Palazzo-Spada

CONSIGLIO DI STATO

sezione IV

SENTENZA 22 maggio 2014, n. 2638

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 730 del 2013, proposto da:  Confezioni Elle & A Srl, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Palladino, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Comune di Sarno, rappresentato e difeso dall’avv. Michele Troisi, con domicilio eletto presso Barbara Balboni in Roma, via Filippo Corridoni n. 23;  Società Agro Invest Spa, rappresentato e difeso dall’avv. Feliciana Ferrentino, con domicilio eletto presso Daniela Rescigno in Roma, via Ovidio, 29;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE II n. 01466/2012, resa tra le parti, concernente risarcimento danni per ritardata esecuzione delle opere di infrastrutturazione area p.i.p.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Sarno e di Società Agro Invest Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2014 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Palladino e Marrone, per delega dell’Avv. Ferrentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con l’appello in esame, la società Confezioni Elle & A. s.r.l. impugna la sentenza 25 luglio 2012 n. 1466, con la quale il TAR per la Campania, sede di Salerno, sez. II, ha respinto il suo ricorso, proposto per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno da ritardo nelle attività di esecuzione ed ultimazione delle opere edilizie di attuazione del Piano Insediamenti Produttivi del Comune di Sarno, nell’ambito del quale detta società è assegnataria di un lotto.

Secondo la società appellante, il ritardo verificatosi nell’esecuzione dei lavori di urbanizzazione da parte di Agroinvest s.p.a. (soggetto attuatore del PIP, e che aveva proceduto a cedere un lotto alla società ricorrente, in quanto risultatane assegnataria), sarebbe stata causa di rilevante danno per perdita di possibilità di impiego del proprio danaro ai fini del suo sviluppo imprenditoriale.

La sentenza impugnata afferma, in particolare:

– “nella responsabilità della P.A. per ritardo nell’esplicazione delle sue attività . . . la presenza dell’elemento colpa è espressamente prevista nell’ipotesi di inosservanza del termine di conclusione del procedimento, dall’art. 2-bis della l. n. 241/1990, che stabilisce che la P.A. è tenuta al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza della detta inosservanza “dolosa o colposa”;

– la risarcibilità del danno da ritardo “postula il necessario accertamento della colpa dell’inerzia, non bastando la sola violazione del termine di durata del procedimento, il quale di per sé non dimostra l’imputabilità del ritardo, potendo la particolare complessità delle attività prescritte o il sopraggiungere di evenienza non imputabili all’amministrazione escludere la sussistenza della colpa”;

– in particolare, nel caso di specie, oltre alle circostanze sopravvenute indicate da Agroinvest e non contraddette (v. pag. 8 sent.), “non è priva di rilevanza l’immissione in possesso della ricorrente nel lotto assegnatole con l’espressa accettazione dell’area nello stato di fatto e di diritto esistente e dell’esplicita menzione per la quale nulla potrà essere eccepito in ordine alla funzionalità del lotto ed alle realizzande opere di urbanizzazione con precisazione della possibilità di immediato inizio dei lavori di realizzazione dell’opificio industriale compatibilmente con le fasi di realizzazione delle urbanizzazioni”.

Avverso tale decisione, sono stati proposti i seguenti motivi di appello:

a) contrasto tra giudicati; illogicità manifesta; palese contraddittorietà; violazione di legge sul cd. danno da ritardo della P.A.; violazione art. 112 c.p.c.; ciò in quanto la sentenza richiama un precedente del medesimo TAR, riportando “solo alcuni passaggi motivazionali della sentenza evocata, plasmandoli a proprio insindacabile piacimento al fine di giungere al rigetto del ricorso de quo, nonostante alla base vi fossero due fattispecie diametralmente opposte”. Inoltre, nel caso di specie, relativo alla violazione dell’art. 2-bis l. n. 241/1990, “il bene protetto dalla norma è solo il rispetto dei tempi certi del provvedimento e/o del procedimento, al fine di salvaguardare la progettualità del privato e la determinazione dell’assetto di interessi dallo stesso preordinato in relazione ai tempi del procedimento”;

b) illogicità manifesta; contraddittorietà della motivazione; poiché la soc. Agroinvest “ha attribuito la responsabilità dei numerosi ritardi in cui è incorsa (con una sorta di confessione giudiziale) al Comune di Sarno”, anch’esso evocato in giudizio in I grado, onde sentirne accertare la responsabilità”; di modo che l’adesione alle prospettazioni della Agroinvest avrebbe dovuto comportare l’accertamento della responsabilità del Comune “per espresso addebito di responsabilità della società di trasformazione urbana”;

c) errores in iudicando; omessa pronuncia circa un fatto decisivo del giudizio; poiché l’appellante ha agito in giudizio “non solo a tutela del bene della vita definito dalla giurisprudenza quale fattore tempo, ma anche a tutela dell’affidamento del privato alla certezza dell’azione amministrativa”. A fronte di ciò, la sentenza di I grado non ha proceduto alla “valutazione dell’affidamento della società ricorrente nella realizzazione dell’investimento produttivo, incorrendo in un rilevante vizio di omessa pronuncia”;

d) effetto devolutivo; riproposizione delle doglianze solevate in I grado.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Sarno e la soc. Agroinvest s.p.a., che hanno ambedue concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

In particolare, il Comune di Sarno ha eccepito l’inammissibilità dell’appello, stante il difetto di indicazione del “titolo di responsabilità, diverso da quello della società di trasformazione urbanistica, in base al quale il Comune di Sarno è chiamato a rispondere del danno da ritardo”.

