Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2691. Esercizio abusivo della professione per il medico chirurgo che eserciti come odontoiatra

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Dopo aver ripercorso, in via adesiva, gli argomenti adottati dal primo giudice ed aver concluso nel senso che la condotta posta in essere dall’imputato non si fosse tradotta in un mero apporto chirurgico all’interno di un’attivita’ di equipe in cui operavano, di volta in volta, anche i laureati in odontoiatria appartenenti alla struttura sanitaria dal primo amministrata, e che il mero superamento, all’interno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, dell’esame di odontostomatologia non legittimasse il sanitario agli interventi contestati (visite, estrazioni, otturazioni, applicazione a fissaggio di capsule ed implantologia), la Corte territoriale e’ pervenuta al rigetto del gravame.
3. Ricorrono in cassazione avverso l’indicata sentenza i difensori di fiducia dell’imputato con cinque motivi di annullamento che vengono di seguito illustrati nei limiti necessari a sostenere la motivazione (articolo 173 disp. att. cod. proc. pen., comma 1).
3.1. Con il primo motivo si fa valere inosservanza o erronea applicazione della norma processuale e vizio di motivazione (articolo 606 c.p.p., lettera c) ed e), in relazione agli articoli 191, 192, 431 e 238-bis c.p.p., articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e)), nella parte in cui la Corte territoriale, mancando di valutare l’eccezione sollevata dalla difesa ed in adesione alla sentenza di primo grado, avrebbe formulato il giudizio di penale responsabilita’ per il contestato esercizio abusivo della professione, richiamando i contenuti dell’ordinanza emessa in data 5 luglio 2010, in sede di riesame cautelare.
L’ordinanza in questione sarebbe stata introdotta dalla difesa nel fascicolo del dibattimento con la sola finalita’ di provocare l’astensione del giudice di primo grado, in quanto componente del collegio che in sede cautelare si era espresso in funzione di giudice del riesame, e non avrebbe potuto quindi acquistare valore di prova senza che il primo giudice avesse neppure svolto il vaglio critico previsto dall’articolo 238-bis cod. proc. pen. per le sentenze irrevocabili.
La Corte di appello avrebbe inoltre violato il principio del contraddittorio, per non aver vagliato tutte le prove ammesse e per non aver motivato sulla inattendibilita’ di quelle a discarico prodotte dalla difesa.
Alcuni dei soggetti indicati in imputazione non erano stati sentiti come testimoni e su costoro quindi nessuna prova era stata raggiunta. Le deposizioni dei testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbero invece smentito l’assunto accusatorio riferendo di prestazioni legittimamente rese dal dottor (OMISSIS) in un quadro all’interno del quale egli, medico chirurgo altamente specializzato in odontostomatologia, chirurgia orale e implantologia, avrebbe coadiuvato o assistito l’odortoiatra o il chirurgo maxillo-facciale, di volta in volta impegnato.
Gli ulteriori testi, (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
Il (OMISSIS) non sarebbe stato privo di ogni specializzazione, avendo egli quale medico chirurgo conseguito due master, l’uno in “Chirurgia orale” e l’altro in “Implantoprotesi in odontostomatologia”, all’esito di una poderosa attivita’ tecnico-pratica (pari a millecinquecento ore di attivita’ formativa) e la Corte di merito non avrebbe fornito risposta alla deduzione difensiva circa la ragione di un’abilitazione concessa dall’ordinamento a partecipare a complessi e severi percorsi di formazione ad un medico chirurgo che veniva poi sanzionato per violazione dell’articolo 348 cod. pen..
Piu’ in generale, la Corte di merito non si sarebbe confrontata con la pure dedotta decisivita’ delle prove indicate dalla difesa, evidenza che avrebbe inficiato la tenuta logica della motivazione.
3.2. Con il secondo motivo si fa questione circa l’erronea applicazione dell’articolo 348 cod. pen., in relazione agli articoli 33 e 35 Cost., al Regio Decreto 31 maggio 1928, n. 1334, articolo 11 ed al Decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950, articolo 13 ad integrazione dell’elemento oggettivo del reato e si denuncia vizio di motivazione.
Difetterebbe, a definizione del contestato reato, una riserva di legge in favore degli odontoiatri nell’esecuzione di interventi di odontostomatologia – branca della medicina che si occupa della cura della bocca e del cavo orale, di chirurgia orale e di implantoprotesi – e una previsione normativa che faccia divieto al laureato in Medicina e Chirurgia dell’esercizio degli indicati interventi, nella insufficienza a costituire competenza esclusiva degli iscritti all’albo degli odontoiatri la previsione, contenuta nella legge istitutiva L. n. 409 del 1985, di appartenenza di determinate attivita’ ai primi.
