Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 2 ottobre 2017, n. 45288. Infedelta’ patrimoniale degli amministratori

La previsione di cui all’articolo 2634 c.c. – che esclude, relativamente alla fattispecie incriminatrice dell’infedelta’ patrimoniale degli amministratori, la rilevanza penale dell’atto depauperatorio in presenza dei c.d. vantaggi compensativi dei quali la societa’ apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un piu’ ampio gruppo di societa’ – conferisce valenza normativa a principi – peraltro gia’ desumibili dal sistema, in punto di necessaria considerazione della reale offensivita’ – applicabili anche alle condotte sanzionate dalle norme fallimentari e, segnatamente, a fatti di disposizione patrimoniale contestati come dissipativi. Pertanto, ove si accerti che l’atto compiuto dall’amministratore non sia stato rispondente all’interesse della societa’ ed abbia determinato un danno al patrimonio sociale, e’ onere dello stesso amministratore dimostrare l’esistenza di una realta’ di gruppo, alla luce della quale quell’atto assuma un significato diverso, si che i benefici indiretti della societa’ fallita risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresi’ idonei a compensare efficacemente gli effetti immediati negativi dell’operazione compiuta, di guisa che nella ragionevole previsione dell’agente la stessa non sia capace di incidere sulle ragioni dei creditori della societa’. In assenza di specifiche indicazioni da parte dell’imputato circa la concreta configurabilita’ di tali vantaggi compensativi, ed anzi in presenza di evidenze probatorie tali da dar conto del contrario, non era dunque compito del giudice del merito accertare la prova negativa della loro esistenza, ne’ dunque puo’ essere dedotto il difetto di motivazione sul punto.

Sentenza 2 ottobre 2017, n. 45288
Data udienza 11 maggio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Anton – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Lui – Consigliere

