Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2691. Esercizio abusivo della professione per il medico chirurgo che eserciti come odontoiatra

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7.3.4. L’esperienze per le quali nel periodo precedente l’istituzione del corso di laurea in odontoiatria (Decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 1980, n. 135 di “Istituzione del corso di laurea in odontoiatria e protesi dentaria presso la facolta’ di medicina e chirurgia”) alcuni laureati in Medicina e Chirurgia – tra i cui insegnamenti figurava anche l’esame di odontoiatria – si sono iscritti all’Albo degli Odontoiatri, in tal modo potendo esercitare la professione odontoiatrica, e la successiva previsione di una formazione professionale specialistica che prevedeva dopo il conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia, la specializzazione in “Odontostomatologia” e la possibilita’ di iscrizione all’Albo degli Odontoiatri con regolare esercizio della professione odontoiatrica, valgono a definire esperienze di formazione professionale temporalmente chiuse non destinate, come tali, a delineare percorsi istituzionali alternativi.
7.3.5. I temi della cura che lo Stato deve avere per la formazione professionale del lavoratore (articolo 35 Cost., comma 2) e della tutela della liberta’ di iniziativa economica (articolo 4 Cost.) non urtano con i segnati principi che rappresentano il punto di equilibrio e contemperamento delle differenti posizioni che vengono in rilievo e rispetto ai quali la tutela della formazione e della liberta’ di iniziativa economica del singolo professionista procede, secondo diversa e sua peculiare prospettiva, attraverso il rispetto delle norme giuslavoristiche e di affermazione ed osservanza delle regole di concorrenza sul mercato.
7.3.6. Va escluso che i divieti desumibili dalla normativa di settore, e in via principale dalla L. n. 409 del 1985, operino su di un piano di stretta preclusione della spendita del titolo di cui sanzionerebbero l’utilizzo.
La legge in questione di natura extrapenale e’ di chiara integrazione del precetto in bianco contenuto nell’articolo 348 cod. pen. e si colloca come tale al di fuori dei contenuti della diversa disposizione, di cui all’articolo 347 cod. pen. (“Usurpazione di funzioni pubbliche”).
Basti pensare al rilievo penale della condotta usurpativa che, circoscritta all’esercizio di funzioni pubbliche o delle attribuzioni proprie del pubblico impiego, e’ finalizzato a proteggere l’interesse a riservare l’esercizio di pubbliche funzioni a soggetti che ne abbiano effettiva e concreta investitura (in termini: Sez. 6, n. 31427 del 24/04/2012, Borrelli, Rv. 253235, in una fattispecie ulteriormente diretta a distinguere la fattispecie di cui all’articolo 347 cod. pen. da quella di cui all’articolo 498 cod. pen.), tema che, come tale, e’ estraneo alla fattispecie di cui all’articolo 348 cod. pen. e dei relativi presidiati beni.
8. Non sostenuta dal cd. disegno di legge Barani, ancora non superato nelle sue propositive previsioni al momento dell’adozione del dispositivo di questa sentenza, e’ la pretesa contenuta in ricorso circa l’autonomia della nuova figura di reato di cui all’articolo 348-bis cod. pen., nella cui relazione chiaro era il generale intento del proponente di accomunare, con l’inasprire il relativo trattamento sanzionatorio, l’indistinto fenomeno dell’esercizio abusivo della professione sanitaria e tanto sia per il medico chirurgo in genere che dell’odontoiatra in una duplicita’ di accezione rispettosa della dicitura che si accompagna alla definizione del relativo ordine che e’ per l’appunto, su base provinciale, l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.
La peculiare dannosita’ dell’abusivismo in campo sanitario, in quanto destinato a porre “in pericolo la tutela della salute sottraendo ai cittadini il ricorso alle corrette metodologie sanitarie che possono e devono essere realizzate solo dai legittimi esercenti della professione medica ed odontoiatrica” (Relazione al Disegno di legge d’iniziativa del senatore (OMISSIS), contenente “Modifiche al codice penale concernenti l’esercizio abusivo delle professioni e nuova disciplina dell’esercizio abusivo della professione di medico e odontoiatra” n. 730 dell’anno 2014, confluito nel n. 471), sosteneva infatti la proposta.
9. Conclusivamente, all’esito dell’esame del primo e secondo motivo di ricorso, si ha che l’attivita’ contestata al dott. (OMISSIS), laureatosi in Medicina e Chirurgia nell’anno 2007 e non specializzatosi, ha trovato svolgimento in epoca in cui l’attivita’ medica in ambito odontoiatrico era riservata al sanitario che, conseguita la laurea in Odontoiatria e Protesi dentale e la relativa abilitazione all’esito dell’esame di Stato, si fosse iscritto all’albo professionale, estremi di cui il primo difettava.
10. Venendo alle contestazioni portate in ricorso sulle valutazioni condotte dai giudici di appello delle prove raccolta, tema pure presente nelle deduzioni difensive articolate nel primo e secondo motivo di ricorso, si osserva come le stesse siano inammissibili perche’ manifestamente infondate per contenuti che, pur nell’ampio svolgimento della critica, non riescono a superare quel perimetro di stretto merito il cui sindacato resta precluso in sede di legittimita’ o comunque perche’ propositive di una critica che male ed incompiutamente si confronta con la sentenza impugnata.
10.1. In via preliminare e’ cosi’ inammissibile la questione, oggetto del primo motivo di ricorso, sull’illegittimo utilizzo, al fine di formulare il giudizio di penale responsabilita’, di un titolo giudiziale – e tale sarebbe l’ordinanza emessa nel procedimento incidentale di riesame cautelare – confluito nel fascicolo del dibattimento, ex articolo 431 cod. proc. pen., al solo fine di far rilevare la situazione di incompatibilita’, legittimante la sua astensione, in cui si sarebbe venuto a trovare il giudice di primo grado, in quanto gia’ componente del collegio del riesame.
La deduzione e’ manifestamente infondata e comunque inefficace nel condurre concludente critica alla motivazione impugnata.
Nella sentenza della Corte territoriale non vi e’ alcun richiamo al provvedimento cautelare, non potendo attribuirsi un siffatto contenuto alla condivisione, pure espressa dai giudici di appello, della motivazione del Tribunale, con la precisazione: “per le parti appresso non specificate” (p. 3, secondo periodo). Ne’ l’indicata deduzione difensiva si fa carico delle articolate argomentazioni invece sviluppate dalla Corte di merito, a sostegno dell’assunta decisione, in punto di prova ed in cui confluiscono valutazioni sul materiale formatosi in dibattimento, espresso dall’apprezzato significativo convergere delle dichiarazioni dei testi escussi.
Ogni ulteriore pretesa illegittimita’ del trattamento riservato dai giudici di merito all’indicata ordinanza incidentale, resta nel suo rilievo assorbita.

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