Il divieto infatti riguarderebbe l’uso e la spendita del titolo di odontoiatra in difetto di iscrizione all’albo, ipotesi, questa, non contestata al dottor (OMISSIS).
Prassi applicative ricostruite per le dichiarazioni, non valorizzate in sentenza, rese dai testi, dottor (OMISSIS), medico chirurgo dell’Ospedale S. Maria degli Angeli di Pordenone, e (OMISSIS), sul carattere interdisciplinare della odontostomatologia in medicina, avrebbero sostenuto l’esecuzione quotidiana, nei reparti di “Chirurgia maxillo-facciale e Odontostomatologia” di una pluralita’ di strutture ospedaliere nazionali, di interventi di bonifica dentaria, di chirurgia orale, di estrazioni dentarie, da parte di medici non iscritti all’albo degli odontoiatri, in quanto attivita’ ricomprese nella chirurgia del distretto del capo, del collo comprensivo del cavo orale.
Non vi sarebbe stata differenza tra le figure dell’odontostomatologo e dell’odontoiatra, evidenza confermata, deduce la difesa in ricorso, dal fatto che tra il piano studi di “Medicina” rientra anche un esame in “Odontoiatria e protesi dentaria” e tanto nella sottolineata necessita’ di una piena formazione del medico di base.
L’interpretazione da darsi alla L. n. 490 del 1985, istitutiva della professione dell’odontoiatra, si deduce in ricorso, avrebbe poi dovuto essere nel senso dell’estensione all’odontoiatra della diagnosi e della terapia delle malattie della bocca, dei denti e delle mascelle senza esclusione, per converso, dalle competenze del medico chirurgo delle attivita’ dell’odontoiatra; esclusione destinata invece a valere per le sole prestazioni del radiologo e dell’anestesista in quanto definite da discipline speciali e specifiche.
La Corte di appello avrebbe inoltre mancato di valutare il Decreto del Presidente della Repubblica n. 221 del 1950, di approvazione del regolamento di esecuzione del Decreto Legislativo n. 233 del 1946 sulla ricostituzione delle professioni sanitarie e sulla disciplina del loro esercizio che all’articolo 13 fa dell’iscrizione all’albo dei Medici-chirurghi, di cui all’articolo 1 della medesima fonte, il presupposto del libero esercizio della professione.
Siffatta previsione nella sua generale portata non potrebbe subire limitazioni se non per un esplicito divieto di legge, nella specie mancante.
La centralita’ della figura del medico-chirurgo con conseguente assorbimento delle pretese specifiche competenze dell’odortoiatra riceverebbe conferma anche dalla disciplina riservata alla figura dell’odontotecnico che al Regio Decreto n. 1334 del 1928, articolo 11 contenente il regolamento per l’esecuzione della L. n. 1264 del 1927 sulla disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie, prevede che gli odontotecnici realizzino apparecchi di protesi su impronte fornite dai medici chirurghi e dagli abilitati, a norma di legge, all’esercizio della odontoiatria e protesi dentaria.
Anche la normativa comunitaria per i principi affermati dalla direttiva, non self-executing, del Consiglio delle Comunita’ Europee n. 687 del 1978, in esecuzione della quale venne adottata la L. n. 409 del 1985, non avrebbe obbligato ogni Stato membro a privare la categoria dei medici dalla facolta’ di esercitare la medicina nel campo dell’odontostomatologia, imponendo una riserva in favore degli odontoiatri.
Il carattere di norma penale in bianco rivestita dall’articolo 348 cod. pen. ne avrebbe consentito il riempimento solo con atti normativi e non con fonti secondarie, quali, come invece ritenuto nell’impugnata sentenza, i pareri del Consiglio di Stato o del Ministero della Salute, o per integrazioni analogiche della norma, frapponendosi a tanto l’altrimenti sortito effetto di una deroga al principio di liberta’ dell’attivita’ lavorativa di cui all’articolo 4 Cost. e, comunque, di una vietata interpretazione analogica in malam partem.
Il carattere equivoco della disciplina penale quanto ai rapporti tra competenze del medico chirurgo iscritto all’albo professionale ed odontoiatra sarebbe in ogni caso sostenuto dall’esistenza del disegno di L. n. 730 del 2014, presentato dalla Commissione permanente giustizia del Senato che con l’articolo 348-bis cod. pen. avrebbe introdotto la nuova fattispecie di reato dell’esercizio abusivo della professione di medico ed odontoiatra, distinguendo le due professioni.

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