Dott. MORELLI Francesca – Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/04/2016 della CORTE APPELLO di TRENTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. SCORDAMAGLIA IRENE;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto;
Udito il difensore.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS), per il tramite del proprio difensore, Avv. (OMISSIS), propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Trento del 27 gennaio 2016, con la quale, a parte la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, e’ stato confermato il giudizio di responsabilita’, formulato in primo grado, in ordine al reato di cui alla L. Fall., articolo 224, comma 1, in relazione alla L. Fall., articolo 217, comma 1, n. 2 e comma 2.
L’imputato e’ stato ritenuto responsabile, quale presidente del Consiglio di Amministrazione della (OMISSIS) S.r.l., dal 11 marzo 2003 al 21 dicembre 2006, e, in tale veste, quale amministratore della stessa compagine imprenditoriale, dichiarata fallita in data (OMISSIS), di avere consumato una parte notevole del patrimonio della societa’ mediante il trasferimento di risorse finanziarie alla controllata (OMISSIS) S.r.l. e di avere mantenuto, nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento, nel libro giornale e nelle altre scritture contabili l’annotazione al 1 aprile 2005 del saldo di apertura del conto ” (OMISSIS) S.r.l.” in misura inferiore a quella reale e comunque non coincidente con il saldo di chiusura al 31 dicembre 2004 e di avere omesso di annotare i pagamenti effettuati dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) nel periodo compreso tra il 1 gennaio 2005 e il 1 marzo 2005, utilizzando per le compensazioni il conto ” (OMISSIS) S.r.l.”.
Il ricorso per cassazione e’ affidato a cinque motivi enunciati nei limiti indicati dall’articolo 173 disp. att. c.p.p..
– Con il primo motivo e’ eccepita la mancata dichiarazione di estinzione dei reati per prescrizione, ad effetto della violazione degli articoli 157 e 158 cod. pen. in relazione alla L. Fall., articolo 224, comma 1, e articolo 217, comma 1, n. 2 e comma 2, ed il vizio di carenza, illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione resa sul punto dalla Corte di appello. Ad avviso della difesa del ricorrente, tenuto conto che le condotte a questi ascritte si erano protratte sino al 1 aprile 2005 e che, in ogni caso, egli era cessato dalle cariche rivestite nel dicembre 2006, il dies a quo della prescrizione doveva ritenersi cristallizzato non alla data della dichiarazione di fallimento della societa’, ma in quella coincidente con l’epoca di realizzazione delle singole condotte criminose o, al piu’, in quella in cui il (OMISSIS) aveva rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di presidente del consiglio di amministrazione della (OMISSIS) S.r.l.. La differente soluzione adottata dalla Corte distrettuale – che aveva fatto decorrere la prescrizione dalla dichiarazione di fallimento, quale momento consumativo del delitto di bancarotta – era il frutto di un’interpretazione distorta delle norme di riferimento, mutuata dall’orientamento esegetico di legittimita’ che assegna alla dichiarazione di fallimento la valenza di elemento costitutivo improprio della fattispecie incriminatrice piuttosto che quella di mera condizione di punibilita’.
– Con il secondo motivo sono promiscuamente dedotti il vizio di violazione di legge, in relazione alla L. Fall., articolo 224, comma 1, e articolo 217, comma 2, e il vizio di motivazione in ordine all’affermata responsabilita’ del ricorrente per il delitto di bancarotta semplice documentale a titolo di colpa, fondata sul rimprovero mossogli di non avere negligentemente adempiuto al proprio obbligo di vigilare sull’operato dell’esperto cui era stata affidata la tenuta della contabilita’. Secondo la prospettazione difensiva l’articolo 42 cod. pen. consente la configurazione della colpa alternativamente al dolo soltanto in relazione alle contravvenzioni, con la conseguenza che il reato di bancarotta semplice documentale, essendo configurato come delitto, e’ punibile soltanto a titolo di dolo, nella specie escluso dalla Corte territoriale. Nondimeno, nel caso scrutinato, non sarebbe neppure ravvisabile la colpa dell’imputato, avendo egli incaricato della tenuta della contabilita’ un commercialista della cui perizia egli si era preventivamente accertato (culpa in eligendo) e non essendo esigibile che egli, assolutamente digiuno di qualsivoglia nozione contabile, vigilasse sul corretto operato dell’esperto, avendo egli fatto affidamento sulla capacita’ professionale di questi.
– Con il terzo motivo ci si duole dell’inosservanza della L. Fall., articolo 224, comma 1, e articolo 217, comma 1, n. 2 e del correlato vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale sussunto nella categoria delle operazioni manifestamente imprudenti idonee a consumare una notevole parte del patrimonio della societa’ i ripetuti finanziamenti operati dalla controllante (OMISSIS) S.r.l. nei confronti della controllata (OMISSIS) S.r.l. – interamente partecipata dalla (OMISSIS) ed avente lo stesso oggetto sociale e, percio’, destinata all’incorporazione in questa – utilizzando per addivenire a tale risultato un criterio ex post anzicche’ un criterio ex ante. Se, invece, i giudici di merito avessero valutato tali finanziamenti ponendosi nell’ottica del polo dirigistico della controllante (OMISSIS), nel momento in cui tali apporti di risorse finanziarie erano state deliberate, avrebbero dovuto riconoscerne la piena liceita’ nella prospettiva della realizzazione degli scopi di espansione commerciale e di incremento dei profitti propri della logica di impresa. Da cio’ derivava che neppure con la dovuta diligenza sarebbe stato possibile prevedere l’esito infausto di tali operazioni, determinatosi ad effetto della contingente impossibilita’ di recuperare i finanziamenti effettuati alla (OMISSIS) mediante l’incasso di un credito da questa vantato nei confronti dell’Erario (sicuramente solvibile).
– Con il quarto motivo si prospettano censure afferenti all’errata applicazione della L. Fall., articolo 217, comma 2, e alla carenza di motivazione resa dalla Corte di appello in punto di spiegazione della corrispondenza tra il saldo di apertura ed il saldo di chiusura nel libro giornale e nelle scritture contabili del conto ” (OMISSIS) relativi agli anni di esercizio 2004 e 2005 e della mancata annotazione nello stesso conto delle annotazione dei finanziamenti effettuati dalla (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS).. In particolare le ragioni di censura si dirigono sulla constatazione che le annotazioni contestate si riferiscono all’anno 2005, risultando, quindi, ben anteriori al periodo dei tre anni anteriori al fallimento cui la norma di cui alla L. Fall., articolo 217, comma 2, assegna rilevanza ai fini dell’integrazione della fattispecie criminosa. Aggrediscono poi l’impianto argomentativo della decisione impugnata per avere incomprensibilmente taciuto in ordine alla sollecitata necessita’ di esplorare altre poste contabili in cui le dette annotazioni avrebbero potuto trovarsi.
– Con il quinto motivo viene articolata la doglianza avente ad oggetto l’erronea applicazione della norma di cui all’articolo 2634 cod. civ. ed il vizio di motivazione ricadente sul punto della decisione impugnata riguardante l’esclusione della valenza offensiva delle operazioni di finanziamento poste in essere dalla controllante (OMISSIS) nei confronti della controllata (OMISSIS) per effetto dei vantaggi fondatamente prevedibili derivanti dal collegamento tra le societa’ coinvolte. Invero, porre a carico dell’imputato l’onere di provare quali fossero i vantaggi fondatamente prevedibili delle operazioni infragruppo, cosi’ come richiesto dalla Corte territoriale, significava invertire l’onere della prova che incombe sulla accusa; in ogni caso la prevedibilita’ di tali vantaggi sarebbe stata agevolmente percepibile ove il giudicante avesse valutato i finanziamenti secondo un criterio ex ante cosi’ da porsi nella prospettiva dell’imprenditore collettivo che, nella sua discrezionale ponderazione del rischio d’impresa, aveva ritenuto, sulla base di valutazioni tecniche, che l’esborso di risorse societarie avesse come contropartita un potenziamento delle proprie prospettive di inserimento sul mercato con il conseguente ritorno in termini di utili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.

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