SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Sentenza 7 maggio 2014, n. 9876 Ragioni della decisione 1. Con sentenza del 3.6.2005 il Tribunale di Firenze respingeva la domanda proposta da K.H.H. al fine di ottenere la condanna del Ministero della Difesa o dell’Azienda USL n. (…) di Firenze al risarcimento del danno determinato da inadempimento...
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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 maggio 2014, n. 11517. l'accertamento del diritto e dell'entità all'assegno vada effettuato verificando l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto. Ricostruita, dunque, in concreto la situazione patrimoniale di entrambi i coniugi, il giudice è chiamato ad accertare il tenore di vita dei medesimi durante il matrimonio, a tal fine dovendo reputare rilevante il complessivo andamento della vita familiare, anche con riguardo a viaggi, collaboratori familiari, acquisto di vestiario costoso, ed altro; quindi, al fine di quantificare l'assegno di mantenimento, occorre verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge richiedente gli permettano di conservare quel tenore di vita indipendentemente dalla percezione di detto assegno. L'insussistenza di “mezzi adeguati” in capo al coniuge richiedente rileva dunque non in senso assoluto, ma relativo alla posizione dell'altro, con riguardo al detto tenore di vita.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 maggio 2014, n. 11517 Svolgimento del processo Con sentenza del 14 maggio 2012, la Corte d’appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza di primo grado – che aveva, dopo la pronuncia di separazione dei coniugi, respinto le rispettive domande di addebito e le altre pretese delle...
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 22 maggio 2014, n. 2638. L’inosservanza del termine di conclusione procedimentale comporta: – in generale, il risarcimento del danno ingiusto, qualora, con dimostrazione del nesso di causalità, questo consegua alla predetta inosservanza colposa o dolosa della pubblica amministrazione (art. 2-bis, comma 1, l. 7 agosto 1990 n. 241); – nei casi espressamente previsti, il riconoscimento di un indennizzo, il titolo a ricevere il quale (nelle condizioni previste dalla legge) sorge per il solo fatto del superamento del termine e che, ove concorra con la distinta obbligazione risarcitoria, è detratto dalla somme complessivamente riconosciuta a tale ultimo titolo (art. 2-bis, comma 1-bis, l. 7 agosto 1990 n. 241)
CONSIGLIO DI STATO sezione IV SENTENZA 22 maggio 2014, n. 2638 SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 730 del 2013, proposto da: Confezioni Elle & A Srl, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Palladino, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13; contro Comune di Sarno, rappresentato e difeso...
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 maggio 2014, n. 11489. Nel procedimento di revisione delle condizioni del divorzio intervenuto tra le parti, quando è definitivamente accertato il conseguimento dell'indipendenza economica da parte dei figli viene meno con decorrenza dalla data della domanda introduttiva del procedimento stesso, l'obbligo paterno di contribuzione al loro mantenimento nonché e conseguentemente il titolo che aveva legittimato la ex moglie a percepire dall'ex marito il contributo per i figli. D'altra parte, la ritenzione non può nemmeno ritenersi giustificata in ragione dei principi in tema di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle prestazioni alimentari, posto che tali principi non operano indiscriminatamente ed in virtù di teorica assimilabilità alle prestazioni alimentari dell'assegno di mantenimento per i figli maggiorenni, ma implicano che in concreto gli importi riscossi per questo titolo abbiano assunto o comunque abbiano potuto assumere analoga funzione alimentare
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 maggio 2014, n. 11489 Svolgimento del processo Con decreto ingiuntivo reso dal Tribunale di Palermo il 19.10.2004, A.A., tenuto a corrispondere all’ex moglie V.G. l’assegno mensile di e 632,51, quale contributo per il mantenimento delle tre figlie delle parti, intimava alla G. di restituirgli la complessiva somma...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 14 maggio 2014, n. 20030. In tema di peculato, il medico che eserciti attività medica nel regime di "intra moenia" non è di per se pubblico ufficiale ma lo diviene nel momento in cui provveda alla percezione degli onorari da riversare nelle casse dell'ente di appartenenza o per la quota ad esso ente dovuto od anche per l'intero laddove la quota di spettanza del medico gli venga versata tramite stipendio
Suprema CORTE DI CASSAZIONE sezione VI SENTENZA 14 maggio 2014, n. 20030 Ritenuto in fatto La Corte di Appello di Genova con sentenza del 12 aprile 2012 confermava la sentenza di condanna emessa in sede di giudizio abbreviato dal gip del Tribunale di Sanremo nei confronti di M.A. per il reato di peculato in quanto,...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 23 maggio 2014, n. 11529. Perché si possa configurare la fattispecie del terzo comma dell’art. 1474 c.c., allorquando l'oggetto della vendita non è riconducibile alle ipotesi di cui al primo e secondo comma della stessa norma, è necessario che le parti si siano riferite al giusto prezzo, cioè abbiano evocato nella pattuizione tale nozione, restando escluso – a differenza di quanto può accadere se l'oggetto della vendita sia riconducibile alle dette ipotesi – che possano assumere rilievo espressioni diverse anche se sostanzialmente equivalenti (come prezzo congruo, adeguato, e simili)