Anche Agroinvest s.p.a. ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’appello per violazione del giudicato e carenza di interesse, per non avere l’appellante specificamente censurato le statuizioni della sentenza relative alle circostanze che escludono la responsabilità di Agroinvest.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto (rendendosi in tal modo superfluo l’esame delle proposte eccezioni di inammissibilità), con conseguente conferma della sentenza impugnata, con le integrazioni di motivazione di seguito esposte.

L’art. 2-bis l. 7 agosto 1990 n. 241, afferma (comma 1) che le pubbliche amministrazioni (e gli altri soggetti indicati) “sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto, cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”.

Il successivo comma 1-bis, introdotto dall’art. 28 d.l. n. 69/2013, conv. in l. n. 98/2013, prevede, nei soli procedimenti ad istanza di parte, e con esclusione delle ipotesi di silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, il riconoscimento di un indennizzo, nei modi e alle condizioni successivamente stabiliti, in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento.

Come appare evidente, la norma di cui al comma 1 non collega l’ipotesi risarcitoria al mero superamento del termine di conclusione del procedimento amministrativo (senza che sia intervenuta l’emanazione del provvedimento finale), ma pone l’inosservanza del termine normativamente previsto come presupposto causale del danno ingiusto eventualmente cagionato “in conseguenza” dell’inosservanza dolosa o colposa di detto termine.

Tale interpretazione, chiaramente desumibile dal dettato normativo, è ulteriormente avvalorata dalla espressa previsione del successivo comma 1-bis, con il quale il legislatore ha voluto, per cassi determinati, prevedere (non già il risarcimento del danno ma) il riconoscimento di un indennizzo per i casi di inosservanza del termine di conclusione del procedimento. In definitiva, l’inosservanza del termine di conclusione procedimentale comporta:

– in generale, il risarcimento del danno ingiusto, qualora – con dimostrazione del nesso di causalità – questo consegua alla predetta inosservanza colposa o dolosa della pubblica amministrazione;

– nei casi espressamente previsti, il riconoscimento di un indennizzo, il titolo a ricevere il quale (nelle condizioni previste dalla legge) sorge per il solo fatto del superamento del termine e che – ove concorra con la distinta obbligazione risarcitoria – è detratto dalla somme complessivamente riconosciuta a tale ultimo titolo.

Ambedue le ipotesi, e segnatamente (per quel che interessa nella presente sede) quella del risarcimento del danno ingiusto, nel considerare l’inosservanza di un termine per la conclusione di un procedimento, presuppongono appunto che si verta nell’ambito di un procedimento amministrativo, non potendo le norme applicarsi a casi di attività della pubblica amministrazione diversa da quella procedimentalizzata. Vale a dire a quella attività, costituente procedimento amministrativo, caratterizzata dalla presenza di un potere amministrativo da esercitare e (di norma) destinata a concludersi con l’emanazione di un provvedimento amministrativo.

Nel caso di specie, il danno richiesto – ed a cui fondamento è posta la violazione dell’art. 2-bis l. n. 241/1990, – consegue al “grave inadempimento delle resistenti” (Agroinvest e Comune di Sarno), “in ordine all’attuazione del PIP del Comune di Sarno” (pag. 2 app.).

Orbene, appare evidente che, nel caso oggetto della presente controversia, non ricorre alcuna ipotesi di procedimento amministrativo né vi sono provvedimenti da emanare a conclusione del medesimo, trattandosi della (ben distinta) ipotesi di attività materiale (attività di esecuzione ed ultimazione delle opere edilizie di attuazione del Piano Insediamenti Produttivi), conseguente ad affidamento da parte del Comune di Sarno.

Il che comporta, a tutta evidenza, l’inapplicabilità dell’art. 2-bis l. n. 241/1990 al caso in esame, quale norma fondante il titolo al risarcimento del danno.

3. Fermo quanto sinora esposto, la sentenza di I grado – anche per l’ipotesi di diverso titolo normativo sul quale fondare la domanda risarcitoria – merita di essere confermata:

– sia in quanto, come evidenziato a pag. 8 della stessa, sono presenti circostanze (non contraddette dall’appellante) che escludono l’elemento soggettivo dell’illecito, onde riconoscere responsabilità risarcitoria;

– sia in quanto occorre comunque evidenziare il nesso di causalità intercorrente tra condotta omissiva dell’amministrazione e danno ingiusto prodottosi nella sfera giuridica del privato;

– sia in quanto incombe comunque sulla parte ricorrente (sia in relazione alla dimostrazione dell’evento che del nesso di causalità), fornire elementi di prova in ordine al danno concretamente subito, non potendosi ritenere – come si è già detto – che questo derivi ex se dall’inosservanza del termine di conclusione del procedimento (anche nelle ipotesi, diversa dalla presente, in cui risulta invocabile l’art. 2-bis, co. 1, l. n. 241/1990), ovvero dalla violazione di un (astrattamente evocato) “principio di affidamento”;

– sia, infine, alla luce di quanto risultante dal verbale di accettazione del lotto, nello stato di fatto nel quale lo stesso si trovava e con la consapevolezza della necessità di realizzare opere di urbanizzazione;

Né assume rilievo, infine, che la sentenza abbia richiamato un precedente giurisprudenziale che l’appellante ritiene non applicabile al caso di specie (come lamentato con il I motivo di appello), poiché ciò che rileva è la complessiva correttezza del ragionamento che fonda la decisione del giudice, e non già la maggiore o minore riferibilità al caso oggetto di giudizio di un precedente citato ai fini della decisione.

Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere respinto, stante l’infondatezza dei motivi di impugnazione proposti, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Confezioni Elle & A. s.r.l. (n. 730/2013 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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