Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2691. Esercizio abusivo della professione per il medico chirurgo che eserciti come odontoiatra

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E’ stata altresi’ riconosciuta dalla L. n. 409 cit., la possibilita’ di esercitare l’odontoiatria, previa iscrizione all’Albo degli odontoiatri con mantenimento dell’iscrizione all’Albo dei medici chirurghi, alle seguenti categorie di sanitari:
a) i medici chirurghi (specialisti in campo odontoiatrico o non) immatricolati al relativo corso di laurea prima del 28 gennaio 1980;
b) i medici chirurghi immatricolati al relativo corso di laurea negli anni accademici dal 1980-81 al 1984-85 che abbiano superato le prove attitudinali per l’iscrizione all’Albo degli odontoiatri di cui al Decreto Legislativo n. 386 del 1998;
c) i medici chirurghi specialisti in campo odontoiatrico (Odontoiatria e protesi dentaria; Chirurgia odontostomatologica; Odontostomatologia; Ortognatodonzia) immatricolati negli anni accademici dal 1980-81 al 198485 ed esonerati dalle prove di cui alla lettera b) (Sez. 6, n. 24622 del 09/06/2010, Schiavone, Rv. 248005).
7. Il sistema plurifonte definito dalle indicate previsioni normative risponde alla finalita’ di dare piena attuazione agli indirizzi comunitari, a loro volta segnati dalla necessita’ di tracciare un univoco percorso di formazione professionale, che sia rispettoso dell’esigenza di favorire la libera circolazione dei medici nel reciproco riconoscimento dei titoli di formazione attribuiti negli Stati membri.
7.1. Il tema del carattere comune e non specialistico della formazione, espressivo del canone che attribuisce alla medicina generale, conoscenza e competenza su tutto il corpo umano, si rivela come tale superato ed estraneo sia alla prospettiva comunitaria, ed alle sottese sue esigenze, che alla normativa nazionale di settore.
Quest’ultima, infatti, nel riconoscere all’esame di abilitazione ed all’iscrizione all’albo istituito presso il competente ordine professionale i momenti cardine della formazione e della organizzazione della professione sanitaria, risponde alla generale esigenza che ogni attivita’ medica si svolga secondo tracciati che, puntualmente disciplinati dalla norma primaria anche per i profili sanzionatori, della prima consentano il controllo di competenza e deontologico o etico, nel rilievo sociale della professione medica destinata ad incidere su diritti a protezione costituzionale, quale e’ quello alla salute (articolo 32 Cost.).
7.2. All’indicato contesto ordinamentale, contrassegnato da una integrazione tra normativa interna e comunitaria nella comune finalita’ di definire nella loro unicita’ le competenze sanitarie, appartiene anche quella giurisprudenza di questa Corte – espressiva dell’accezione formale che connette all’adempimento amministrativo la legittimita’ dell’esercizio della professione – che ha ritenuto la necessita’, per lo svolgimento in territorio nazionale della professione di odontoiatra, dell’osservanza di autorizzazioni e controlli interni da parte dei cittadini di un altro Stato membro dell’Unione Europea per poter esercitare in Italia l’attivita’ medico-professionale, fermo il diritto di stabilimento e di libera circolazione dei servizi sanciti dall’articolo 52 del Trattato CEE, in conformita’ alla direttiva del Consiglio CEE 25 luglio 1978, n. 686, come previsto dalla L. n. 409 del 1985 cit., articolo 7 (Sez. 6, n. 5672 del 22/04/1997, Rosa Brusin, Rv. 209314; Id., n. 47532 del 13/11/2013, La Barbera, Rv. 257455).
7.3. Le prassi, anche ove stabilmente affermatesi all’interno delle strutture sanitarie e per le quali, laureati in Medicina e Chirurgia con specializzazione in branche riconducibili all’odontoiatria, al di fuori del sistema transitorio, svolgono attivita’ di diagnosi e terapia delle malattie ed anomalie congenite ed acquisite dei denti, della bocca, delle mascelle e dei relativi tessuti, nonche’ di prevenzione e riabilitazione odontoiatriche, per quelli che sono i contenuti tipici dell’attivita’ del medico odontoiatra (L. n. 409 del 1985, articolo 2, comma 1), non valgono ad incrinare il sistema del tutto diversamente connotato e neppure sostengono un modello alternativo di competenza, in difetto di fonti primarie di disciplina.
7.3.1. Ne’ il ricostruito sistema puo’ dirsi derogato per un percorso di formazione che il singolo sanitario costruisca nell’osservanza di personali e variabili modelli, attraverso l’accesso a stage e master, anche ove sostenuti da ore di clinica. Siffatte modalita’ contrastano con l’affermazione, invece realizzatasi nel succedersi della normativa di settore, di un modello legale dettato a garanzia della formazione, nell’osservanza di tipicita’ e generalita’ dei contenuti, in cui rientrano, nella rilevanza sociale della professione sanitaria, i principi della Carta costituzionale e la centralita’, ivi sancita, del titolo di abilitazione e dell’iscrizione al relativo ordine professionale (articolo 33 Cost., comma 5).
7.3.2. Il carattere interdisciplinare delle competenze proprie dell’odontoiatra che si vorrebbero come tali condivise anche dalla formazione del laureato in Medicina e chirurgia che abbia sostenuto esami specialistici in odontostomatologia o che sia specializzato in chirurgia maxillo-facciale, se vale a registrare aree di pertinenza comuni, o di sovrapposizione, rispetto ai due percorsi professionali non puo’ comunque spingersi ad affermare l’esistenza di un complessivo sistema che, diretto ad esautorare quello plurifonte delineato, funzionale al riconoscimento di una identita’ di effetti.
Si assisterebbe in tal modo non solo al superamento delle competenze del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, chiamato a definire aree di equipollenza tra titoli, ma anche ad un inammissibile contrasto con il percorso di affermazione di una progressiva distinzione tra titoli abilitativi a garanzia di posizioni a rilievo costituzionale ed a tutela della libera circolazione di competenze professionali nello spazio dell’Unione Europea.
7.3.3. E’ bene ricordare sul punto anche l’intervento, a chiarimento, curato dal Ministero della Salute, con nota della “Direzione generale delle risorse umane delle professioni sanitarie” del dicembre del 2009, che ha escluso che la specializzazione in chirurgia maxillo-facciale rientri fra quelle che abilitano i medici a svolgere l’attivita’ odontoiatrica, con riaffermazione del carattere obbligatorio dell’iscrizione all’Albo degli odontoiatri.
La nota dell’amministrazione distingue tra la chirurgia implantologica endo-ossea orale, branca della chirurgia orale, come tale esercitabile sia dai laureati in odontoiatria, eventualmente assistiti da un training certificato in chirurgia orale, che dai medici specialisti in chirurgia maxillo-facciale, ed il piano generale proprio di ogni riabilitazione implantoprotesica, riservato in via esclusiva all’odontoiatra, professionista tenuto alla programmazione degli impianti oltre che alla realizzazione della protesi dentaria.
Nella medesima nota si chiarisce, per quelli che sono i contenuti delle competenze delle due figure professionali, come l’applicazione di impianti endo-ossei con finalita’ odonto-protesiche rientri nella competenza primaria dell’odontoiatria che pure potra’ avvalersi, nella finalita’ di meglio tutelare le ragioni del paziente, di altre profili professionali, come quello del chirurgo maxillo-facciale, con la precisazione che quest’ultimo, non iscritto all’Albo degli odontoiatri, puo’ “eseguire impianti a scopo odontoprotesico solo su indicazione e conseguente progettazione dell’intero piano di trattamento da parte dell’odontoiatra”.

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