Locazione: gli obblighi del locatore e del conduttore.
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Obblighi del locatore
art. 1575 c.c. obbligazioni principali del locatore: il locatore deve:
1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione
[90]
Per la S.C. (Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, sentenza 16 aprile 2009, n. 9013, Corte di Cassazione 11075/2003) la consegna del bene al conduttore costituisce la prestazione fondamentale a cui e’ obbligato il locatore (articolo 1575 cod. civ., n. 1) per attuare il diritto al godimento del bene, scopo tipico e funzione del contratto di locazione (articolo 1571 cod. civ.), ed obbliga il conduttore alla sinallagmatica prestazione del corrispettivo di tale beneficio economico (che peraltro questi deve rendere possibile avendo l’obbligo di prendere in consegna la cosa: articolo 1587 cod. civ., n. 1). E poiche’ il succitato articolo 1575 cod. civ., n. 1, prescrive che la cosa sia consegnata in buono stato di manutenzione, questo deve esser rapportato all’uso convenuto in quanto soltanto siffatto adempimento consente l’effettivo godimento del bene. Logico corollario che ne consegue e’ che l’inadempimento all’obbligo di consegnare il bene legittima la domanda del conduttore di risoluzione del contratto senza doverne dimostrare l’importanza.
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Natura
La consegna costituisce un atto di adempimento del locatore e, in quanto tale, non ha natura negoziale, ma atto giuridico in senso stretto, con conseguente irrilevanza dell’incapacità dei vizi di volontà di chi l’effettua.
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Il modo, il luogo ed il tempo
Sono normalmente regolati dal contratto; in mancanza, troverà applicazione la normativa sull’adempimento in generale (art. 1176 – diligenza dell’adempimento – art. 1182 – luogo dell’adempimento – art. 1183 – tempo dell’adempimento).
La consegna deve essere reale, anche se può essere effettuata in forma simbolica (si pensi al caso della consegna delle chiavi).
Una deroga in merito alla consegna è stata prevista dalla Cassazione[91] secondo la quale l’art. 1575, n. 1, cod. civ., a norma del quale il locatore è obbligato a consegnare al conduttore la cosa locata, non si applica se le parti di un contratto di leasing stabiliscono invece che il fornitore, scelto dall’utilizzatore, deve consegnargli il bene che il concedente ha comprato per suo conto; né il rischio della mancata consegna di esso si trasferisce a quest’ultimo nel caso abbia ottenuto, a scopo di garanzia, dalle altre predette parti la sottoscrizione di un verbale di consegna indipendentemente da essa.
Tale obbligazione (consegna), qualificata come essenziale al tipo di contratto cui inerisce, non viene meno neppure nell’ipotesi in cui il conduttore non abbia aderito all’offerta di prendere visione del bene prima della conclusione del contratto[92].
Unitamente alla cosa principale dovranno essere consegnate:
1) le pertinenze
2) gli accessori
Agli obblighi, gravanti sul locatore ai sensi dell’art. 1575, n. 2, cod. civ., di mantenere l’appartamento locato in stato da servire all’uso convenuto e da riportare l’obbligo, assunto per contratto, di assicurare il servizio di portierato (da cui nasce una responsabilità del locatore per fatto dell’ausiliario: art. 1228 cod. civ.), giacché la nozione di cosa locata non può essere ristretta alla singola unità dell’edificio ma va estesa alle pertinenze, agli accessori ed ai servizi.
È tuttavia valido il patto che esonera il locatore dalla responsabilità per danni (ed è incensurabile l’interpretazione del giudice del merito che ritiene trattarsi di responsabilità non solo aquiliana ma anche contrattuale) derivati da fatto del portinaio o di un terzo, poiché tale patto preventivo di esonero non contrasta con obblighi derivanti da norme di ordine pubblico (art. 1229 cpv. cod. civ.), ossia con l’obbligo del portinaio di dispiegare la necessaria vigilanza e di opporsi efficacemente alla consumazione di azioni delittuose sancito dall’art. 113 del regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, né l’interpretazione che ne conserva la validità svuota di contenuto l’obbligo di assicurare il servizio di portierato, ponendosi così in contrasto col principio di buona fede[93].
Inoltre secondo una pronuncia del Tribunale Foggiano[94] in forza degli artt. 1575 e 1576, c.c., il proprietario dell’immobile locato ha l’obbligo di manutenzione e garanzia del buono stato dell’immobile stesso. Tale obbligo non è limitato alla parte dell’immobile di esclusiva proprietà del locatore, ma si estende anche alle parti comuni dell’edificio, trattandosi di un obbligo strettamente connesso con quello, a carico dello stesso proprietario, di riparazione e manutenzione dell’immobile locato.
Ne consegue che, dedotta ed accertata, anche a mezzo di c.t.u., la violazione del predetto obbligo, il conduttore dispone di azione risarcitoria consequenziale all’inadempimento e può, pertanto, chiedere il ripristino dei locali per utilizzarli secondo l’uso convenuto e il maggior danno da inadempimento.
Assolutamente priva di pregio, al fine di escludere l’applicazione di detto principio generale, è la circostanza che il locatore non sia stato reso edotto che l’uso deposito, contrattualmente convenuto, sia correlato all’impresa commerciale del conduttore. La natura degli oggetti riposti nell’immobile locato e, quindi, la pertinenza degli stessi all’impresa commerciale del conduttore ovvero alla sua sfera di vita privata è, infatti, ai fini della validità del contratto di locazione in relazione all’uso deposito, del tutto irrilevante. Né, tanto meno, è possibile affermare che la detta natura e relativa pertinenza degli oggetti riposti nell’immobile locato possa determinare il mutamento d’uso dell’immobile stesso sì da integrare un inadempimento contrattuale.
Qualora il contratto di locazione abbia ad oggetto una pluralità di beni, e l’obbligazione del locatore di consegnare i medesimi debba ritenersi soggettivamente indivisibile, alla stregua di una esplicita od implicita volontà delle parti di considerare indissolubili le utilità derivanti dal godimento del complesso dei beni unitariamente inteso, l’avvenuta consegna di una parte soltanto dei beni medesimi, che venga accettata dal conduttore senza rinuncia all’adempimento integrale del locatore, importa che il conduttore medesimo, ove ne persista l’utilità e così il relativo interesse, possa agire per l’esecuzione in forma specifica del contratto al fine di conseguire la consegna anche dei beni mancanti, e di godere dell’intero complesso, per il periodo di tempo fissato dal contratto, a partire dalla data dell’adempimento integrale e così in deroga di quella originaria della convenzione[95].
Per ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 29 settembre 2015, n. 19226
le obbligazioni del locatore previste dagli artt. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto, né il locatore è tenuto a rimborsare al conduttore le spese sostenute per l’esecuzione di tali opere, salva l’applicazione della normativa in tema di miglioramenti.
Sotto un profilo processuale, poi, come da ultimo adagio della Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 29 settembre 2015, n. 19209
in tema di locazione immobiliare, in caso di infiltrazioni d’acqua dannose, grava sul locatore, e non già sul conduttore danneggiato, l’onere di dimostrare che le stesse non sono conseguenza immediata e diretta di vizi delle tubazioni o di altre cause strutturali, ma, in ipotesi, siano ascrivibili al comportamento del conduttore medesimo o ad altri fatti cui la legge ricollega una eventuale limitazione o esenzione di responsabilità del locatore stesso. In assenza di tale prova, infatti, la responsabilità del lamentato danno è da ascrivere all’inadempimento del proprietario dell’immobile dell’obbligo di mantenere la cosa locata in buono stato abitativo, e comunque in una condizione di idoneità all’uso cui è destinata, inadempimento che legittima poi la richiesta di risarcimento danni proposta dal conduttore
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Il buono stato
Questa qualità della cosa locata non coincide con il carattere di <idoneità convenuta> che risulta dal n. 2 dello stesso articolo: una cosa, infatti, può trovarsi in buono stato di manutenzione, ma non servire all’uso specificamente stabilito e viceversa.
Come confermato dalla Corte di legittimità[96] secondo la quale che la garanzia per i vizi della cosa locata, che ne impediscono o diminuiscono l’uso stabilito, costituisce obbligazione del locatore diversa e distinta da quella della consegna della cosa in buono stato di manutenzione e tale da servire all’uso convenuto.
Per la Cassazione[97] le obbligazioni poste a carico del locatore dai nn. 1 e 2 dell’art. 1575 cod. civ., di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione e di mantenerla in stato di servire all’uso convenuto, non comprendono quella di apportare alla cosa stessa le modificazioni o aggiunte necessarie per renderla idonea all’uso convenuto, né di assicurare al conduttore la possibilità di apportarvi egli stesso quelle modificazioni o aggiunte. L’originaria mancanza nell’immobile locato di un impianto o accessorio necessario perché esso possa venir adibito dal conduttore all’uso convenuto, dà luogo alla garanzia per vizi della cosa locata se tale mancanza era conosciuta dal conduttore o facilmente riconoscibile.
Le parti possono liberamente derogare alla norma sulla consegna in buono stato di manutenzione, ma è necessaria una chiara manifestazione di volontà.
Difatti, per la S.C.[98] le disposizioni degli artt. 1575, n. 2 e 1576 cod. civ., che pongono a carico del locatore l’obbligo di mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto e di eseguire durante la locazione tutte le riparazioni all’uopo necessarie, tranne quelle di piccola manutenzione, non sono di ordine pubblico e possono essere, quindi, derogate dalle parti nell’ambito della loro autonomia negoziale.
Inoltre, è bene precisare che la consegna di cosa che risulti inidonea a realizzare l’interesse del conduttore non comporta la responsabilità del locatore per violazione del dovere di cui all’art. 1575 n. 1 cod. civ. e non esonera il conduttore dall’obbligazione di pagamento del corrispettivo quando risulti che il conduttore conoscendo la possibile inettitudine dell’oggetto della prestazione abbia accettato il rischio economico come rientrante nella normalità dell’esecuzione della prestazione stessa[99].
Secondo una recente pronuncia di merito[100], nello specifico, nella locazione di immobili adibiti ad uso commerciale, non possono essere addebitate al locatore, in ragione dell’obbligo contrattuale di quest’ultimo di provvedere alla manutenzione straordinaria dell’immobile, le spese sostenute dal conduttore per l’acquisto di arredi del locale commerciale, trattandosi di beni di esclusiva proprietà del conduttore, asportabili al termine del rapporto di locazione. Allo stesso modo non possono essere addebitate al locatore le spese per la manutenzione della caldaia, trattandosi di interventi di manutenzione ordinaria all’impianto, che gravano sul conduttore.
Infine, la Cassazione, come da ultima pronuncia,
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 settembre 2014, n. 24987
ha avuto modo di ribadire che gli obblighi previsti dagli artt. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto, né il locatore è tenuto a rimborsare al conduttore le spese sostenute per l’esecuzione di tali opere, salva l’applicazione della normativa in tema di miglioramenti (Cass. 2458/2009).
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Risarcimento
La responsabilità del locatore per la violazione dell’obbligo di mantenere la cosa locata in «stato da servire all’uso convenuto» (art. 1575 cod. civ.) dà luogo ad una obbligazione risarcitoria che, al pari di ogni analoga obbligazione contrattuale o extracontrattuale, configura un debito di valore automaticamente rivalutabile sino alla data della liquidazione[101].
L’obbligo del locatore di mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto e di eseguire le riparazioni che non sono a carico del conduttore, stabilito dagli artt. 1575 e 1577, comma, primo, cod. civ., trova un limite nella disciplina dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione[102], che essendo di carattere generale è applicabile anche al rapporto di locazione e comporta che l’impossibilità sopravvenuta e definitiva di utilizzazione della cosa locata secondo l’uso convenuto o conforme alla sua destinazione, se non sia imputabile al debitore, determina l’estinzione dell’obbligazione a carico di costui.
