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Il giudice di appello, in particolare, ha ritenuto le due ipotesi di bancarotta in contestazione come sorrette da elementi psicologici incomprensibilmente differenti, in quanto, nel momento in cui la corte territoriale ha definito la gestione sociale caotica, inattendibile e disordinata, rilevando come gli imputati, anche in ragione delle loro diverse esperienze professionali, non hanno considerato le conseguenze della loro condotta con riferimento alla tenuta delle scritture contabili, avrebbe dovuto ripetere lo stesso ragionamento in relazione alle condotte distrattive e, dunque, qualificare le condotte, in mancanza della prova di una destinazione delle stesse alla finalita’ di pregiudicare i creditori, in termini di bancarotta semplice.
3. Entrambi i ricorsi vanno rigettati.
4. In via preliminare va rilevato che i motivi di ricorso sintetizzati nelle pagine che precedono sub n. 1); n. 2); n. 5) e n. 6), con riferimento alla posizione del (OMISSIS), e la maggior parte dei motivi posti dal (OMISSIS) a fondamento della sua impugnazione, appaiono inammissibili.
Con essi, infatti, i ricorrenti propongono, peraltro genericamente, una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicita’ tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, in quanto tali, precluse in sede di giudizio di cassazione (cfr. Cass., sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, rv. 235507; Cass., sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, rv. 235510; Cass., sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, rv. 235508).
Ed invero non puo’ non rilevarsi come il controllo del giudice di legittimita’, pur dopo la novella dell’articolo 606, c.p.p., ad opera della L. n. 46 del 2006, si dispiega, pur a fronte di una pluralita’ di deduzioni connesse a diversi atti del processo, e di una correlata pluralita’ di motivi di ricorso, in una valutazione necessariamente unitaria e globale, che attiene alla reale esistenza della motivazione ed alla resistenza logica del ragionamento del giudice di merito, essendo preclusa al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimita’, quale e’ quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. Cass., sez. VI, 26.4.2006, n. 22256, rv. 234148; Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289).
Erronea, poi, e’ l’affermazione in tema di prova del dolo, contenuta nel secondo motivo di ricorso del (OMISSIS), posto che, come affermato da tempo da un condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimita’, in tema di dolo, la prova della volonta’ di commissione del reato e’ prevalentemente affidata, in mancanza di confessione, alla ricerca delle concrete circostanze che abbiano connotato l’azione e delle quali deve essere verificata la oggettiva idoneita’ a cagionare l’evento in base ad elementi di sicuro valore sintomatico, valutati sia singolarmente sia nella loro coordinazione (cfr., ex plurimis, Cass., sez. 6, 6.4.2011, n. 16465, rv. 250007), come fatto dalla corte territoriale.
Infondati devono ritenersi anche i motivi sub n. 3) e n. 4) del ricorso (OMISSIS).
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