Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 novembre 2015, n. 45038. Per il disposto dell’art.12 della legge 31 maggio 1995 n.218, la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all’estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, tuttavia, nella parte in cui consente l’utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata a autenticata, rinvia al diritto sostanziale, sicchè in tali evenienze la validità del mandato deve essere riscontrata, quanto alla forma, alla stregua della “lex loti”, occorrendo, però, che il diritto straniero conosca, quantomeno, i suddetti istituti e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell’ordinamento italiano e che consistono, per la scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell’identità dei sottoscrittore

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza  10 novembre 2015, n. 45038 Ritenuto in fatto 1.II Tribunale di Cagliari, con ordinanza in data 23/09/2014, dichiarava inammissibile la richiesta di riesame, proposta nell’interesse di P. Director Limited, avverso il decreto del G.i.p. dei Tribunale di Cagliari, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo dell’imbarcazione...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 novembre 2015, n. 22890. Sussiste la responsabilità solidale della Camera di Commercio che abbia rilasciato un certificato di origine di merce italiana senza verificare di fatto l’esistenza della merce stessa. In particolare, tale condotta negligente si configura come concausa del danno lamentato dalla società che, facendo affidamento su tale documento (in quanto rilasciato da un ente pubblico certificatore accreditato), abbia acquistato della merce senza ottenerne mai la fornitura. Per il sorgere della responsabilità solidale dei danneggianti, l’art. 2055 comma primo cod. civ. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone, anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, atteso che l’unicità del fatto dannoso considerata dalla norma suddetta, deve essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle norme giuridiche da essi violate

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 10 novembre 2015, n. 22890 Svolgimento del processo 1.- Con sentenza del 17 maggio 2012 la Corte d’Appello di Genova, pronunciando nel giudizio di rinvio riassunto a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 23841/2008, ha confermato le statuizioni di condanna contenute nella sentenza della Corte d’Appello...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 12 ottobre 2015, n. 20440. Gli artt. 2, 3 e 4, L. 20 maggio 1970, n. 300, impongono modi d’impiego, da parte del datore di lavoro, delle guardie giurate, del personale di vigilanza e di impianti ed attrezzature per il controllo a distanza. I relativi divieti riguardano il controllo sui modi di adempimento dell’obbligazione lavorativa ma non anche comportamenti del lavoratore lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale. Non sono perciò vietati i cosiddetti controlli difensivi, intesi a rilevare mancanze specifiche e comportamenti estranei alla normale attività lavorativa nonchè illeciti. Controlli eseguibili anche mediante agenzie investigative private. Ciò tanto più vale quando il lavoro dev’essere eseguito, come nel caso di specie, al di fuori dei locali aziendali, ossia in luoghi in cui è più facile la lesione dell’interesse all’esatta esecuzione della prestazione lavorativa e dell’immagine dell’impresa, all’insaputa dell’imprenditore

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO sentenza 12 ottobre 2015, n. 20440 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – rel. Presidente – Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere – Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere – Dott. NAPOLETANO Giuseppe –...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 novembre 2015, n. 22701. In materia di interpretazione del contratto, il criterio fondamentale è l’interpretazione letterale dei termini utilizzati dalle parti nella stesura dell’accordo; deve ritenersi esclusa, perciò, l’indagine in merito alla reale intenzione delle parti, ove le espressioni usate nel contratto abbiano natura chiara ed inequivocabile

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 6 novembre 2015, n. 22701 Ritenuto in fatto Con atto notificato il 3.3.2004 l’architetto D.G. citava a comparire innanzi al tribunale di Firenze la “Vista” s.r.l.. Esponeva che la società convenuta, come da lettera di incarico datata 20.10.1998, gli aveva conferito mandato di provvedere alla progettazione di una...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 ottobre 2015, n. 20533. Una corretta interpretazione dell’art. 2087 c.c., induce a ritenere che essa sia riconducibile alla particolare natura del contratto di lavoro, il quale non si configura quale contratto di semplice scambio fra prestazione e retribuzione, implicando anche l’insorgenza di obblighi di natura non patrimoniale, quale quello di tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore. Della norma in esame deve darsi una interpretazione conforme ai fondamentali principi costituzionalmente garantiti, quali quelli dell’art. 32 Cost., che tutela la salute come fondamentale diritto del cittadino, e dell’art. 41 Cost., che pone precisi limiti all’esplicazione dell’iniziativa privata, con lo stabilire, fra l’altro, che la stessa non può svolgersi “in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, la sicurezza del lavoratore costituendo un bene di rilevanza costituzionale che impone a chi si avvalga di una prestazione lavorativa eseguita in stato di subordinazione, di anteporre al proprio interesse imprenditoriale, la sicurezza di chi tale prestazione esegua. Nella prospettiva innanzi descritta, deve dunque, ritenersi fermo il principio giurisprudenziale alla cui stregua, ai fini della configurabilità della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio subito dal dipendente o per la tecnopatia contratta, grava su quest’ultimo l’onere di provare la sussistenza del rapporto di lavoro, dell’infortunio o della malattia ed il nesso causale tra l’utilizzazione del macchinario o la nocività dell’ambiente di lavoro e l’evento dannoso, e grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all’attivitàl svolta nonchè di aver adottato, ex art. 2087 c.c., tutte le misure che – in considerazione della peculiarità dell’attività e tenuto conto dello stato della tecnica – siano necessarie per tutelare l’integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza, mentre il comportamento del lavoratore è idoneo ad escludere il rapporto causale tra inadempimento del datore di lavoro ed evento, esclusivamente quando esso sia autosufficiente nella determinazione dell’evento, cioè se abbia il carattere dell’abnormità per essere assolutamente anomalo ed imprevedibile .

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Sentenza 13 ottobre 2015, n. 20533 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MACIOCE Luigi – Presidente – Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere – Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere – Dott. PATTI Adriano Piergiovanni –...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 29 ottobre 2015, n. 43712. Chi, occasionalmente e sia pure per una sola volta, ha aperto un locale per consentirvi lo svolgimento di uno spettacolo pubblico, senza l’osservanza delle prescrizioni previste a tutela dell’incolumità pubblica, deve ritenersi responsabile ai sensi dell’art. 681 c.p.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 29 ottobre 2015, n. 43712   Rilevato in fatto   Con sentenza emessa il 27/03/2014 il Tribunale di Milano giudicava S.I. responsabile dei reato di cui all’art. 681 cod. pen., condannandolo alla pena di mesi uno di arresto e 200,00 euro di ammenda, oltre alle pene accessorie di...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 21 ottobre 2015, n. 42230. L’amministrazione finanziaria non può opporsi se i giudici penali negano il sequestro dei beni di un gruppo di imputati rinviati a giudizio per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari. Neppure facendo appello alla direttiva comunitaria che prevede il diritto della vittima a ottenere un risarcimento da parte dell’autore del reato

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 21 ottobre 2015, n. 42230 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MANNINO Saverio F. – Presidente Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere Dott. ACETO Aldo – Consigliere Dott....

Articolo

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 ottobre 2015, n. 41951. Pur in presenza o di una trasgressione delle prescrizioni inerenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero nel caso di divieto di concessione degli arresti presso il domicilio per chi sia stato condannato, nei cinque anni precedenti, per il reato di evasione, si consente, oggi, al giudice di evitare l’applicazione della custodia carceraria se “il fatto è di lieve entità”.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 20 ottobre 2015, n. 41951 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. GENTILE Mario – Presidente Dott. TADDEI M. – rel. Consigliere Dott. MACCHIA Alberto – Consigliere Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere Dott....