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In caso di vizi
[103]
Per vizi s’intendono quei difetti, che incidono sulla struttura materiale della cosa locata, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se essi siano eliminabili, ma non prontamente.
art. 1578 c.c. vizi della cosa locata
se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che non ne diminuiscono in modo apprezzabili l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.
In linea generale, come da ultimo arresto della Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 10 febbraio 2017, n. 2348
nel caso di domanda di risoluzione ex art. 1578 c.c., grava sul conduttore (anche per ovvie ragioni di maggiore vicinanza alla prova) l’onere di individuare e dimostrare l’esistenza del vizio che diminuisce in modo apprezzabile l’idoneità del bene all’uso pattuito; al locatore convenuto spetta, invece, di dimostrare che i vizi erano conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore (e ciò al fine di paralizzare la domanda di risoluzione o di riduzione del corrispettivo) o di provare di avere senza colpa ignorato i vizi al momento della consegna, al fine di andare esente dal risarcimento dei danni derivati dai vizi della cosa.
In caso di vizi non conosciuti
Il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati da vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna.
Per la S.C.[104] costituiscono vizi della cosa locata agli effetti dell’art. 1578 cod. civ. – la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ai sensi dell’art. 1575 cod. civ., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull’idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, ma non l’esperibilità dell’azione di esatto adempimento – quelli che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione.
Pertanto va escluso che possano essere ricompresi tra i vizi predetti quei guasti o deterioramenti dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinino disagi limitati e transeunti nell’utilizzazione del bene, posto che in questo caso diviene operante l’obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ai sensi dell’art. 1576 cod. civ., la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale.
Casistica:
– Ad esempio, per la S.C.[105], in tema di locazione di immobili, la mancanza delle concessioni amministrative o delle autorizzazioni costituisce inadempimento del locatore; un simile comportamento giustifica, quindi, la risoluzione del contratto ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 1578 del c.c., a meno che il conduttore, non sia a conoscenza della situazione e non l’abbia, pertanto, conseguentemente accettata o che comunque ha svolto di fatto la sua attività, nonostante l’irregolarità dei locali. Anche se in tema è bene guardare il paragrafo riguardante gli obblighi del conduttore[106].
– Non costituisce vizio della cosa locata la mancanza, in un edificio di vecchia costruzione e di cui il conduttore conosceva la vetustà, di quelle caratteristiche costruttive che sono proprie di tecniche edilizie più recenti. Né tale mancanza può integrare gli estremi di una inadempienza alle obbligazioni di cui all’art. 1575 cod. civ., perché l’obbligo incombente al locatore di consegnare e mantenere la cosa locata in stato di servire all’uso convenuto non importa, in mancanza di espresse pattuizioni in proposito, anche quello di eseguire modificazioni e trasformazioni della cosa rispetto allo stato esistente al momento del contratto e dal conduttore comunque riconosciuto idoneo all’uso stesso[107].
– Ove il locatore, che abbia convenuto un determinato uso commerciale e/o industriale dell’immobile locato, assicuri a tal fine l’idoneità dell’immobile autorizzando il conduttore alle relative modifiche strutturali, non può ritenersi esente, nei confronti dello stesso, dalla responsabilità per l’anticipato scioglimento del rapporto locativo a seguito del divieto opposto dal condominio, di cui è parte l’immobile, alle dette modifiche (nella specie, installazione di una nuova canna fumaria necessaria per il funzionamento di un ristorante self-service) ove non abbia provveduto ad ottenere il preventivo assenso dei condomini, indispensabile alla stregua del regolamento condominiale[108].
– In tema di vizi della cosa locata, nel caso di locazione di un’automobile, il locatore è tenuto a rimborsare al conduttore i danni derivanti dal difettoso funzionamento di parti meccaniche; ne egli può esonerarsi dalla responsabilità, adducendo la sua incolpevole ignoranza del difetto, qualora non abbia provveduto, prima della consegna del veicolo al conduttore, ad ispezionare l’autovettura, dovendo tale controllo essere compiuto prima di ogni consegna al conduttore, in considerazione della particolare usura a cui sono sottoposti i veicoli da noleggio[109].
1) Vizi manifestatisi al momento della consegna
Nel contratto di locazione, la garanzia spettante al conduttore, prevista dall’art. 1578 cod. civ. e consistente nel diritto alla risoluzione del contratto o alla riduzione del canone, opera solo se i vizi della cosa locata erano, al momento della stipulazione, sconosciuti e non facilmente riconoscibili dal conduttore stesso.
In caso contrario, quest’ultimo potrà chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento ed il risarcimento del danno — ricorrendo tutti i presupposti di cui all’art. 1453 cod. civ. — solo se il locatore abbia assunto espressamente, e poi non abbia adempiuto, l’obbligo di eliminare i vizi[110].
Allorquando il conduttore, all’atto della stipulazione del contratto di locazione, non abbia denunziato i difetti della cosa da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può, pertanto, chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l’esatto adempimento, né avvalersi dell’eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ., dal momento che non si può escludere che il conduttore ritenga di realizzare i suoi interessi assumendosi il rischio economico dell’eventuale riduzione dell’uso pattuito ovvero accollandosi l’onere delle spese necessarie per adeguare l’immobile locato all’uso convenuto, in cambio di un canone inferiore rispetto a quello richiesto in condizioni di perfetta idoneità del bene al predetto uso[111].
Mentre, qualora le parti si siano date atto dell’esistenza di vizi del bene locato ed il locatore si sia impegnato ad eliminarli e frattanto si sia fatto luogo comunque alla consegna del bene ed al suo godimento nelle condizioni in cui esso si trova, il regolamento contrattuale sfugge alla regola di cui all’art. 1578 cod. civ., di modo che il conduttore, qualora l’obbligazione di eliminazione dei vizi non venga adempiuta dal locatore, di fronte all’inadempimento non ha la facoltà di chiedere la riduzione del corrispettivo, ma gode soltanto dei rimedi generali contro l’inadempimento e, quindi, ha l’alternativa fra l’azione di adempimento e l’azione di risoluzione del contratto e, a livello di autotutela, ha la possibilità di sospendere il pagamento del corrispettivo proporzionalmente alla diminuzione del godimento arrecata dalla inesecuzione delle opere di eliminazione dei vizi[112].
2) Vizi manifestatisi successivamente alla consegna
La responsabilità del locatore per i danni derivanti dall’esistenza dei vizi sussiste anche in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente ad essa nel caso in cui il locatore poteva conoscere, usando l’ordinaria diligenza, i vizi secondo la disciplina di cui all’art. 1578 cod. civ.
L’onere della prova relativa all’impossibilità di conoscere i vizi con l’uso dell’ordinaria diligenza grava sul locatore e la valutazione del raggiungimento o meno della prova liberatoria da parte del locatore costituisce una valutazione di merito tale da escludere la sua sindacabilità nel giudizio di legittimità se non per vizi logici o giuridici[113].
3) Riduzione del corrispettivo
Nel caso in cui la cosa locata sia affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, la riduzione del corrispettivo — che, ai sensi del primo comma dell’art. 1578 cod. civ., tende a ristabilire il rapporto di corrispettività economica tra le contrapposte prestazioni — va operata tenendo conto del grado di rilevanza dei vizi medesimi e, pertanto, il canone locatizio va diminuito in proporzione alla misura in cui questi incidono sulla possibilità di godimento del bene da parte del conduttore[114].
L’azione di riduzione del corrispettivo della locazione, di cui all’art. 1578 cod. civ., ha natura di azione costitutiva, in quanto tende a determinare una modificazione del regolamento contrattuale; pertanto, essa non può essere confusa con l’eccezione di inesatto adempimento di cui all’art. 1460 cod. civ., che tende solo a paralizzare la pretesa di adempimento della controparte[115].
Invece, in tema di locazione di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone[116] (e, cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita) costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore che provoca il venir meno dell’equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell’ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell’art. 1578, primo comma, cod.civ., per ripristinare l’equilibrio del contratto, turbato dall’inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata.
Tale norma, infatti, non dà facoltà al conduttore di operare detta autoriduzione, ma solo a domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluta al potere del giudice di valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti[117].
4) Risarcimento del danno
Ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 marzo 2014, n. 7210
ha confermato che il locatore deve risarcire i danni, a titolo di lucro cessante, all’impresa affittuaria nel caso in cui essa dimostri che la diminuzione del fatturato sia dipesa dalla cattiva manutenzione dell’immobile
Si legge nella sentenza in commento che la corte di appello: – ha riconosciuto al conduttore anche il risarcimento del danno da diminuzione di fatturato, che costituisce appunto una tipica voce di lucro cessante; – in tanto la perdita di fatturato può essere imputata al locatore, in quanto sia comprovatamente dipesa dai vizi della cosa locata; su questa premessa, la corte di appello non ha omesso alcuna pronuncia, riconoscendo effettivamente al conduttore anche il risarcimento del danno da diminuzione di fatturato proprio perchè ritenuta (anche se solo in parte) derivante dai vizi manutentivi dei locali; – la riduzione del risarcimento a tale titolo (10% della diminuzione complessiva di fatturato così come accertata dal ctu) risponde al fatto che la corte di appello, proprio sulla base della ctu, ha logicamente ritenuto che tale diminuzione complessiva non potesse essere interamente addebitata al locatore, perchè derivante anche da altri e preponderanti fattori di natura gestionale; – diversamente da quanto vorrebbe il conduttore, la prova in sè della diminuzione di fatturato non è evidentemente ancora la prova della sua integrale riferibilità causale al locatore.
art. 1579 c.c. limitazioni convenzionali della responsabilità
il patto con cui si esclude o si limita la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto, se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa .
Relativamente a tale limitazione secondo una lontana sentenza della S.C.[118] la clausola limitativa della responsabilità del locatore, per eventuali danni rapportabili all’obbligo di mantenere la cosa locata in buono stato locativo, perché possa spiegare il suo effetto, deve essere specificamente approvata per iscritto, a norma dell’art. 1341 cod. civ. avendo natura di clausola vessatoria.
La disposizione dell’art. 1579 cod. civ. si applica anche ai vizi conosciuti o riconoscibili dal conduttore, atteso che la conoscibilità o meno dei vizi assume rilevanza, ai sensi del precedente art. 1578 cod. civ. — escludendo la risoluzione del contratto di locazione o la riduzione del corrispettivo — nei soli casi in cui i vizi stessi incidano solo parzialmente sul godimento della cosa locata, senza escluderlo, onde possa risultare ragionevole la preventiva e concorde valutazione delle parti di addossare al conduttore i rischi ad essi relativi[119].
Infine, sempre per la medesima Corte[120] in relazione alla disciplina dell’art. 1579 cod. civ., che, si ripete, circoscrive l’inefficacia della clausola limitativa della responsabilità del locatore alle ipotesi in cui i vizi della cosa siano stati taciuti in mala fede dal locatore o ne rendano impossibile il godimento, è da ritenersi valida la rinuncia del conduttore alla garanzia per vizi ignorati senza colpa dal locatore, e ciò anche quando i vizi abbiano a manifestarsi soltanto successivamente alla consegna della cosa.
In tema recente Cassazione,
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza n. 19806 del 28 agosto 2013
ad esempio, ha avuto modo di appurare ed affermare in un caso di specie, che era stato provato, nei vari gradi di giudizio, sia documentalmente che in base alle prove orali (…), che nel corso delle trattative che condussero alla stipula del contratto la locatrice offrì alla controparte una rappresentazione delle caratteristiche e condizioni dell’immobile diversa da quella reale, mostrando, in particolare, una planimetria (…) che indicava lo scarico del wc dotato di collegamento alla pubblica fognatura ed una altezza del locale wc conforme a quella richiesta dal regolamento comunale (m. 2,40)
art 1580 c.c. cose pericolose per la salute
se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia.
L’art. 1580 cod. civ., relativo ai vizi della cosa locata che espongono a serio pericolo la salute del conduttore, non prevede, tra i rimedi offerti a quest’ultimo, l’azione per esatto adempimento, cioè per l’esecuzione di opere per l’eliminazione dei vizi, sanzionandosi l’inidoneità della cosa locata con la risoluzione del contratto[121].
In altre parole l’art. 1580 cod. civ. attribuisce al conduttore la cui salute sia minacciata da vizi della cosa a lui noti al momento della conclusione del contratto il potere di chiedere la risoluzione, non anche l’ulteriore rimedio del risarcimento del danno eventualmente subito in conseguenza dei vizi, giacché in tale ipotesi il danno deve ritenersi consapevolmente accettato dal conduttore. La norma, atteso il suo carattere eccezionale, non è applicabile nelle ipotesi in cui la cosa sia affetta da vizi non conosciuti dal conduttore ovvero quando il locatore si sia reso inadempiente all’obbligo di mantenere la cosa in stato di servire all’uso convenuto, trovando applicazione in dette ipotesi le disposizioni di cui agli artt. 1218 e 1453 cod. civ.[122]
Il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell’immobile locato quand’anche tali condizioni fossero note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità[123].
art 1581 c.c.vizi sopravvenuti
le disposizioni degli articoli precedenti si osservano, in quanto applicabili, anche nel caso di vizi della cosa sopravvenuti nel corso della locazione.
Es. nel caso in cui l’immobile locato perda, a seguito di evento sismico, l’attitudine ad assicurare il godimento convenuto: il conduttore potrà chiedere la risoluzione del contratto, non anche il risarcimento dei danni mancando la colpa del locatore.
2) di mantenerla in stato da servire all’uso convenuto
[124]
art. 1576 c.c. mantenimento della cosa in buono stato locativo
il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore.
Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore.
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Derogabilità della norma
In senso generale in tema di manutenzione della cosa locata e di miglioramenti ed addizioni alla stessa, le disposizioni di cui agli artt. 1576, 1592 e 1593 sono convenzionalmente derogabili tra le parti[125].
In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, poiché non trova applicazione l’art. 23 legge 392/1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, né è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone, non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge 392/1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore sia la manutenzione ordinaria che quella straordinaria[126] .
Ancora secondo altra sentenza della medesima Corte[127] in materia di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’obbligo, normalmente gravante a carico del locatore, di mantenere il bene in condizioni tali da poter servire all’uso convenuto non è previsto da norme imperative; ne consegue che le parti possono contrattualmente stabilire che siano a carico del conduttore tutti gli oneri relativi all’utilizzabilità del bene, esonerando il locatore da ogni responsabilità.
Mentre[128], in materia di locazioni di immobili urbani destinati ad uso di abitazione, soggette alla disciplina di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392, è nullo ai sensi dell’art. 79 della citata legge il patto in deroga all’art. 1576 cod. civ., con il quale le parti abbiano convenuto che siano a carico del conduttore le spese per la straordinaria manutenzione occorrenti per conservare all’immobile locato l’attitudine all’uso abitativo, poiché integra per il locatore un indebito vantaggio in contrasto con la predeterminazione legale dei limiti massimi del canone.
La pattuizione che, in deroga alla disciplina dettata dall’art. 1576 cod. civ., impone al conduttore l’obbligo sia della manutenzione ordinaria che di quella straordinaria, comporta che il conduttore medesimo sia tenuto a compiere tutte le opere necessarie a mantenere la cosa in buono stato locativo ed a restituirla nell’originario stato di consistenza e conservazione, con l’ulteriore conseguenza del trasferimento a suo carico dei deterioramenti risultanti dall’uso della cosa in conformità del contratto[129].
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Effetti riparativi
La manutenzione, a differenza della garanzia per vizi che dà luogo a risoluzione o riduzione del corrispettivo, impone soltanto la riparazione e si riferisce, invece, al c.d. guasto, vale a dire l’alterazione transitoria della cosa locata, la quale subito riparata, può essere restituita al suo normale uso (si pensi al mancato funzionamento dell’ascensore).
In caso d’inadempimento dell’obbligo di manutenzione comporta il sorgere dell’obbligo di risarcire i danni.
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Le riparazioni di piccola manutenzione
Le riparazioni di piccola manutenzione, le quali, ai sensi degli artt. 1576 e 1609 cod. civ., sono a carico del locatario di fondo urbano, sono quelle che risultino dipendenti non da vetustà o caso fortuito, ma da deterioramento prodotto dall’utilizzazione del bene locato, alla stregua di una valutazione d’insieme della modesta entità del loro valore economico, della destinazione dell’immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia del locatario, degli usi locali[130].
Anche se, in realtà, allorquando le parti non invochino, ai sensi del secondo comma dell’art. 1609 cod. civ., né clausole contrattuali, né usi locali, la definizione delle piccole riparazioni è rimessa all’apprezzamento del giudice[131], il quale deve, al riguardo, tener conto, in una valutazione d’insieme, dell’entità del relativo impegno economico, riferita alla rilevanza economica della locazione, nonché della destinazione dell’immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia gravanti sul conduttore.
Invece, la riparazione degli infissi esterni dell’immobile[132] locato non rientra tra quelle di piccola manutenzione che l’art. 1576 cod. civ. pone a carico del conduttore, perché i danni riportati da questi infissi, a meno che non siano dipendenti da uso anormale dell’immobile, debbono presumersi dovuti al caso fortuito o a vetustà e debbono essere, conseguentemente, riparati dal locatore che, a norma dell’art. 1575 cod. civ., ha l’obbligo di mantenere la cosa locata in stato da servire per l’uso convenuto.
Ancora, ad esempio, non rientrano tra le riparazioni di piccola manutenzione a carico dell’inquilino a norma dell’art. 1609 cod. civ. quelle relative agli impianti interni alla struttura del fabbricato (elettrico, idrico, termico) per l’erogazione dei servizi indispensabili al godimento dell’immobile, atteso che, mancando un contatto diretto del conduttore con detti impianti, gli eventuali guasti manifestatisi improvvisamente e non dipendenti da colpa dell’inquilino per un uso anormale della cosa locata, devono essere imputati a caso fortuito od a vetustà e, pertanto, la spesa per le relative riparazioni grava sul locatore che, ai sensi dell’art. 1575, n. 2, cod. civ., deve mantenere costantemente l’immobile in istato da servire all’uso convenuto[133].
E’ stato nuovamente ribadito
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 maggio 2014, n. 11353
che in tema di locazione di immobili urbani, nella categoria delle riparazioni di piccola manutenzione, a carico del conduttore ex art. 1609 c.c., non rientrano quelle relative agli impianti interni alla struttura dell’immobile (elettrico, idrico, termico) per l’erogazione dei servizi indispensabili al suo godimento (Cass. 14 marzo 2006, n. 5459).
A quanto precede va poi aggiunto che il conduttore ha diritto al risarcimento del danno in caso di mancata riparazione della cosa locata, stante l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni eccedenti la normale manutenzione; quando, poi, dette riparazioni hanno il carattere dell’urgenza, lo stesso conduttore, una volta avvisato il locatore e nell’inerzia di questi – come nel caso all’esame -, ha facoltà di provvedere direttamente ai lavori, non essendo richiesta per tale tipo di intervento la preventiva autorizzazione, e non risultando neppure di ostacolo l’eventuale divieto del locatore (Cass. 8 luglio 2010, n. 16136).
L’obbligo del locatore di effettuare le riparazioni necessarie a mantenere l’immobile in buono stato locativo, di cui all’art. 1576 cod. civ., riguarda gli inconvenienti eliminabili nell’ambito delle opere di manutenzione e, pertanto, non può essere invocato per rimuovere guasti o deterioramenti, rispetto ai quali la tutela del locatario resta affidata alle disposizioni dettate dagli artt. 1578 e 1581 cod. civ. per i vizi della cosa locata[134].
In tema di locazione di immobili urbani, l’obbligo di manutenzione ordinaria o straordinaria, si ripete quando non si tratta di opere di piccola manutenzione, grava sul locatore; pertanto questi non può pretendere, nel corso della locazione, il rimborso delle spese per la manutenzione delle parti dell’immobile logorate dal normale uso, né tantomeno, al termine della locazione, il risarcimento dei danni per le spese di riparazione, se non offre la prova, almeno indiziaria, dello scorretto uso della cosa da parte del conduttore[135].
Qualora un’opera di straordinaria manutenzione dell’immobile locato è posta dalla legge o dal contratto a carico del locatore, questi deve provvedere alla sua effettuazione indipendentemente dal relativo costo ed ancorché esso sia sproporzionato rispetto all’utile ricavato dalla cosa locata[136].
Sempre in merito la S.C.[137] ha stabilito che l’obbligo di manutenzione ordinaria dell’immobile locato grava sul conduttore e, conseguentemente, è quest’ultimo e non il proprietario che deve ritenersi responsabile dei danni subiti da un immobile confinante a causa della sua violazione. (In applicazione del principio la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso la responsabilità del proprietario per i danni subiti da un immobile a causa delle infiltrazioni d’acqua che avevano danneggiato un immobile confinante, provocate dal fatto che i canali di scolo erano stati intasati dalle foglie cadute dagli alberi di alto fusto siti nel primo, che il conduttore non aveva provveduto ad eliminare).
Antecedentemente, però, la stessa Cassazione[138] ha avuto modo di decidere che nel caso di impianti idrici o sanitari siti all’interno delle strutture murarie sulle quali il conduttore non ha nessun potere di intervento non potendo manometterli, per seguire le riparazioni il proprietario locatore conserva la disponibilità giuridica e quindi la custodia sia dei primi che delle seconde, con la conseguenza che con il limite del caso fortuito, risponde del danno cagionato al terzo dalla rottura di un qualsiasi manufatto incorporato nelle fabbriche.
La differenza tra ordinaria manutenzione e straordinaria manutenzione
Sul punto è opportuno riportare l’ampia dissertazione svolta dalla S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 dicembre 2013, n. 27540
il caso di specie riguardava un contratto di locazione stipulato ai sensi della Legge n. 359 del 1992, articolo 11, comma 2 – laddove si riteneva valida la clausola contrattuale che poneva a carico dei conduttori “l’ordinaria manutenzione, ivi compresa quella inerente i servizi e le cose comuni, anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito”, ma escludeva che fosse dovuta dagli opponenti un’ulteriore somma, afferente al rifacimento della facciata dello stabile condominiale, per la considerazione che la relativa spesa, non poteva ritenersi compresa nella ordinaria manutenzione
Orbene, si legge in motivazione, che la Corte territoriale, da un lato, escludeva che la linea di demarcazione tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria potesse desumersi dalle disposizioni urbanistiche richiamate dalla parte ricorrente, trattandosi di normativa dettata per altre specifiche finalita’ (quelle della liberta’ dell’intervento edilizio o della necessarieta’ del permesso di costruire); dall’altro, riteneva che il significato della clausola contrattuale e dello specifico richiamo in esso contenuto alla manutenzione ordinaria, dovesse individuarsi, attingendo alla normativa civilistica (articoli 1005, 1576, 1609 e 1621 cod. civ.), alla cui stregua la distinzione fra riparazioni ordinarie e riparazioni straordinarie puo’ essere effettuata con riferimento al criterio della prevedibilita’ e della normalita’ in relazione al godimento della cosa locata e dell’entita’ della spesa.
Per la Corte di Cassazione il sistema codicistico fa riferimento al concetto quantitativo della tenuita’ della spesa e a quello della riferibilita’ causale della stessa spesa dall’uso normale del bene per gravare il conduttore, esclusivamente, delle spese di “piccola manutenzione”, alla stregua di una valutazione d’insieme della modesta entita’ del loro valore economico, della destinazione dell’immobile e dei corrispondenti obblighi di custodia del locatario, degli usi locali (cfr. Cass. 6 maggio 1978, n. 2181), lasciando a carico al locatore tutte le altre spese di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, quale modalita’ di adempimento della fondamentale obbligazione di mantenere la cosa in buono stato e in modo da servire all’uso cui e’ destinata (articolo 1575 c.c., n. 2, articoli 1576, 1577 e 1609 cod. civ.); mentre il sistema introdotto dalla Legge n. 392 del 1978 ha previsto che siano a carico del conduttore, sub specie di oneri accessori (ex articolo 9, tuttora in vigore, nonostante l’abrogazione del regime del canone legale), alcune spese di carattere continuativo o periodico, correlate a servizi di cui usufruisce il conduttore – quali quelle “relative al servizio di pulizia” e “alla fornitura di altri servizi comuni” – che, in quanto necessarie a mantenere in buone condizioni di uso le cose comuni, sono ascrivibili all’ordinaria manutenzione delle parti comuni, nonche’ le spese relative “al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore“.
Merita, altresi’, puntualizzare che il richiamo alla normativa in tema di usufrutto e, segnatamente, alla nozione di riparazioni straordinarie, di cui all’articolo 1005 cod. civ. (secondo cui “riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilita’ dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”) non e’, di per se’ risolutivo ai fini che ci occupano; e cio’ sia perche’ per riparazione si intende l’opera che rimedia ad un’alterazione gia’ verificatasi nello stato della cosa a differenza della manutenzione, che propriamente si riferisce all’opera che previene l’alterazione (laddove l’espressa previsione, nella clausola che qui rileva, della “manutenzione ordinaria anche se dipendente da vetusta’ o caso fortuito”, finisce per assimilare l’uno e l’altro concetto, accordando rilievo, piuttosto, che alla maggiore o minore attualita’ del danno da riparare, alla essenza dell’opera e al suo carattere ordinario), sia perche’ l’elencazione contenuta nella norma cit. sebbene di carattere generale, non ha carattere tassativo, ma solo esemplificativo (cosi’ Cass. 3 aprile 1979, n. 1881).
Soprattutto l’inserimento della nozione dettata dall’articolo 1005 cod. civ. nella trama del rapporto locatizio va attuato nella considerazione dell’equilibrio sinallagmatico sotteso a detto rapporto e dei principi specificamente dettati in materia, in relazione al quale beneficiario ultimo dei miglioramenti apportati all’immobile condotto in locazione mediante spese di manutenzione straordinaria, rimane esclusivamente il locatore (cfr. articoli 1576, 1609 e 1621 cod. civ.).
Cio’ precisato, il Collegio ha ritenuto che i giudici di appello – assumendo, quali utili parametri di riferimento, la norma di cui all’articolo 1005 cod. civ. e le ulteriori disposizioni in materia di locazione sopra cit. – abbiano individuato, sulla base di un corretto approccio ermeneutico (“nella logica ricostruzione della comune intenzione delle parti e anche al fine dell’equo contemperamento degli interessi contrapposti”), nei suoi tratti salienti la manutenzione ordinaria qualificandola come “quella diretta ad eliminare guasti della cosa o che comunque abbia carattere di periodica ricorrenza e di prevedibilita’, essendo connotata inoltre da una sostanziale modicita’ della spesa” e inquadrando, invece, nell’ambito della manutenzione straordinaria “quelle riparazioni non prevedibili e di costo non modico, eccezionali nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio” ovvero anche quelle “di una certa urgenza e di una certa entita’ necessarie al fine di conservare o di restituire alla cosa la sua integrita’ ed efficienza”.
Di conseguenza la spesa di rifacimento delle facciate condominiali, per la sua importanza, nonche’ per la “natura episodica” nell’arco di una gestione condominiale pluriennale, e’ stata qualificata come spesa di manutenzione straordinaria (altra cosa e’, evidentemente, se ai fini urbanistici dovesse considerarsi intervento di manutenzione ordinaria), escludendo percio’ che fosse compresa tra quelle contrattualmente a carico dei conduttori.
Si rammenta, alla stregua di consolidata giurisprudenza, che la qualificazione delle opere di ordinaria manutenzione o di manutenzione straordinaria, e l’attribuzione dei lavori all’una o all’altra categoria, spettano al giudice di merito, involgendo indagini di fatto, e il relativo apprezzamento si sottrae a censura in sede di legittimita’, se sia sorretto da esatti criteri nomativi e sia adeguatamente motivato (cfr. Cass. 20 marzo 2003, n. 4064; Cass. 4 gennaio 1969, n. 10).
Nella decisione impugnata la distinzione tra le spese di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria risulta correttamente affidata ai profili della normalita’ e/o prevedibilita’ dell’intervento e dell’entita’ materiale della spesa, con il necessario adeguamento della nozione civilistica di riparazioni straordinarie di cui all’articolo 1005 cod. civ. allo statuto del rapporto di locazione, quale consacrato, nella specie, nell’accordo in deroga. Invero per spese straordinarie, facenti carico al locatore, devono intendersi le opere che non si rendono prevedibilmente o normalmente necessarie in dipendenza del godimento normale della cosa nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio e che presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione; rientrando nella categoria anche le opere di manutenzione di notevole entita’, finalizzate non gia’ alla mera conservazione del bene, ma ad evitarne il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell’intervento manutentivo.
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Ricostruzione
Il concetto di manutenzione non comprende quello di ricostruzione, per cui, in caso di distruzione del bene, il locatore non ha l’obbligo di ricostruirlo per renderlo nuovamente idoneo all’uso convenuto, perché il contratto deve intendersi risoluto per impossibilità sopravvenuta (art. 1463 c.c).
Se poi la distruzione è soltanto parziale, il conduttore, in applicazione dell’art. 1464, può chiedere la riduzione della propria prestazione, ma potrà anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale.
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Culpa in vigilando
Tra gli obblighi del locatore, inoltre, per la Corte di Cassazione, sussiste anche un obbligo di attenzione in merito alle attività esercitate dal conduttore nel proprio immobile, atteggiandosi di fatto come una sorta di culpa in vigilando, quando si ha la consapevolezza degli atti illeciti posti dal conduttore.
Lo hanno stabilito i giudici della S.C.[139], con la sentenza 22 marzo 2011, n. 6525, con la quale è stato condannato il proprietario di un terreno, concesso in locazione, al risarcimento dei danni ambientali provocati dal conduttore, il quale, nell’area locata, aveva abbandonato alcuni rifiuti tossici.
Per la Corte di Piazza Cavour determinata la consapevolezza da parte del proprietario circa l’esistenza dei rifiuti tossici sul terreno locato, al fine di evitare la corresponsabilità con il conduttore, il medesimo proprietario avrebbe dovuto pretendere l’immediato sgombero del terreno; ed eventualmente adire le vie giudiziali in via cautelare.
Con il proprio comportamento omissivo (omissione della dovuta vigilanza nei confronti del conduttore) il locatore non aveva, quindi, evitato che la situazione degenerasse.
Anche perché, secondo altra Cassazione[140], il proprietario e locatore di un immobile, che ha autorizzato il conduttore ad eseguire opere di ristrutturazione del bene, a quest’ultimo altrimenti vietate in base alla disciplina legale della locazione, è legittimato e obbligato, ai sensi degli artt. 1576, 832 e 2043 cod. civ., ad ingerirsi e a sorvegliare l’attività autorizzata o, comunque, consentita, allo scopo di evitare che da essa possa derivarne un ingiusto danno ai terzi, dovendo altrimenti rispondere in solido con il conduttore, ai sensi dell’art. 2055 cod. civ.
Il tutto in base al principio secondo il quale durante il rapporto di locazione, il locatore non può considerarsi dispensato dall’obbligo di vigilanza e di custodia della cosa locata, sia per la parte di immobile di sua esclusiva proprietà sia per le parti comuni dell’edificio, trattandosi di un obbligo strettamente connesso con quelli a suo carico, di manutenzione e di riparazione dell’immobile locato[141].
Principio ripreso da recente Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18 settembre 2014, n. 19657
secondo la quale tramite il contratto di locazione, il proprietario non spoglia dei poteri-doveri di custodia sul lastrico, cioè dei generici doveri di conservazione, di controllo e di intervento sulla relativa manutenzione, né dei poteri di interdizione ai non autorizzati dell’accesso al medesimo, sì da impedirne l’utilizzazione nelle parti pericolose e non transitabili: il godimento concesso al conduttore non esclude la permanenza nel proprietario dei poteri di controllo, di vigilanza e di custodia sullo stato di conservazione delle strutture che compongono l’immobile locato, sulle quali il conduttore non ha poteri di intervento, né doveri di manutenzione. L’evento dannoso del caso di specie costituisce realizzazione di un rischio estraneo al comportamento del proprietario ed agli specifici doveri di custodia su di lui gravanti, rischio che è invece esclusivamente riconducibile all’operato del conduttrore, il quale – in virtù dei poteri di diritto a lui derivanti dalla detenzione dell’appartamento e dei poteri di fatto abusivamente esercitati tramite l’apertura del passaggio e la concreta utilizzazione del lastrico – ha reso possibile, in termini non controllabili dal proprietario, l’uso anomalo del piano di copertura per il passaggio di persone: uso per il quale non era predisposto ed al quale non era né avrebbe potuto essere altrimenti destinato.
Secondo, poi, altra recente Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 15 novembre 2016, n. 23245
in tema di immissioni illecite – premesso che l’azione esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l’eliminazione delle cause delle immissioni – che rientra tra quelle negatorie, natura reale, a tutela della proprieta’ – deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo dal quale le immissioni provengono quando sia volta ad accertare in via definitiva l’illegittimita’ delle immissioni e ad ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per far cessare le stesse, e che cumulativamente ad essa puo’ essere introdotta l’azione per la responsabilita’ aquiliana prevista dall’articolo 2043 c.c., per ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale che sia derivato dalle immissioni stesse – allorche’ le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilita’ ex articolo 2043 c.c. per i danni da esse derivanti puo’ essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non gia’ per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi carico di terzi.
Nel caso di specie ritenuto corretto il comportamento dei proprietari che erano piu’ volte intervenuti presso il conduttore per indurlo a evitare le immissioni fino al punto di chiudere definitivamente il lucernario per impedirne l’uso improprio di fuoriuscita di fumi e di cattivi odori provenienti dalla cucina.
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Responsabilità ex art. 2051 c.c.
Corollario dell’obbligo di manutenzione in capo al locatore è la responsabilità ex art. 2051 c.c. per danni dovuti dalle strutture murarie e dagli impianti.
Sul punto ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 12 marzo 2014, n. 5643
ha affermato, nuovamente, il principio per cui in tema di locazione il proprietario dell’immobile, conservando la disponibilità giuridica del bene, mantiene anche gli obblighi di custodia di cui al citato art. 2051 ed è quindi responsabile per i danni arrecati dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati (sentenze 3 agosto 2005, n. 16231, e 9 giugno 2010, n. 13881).
Nel caso di specie, però, tale giurisprudenza non è utilmente richiamata, perché la sentenza in esame ha concluso nel senso della responsabilità esclusiva dei conduttori dell’immobile loro locato dal controricorrente , sul rilievo che la dispersione di corrente traeva la propria origine o dall’abusivo prelievo di energia elettrica o dal difetto di isolamento di un apparecchio domestico; il che vale evidentemente ad escludere la responsabilità del proprietario locatore, a proposito della sussistenza degli obblighi di messa in sicurezza degli impianti elettrici (v. sentenza 26 giugno 2007, n. 14745).
- Diritto di visita
Ed in base, anche, a questo ultimo principio che, pur nel silenzio della legge, il locatore ha diritto di eseguire visite periodiche presso l’immobile concesso in locazione, purché esse non vadano a costituire delle vere e proprie molestie al pacifico godimento della cosa durante lo svolgimento del contratto.
Le visite, in ogni caso, devono svolgersi secondo le modalità, eventualmente, indicate nel contratto o con successiva comunicazione dal conduttore e sulla base delle sue disponibilità, tenute però presente le esigenze dello stesso locatore: va da sé, infatti, che se per un verso vanno rispettate le abitudini casalinghe e lavorative del conduttore, per l’altro non è pensabile che le visite avvengano in orari inusuali (2 notte) per i possibili altri inquilini o acquirenti, magari scelti dal conduttore con l’evidente scopo di ostacolare una nuova locazione o la vendita dell’immobile.
Il ripetuto ingiustificato rifiuto del conduttore a consentire la visita dell’immobile da parte del locatore integra gli estremi di grave inadempimento a seguito del quale può essere richiesta la risoluzione del contratto.
Inoltre, pur non volendo addivenire alla risoluzione, la necessità del locatore di far visitare l’immobile può trovare inoltre rapida tutela attraverso il ricorso all’Autorità giudiziaria in via d’urgenza (art. 700 cod. proc. civ.), qualora venga dimostrato al giudice non solo il fondamento del diritto fatto valere, ma anche il pericolo di danno irreparabile che potrebbe conseguire alla mancata visita nell’immobile nei tempi ritenuti opportuni dal locatore.
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Necessità di riparazioni
art 1577 c.c. necessità di riparazioni
quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore.
Se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore.
L’art. 1577 cod. civ. — circa l’obbligo del conduttore di dare avviso al locatore della necessità di riparazioni alla cosa locata — riguarda i rapporti interni tra il locatore e il conduttore e, pertanto, la violazione del predetto obbligo non può essere opposta dal locatore ai terzi che abbiano risentito un danno per effetto dell’omessa manutenzione o riparazione dell’immobile locato[142].
Inoltre[143], purché risulti acclarata la necessità di eseguire nell’immobile locato riparazioni urgenti, la conoscenza accertata, da parte del locatore, di tale necessità e l’inerzia dello stesso a provvedere entro un tempo ragionevole, tenuto conto della natura, dell’entità e dell’urgenza dei lavori, hanno valore equipollente al contestuale avviso al locatore, cui il conduttore é tenuto ai sensi dell’art. 1577 cod. civ. nell’ipotesi che provveda ad eseguirli direttamente.
L’obbligo previsto dall’art. 1577 c.c. deve essere correlato all’art. 1578 c.c.[144] poiché anche in presenza di un vizio della cosa locata rilevante ai sensi dell’art. 1578 c.c. è operante l’obbligo del conduttore, previsto dall’art. 1577, primo comma, di dare avviso al locatore della necessità di riparazioni, dovendosi distinguere tra la conoscenza in termini generali del vizio e la conoscenza di una specifica manifestazione dello stesso che sopravvenga nel corso della locazione ed esiga interventi immediati. Il concorso di colpa del conduttore che abbia omesso di dare tale avviso è configurabile anche in presenza della responsabilità gravante, ai sensi dell’art. 1578, secondo comma, sul locatore che non provi di avere ignorato senza colpa il vizio[145].
Qualora sia stato riconosciuto un concorso di colpa del conduttore, relativamente ai danni verificatisi in conseguenza di un vizio della cosa locata, per avere egli omesso, a causa della sua prolungata assenza dall’immobile, di dare avviso al locatore della necessità di riparazioni in occasione di una specifica manifestazione del vizio, non può ravvisarsi un’ulteriore ragione di sua concorrente responsabilità nella violazione dell’obbligo di impiego della ordinaria diligenza al fine di evitare di contenere le conseguenze lesive del fatto[146].
- Il diritto del conduttore al rimborso
Il conduttore che, avvalendosi dei poteri sostitutivi e di gestione conferitigli dagli articoli 1577, secondo comma, e 2028 cod. civ., esegue riparazioni urgenti, ancorché su cosa non locatagli, ma necessarie per l’uso convenuto di quella locatagli, ha diritto al rimborso[147].
In altre parole, in caso di inerzia, il conduttore ha diritto al risarcimento del danno in caso di mancata riparazione della cosa locata, stante l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni eccedenti la normale manutenzione, ma ciò non toglie che ha comunque il diritto al rimborso.
Quando, poi, dette riparazioni hanno il carattere dell’urgenza, lo stesso conduttore, una volta avvisato il locatore e nell’inerzia di questi, ha facoltà di provvedere direttamente a dette riparazioni, non essendo richiesta per tale tipo di intervento la preventiva autorizzazione, e non risultando neppure di ostacolo l’eventuale divieto del locatore[148].
Per di più in tema di locazioni di immobili urbani ad uso abitativo, il diritto al rimborso per le riparazioni urgenti effettuate dal conduttore riconosciutogli dalla norma di cui all’art. 1577 cod. civ. non è escluso in caso di mancato previo avviso al locatore[149].
In definitiva, come da ultima sentenza della Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 febbraio 2014, n. 4064
è ius receptum che il conduttore ha diritto al rimborso delle spese per le riparazioni eccedenti la normale manutenzione se, avendo il carattere dell’urgenza, il conduttore ha avvisato il locatore e nell’inerzia di questi, ha provveduto direttamente ai lavori (ex multis Cass. 10742 del 2002, 4583 del 2008, 16136 del 2010).
< 3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione >
art. 1585 c.c. garanzia per molestie: il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie (di diritto consistono nelle pretese giudiziali o stragiudiziali di terzi, i quali vantano diritti contrastanti con quelli del conduttore) che diminuiscono l’uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima.
Non è tenuto a garantirlo dalle molestie (le molestie di fatto come l’occupazione abusiva del fondo locato, i danneggiamenti di ogni genere, infiltrazioni d’acqua provenienti dall’appartamento sovrastante, nella potatura di siepi, fatto illecito del terzo, ecc. ) di terzi che non pretendono di avere diritti , salva al conduttore la facoltà agire (risarcimento del danno eazioni possessorie limitatamente all’azione di reintegrazione, non compete, invece, l’azione di manutenzione, perché il legislatore espressamente concede quest’azione al possessore), contro di essi in nome proprio.
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La molestia
L’art. 1585 cod. civ. nel disciplinare la garanzia dovuta dal locatore per la piena e normale utilizzazione del bene locato, contiene una duplice previsione in relazione alle possibili molestie che possono essere arrecate dai terzi al pacifico svolgimento del rapporto locativo. Secondo la S.C.[150]
a) ove i terzi accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore, si configurano molestie di diritto per le quali il locatore è tenuto a garantire il conduttore ai sensi del primo comma di detto articolo.
La molestia di diritto, per la quale è stabilito l’obbligo di garanzia del locatore, si verifica quando un terzo, reclamando sul bene locato diritti reali o personali in conflitto con le posizioni accordate al conduttore dal contratto locativo, compia atti di esercizio della relativa pretesa implicanti la perdita o la menomazione del godimento del conduttore, con la conseguenza che, qualora la molestia non possa essere riferita alle posizioni accordate dal locatore sulla cosa locata (come nella specie, in cui il locatore non aveva concesso in godimento anche le aree esterne non di sua proprietà), ma riguardi altre autonome situazioni di godimento dello stesso conduttore, non giustificate dalla specifica detenzione autonoma derivante dal contratto di locazione, si versa in ipotesi diversa da quella disciplinata dalla norma di cui all’art. 1585 cod. civ.[151]
b) Nell’ipotesi invece in cui i terzi non avanzino pretese di natura giuridica ma arrechino pregiudizio al godimento del conduttore mediante impedimenti concreti o attività materiali ostative, riconducibili nel concetto di atto illecito in senso lato, si realizzano molestie di fatto per le quali la garanzia del locatore non è dovuta ed il conduttore può agire direttamente contro i terzi ai sensi del secondo comma dello stesso articolo 1585 cod. civ.
Le disposizioni contenute nell’art. 1585 cod. civ., concernenti l’obbligo del locatore di garantire il conduttore da molestie ad opera di terzi, non escludono che il conduttore, se non voglia avvalersi della garanzia medesima, possa agire direttamente contro l’autore delle molestie con l’azione di responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.[152]
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Casistica
– Si deve riconoscere in capo al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della «res locata»; in particolare, qualora a carico dell’appartamento locato si verifichi una infiltrazione d’acqua da un appartamento sovrastante, il conduttore, ex art. 1585, secondo comma, cod. civ., gode di una autonoma legittimazione per proporre l’azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno[153].
– Per la S.C.[154] in caso di danni cagionati dall’edificio, sussiste in capo al conduttore il diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del condomino che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della res locata, in quanto, qualora nell’immobile si verifichi una infiltrazione, il conduttore ex art. 1585 c.c., comma 2, gode di una autonoma legittimazione a proporre azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno
Inoltre anche se l’art. 1585, secondo comma, cod. civ. esclude che il locatore sia tenuto a garantire il conduttore dalle molestie di fatto di terzi, comunque resta salva la facoltà del conduttore di agire contro i terzi in nome proprio[155], senza impedire, tuttavia, al proprietario locatore di agire in proprio per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subiti; ne discende che, qualora a carico dell’appartamento locato si verifichi un’infiltrazione d’acqua da un appartamento sovrastante, il locatore gode di un’autonoma legittimazione per proporre l’azione di responsabilità nei confronti dell’autore del danno.
In altre parole l’art. 1585 cod. civ., disciplina i rapporti tra il locatore ed il conduttore e che la facoltà dello stesso conduttore di agire personalmente contro il terzo, non essendo certo un suo obbligo, non esclude il ricorso ad altri strumenti di tutela giuridica.
Sulla scorta di tale presupposto ed in forza del principio (anche costituzionale) della libertà economica, di cui agli artt. 41 Cost. e 1321, 1322 e 1372 cod. civ., le parti di un rapporto di locazione abitativa possono risolvere il rapporto consensualmente, in caso di gravi molestie arrecate da un terzo al conduttore e tali da pregiudicare il normale godimento dell’immobile, sussistendo, in tale ipotesi, la legittimazione del locatore ad agire in giudizio contro il terzo ai sensi dell’art. 2043 cod. civ.[156]
art. 1586 c.c. pretese da parte di terzi
se i terzi che arrecano le molestie pretendono di avere diritti sulla cosa locata, il conduttore è tenuto a darne pronto avviso al locatore, sotto pena del risarcimento dei danni.
Se i terzi agiscono in via giudiziale, il locatore è tenuto ad assumere la lite, qualora sia chiamato nel processo. Il conduttore deve esserne estromesso con la semplice indicazione del locatore, se non ha interesse a rimanervi.
La norma dell’art. 1586 cod. civ. riguarda l’ipotesi del terzo che agisca in via giudiziale contro il conduttore, vantando un diritto sulla cosa locata a costui, prevenendo in tal caso la laudatio auctoris.
Al contrario, il conduttore è passivamente legittimato per le azioni nei suoi confronti proposte, allorché si basino su di una sua personale responsabilità per fatto illecito, lesivo del diritto di un proprietario confinante rispetto al bene locato[157].
