Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2691. Esercizio abusivo della professione per il medico chirurgo che eserciti come odontoiatra

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10.2. Il profilo del primo e secondo motivo di ricorso con cui si deduce il travisamento del fatto e delle prove escusse per non avere la Corte di appello, in tal modo mancando di dare risposta alle deduzioni difensive svolte sul punto, ritenuto che il sanitario avesse operato sempre nell’ambito delle proprie competenze chirurgiche nel predisporre i tessuti della bocca destinati all’implantologia, incidendo chirurgicamente su apparati mascellari, a tanto coadiuvato anche da medici odontoiatri con cui il primo lavorava in equipe, e’ inammissibile poiche’ incapace di dialogare con la motivazione impugnata.
Per un argomentare sorretto da logica, con cui i giudici di appello debitamente compongono gli esiti delle escusse prove, e del quale il ricorso non riesce ad evidenziare con puntualita’ carenze, contraddittorieta’ o manifeste illogicita’, la Corte territoriale di Trieste ha ritenuto che il dottor (OMISSIS) abbia praticato personalmente – richiamando efficacemente sul punto, la Corte di merito, anche i contenuti della documentazione acquisita, consistenti nelle prescrizioni dei dispositivi medici per le protesi ed il rilascio di dichiarazioni di conformita’ – prestazioni proprie dell’attivita’ odontoiatrica, come l’implantologia a scopo odontoprotesico, compresa la stessa fase protesica.
Si e’ altresi’ ritenuto, con efficace risposta dei giudici di merito, che tanto non avvenisse all’interno di un’attivita’ di equipe, con conseguente escussione della possibilita’ del sanitario, che in tal modo avrebbe operato secondo legittime direttrici, di avvalersi di altre e competenti professionalita’ della medicina odontoiatrica.
11. Non e’ fondato il motivo di ricorso (il terzo) con cui si deduce il vizio in cui sarebbe incorsa l’impugnata sentenza, nella parte in cui avrebbe apprezzato in capo all’imputato la sussistenza dell’estremo soggettivo del contestato reato di esercizio abusivo della professione, senza attribuire il dovuto rilievo allo stato di incolpevole ignoranza dell’agente e tanto sia nel carattere frammentario e farraginoso della legislazione di settore che nell’altrimenti cristallina manifestazione offerta dal dottor (OMISSIS) sul sito web della struttura presso cui operava quanto ai titoli conseguiti ed ai termini della propria attivita’.
La Corte territoriale di Trieste ritenuta la consapevolezza del reato in capo al (OMISSIS), congruamente argomentando anche dall’esistenza di un precedente specifico a carico del primo, esclude debitamente ogni rilievo alla dedotte evidenze fattuali, in corretta applicazione dei principi di diritto per i quali l’errore sulla norma penale e quella extra-penale, integrativa del reato ed alla prima assimilata (articolo 5 c.p. e articolo 47 c.p., comma 3; Sez. 6, n. 25941 del 31/03/2015, Ceppaglia, Rv. 263808), non possono avere efficacia scusante rispetto ad un’attivita’ medica posta in essere da un professionista ed i cui termini di illiceita’ risultavano comunque definiti, come riportato in sentenza, da una legislazione risalente, e nel tempo arricchitasi, finanche, dei pareri del Consiglio di Stato e delle istruzioni del Ministero della salute.
12. Il quarto motivo di ricorso sulla mancanza di motivazione in punto di sollecitata applicazione della causa di esclusione della punibilita’ di cui all’articolo 131-bis cod. pen., richiesta dalla difesa dell’imputato all’udienza del 15 giugno 2016 dinanzi alla Corte di appello e da quest’ultima obliterata, e’ manifestamente infondato. La deduzione in appello e’ generica e comunque la motivazione resa dai giudici di appello in punto di diniego delle attenuanti generiche, non applicate per l’apprezzata gravita’ della condotta protrattasi “molto a lungo nel tempo”, sostiene implicitamente l’esclusione della particolare tenuita’ del fatto (Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017, Tempera, Rv. 270033).
13. Il quinto motivo di ricorso sul diniego delle generiche, sulla misura della pena inflitta e sulla scelta di dare applicazione a quella detentiva invece di quella pecuniaria, pure alternativamente prevista dall’articolo 348 cod. pen., resta congruamente sostenuto nell’impugnata sentenza per richiamo alla gravita’ del fatto in ragione della reiterazione della condotta nel tempo e dell’apprezzamento di un precedente specifico, fermo comunque il principio che il giudizio sulla non concedibilita’ delle attenuanti generiche puo’ trovare sufficiente sostegno nell’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).
14. Il ricorso va quindi rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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