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1. Il ricorso, incentrato sulla critica del mancato riconoscimento della legittima difesa, è inammissibile.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, i presupposti essenziali della scriminante sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve riguardare la necessità di difendersi, la inevitabilità del pericolo e la proporzione tra difesa e offesa (Sez. 4 n. 16908 del 12/02/2004, Lopez, rv. 228045; Sez. 4, n. 32282 del 4/7/2006, De Rosa ed altri, rv. 235181; Sez. 5, n. 25653 del 14/5/2011, Diop ed altri, rv. 240447; Sez. 1, n. 47117 del 26/11/2009, Carta, rv. 245884). Inoltre, non è configurabile l’esimente della legittima difesa qualora l’agente abbia avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio e senza disonore (Sez. 1, n. 5697 del 28/01/2003, Di Giulio, rv. 223441). L’esimente non è applicabile allorché il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa (Sez. 1, n. 3200 del 18/02/2000, Fondi, rv. 215513).
L’eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest’ultima collegati. Per stabilire se nel commettere il fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima identificare i requisiti comuni alle due figure giuridiche, poi il requisito che le differenzia: accertata la inadeguatezza della reazione difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, occorre procedere a una differenziazione ulteriore fra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 cod. pen., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale certamente comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante (ex plurimis, Sez. 1, 25 ottobre 2005, Bollardi).
Con riferimento, poi, alla legittima difesa putativa, perché frutto dall’erroneo convincimento di doversi difendere da un’aggressione portata contro la persona dell’imputato, va richiamato l’orientamento interpretativo, espresso da questa Corte, secondo il quale l’errore scusabile che può giustificare la scriminante deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, seppure malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di una offesa ingiusta sulla base di dati di fatto concreti, e cioè di una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo presente ed incombente, non futuro o già esaurito, di un’offesa ingiusta (Sez. 1, n. 4337 del 2/2/2006, La Rocca, rv. 233189; Sez. 1, n. 3464 del 24/11/2009, Narcisio, rv. 245634). L’accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o putativa (così come per l’eccesso colposo) deve essere effettuato, anche a questo riguardo, con un giudizio ex ante, calato all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie sottoposta all’esame del giudice: si tratta di una valutazione di carattere relativo e non assoluto né astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, dovendo egli esaminare, di volta in volta e in concreto, se la particolare situazione sia obiettivamente tale da far sorgere l’errore di trovarsi nelle condizioni di fatto che, se fossero realmente esistenti, escluderebbero l’antigiuridicità della condotta prevista dalla legge come reato. In una simile prospettiva interpretativa delle risultanze probatorie, la valutazione deve essere necessariamente estesa a tutte le circostanze che possano avere avuto effettiva influenza sull’erronea supposizione, dovendo tenersi conto, oltre che delle modalità del singolo episodio considerato, anche di tutti gli elementi fattuali che pur essendo antecedenti all’azione – possano spiegare la condotta tenuta dai protagonisti della vicenda in quanto abbiano avuto concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un’ingiusta aggressione (Sez. 1, 5 gennaio 1999, Lamina), non potendo, invece, ritenersi sufficienti a tal fine gli stati d’animo e i timori personali non basati su circostanze oggettive.
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