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 23 maggio 2014, n. 11529 Svolgimento del processo p.1. Z.S. ha proposto ricorso per cassazione contro F.E. e F. avverso la sentenza del 15 luglio 2010, con la quale la Corte di Appello di Milano ha rigettato il suo appello principale ed accolto quello incidentale dei F. conto...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 23 maggio 2014, n. 11581. nel caso di lavoro prestato oltre i sette giorni consecutivi, ove il lavoratore richieda, in relazione alle modalità della prestazione, il risarcimento del danno non patrimoniale, per usura psicofisica, ovvero la lesione del diritto alla salute o del diritto alla libera esplicazione delle attività realizzatoci della persona umana, è tenuto ad allegare e provare il pregiudizio del suo diritto fondamentale, nei suoi caratteri naturalistici e nella sua dipendenza causale dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all'art. 36 della Costituzione, potendo assumere adeguata rilevanza, nell'ambito specifico di detta prova (che può essere data in qualsiasi modo, quindi anche attraverso presunzioni ed a mezzo del fatto notorio),il consenso del lavoratore a rendere la prestazione nel giorno di riposo ed anzi la sua richiesta di prestare attività lavorativa proprio in tale giorno
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 23 maggio 2014, n. 11581 Svolgimento del processo Con sentenza del 15.1.2008, la Corte di appello di Torino, in accoglimento del gravame proposto da A.A. avverso la decisione di prime cure di rigetto della domanda avanzata dal predetto per il risarcimento del danno connesso ai mancati...
Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 maggio 2014, n. 11391. A norma dell'art. 27, comma 7, c.c.n.l. del 1995 cit., quanto corrisposto a titolo di indennità al pubblico impiegato nel periodo di sospensione cautelare dal servizio dev'essere conguagliato con quanto dovuto se il lavoratore fosse rimasto in servizio, solo in caso di proscioglimento con formula piena e perciò non necessariamente in caso di proscioglimento per prescrizione". E' stato osservato che la norma contrattuale, – omologa a quella di cui ali' art. 32 del c.c.n.I. dei comparto sanità applicabile nel caso in esame – innova rispetto alla precedente (D.P.R. n. 3 del 1957, art. 96) che permetteva il conguaglio in tutti i casi di proscioglimento disciplinare e, trasformando la sospensione cautelare della retribuzione in provvedimento definitivo ossia sostanzialmente in pena disciplinare: a) non può applicarsi agli illeciti disciplinari commessi prima della sua entrata in vigore; b) per gli illeciti successivi, e qualora venga inflitta la sanzione disciplinare della sospensione per durata inferiore alla sospensione cautelare sofferta, il mancato conguaglio può essere discrezionalmente disposto dall'Amministrazione, con motivazione riferita alla gravità dell'illecito nei suoi elementi oggettivi e soggettivi
Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro sentenza 22 maggio 2014, n. 11391 Svolgimento del processo Con sentenza dei 9.3.2007, la Corte di appello di Roma rigettava il gravame proposto da Colajacomo Enrico avverso la pronunzia di primo grado che aveva respinto la domanda del predetto intesa all’impugnativa della sanzione disciplinare irrogatagli dalla Azienda Sanitaria Locale...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 maggio 2014, n. 11349. Il proprietario di un fondo dal quale si propaghi un incendio che danneggi il fondo finitimo è responsabile del danno ai sensi dell'art. 2051 c.c. a nulla rilevando se il suo fondo fosse incolto e pericoloso, oppure coltivato e ben tenuto. Nemmeno è rilevante, al fine di escludere la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., accertare se l'incendio abbia avuto inizio in un diverso fondo per poi invadere quello del convenuto e, successivamente, quello dell'attore. Ciò in quanto la circostanza che il fuoco abbia comunque attraversato un fondo per propagarsi a quello confinante è di per sé idonea a far sorgere la responsabilità del proprietario ai sensi dell'art. 2051 c.c., trattandosi di un danno indubitabilmente arrecato da una cosa in custodia
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 22 maggio 2014, n. 11349 Svolgimento del processo 1. Il 3.7.1998 nel territorio del Comune di Augusta (SR) si verificò un incendio che danneggiò il fondo di proprietà della sig.a G.N. . 2. Nel 1999 la sig.a G.N. convenne dinanzi al Tribunale di Siracusa, sezione staccata di Augusta,...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 marzo 2014, n. 14432. L’amministratore di diritto di una società è chiamato a rispondere del reato per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali, quale destinatario degli obblighi di legge. Ciò in quanto il fatto dell’accettazione o del mantenimento della carica attribuisce anche doveri specifici, tra cui il controllo e la vigilanza. La violazione di tali obblighi comporta una responsabilità penale diretta.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 27 marzo 2014, n. 14432 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. LOMBARDI Alfredo Maria – Consigliere Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere...