Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 3 ottobre 2017, n. 45530. Violenza sessuale aggravata dall’abuso di posizione dominante e non di consenso presunto nel caso di atti sessuali compiuti da un pubblico ufficiale

Si tratta di violenza sessuale aggravata dall’abuso di posizione dominante e non di consenso presunto nel caso di atti sessuali compiuti da un pubblico ufficiale su una ragazza trovata in possesso con alcuni amici di una modica quantità di hashish

Sentenza 3 ottobre 2017, n. 45530
Data udienza 30 gennaio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAVALLO Aldo – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 25.3.2016 della Corte di Appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GALTERIO Donatella;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito il difensore della parte civile (OMISSIS), avv. (OMISSIS), che ha depositato memoria di conclusioni alle quali si riporta e nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 25.3.2016 la Corte di Appello di Roma nel confermare la penale responsabilita’ di (OMISSIS) per il reato di cui all’articolo 609-bis c.p. e articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 3) per aver costretto, abusando della sua qualifica di pubblico ufficiale in servizio presso il Commissariato, una ragazza, fermata perche’ sorpresa insieme ad altri amici a bordo di un’autovettura in cui era stata rinvenuta una modica quantita’ di hashish, a subire atti sessuali consistiti in un bacio in bocca dopo averle afferrato con forza il viso e in una penetrazione vaginale cingendola con forza alla vita ed abbassandole i pantaloncini che indossava, a parziale riforma della sentenza di primo grado ha ridotto la pena inflittagli, previa concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, a quattro anni di reclusione. Avverso la suddetta pronuncia l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione articolando motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’articolo 174 disp. att. c.p.p.. Con il primo motivo censura, in relazione al vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., n.e)”, la valutazione frazionata della deposizione della vittima senza indicazione delle ragioni per le quali le dichiarazioni dei testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbero state inidonee a contrastarne l’attendibilita’, nonche’ la mancata specificazione della condotta idonea a coartare la volonta’ del soggetto passivo non essendo emerso alcun elemento dal quale desumere il dissenso di quest’ultima.
2. Con il secondo motivo lamenta)in relazione al vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b) riferito all’articolo 609-bis c.p. e lettera e), la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del dolo, non potendosi escludere dalla condotta della ragazza – trattenutasi in commissariato malgrado fosse stata edotta della facolta’ di allontanarsi; rimasta nella stanza dell’imputato dopo il riferito primo approccio sessuale di costui; non sottrattasi alla riferita penetrazione cosi’ come aveva fatto subito dopo l’accaduto, sedendosi alla scrivania ed infine rivoltasi al medesimo, dopo la violenza sessuale, per ottenere indicazioni sulla strada da percorrere per recarsi negli uffici della polizia scientifica dove erano stati portati i suoi amici – un libero consenso putativo.
3. Con il terzo motivo deduce, in relazione alla violazione degli articoli 493, 495 e 603 c.p.p., la nullita’ dell’ordinanza resa dal Tribunale all’udienza del 6.5.2014 con la quale non erano stati ammessi i testi a discarico, invece essenziali al fine di accertare la data di realizzazione del tatuaggio all’inguine dell’imputato, e dunque verificare l’attendibilita’ della persona offesa che nulla aveva riferito al riguardo, ne’ la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di sentire nuovamente la vittima, stanti le divergenti dichiarazioni rese da costei in sede di incidente probatorio rispetto a quelle dell’istruttoria dibattimentale.
4. Con il quarto motivo lamenta in relazione al vizio motivazionale l’omessa indicazione con riferimento all’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 3), degli elementi in forza dei quali evincere che la p.o. avesse maturato timore o soggezione per il ruolo da questi rivestito, avendo la stessa dichiarato che l’imputato l’aveva rassicurata sul fatto che gli amici non sarebbero stati arrestati e che lei stessa avrebbe potuto andarli a prendere una volta terminati i rilievi da parte della polizia scientifica.
5. Con il quinto motivo deduce l’illogicita’ e la contraddittorieta’ della motivazione resa in ordine al diniego dell’attenuante di minore gravita’ di cui all’articolo 609 bis c.p., comma 3 senza alcuna valutazione del fatto nella sua globalita’, smentita dalla concessione delle attenuanti generiche.
Con il sesto motivo lamenta la mancanza di motivazione in ordine alla dosimetria della pena con conseguente violazione del disposto normativo di cui all’articolo 546 c.p.p. ed al rigetto della richiesta di riduzione della provvisionale malgrado non fossero emersi elementi di prova relativi alla quantificazione del danno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile sotto il profilo processuale per difetto di specificita’. Al riguardo va ribadito, secondo l’univoco orientamento di questa Corte, che deve ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti dal giudice del gravame, sia per l’insindacabilita’ delle valutazioni di merito puntualmente e logicamente argomentate, sia per la genericita’ delle doglianze che cosi’ come prospettate solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (ex multis Sez. 3 n. 44882 del 18.7.2014, Cariolo, Rv. 260608). Invero, nel caso in esame tutti i motivi di censura svolti risultano identici a quelli sollevati nel ricorso in appello, senza che, malgrado la diffusa e coerente motivazione con cui sono stati disattesi dalla sentenza impugnata, venga proposto un reale e motivato confronto argomentativo sulle contestazioni, disattese con doppia valutazione conforme da parte dei giudici di merito. Va al riguardo precisato che mentre per il giudizio di appello rileva solo la genericita’ intrinseca al motivo stesso, inteso quale indeterminatezza della doglianza, nel giudizio di cassazione assume rilievo, in relazione alla genericita’ anche il motivo che si caratterizza per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, la quale non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, deve ritenersi meramente apparente e ricade percio’, a norma dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), nell’inammissibilita’ (cfr. Cass., sez. 4, 18.9.1997 – 13.1.1998, n. 256, rv. 210157; Cass., sez. 5, 27.1.2005 – 25.3.2005, n. 11933, rv. 231708; Cass., sez. 5, 12.12.1996, n. 3608, p.m. in proc. Tizzani e altri, rv. 207389).

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