIS).
(OMISSIS), nella qualita’ di amministratore della societa’ (OMISSIS) srl, era indagato per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del d2000, articoli 2 e 4, per avere nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2008 esposto fatture per operazioni inesistenti annotate nell’anno 2007 e per avere indicato nelle dichiarazioni degli anni 2008, 2009 e 2010 elementi attivi che avevano comportato evasione di imposta, rispettivamente, per Euro 1.262,750, 880.210,00 e 630.052,00.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per il tramite del difensore di fiducia, articolando il motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1: violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), c) ed e), per inosservanza o erronea applicazione di norme giuridiche nonche’ per mancanza o apparenza della motivazione.
Il ricorrente deduce che si e’ proceduto direttamente al sequestro preventivo per equivalente dei suoi beni personali, in assenza della prova dell’impossibilita’ di effettuazione del sequestro e della confisca in forma specifica nei confronti dei beni della persona giuridica.
il Tribunale di Bergamo erroneamente ha ritenuto infondata la censura difensiva fondata sull’affermazione che il Giudice per le indagini preliminari avrebbe dovuto disporre il sequestro preventivo in forma diretta del denaro presente nelle casse della societa’ e nei limiti di incapienza il sequestro preventivo per equivalente dei beni della persona sottoposta ad indagini.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.
2. Il Tribunale del riesame, investito della specifica questione, ha confermato la legittimita’ del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni in disponibilita’ del ricorrente sul rilievo che il sequestro preventivo del profitto del reato, qualora quest’ultimo sia costituito da un mancato esborso di denaro, possa avvenire esclusivamente nelle forme del sequestro per equivalente e che tale sequestro possa essere disposto sui beni intestati ad una persona giuridica solo quando l’ente costituisca lo schermo fittizio delle attivita’ dell’amministratore. L’affermazione non e’ corretta.
2.1. Va ricordato che le Sezioni Unite di questa Suprema Corte, con la sentenza n. 10561/2014, Gubert, hanno affermando i seguenti principi di diritto:
“E’ consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilita’ di tale persona giuridica”.
“Non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio”.
“Non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona (compresa quella giuridica) non estranea al reato”.
– “L’impossibilita’ del sequestro del profitto di reato puo’ essere anche solo transitoria senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato”.
La pronuncia delle Sezioni Unite rimarca, innanzitutto, la distinzione tra la confisca diretta del profitto del reato e l’istituto dalla confisca per equivalente.
La confisca diretta (o confisca di proprieta’), prevista dall’articolo 240 c.p. come misura facoltativa e resa obbligatoria per alcuni reati dall’articolo 322 ter c.p., ha per oggetto il profitto del reato, vale a dire l’utilita’ economica direttamente o indirettamente conseguita con la commissione del reato. La confisca per equivalente (o confisca di valore), invece, ha per oggetto somme di denaro, beni o altre utilita’ di cui il reo ha la disponibilita’ per un valore corrispondente al profitto del reato ed e’ destinata ad operare nei casi in cui la confisca diretta non sia possibile. Nella nozione di profitto che consente la confisca diretta non rientrano solo i beni appresi per effetto diretto e immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilita’ comunque ottenuta dal reato, anche in via indiretta o mediata (ad esempio i beni acquistati con il denaro ricavato dall’attivita’ illecita oppure l’utile derivane dall’investimento del denaro di provenienza criminosa).
La L. 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, comma 143, (legge finanziaria 2008), ha esteso ai delitti tributari di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11, le disposizioni di cui all’articolo 322 ter c.p., norma che rende obbligatoria per alcuni reati contro la pubblica amministrazione la confisca del prezzo o profitto del reato e che introduce la possibilita’ di procedere alla confisca per equivalente nel caso in cui tale prezzo o profitto non sia facilmente aggredibile. Pertanto, nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti, per uno dei delitti tributari previsti dagli articoli sopra richiamati, “e’ sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato” (confisca diretta); quando cio’ non e’ possibile, avra’ luogo “la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilita’, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto” (confisca per equivalente). A seguito dell’abrogazione di tale norma ad opera del Decreto Legislativo n. 158 del 2015, l’articolo 10 del predetto decreto legislativo ha contestualmente introdotto il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, nuovo articolo 12 bis, riconducendo cosi la disposizione contenuta nella L. 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 1, comma 143, (legge finanziaria 2008). La nuova norma dispone, infatti, che “nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 c.p.p., per uno dei delitti previsti dal presente decreto e’ sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non e’ possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilita’ per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
Consegue, pertanto, che la confisca diretta del profitto di reato e’ possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica nell’interesse della societa’, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto siano rimasti nella disponibilita’ della persona giuridica medesima.
Si deve, invece, escludere la possibilita’ di procedere a confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante, salva l’ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l’amministratore agisce come effettivo titolare.