Inoltre, nella controversia promossa per il rilascio d’immobile, nei confronti di chi si assuma occuparlo senza titolo, la circostanza che il convenuto, allegando un rapporto di locazione con un terzo, indichi il nome del locatore, non può implicarne l’estromissione, con la prosecuzione della causa contro detto locatore, secondo la previsione dell’art. 1586, secondo comma, cod. civ., qualora l’attore neghi la sussistenza di quel rapporto di locazione, atteso che permane in tal caso la legittimazione passiva del convenuto stesso rispetto all’oggetto della lite[158].
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Divieto d’innovazione
art. 1582 c.c. divieto d’innovazione
il locatore non può compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il godimento da parte del conduttore.
Il divieto assume, a contrariis, anche un contenuto positivo, perché autorizza il locatore a compiere quelle innovazioni non pregiudizievoli o che, addirittura, migliorino il godimento del bene locato (si pensi all’installazione di un impianto di riscaldamento).
Per la Corte di legittimità[159] l’innovazione pregiudizievole per il godimento della cosa locata, vietata al locatore dall’art. 1582 cod. civ., è solo quella che viene posta in essere attraverso un mutamento dello stato di fatto con riferimento al quale sia ipotizzabile un divieto di modificazione che trovi la sua origine nel contenuto tipico delle obbligazioni contratte dal locatore secondo lo schema negoziale delineato dalla legge o per effetto di specifica clausola contrattuale; pertanto, non può essere inquadrata nella fattispecie indicata dall’art. 1582 cod. civ., ancorché idonea ad influire sull’utilità che il conduttore può trarre dalla cosa locata, l’innovazione consistente nella cessazione di un’attività, in senso lato, imprenditoriale del locatore, la cui prosecuzione, inerendo la libertà di iniziativa economica di una delle parti, non rientra nello schema tipico della locazione ma può entrare a fare parte del sinallagma contrattuale solo nell’ipotesi di espressa previsione.
Contro il divieto d’innovazioni il conduttore è tutelato con i normali rimedi che spettano al creditore in caso di violazione di un’obbligazione negativa:
1) la risoluzione del contratto, naturalmente solo se la diminuzione del godimento è apprezzabile ex artt. 1578 e 1455;
2) il risarcimento del danno;
3) o in alternativa l’eliminazione delle opere compiute in violazionene del divieto
Infine, può anche accadere che le parti del contratto di locazione, nell’ambito dei propri poteri di autonomia contrattuale, abbiano convenzionalmente stabilito, per quanto attiene all’uso della cosa locata, il divieto di ogni forma di innovazione, consentita solo con il consenso (scritto o orale) del locatore, ove il locatore si sia avvalso, ai sensi dell’art. 1456 cod. civ., della clausola risolutiva espressa, il giudice — chiamato ad accertare l’avvenuta risoluzione del contratto per l’inadempimento convenzionalmente sanzionato — non è tenuto ad effettuare alcuna indagine sulla gravità dell’inadempimento stesso, giacché, avendo le parti preventivamente valutato che l’innovazione o la modifica dell’immobile locato comporta alterazione dell’equilibrio giuridico-economico del contratto, non vi è più spazio per il giudice per un diverso apprezzamento[160].
art. 1583 c.c. mancato godimento per riparazioni urgenti
se nel corso della locazione la cosa abbisogna di riparazioni che non possono differirsi fino al termine del contratto, il conduttore deve tollerarle anche quando importano privazione del godimento di parte della cosa locata.
Il conduttore, ancorché sia privato del godimento dell’immobile durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire delle riparazioni, non perde, sino a quando non sia pronunciata la risoluzione del contratto di locazione, la detenzione dell’immobile, che può pertanto tutelare anche da se direttamente ed immediatamente nei confronti del proprietario[161].
art. 1584 c.c.diritti del conduttore in caso di riparazioni
se l’esecuzione delle riparazioni (vedi art. 1576) si protrae per oltre 1/6 della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti (20) giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata all’intera durata delle riparazioni stesse e all’entità del mancato godimento Indipendentemente dalla sua durata, se l’esecuzione delle riparazioni rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l’alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto.
È opportuno subito segnalare la differenza con l’art. 1583 dichiarata in una sentenza della S.C.[162] secondo la quale gli artt. 1583 e 1584 c.c. disciplinano due fattispecie diverse che hanno in comune il presupposto della necessità di riparazioni improcrastinabili della cosa locata, ma si differenziano, perché l’una attiene alla privazione temporanea parziale del godimento della cosa locata (artt. 1583 e 1584 primo comma), e la seconda all’impedimento temporaneo di ogni godimento della cosa (art. 1584 secondo comma) nel caso in cui «l’esecuzione delle riparazioni rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l’alloggio del conduttore e della sua famiglia», e in particolare l’art. 1584 secondo comma va interpretato nel senso che l’impedimento al conduttore del godimento della cosa nei termini indicati, che si protrae nel tempo, non è di per sé causa di scioglimento del contratto, spettando alla sua iniziativa di manifestare un interesse contrario alla prosecuzione del rapporto.
Ciò premesso l’art. 1584 cod. civ., è applicabile solo per le riparazioni poste dalla legge a carico del locatore, mentre per quelle che, per accordo negoziale, debbono essere eseguite dal conduttore, senza essere prevista alcuna deroga alla disciplina della citata norma, la conseguente riduzione del canone va limitata solo al periodo di tempo necessario per i lavori di riparazione, che il conduttore, per il dovere di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei contratti, è tenuto ad eseguire nel più breve tempo possibile[163].
- Risarcimento del danno oltre alla facoltà della richiesta di riduzione del corrispettivo
Il mancato godimento del bene locato durante l’esecuzione di riparazioni da parte del locatore, che di per sé non implica il diritto del conduttore al risarcimento del danno, bensì, ai sensi dell’art. 1584 cod. civ., la facoltà di chiedere una riduzione del corrispettivo ovvero la risoluzione del rapporto, può determinare l’insorgenza di detto diritto, a titolo di responsabilità contrattuale del locatore, (nonché a prescindere dall’attribuibilità del fatto al terzo appaltatore dei lavori e dall’autonoma responsabilità risarcitoria dello stesso per illecito aquiliano) ove si deduca e dimostri il verificarsi, in derivazione causale rispetto a quelle riparazioni, di un pregiudizio ulteriore e diverso riguardo alla diminuzione o perdita dell’utilizzabilità del bene locato (quale, in caso di locazione ad uso commerciale, la perdita di clientela per effetto delle modalità di esecuzione dei lavori), atteso che, nell’indicata situazione, è configurabile un’autonoma inadempienza del locatore all’obbligo di garantire il pacifico godimento della cosa locata[164].
In tema di risarcimento del danno derivante al conduttore dal mancato godimento di un appartamento per il tempo occorrente a ripararlo, il principio secondo il quale il danneggiato ha diritto di rivalersi delle spese sopportate per procurarsi un altro appartamento va coniugato, da un canto, con l’esigenza che l’immobile presenti caratteristiche similari (non peggiori) a quello temporaneamente inagibile, dall’altro, con quella che, sul danneggiante, non gravi un obbligo risarcitorio eccedente la sua effettiva responsabilità, con la conseguenza che, qualora l’appartamento sostitutivo abbia un valore locativo maggiore (nella specie, doppio) rispetto al primo, il giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, deve, da un canto, evitare una locupletazione eccedente il danno in favore del conduttore, dall’altro tenere conto — qualora il locatore non offra altro idoneo appartamento, obbligando la controparte a procurarselo — di una serie di fattori, tra cui la situazione di particolare urgenza del conduttore stesso e le condizioni di mercato, che possono rendere obbligata la scelta di un appartamento di più alto valore (nel qual caso, non potendo la differenza di canone gravare sul conduttore danneggiato, è ragionevole ritenere che essa debba essere sopportata dal locatore danneggiante)[165].
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Divieto di modifcazione dell’uso dei beni
Per la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 25 ottobre 2012, n. 41675
l’azione manifestatasi attraverso l’estinzione dei contratti di somministrazione delle forniture di energia e di acqua relative all’appartamento affittato realizza un concreto e specifico mutamento di destinazione dei beni “portati” dalle utenze (gas metano, energia elettrica, acqua) integrante il reato di cui all’articolo 392 c.p., tradottosi nel modificarne o impedirne l’originaria utilizzazione loro propria, funzionale ad un normale uso della stessa unita’ abitativa concessa in locazione (cfr. Cass. Sez. 6, 17.12.2008 n. 6187/09, Perucci, rv. 243053).
Si legge nella sentenza in commento che correttamente i giudici di merito hanno inquadrato la condotta della ricorrente nella categoria della violenza realizzatrice del reato nella sua manifestazione di “mutamento di destinazione” della cosa oggetto dell’arbitraria autotutela del soggetto agente.
Non è dubitabile che la cessazione delle utenze intestate alla proprietaria locatrice, senza l’assenso del legittimo conduttore, ha determinato, quale effetto automatico, secondo la palese intenzione della locatrice (questo essendo il suo obiettivo, strumentale ad un anticipato rilascio dell’immobile da parte del locatario), l’immediato distacco delle forniture in favore dell’appartamento abitato dal conduttore e dalla sua famiglia. Un esito lesivo che, in forma derivata, ha dato luogo ad una non breve inutilizzabilità del bene immobile concesso in locazione, rendendolo in sostanza “invivibile” per un apprezzabile tempo (una settimana o poco più), necessario al conduttore per ottenere il ripristino delle erogazioni dell’energia e dell’acqua, nonchè inducendo l’intera famiglia (con due bambini piccoli) ad avvalersi dell’ausilio di terzi per le loro elementari esigenze di vita. Il dato per cui il conduttore, al momento dei fatti legittimo locatario dell’abitazione, sia stato in grado di provvedere alla riattivazione delle forniture non elide l’oggettiva rilevanza del periodo di durata della “violenza” (mutamento di destinazione/inutilizzabilità del bene) costitutiva del contestato reato (v. Cass. Sez. 6, 28.10.2008 n. 4373/09, Sola, rv. 242775).
4) Restituzione del deposito cauzionale (c.d. caparra)
[166][167][168]
In tema di locazione, l’obbligazione del locatore di restituire il deposito cauzionale versato dal conduttore, a garanzia degli obblighi contrattuali, sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, la sua obbligazione di restituzione ha per oggetto un credito liquido ed esigibile, che legittima il conduttore ad ottenere decreto ingiuntivo.
Principio ribadito da ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 25 febbraio 2015, n. 3882
In tal caso i diritti del locatore potranno essere fatti valere in sede di opposizione all’ingiunzione, sempre che la sua pretesa sia compresa nei limiti della competenza del giudice che ha emesso il decreto[169].
L’obbligo del locatore di restituire il deposito cauzionale sorge al termine della locazione, ma soltanto se il conduttore abbia integralmente adempiuto alle proprie obbligazioni, giacché, diversamente, assume rilievo la funzione specifica del deposito, che è quella di garantire preventivamente il locatore dagli inadempimenti del conduttore[170].
Infine secondo altra pronuncia[171] l’obbligazione del locatore di restituire al conduttore il deposito cauzionale dal medesimo versato in relazione gli obblighi contrattuali — tramite la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell’eventuale obbligo di risarcimento del danno del cauzionante — sorge al termine della locazione non appena avvenuto il rilascio dell’immobile locato, con la conseguenza che, ove il locatore trattenga la somma anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può esigerne la restituzione.
Tuttavia, ove avvenga lo svincolo, volontario o coattivo, dei beni oggetto di deposito, in via di principio non può riconoscersi a siffatta evenienza, proprio in ragione della anzidetta funzione tipica dell’istituto, un effetto diverso ed ulteriore rispetto a quello della perdita della garanzia liquida dal deposito stesso rappresentata, non potendosi, quindi, inferire, sempre e comunque, dalla sua dismissione l’insussistenza di obbligazioni inadempiute del conduttore o di danni da risarcire.
