Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 11 ottobre 2017, n. 46567. I presupposti essenziali della scriminante della legittima difesa

I presupposti essenziali della scriminante della legittima difesa sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve riguardare la necessità di difendersi, la inevitabilità del pericolo e la proporzione tra difesa e offesa. Ne consegue che non è configurabile l’esimente della legittima difesa qualora l’agente abbia avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio e senza disonore.

CORTE DI CASSAZIONE

sezione prima penale

SENTENZA 11 ottobre 2017, n.46567
Pres. Di Tomassi – est. Mancuso

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 12 febbraio 2015, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Nocera Inferiore, in esito a giudizio abbreviato, così decideva: dichiarava V.A. colpevole del reato, commesso in (omissis) , di tentato omicidio in danno di S.D. ; dichiarava lo S. colpevole del reato, commesso nella medesima occasione, di tentato omicidio in danno del V. , nonché della contravvenzione di porto in luogo pubblico di un oggetto atto ad offendere.
Riconosciute ad entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche e computata la diminuente per la scelta del rito, il predetto giudice infliggeva a ciascuno degli imputati la pena principale di anni quattro di reclusione e inoltre al solo S. , per la contravvenzione, anche la pena di mesi due, giorni venti di arresto ed Euro 600,00 di ammenda. Ciascuno degli imputati veniva altresì condannato al risarcimento del danno subito dalla controparte.
Il giudice di primo grado condivideva la ricostruzione accusatoria in base alla quale, per la posizione del V. che ha ora rilievo in questa sede, emergeva dalle immagini registrate dall’impianto di sorveglianza di un bar che il predetto aveva avuto un diverbio nel quale, dopo aver minacciato lo S. con un bastone, aveva riposto l’oggetto sulla propria autovettura, era salito su quella dello S. , aveva invitato costui con tono minaccioso a raggiungerlo, così come aveva riferito l’informatore C.L. ; dopo che lo S. si era armato di una falce, il V. non era fuggito né si era rifugiato nel bar, ma si era rivolto allo S. con atteggiamento di sfida; lo S. aveva colpito il V. con la falce, l’aveva perduta, quindi il V. aveva colpito lo S. con la stessa falce compiendo atti diretti inequivocamente ad ucciderlo, dai quali era derivato il pericolo di morte.
2. La predetta sentenza veniva confermata dalla Corte di appello di Salerno con sentenza del 30 ottobre 2015, di rigetto dei rispettivi gravami degli imputati.
3. L’avv. Cosimo Vastola, in difesa del V. , ha proposto ricorso per cassazione con atto depositato il 12 febbraio 2016, in cui deduce, richiamando l’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., erronea applicazione dell’art. 52 c.p., per il mancato riconoscimento della legittima difesa. Nel ricorso, che riporta anche il testo dell’atto di appello, si sostiene che il giudice di appello abbia errato nell’affermare, richiamando i filmati, che l’azione e, in particolare, quella del V. , si sia sviluppata senza soluzione di continuità. Secondo il ricorrente, la visione dei filmati dimostra in realtà che si svolsero due azioni distinte: una prima, che iniziò all’interno del bar e terminò quando il V. ripose la mazza di legno all’interno della propria autovettura; una seconda, che iniziò dopo che il V. si sedette nell’auto dello S. e costui, invece di aderire alla richiesta di chiarimento sui motivi del diverbio, prese la falce dalla propria autovettura; il V. non accettò lo scontro, non andò a prendere il bastone nella propria autovettura ma scappò via, si fermò dinanzi al bar, ritenendo di essere al sicuro anche per la presenza di altri avventori; il V. subì quindi un violentissimo colpo sferratogli dallo S. con la falce alla parte sinistra del torace ove riportò una gravissima ferita; il V. , a questo punto, tolse la falce dalle mani dello S. e lo colpì con la stessa falce alla regione scapolare sinistra, compiendo una reazione difensiva proporzionale all’offesa subita, rientrante nei canoni della legittima difesa.
Considerato in diritto

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