Si osserva, a tal profilo, che il rapporto organico che esiste tra persona fisica e societa’ non e’ di per se’ idoneo a giustificare l’estensione dell’ambito di applicazione della confisca per equivalente. Inoltre, non puo’ trovare applicazione il principio per cui a ciascun concorrente devono imputarsi le conseguenze del reato. Nell’ordinamento vigente, infatti, e’ prevista solo una responsabilita’ amministrativa degli enti e non una responsabilita’ penale, sicche’ l’ente non e’ mai autore del reato e non puo’ essere considerato concorrente. Va pure osservato che il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, non include i reati tributari fra quelli per cui e’ prevista la responsabilita’ della persona giuridica.
Si evidenzia, inoltre, che la confisca per equivalente dei beni della societa’ non puo’ fondarsi neppure sull’assunto che l’autore del reato abbia la disponibilita’ di tali beni in quanto amministratore, essendo tale disponibilita’ nell’interesse dell’ente e non della persona fisica. Sul piano del diritto positivo, infine, non vi e’ alcuna disposizione normativa che consenta di disporre la confisca per equivalente di beni appartenenti a una persona giuridica nel caso di violazioni tributare commesse dal legale rappresentante e stante il carattere eminentemente sanzionatorio della confisca per equivalente, le norme che la prevedono non possono essere applicate oltre ai casi espressamente considerati, a cio’ ostando il divieto di applicazione analogica in malam partem vigente nella materia penale.
Costituisce, inoltre, insegnamento di questa Suprema Corte, in tema di reati tributari, che il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, e’ costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e puo’, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036; Sez. 3, n. 11836 del 04/07/2012, Bardazzi, Rv. 254737; Sez. 5, n. 1843 del 10/11/2011, Mazzieri, Rv. 253480; piu’ in generale, sulla riconducibilita’ al profitto del “risparmio di spesa” si veda, altresi’, Sez. U, n. 38343, n. 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261117). Anche il bene acquisito in modo diretto con il reinvestimento delle somme non versate all’Erario va ascritto alla categoria del “profitto” del reato (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert; Sez. 6, n. 11918 del 14/11/2013, Rossi, Rv. 262613; Sez. 6, n. 4114 del 21/10/1994, Giacalone, Rv. 200855; piu’ in generale, si veda anche Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007, Miragliotta, Rv. 238700).
Cio’ posto, secondo il recente, autorevole arresto di questa Suprema Corte “qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilita’ deve essere qualificata come confisca diretta; in tal caso, tenuto conto della particolare natura del bene, non occorre la prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della confisca e il reato” (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci). Si sostiene, a tal fine, che “ove il profitto o il prezzo del reato sia rappresentato da una somma di denaro, questa, non soltanto si confonde automaticamente con le altre disponibilita’ economiche dell’autore del fatto, ma perde – per il fatto stesso di essere ormai divenuta una appartenenza del reo qualsiasi connotato di autonomia quanto alla relativa identificabilita’ fisica. Non avrebbe, infatti, alcuna ragion d’essere – ne’ sul piano economico ne’ su quello giuridico – la necessita’ di accertare se la massa monetaria percepita quale profitto o prezzo dell’illecito sia stata spesa, occultata o investita: cio’ che rileva e’ che le disponibilita’ monetarie del percipiente si siano accresciute di quella somma, legittimando, dunque, la confisca in forma diretta del relativo importo, ovunque o presso chiunque custodito nell’interesse del reo. Soltanto, quindi, nella ipotesi in cui sia impossibile la confisca di denaro sorge la eventualita’ di far luogo ad una confisca per equivalente degli altri beni di cui disponga l’imputato e per un valore corrispondente a quello del prezzo o profitto del reato, giacche’, in tal caso, si avrebbe quella necessaria novazione oggettiva che costituisce il naturale presupposto per poter procedere alla confisca di valore (l’oggetto della confisca diretta non puo’ essere appreso e si legittima, cosi’, l’ablazione di altro bene di pari valore)”.
Tanto premesso, va rilevato che l’ordinanza impugnata non ha fatto buon governo dei principi di diritto suesposti, valutando infondata la doglianza difensiva volta a censurare la sottoposizione a sequestro preventivo per equivalente dei beni personali del ricorrente, in assenza della prova dell’impossibilita’ di effettuazione del sequestro e della confisca in forma specifica nei confronti dei beni della persona giuridica e affermando erroneamente che il sequestro sui beni intestati ad una persona giuridica possa essere disposto solo quando l’ente costituisca lo schermo fittizio delle attivita’ dell’amministratore e che qualora il profitto del reato sia costituito da un mancato esborso di denaro il sequestro possa avvenire solo per equivalente.
3. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Bergamo per nuovo esame, alla luce dei principi di diritto suesposti, che vanno ribaditi: la confisca diretta del profitto di reato e’ possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante
o da altro organo della persona giuridica nell’interesse della societa’, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto siano rimasti nella disponibilita’ della persona giuridica medesima; il profitto del reato puo’ consistere nel risparmio di spesa corrispondente alla somma non versata alla scadenza (o nei beni acquisiti mediante il suo reinvestimento); l’impossibilita’ di procedere a confisca diretta del profitto costituisce condizione imprescindibile perche’ si possa procedere a quella per valore, come si evince dal tenore testuale dell’articolo 322 ter c.p..

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bergamo.

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