Si è rilevato[172] che l’obbligo posto a carico del locatore di corrispondere annualmente al conduttore gli interessi maturati sul deposito cauzionale trae origine dall’esigenza di evitare che venga altrimenti riconosciuto al locatore un supplemento di canone surrettizio, con la conseguenza che detti interessi, in particolare, devono essere corrisposti anche in difetto di richiesta del conduttore.
In materia di locazioni, la regola dettata dall’art. 11 legge n. 392/1978 sul deposito cauzionale, non prevede affatto una scadenza di anno in anno degli interessi sul deposito cauzionale, consentendo al locatore di corrispondere l’intera somma, costituita da capitale e interessi, alla scadenza contrattuale definitiva[173].
Benché sul piano del diritto sostanziale la cauzione produca sempre interessi in favore del conduttore che l’abbia versata, ai sensi degli artt. 11 e 41 legge n. 392/1978, sul piano processuale, il locatore può essere condannato al pagamento di tali interessi solo se il conduttore abbia proposto ritualmente una domanda in tal senso, non potendo altrimenti il giudice provvedervi di ufficio[174].
Il principio di inderogabilità della disciplina normativa dettata in materia di deposito cauzionale contenuta nell’art. 11 legge n. 392/1978 non opera con riferimento ai contratti di locazione stipulati sotto la vigenza della novella normativa di cui alla legge n. 431/ 1998, poiché deve ritenersi che – secondo la nuova disciplina locatizia – le parti possano legittimamente prevedere che il deposito cauzionale non sia produttivo di interessi[175].
Obblighi del conduttore
art. 1587 c.c.obbligazioni principali del conduttore: il conduttore deve:
1) Prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto o per l’uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze
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La consegna
Poiché non si tratta di un onere (coloro che evidenziano tale natura[176], quale espressione del dovere di cooperazione all’adempimento del locatore – debitore, sostengono l’applicabilità in via esclusiva, attraverso la c.d. offerta d’intimazione quale necessario presupposto, della disciplina in tema di mora credendi o accipiendi, disciplinata agli artt. 1206 ss, nei confronti del locatario – creditore inadempiente), ma di una vera e propria obbligazione[177] da parte del locatario, il suo inadempimento (rectius non prendere in consegna la cosa) giustifica, nei casi di particolare gravità, la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno.
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Concessioni autorizzazioni amministrative
[178]
In merito c’è stato un lungo iter giurisdizionale in quanto in origine la S.C.[179] ha stabilito che salvo patto contrario, non è onere del locatore ottenere le eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per l’uso del bene locato; pertanto, nel caso in cui il conduttore non ottenga la suddetta autorizzazione, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al locatore, quand’anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato. Inoltre, la destinazione particolare dell’immobile locato, tale da richiedere che l’immobile stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto soltanto se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento della idoneità dell’immobile da parte del conduttore.
Successivamente con altra pronuncia[180] in tema di locazione di bene immobile destinato ad uso diverso da abitazione, il locatore deve garantire non solo l’avvenuto rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso del bene immobile, ovvero la relativa abitabilità, ma, essendo obbligato a mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, anche il loro persistere nel tempo. Ne consegue che, ove venga per qualsiasi motivo sospesa l’efficacia dei suddetti provvedimenti e il conduttore venga a trovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito, sussiste inadempimento del locatore, che non può al riguardo addurre a giustificazione (e pretendere, conseguentemente, il pagamento del canone maturati nel periodo di inutizzabilità dell’immobile) l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato della P.A.
Invece, poi, secondo ultima Cassazione[181], nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative.
Inoltre, ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato.
Concetto già enunciato dalla Corte Capitolina[182] secondo la quale nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative. Da ciò consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneità dell’immobile da parte del conduttore.
Quest’ultimo principio è stato estrapolato da altra massima della Cassazione[183] secondo la quale la destinazione particolare dell’immobile locato, tale da richiedere che l’immobile stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto soltanto se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento della idoneità dell’immobile da parte del conduttore.
Con altro arresto la cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 16 giugno 2014, n. 13651
ha, altresì, precisato che solo quando l’inagibilità o l’inabitabilità del bene attenga a carenze intrinseche o dipenda da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire il rilascio degli atti amministrativi relativi alle dette abitabilità o agibilità e da non consentire l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, può configurarsi l’inadempimento del locatore, fatta salva l’ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere tali atti.
Sul punto è nuovamente tornata la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 26 ottobre 2015, n. 21709
affermando il seguente principio: nella locazione di immobile per uso diverso da quello abitativo, il locatore e’ inadempiente ove non abbia ottenuto – in presenza di un obbligo specifico contrattualmente assunto – le autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarita’ del bene sotto il profilo edilizio (e, in particolare, la sua abitabilita’ e la sua idoneita’ all’esercizio di un’attivita’ commerciale), ovvero quando le carenze intrinseche o le caratteristiche proprie del bene locato ostino all’adozione di tali atti e all’esercizio dell’attivita’ del conduttore in conformita’ all’uso pattuito (Cass., 19 dicembre 2014, n. 26907; Cass., 16 giugno 2014, n. 13651).
Ancora e si spera in maniera definitiva la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18 gennaio 2016, n. 666
da ultimo, aderendo all’orientamento espresso dalla Cassazione del 16 giugno 2014, ha nuovamente affermato che nel contratto di locazione di un immobile per uso diverso da quello di abitazione, la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio – e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale o, come nella specie, professionale – costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l’abbia consapevolmente accettata. Solo quando l’inagibilità o l’inabitabilità del bene attenga a carenze intrinseche o dipenda da caratteristiche proprie del bene locato, si da impedire il rilascio degli atti amministrativi relativi alle dette abitabilità o agibilità e da non consentire l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, può configurarsi l’inadempimento del locatore, fatta salva l’ipotesi in cui quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere tali atti.
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La diligenza nell’uso
Essa non è altro se non l’applicazione del principio generale contenuto nella normativa sull’adempimento e, precisamente, nell’art. 1176.art. 1176 c.c. diligenza nell’adempimento: nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (703, 1001, 1228, 1587, 1710-2, 1768, 2148, 2167).Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata (1838 e seguente, 2104-1, 2174-2, 2236).
L’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, a norma dell’art. 1587 n. 1 cod. civ., con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione e la natura, è sempre operante nel corso della locazione[185], indipendentemente dall’altro obbligo, sancito dall’art. 1590 cod. civ., di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui all’art. 1587 n. 1 e di agire nei confronti del conduttore inadempiente.Poi, in realtà, non tutte le alterazioni o le modificazioni afferenti l’integrità della cosa locata — una volta che sia rispettata la natura e la destinazione di essa, siccome pattuita dalle parti — integrano una violazione dell’obbligo, posto a carico del conduttore, di usare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia, idonea a legittimare la risoluzione del contratto, occorrendo in concreto accertare l’entità delle eventuali modifiche apportate alla cosa locata e quindi valutarne gli effetti onde stabilire se ne sia derivata un’apprezzabile alterazione all’equilibrio giuridico economico del contratto in pregiudizio del locatore[186].
In senso generale con recente provvedimento la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 27 settembre 2016, n. 18983
ha ribadito che il conduttore ha l’obbligo di servirsi del bene locato per l’uso determinato in contratto dovendosi escludere che il godimento del bene possa estendersi oltre l’ambito delle facoltà convenute o desumibili dalle circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto; cosicché si ha inadempimento ogni qual volta il godimento, svolgendosi oltre detti limiti, sia abusatoll conduttore viola l’obbligo di usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento della cosa locata non soltanto quando rechi danni materiali alla stessa, ma anche quando agisca in modo tale da ledere l’interesse del locatore alla conservazione del suo valore locativo.
Ad esempio, in particolare, il comportamento del conduttore che consenta l’esercizio del meretricio nell’immobile locato ad uso albergo, anche se riveste carattere di illecito penale, può assurgere a causa determinante della risoluzione del contratto se si concreti in una violazione dell’articolo 1587 cod. civ. e, cioè, in un abuso della «res» locata che in qualche modo la pregiudichi[187].
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L’osservanza della destinazione d’uso
Essa non s’identifica con il dovere di diligenza, perché non può escludersi che il conduttore, anche superando i limiti di destinazione pattuiti, sia diligente nel servirsi della cosa: si pensi al conduttore che, pur mantenendo in buone condizioni l’immobile locatogli, lo adibisca non ad abitazione, ma a studio professionale.
L’uso diverso da quello contrattuale che legittima il locatore a chiedere la risoluzione del contratto non è qualsiasi mutamento di destinazione, ma solo quello che comporti un corrispondente mutamento di regime giuridico.Restano estranei alla previsione normativa quei cambiamenti d’uso dai quali non derivi innovazione nella disciplina giuridica del rapporto, in relazione ai quali è configurabile soltanto un inadempimento contrattuale legittimante il ricorso all’ordinaria azione di risoluzione.
Conseguentemente il mutamento, anche parziale, della pattuita destinazione della cosa locata costituisce inadempimento di una delle obbligazioni principali del conduttore da valutarsi alla stregua della ordinaria disciplina del codice civile.Pertanto ha carattere di gravità e può comportare la risoluzione del contratto, solo ove si traduca in una rilevante violazione del contratto medesimo in relazione alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché all’interesse del locatore.
La modificazione dell’uso della cosa locata, come motivo di risoluzione del contratto per colpa del conduttore, va intesa non in senso assoluto e astratto[188], ma in senso relativo all’interesse del locatore, il quale ha diritto non solo a non vedere pregiudicato in suo danno l’equilibrio giuridico-economico del patto locatizio, ma anche alla conservazione della res locata, con il suo status di liceità urbanistica, le sue caratteristiche catastali, le sue strutture originarie e la sua destinazione assentita.Tale obbligo è sempre operante nel corso della locazione, cosicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza di tali obblighi e di agire nei confronti del conduttore inadempiente[189].
Se il conduttore muta l’uso pattuito dell’immobile e il locatore non chiede la risoluzione del contratto entro tre mesi da quando ne è venuto a conoscenza, al rapporto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo[190] – principio attuato anche per l’uso promiscuo – (art. 80 primo e secondo comma legge 27 luglio 1978 n. 392) con decorrenza dalla scadenza di detto termine perché il consenso del locatore — presunto iuris et de iure — al mutamento dell’uso, in conseguenza della rinunzia a chiedere la risoluzione, non può essere più ampio di questa che, per la natura del contratto di locazione, non ha effetti retroattivi (art. 1458 cod. civ.).
La ratio[191] dell’art. 80 della legge n. 392 del 1978[192] è quella di applicare agli immobili locati il regime giuridico corrispondente al loro uso effettivo onde evitare che il locatore venga a subire, per iniziativa del conduttore, una disciplina del rapporto diversa da quella convenzionalmente pattuita, con la conseguenza che il concetto di «uso diverso da quello contrattuale», che legittima il locatore a chiedere la risoluzione del contratto con la specifica azione di cui al citato articolo, nei limiti temporali ivi fissati ed a pena di decadenza, non si identifica con qualsiasi mutamento di destinazione, bensì solo con quello che comporti un corrispondente mutamento di regime giuridico, ferma restando l’esperibilità della comune azione di risoluzione per inadempimento prevista dagli artt. 1453 e ss. cod. civ. (che postula, peraltro, la valutazione dell’inadempimento a termini dell’art. 1455 cod. civ.) per le diverse ipotesi di cambiamento della destinazione della res locata.
