cassazione 7

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I

SENTENZA 29 ottobre 2015, n. 43712

 

Rilevato in fatto

 

Con sentenza emessa il 27/03/2014 il Tribunale di Milano giudicava S.I. responsabile dei reato di cui all’art. 681 cod. pen., condannandolo alla pena di mesi uno di arresto e 200,00 euro di ammenda, oltre alle pene accessorie di legge.

Con sentenza emessa il 26/05/2014, a seguito di gravame proposto dall’imputato, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza impugnata e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Da entrambe le sentenze emergeva che l’imputato, nella qualità di amministratore unico della società ‘Scimmie s.r.l.’, gestiva a Milano il locale denominato ‘Scimmie’, ubicato in via Ascanio Sforza n. 20, organizzando spettacoli e intrattenimenti aperti al pubblico, tra cui in concerto con musica dal vivo, che si svolgeva a Milano il 19/02/2011, al quale prendevano parte almeno 200 avventori.

I fatti di reato contestati all’imputato si ritenevano dimostrati sulla base delle deposizioni rese dai testi L. e B. da cui emergeva che l’I. svolgeva tale attività ricreativa aperta al pubblico senza l’osservanza delle prescrizioni previste a tutela dell’incolumità pubblica, con particolare riferimento alla licenza di agibilità dei locali e alla certificazione di prevenzione degli incendi.

Avverso la sentenza di appello l’imputato proponeva personalmente ricorso per cassazione, deducendo due motivi di gravame .

Si deduceva, innanzitutto, violazione di legge, in relazione all’art. 681 cod. pen., in ragione dei fatto che l’esercizio pubblico gestito dall’imputato non era soggetto alla normativa concernente l’agibilità e la capienza prevista per i locali e le sale da ballo, com’era dimostrato dalle modeste dimensioni del concerto svoltosi all’interno del locale ‘Scimmie’ il 19/02/2011 che non consentiva di ritenerlo svolgimento di uno spettacolo pubblico.

Si deduceva, inoltre, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, atteso che nella sentenza impugnata non ci si soffermava analiticamente sul numero di soggetti presenti al momento del controllo delle forze dell’ordine, tenuto conto del fatto che l’indicazione di 216 persone era stata contestata dalla difesa dell’imputato nei sottostanti giudizi di merito.

 

Considerato in diritto

 

II ricorso è inammissibile, riproponendo doglianze già sottoposte a entrambi i giudici di merito, alle quali erano state fornite risposte immuni da vizi logici e giuridici.

Deve, in proposito, rilevarsi che la contravvenzione di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, prevista dall’art. 681 cod. pen. a carico di chi apre o tiene aperti luoghi del genere anzidetto senza aver osservato le prescrizioni dell’autorità a tutela dell’incolumità pubblica, è configurabile anche nel caso in cui manchi dei tutto, in quanto non richiesta o, comunque, non rilasciata o scaduta, la licenza nella quale le suddette prescrizioni avrebbero dovuto essere contenute. Tale contravvenzione sussiste anche nell’ipotesi di inosservanza della disposizione di cui all’art. 80 T.U.L.P.S., che richiede la preventiva verifica a opera di un’apposita commissione tecnica della solidità e della sicurezza dell’edificio (cfr. Sez. 1, n. 27633 dei 20/03/2013, Corsaro, Rv. 255707).

Inoltre, l’art. 681 cod. pen. non è rivolto esclusivamente a chi gestisce, in via permanente e professionale, luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo, ma a chiunque apre o tiene aperti tali luoghi senza osservare le prescrizioni a tutela dell’incolumità pubblica. Ne consegue che tale disposizione si applica anche nei confronti di chi, occasionalmente e sia pure per una sola volta, ha aperto un locale per consentirvi lo svolgimento di uno spettacolo pubblico (cfr. Sez. 1, n. 2196 dell’01/12/1995 Paoletti, Rv. 203829).

Ricostruita in questi termini la fattispecie in contestazione, deve osservarsi che il ricorrente è stato correttamente riconosciuto responsabile dei reato di cui all’art. 681 c.p. perché, quale amministratore unico della società di gestione del locale ‘Scimmie’, organizzava serate danzanti, tra cui quella – alla quale prendevano parte 216 persone – oggetto dei controllo su cui, nel dibattimento di primo grado, riferivano i testi L. e B.. Tali testi, in particolare, riferivano che l’attività ricreativa aveva luogo senza l’osservanza delle prescrizioni a tutela dell’incolumità pubblica e della licenza di agibilità, precisando che gli avventori, per accedere al locale, avevano pagato una consumazione dell’importo di 10,00 euro maggiorata nel prezzo.

Ne discende che la sentenza impugnata, ponendosi nell’alveo interpretativo richiamato, riteneva correttamente che l’attività in corso di svolgimento fosse da qualificare come spettacolo pubblico, in ragione del numero elevato di spettatori e dei sovrapprezzo applicato alle consumazioni, che veniva accertato sulla base del listino prezzi delle bevande applicato in quel locale. Tale circostanza, tra l’altro, veniva ammessa dallo stesso imputato, il quale, nel corso dei suo interrogatorio, riferiva che la cifra maggiorata di 10,00 euro richiesta in quella occasione poteva variare per alcuni eventi particolari, confermando che la variazione del prezzo costituiva una maggiorazione graduata a seconda delle circostanze.

Quanto, infine, all’asserita incertezza sul numero degli spettatori presenti, deve rilevarsi che la Corte territoriale correttamente evidenziava che tale indicazione costituiva il frutto di un accertamento eseguito dalle forze dell’ordine nell’immediatezza dei fatti, con la conseguenza che non è possibile dubitare della congruità di tale dato numerico in assenza di elementi processuali di segno contrario.

Per queste ragioni il ricorso proposto nell’interesse di S.I. deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle Ammende.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *