Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 23 novembre 2017, n. 53331. Differenze tra peculato e truffa

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2.3. Dopo avere dato atto dei motivi d’impugnazione proposti da (OMISSIS) e da (OMISSIS), la Corte d’appello ha rimarcato come, con il subentro del (OMISSIS) all’integerrimo Dott. (OMISSIS) nella posizione di tesoriere del gruppo consiliare “(OMISSIS)”, si fosse creato il terreno fertile per condotte di approfittamento da parte dei consiglieri in relazione ai contributi da loro ricevuti. Il Collegio ha aggiunto che, negli anni dal 2010 al 2012, non si era tenuta la riunione del gruppo “(OMISSIS)” destinata all’approvazione dei rendiconti e che i verbali degli anni 2010 e 2011 trasmessi dal (OMISSIS) alla Regione contenevano firme false dei consiglieri; che gli scontrini allegati erano nella stragrande maggioranza indecifrabili o non contenevano alcun riferimento al bene o al servizio per il quale erano stati emessi, tanto che avevano richiesto delle verifiche da parte della Guardia di Finanza.
Il Giudice d’appello ha dunque rilevato come la tesi dell’errore coltivata in principalita’ dalla difesa della (OMISSIS) appaia priva di fondamento, atteso che la difficolta’ di ricostruzione riguarda, non isolati scontrini, ma la maggioranza di essi, per un ammontare di oltre 9.000,00 Euro; come la malafede dell’imputata risulti confermata dalle emergenze delle intercettazioni telefoniche del settembre 2012 nonche’ dall’espediente costituito dallo scambio di messaggi di posta elettronica avvenuto dopo l’acquisizione documentale da parte della Guardia di Finanza il (OMISSIS), avente il chiaro scopo di precostituirsi prove favorevoli.
Con specifico riguardo alla posizione del (OMISSIS), dopo avere notato che alcune spese indicate dalla difesa non sono oggetto di contestazione, la Corte distrettuale ha evidenziato che, per taluni degli acquisti documentati, non sono stati rinvenuti nella disponibilita’ dell’indagato i relativi beni; che gli scontrini relativi ad altri beni sono generici (in particolare quelli per accessori di telefonia ed informatica, una lavagna) e che l’acquisto di libri scientifici non ha trovato riscontro nella disponibilita’ dell’indagato, sicche’ deve condividersi la conclusione del primo giudice secondo il quale si trattava di beni per uso personale.
Quanto poi alle consumazioni presso bar e ristoranti, il Collegio di merito ha rimarcato che gli imputati non hanno indicato l’identita’ degli ospiti con i quali avrebbero avuto gli incontri asseritamente destinati all’attivita’ politica, ponendo in evidenza che (OMISSIS) aveva prodotto ai fini della rendicontazione uno scontrino relativo ad un pranzo con uno sconosciuto commensale il giorno del suo compleanno. Ancora, la Corte ha valorizzato l’acquisto con i contributi regionali di una penna Montblanc del valore di 545,00 Euro per il consigliere (OMISSIS).
In relazione alla tesi difensiva svolta dalla (OMISSIS) secondo la quale ella avrebbe sostenuto consistenti spese per affittare un appartamento in prossimita’ del palazzo della Regione, il Collegio ha osservato come il canone di locazione per l’alloggio non possa essere coperto con i contributi percepiti dai singoli consiglieri ai sensi della Legge Regionale n. 38 del 1990 – in quanto aventi tutt’altra finalita’ -, rientrando piuttosto nel rimborso mensile forfettario pari a migliaia di Euro. Quanto alla deduzione concernente le spese di viaggio oggetto di contestazione, la Corte ha rilevato che, se si fosse trattato di missioni concernenti l’attivita’ politica, l’imputata avrebbe potuto produrre la documentazione utile a giustificare una richiesta di autorizzazione.
2.4. Sulla scorta di tale ricostruzione in fatto, il Collegio di merito ha confermato l’inquadramento giuridico della fattispecie nel delitto di peculato. Dopo avere escluso l’applicabilita’ dei principi di diritto affermati da questa Corte nelle sentenze Tretter e Fiorito – perche’ concernenti fattispecie diverse da quella
sub iudice il Giudice a quo ha stimato correttamente ravvisata la veste di pubblico ufficiale in capo ai consiglieri regionali percettori dei contributi in quanto investiti della pubblica funzione legislativa; ha rimarcato che la percezione dei contributi previsti dalla Legge Regionale n. 38 del 1990 trova fondamento e ragione proprio in relazione a tale funzione pubblica, essendo i fondi volti ad assicurare al singolo consigliere, in quanto appartenente necessariamente ad un gruppo consiliare (eventualmente a quello c.d. misto), l’esplicazione del mandato in collegamento con l’elettorato.
Infine, la Corte ha escluso la ravvisabilita’ nella specie del reato di tentata truffa aggravata atteso che, secondo l’insegnamento espresso da questa Corte, commette peculato il pubblico ufficiale che abbia fatto proprio il bene altrui del quale abbia gia’ il possesso per ragioni del suo ufficio ricorrendo all’artificio o al raggiro, non per conseguire il possesso, ma esclusivamente per occultare l’avvenuta commissione dell’illecito.
3. Avverso la sentenza ha presentato ricorso (OMISSIS), a mezzo dei difensori di fiducia Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), e ne ha chiesto per i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione agli articoli 314 e 40 c.p., per avere la Corte d’appello ritenuto erroneamente provata la partecipazione dell’imputata al reato. Ad avviso della ricorrente, il reato si perfezionava nel momento in cui venivano approvati i rendiconti finali destinati al consiglio regionale per attestare, in modo definitivo l’impiego del denaro pubblico ricevuto, rendiconti – nella fattispecie – predisposti con apposizione di firme false dal solo tesoriere (OMISSIS), dunque senza un diretto coinvolgimento della medesima.
3.2. Violazione di legge penale in relazione all’articolo 42 c.p., per avere la Corte omesso di dare rilevanza all’esistenza di un accordo fra l’imputata ed il tesoriere teso a rimettere a quest’ultimo la valutazione circa la compatibilita’ della spesa documentata con le finalita’ del contributo regionale percepito.
3.3. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 314 c.p., L. R. n. 38 del 1990, articolo 2, Legge Regionale n. 3 del 1987, articolo 4, comma 1, e L. n. 1261 del 1965, per avere la Corte ritenuto integrato il reato di peculato sebbene l’imputata abbia documentato di avere impiegato il contributo ricevuto in relazione a “spese comunque connesse” alla sua attivita’ di consigliere regionale e segnatamente per la locazione di un monolocale posto dinanzi alla sede del Consiglio regionale, utilizzato esclusivamente ai fini dello svolgimento dell’attivita’ istituzionale, non potendosi ritenere la locazione estranea a tale ambito per il mero fatto che ella percepisse il rimborso spese e la diaria.
3.4. Violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione all’articolo 314 c.p. e L. R. n. 38 del 1990, per avere la Corte erroneamente stimato integrato il reato di peculato in relazione alle spese di viaggio in considerazione del fatto che l’imputata non avesse chiesto l’autorizzazione alla missione, trattandosi comunque di spese relative a spostamenti inerenti all’attivita’ di consigliera regionale.
3.5. Vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, per avere la Corte trascurato di considerare il comportamento estremamente diligente e collaborativo serbato dall’imputata.

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