La diversa destinazione dell’immobile è quella che si realizza in concreto con l’effettivo diverso uso della cosa locata, sicché è solo da tale momento che inizia a decorrere il suddetto termine perentorio per chiedere la risoluzione del contratto, non potendo venire in rilievo, a tal fine, una situazione di semplice conoscenza della sola intenzione del conduttore.In difetto di strumenti di conoscenza legale dello stato di fatto integrante il mutamento, di tale mutamento si esige l’effettiva conoscenza da parte del locatore, conoscenza che si configura necessariamente in rapporto a una situazione concreta e attuale di uso diverso, e non a un progetto di mutamento di destinazione, che il conduttore potrebbe anche non attuare[193].
Per ultimo adagio della S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 marzo 2015, n. 5473
ad esempio il locatore può risolvere il contratto per inadempimento del conduttore per abuso della cosa locata e chiedere altresì il risarcimento del danno se l’immobile viene utilizzato come casa d’appuntamenti. Nella specie, si trattava di un piccolo albergo cittadino che era stato adibito dai conduttori in un luogo adibito all’esercizio del meretricio. Ciò aveva leso il valore locativo dell’immobile alterando l’equilibrio economicogiuridico del contratto in danno del locatore per il degrado morale ed economico dell’immobile e legittimando in tal modo la risoluzione giudiziale.
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Il non uso
Mentre il conduttore d’immobile destinato ad uso non abitativo non ha di regola l’obbligo di usare il bene locato, ad eccezione dei casi in cui
1) il contratto abbia ad oggetto o una cosa produttiva o un bene il cui uso sia necessario alla sua conservazione, ovvero
2) quando il prolungato non uso potrebbe provocare un deprezzamento del valore di mercato del bene locato, come nel caso di immobile destinato ad un esercizio commerciale che resti chiuso per più anni.
Nelle suddette ipotesi, come in quella in cui un determinato uso della cosa sia stato specificamente assunto come obbligatorio tra le parti nel sinallagma contrattuale, il non uso della cosa locata posto a base della domanda di risoluzione contrattuale deve essere valutato, non ai sensi dell’art. 80 legge equo canone che contempla il caso di unilaterale mutamento di uso dell’immobile locato, bensì alla stregua dei criteri generali in tema di inadempimento contrattuale[194].
In tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, il non uso della cosa locata non equivale a mutamento di destinazione d’uso[195], ai sensi dell’art. 80 della legge 27 luglio 1978, n. 392, che riguarda esclusivamente il mutamento di destinazione comportante un mutamento del regime giuridico del contratto, ma deve essere valutato alla stregua dei criteri generali in tema di inadempimento contrattuale, secondo i disposti dell’art. 1455 in relazione all’art. 1587 cod. civ., tenendo presente che il conduttore di immobile destinato ad uso non abitativo non ha generalmente l’obbligo di usare l’immobile, tranne nelle ipotesi in cui il contratto abbia ad oggetto una cosa produttiva o un bene per cui l’uso sia necessario alla sua conservazione o, ancora, nell’ipotesi in cui un determinato uso della cosa sia stato specificamente assunto come obbligatorio dalle parti nel sinallagma contrattuale.
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L’uso promiscuo/parziale
La mancata previsione espressa, nella legge 27 luglio 1978, n. 392, dell’ipotesi di locazione di immobile adibito ad uso promiscuo non impedisce alle parti di concordare la destinazione a più usi dell’immobile locato soccorrendo, ai fini dell’individuazione della disciplina giuridica del rapporto, la possibilità di applicazione analogica del principio dell’uso prevalente stabilito, dal secondo comma dell’art. 80 della predetta legge, per l’ipotesi di mutamento parziale della destinazione d’uso[196].
Qualora la destinazione a uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso prevalente (art. 80, legge n. 392/1978).
Conseguentemente, in caso di prevalenza dell’uso commerciale con contatti diretti con il pubblico, l’indennità di cui all’art. 34, legge n. 392/1978 va commisurata all’intero canone corrisposto per l’immobile concesso in locazione e non già a una parte del canone proporzionata alla sola superficie adibita all’uso commerciale predetto[197].
Un ampio dibattito in ordine al regime giuridico applicabile e alla spettanza o meno dell’indennità[198] per perdita dell’avviamento commerciale si è sviluppato relativamente all’ipotesi di uso promiscuo dell’immobile locato oltre alla fattispecie già descritta in merito al mutamento totale o parziale dell’uso pattuito da parte del conduttore quando nel bene locato venga svolta attività che comporti contatti diretti con il pubblico dei consumatori.Un primo orientamento giurisprudenziale riteneva che nel caso di uso promiscuo l’indennità competeva al conduttore indipendentemente dalla prevalenza o meno dell’attività che comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e consumatori esercitata nell’immobile locato. In sostanza ove si dimostrava che un immobile era stato, durante il rapporto locatizio, utilizzato solo in parte ad attività comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, l’indennità di avviamento competeva solo per quella parte dell’immobile che aveva avuto la predetta utilizzazione, anche se si trattava di parte minima rispetto all’intera superficie dell’immobile.Tale indirizzo[199] asseriva che occorreva individuare l’ambito spaziale nel quale si svolgeva il contatto diretto con il pubblico dei consumatori che consentiva la determinazione, anch’essa stabilita proporzionalmente, del corrispondente canone della locazione e della corrispondente indennità per perdita di avviamento commerciale.
Quindi il diritto all’indennità per perdita dell’avviamento veniva riconosciuto anche quando solo una parte dello stabile (o più parti di esso unitariamente locati) era stato utilizzato per lo svolgimento della vendita al pubblico degli utenti e consumatori.A questa impostazione si contrapponeva la tesi secondo cui l’indennità competeva solo quando l’attività che determinava la sussistenza del diritto del conduttore all’indennità era prevalente.
Il contrasto è stato definitivamente risolto con l’intervento delle Sezioni Unite[200] che hanno enunciato il principio di diritto secondo cui l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale spetta secondo la prevalenza dell’uso effettivo dell’immobile locato.
Secondo questa interpretazione, confermata anche da recenti pronunce, in caso di immobile a uso promiscuo (ovvero adibito a più attività) è la destinazione prevalente a determinare la disciplina giuridica applicabile al contratto di locazione. In particolare ai fini dell’indennità di avviamento, una volta individuata l’attività prevalentemente svolta dal conduttore nell’immobile (tra le varie cui esso è adibito), è esclusivamente a essa e alle sue modalità di svolgimento che deve aversi riguardo per stabilire se ricorrano le condizioni cui all’art. 35 e segnatamente se l’attività commerciale, artigianale ecc., svolta dal conduttore nell’immobile comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, senza che le altre attività possano venire in rilievo per riconoscere in parte (nel caso di immobile non prevalentemente – o marginalmente – adibito ad attività comportanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori), o per ridurre (nell’ipotesi inversa) l’indennità di avviamento, stabilita dall’art. 34, legge n. 392/1978.
In sostanza, nel caso di immobile adibito a più usi o attività imprenditoriali differenti, l’attività tra esse prevalente viene ad assumere un ruolo determinante ai fini della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie, sotto ogni aspetto.
Spetta, poi, al conduttore l’onere di fornire, con qualsiasi mezzo, la prova che i locali locati siano effettivamente destinati ad attività che comporta il contatto con il pubblico e che, quindi, tali locali siano aperti alla frequentazione diretta e indifferenziata dei clienti che abbiano necessità e interesse a entrare in contatto con l’impresa. Il conduttore, pertanto, è gravato dall’onere di provare non solo di aver esercitato nell’immobile una delle attività per le quali l’indennità è prevista, ma anche che l’attività stessa comportava contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori.
Il conduttore viene sollevato da tale onere probatorio[201] ove siffatta frequentazione risulti implicitamente, in virtù del notorio, dalla destinazione dell’immobile ad attività che necessariamente la implichi[202].
Se la destinazione dell’immobile a un’attività che comporti contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori è stabilita contrattualmente, il conduttore è tenuto solo a fornire la prova del contratto che prevede la predetta destinazione mentre spetta al locatore che eccepisce la diversa destinazione effettiva fornire la prova di questa come fatto impeditivo della pretesa del conduttore.
Nel caso di locazione di immobile per uso promiscuo, ovvero per lo svolgimento di attività plurime, alcune soltanto delle quali comportanti il contatto diretto col pubblico degli utenti e dei consumatori e altre no, la prevalenza del primo tipo di uso rispetto al secondo deve essere provata dal conduttore che, alla cessazione del rapporto, reclami la corresponsione dell’indennità per la perdita di avviamento commerciale.Il criterio della prevalenza dell’uso per stabilire il regime giuridico della locazione di un immobile, ai fini dell’indennità di avviamento commerciale, della prelazione e del riscatto, è applicabile se con un unico contratto è pattuita la locazione di un unico immobile, adibito ad uso promiscuo, ma se invece parti di un unico immobile sono locate con separati contratti, l’uso determinante la disciplina giuridica di ciascuna di esse è quello stabilito dalla volontà contrattuale[203].Infine, è stato affermato[204] che il conduttore, il quale agisca per il versamento dell’indennità da perdita dell’avviamento commerciale in difetto di contestazione da parte del locatore convenuto, non ha l’onere di provare anche che l’attività comportante contatto diretto col pubblico fosse lecitamente svolta sotto il profilo amministrativo, giacché non si ha l’onere di provare i fatti che non siano contestati e poiché corrisponde all’“id quod plerumque accidit” che chi esercita un’attività commerciale sia munito delle necessarie autorizzazioni per svolgerla.
Con massima estrapolata da altra sentenza della S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 novembre 2013, n. 26225
che successivamente sarà meglio trattata in merito al relativo paragrafo sull’indennità, è stato affermato che qualora tale richiesta volta ad ottenere la corresponsione dell’indennità di avviamento commerciale ex art. 34 legge n. 392/78 venga formulta in riconvenzionale, trattandosi di un requisito di fondatezza della domanda riconvenzionale, a fronte della specifica contestazione dei locatori, l’attore in riconvenzionale ha l’onere di provare il possesso delle prescritte autorizzazioni.
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Mutamento d’uso e diritto di prelazione
Ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione di cui all’art. 38, legge 27 luglio 1978, n. 392[205] rileva la destinazione effettiva dell’immobile locato, ove lo stesso venga successivamente utilizzato per lo svolgimento di attività comportanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, e non quella diversa originariamente pattuita, ove il proprietario non abbia tempestivamente esperito a norma dell’art. 80 della legge n. 392 del 1978 l’azione di risoluzione del contratto a seguito del mutamento di uso da parte del conduttore, considerato che il mancato esercizio di detta azione di risoluzione deve essere interpretato come implicito consenso al mutamento d’uso.Ne consegue che il conduttore che si voglia avvalere della facoltà di prelazione è tenuto a provare, oltre all’intervenuto mutamento della destinazione, l’avvenuta decorrenza del termine a disposizione del locatore per proporre l’azione di risoluzione[206].
2) Dare il corrispettivo nei termini convenuti
[207]
In quanto costituisce la controprestazione dell’attribuzione del godimento.Il credito del locatore al corrispettivo (detto anche canone[208]) sorge al momento stesso della conclusione del contratto anche se, per la sua tipica frazionabilità, è assoggettato a termini prestabiliti di esigibilità.
E’ opportuno subito (perchè si avrà modo successivamente di affrontare il tema nell’ambito delle azioni a tutela) segnalare, come anche da ultimo intervento della Cassazione,
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 settembre 2014, n. 19865
che il mancato pagamento di una sola rata, o anche il semplice ritardo nel versamento, può giustificare la risoluzione del contratto di locazione se previsto da una clausola risolutiva espressa.
In materia di contratto di locazione di immobili destinati ad uso non abitativo, in relazione al principio della libera determinazione convenzionale del canone locativo, la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati (del tutto diversi e indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere d’acquisto della moneta) deve ritenersi legittima (ex artt. 32 e 79 della legge sull’equo canone), salvo che essa non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria[209] (nel qual caso è nulla).Il canone viene normalmente versato al locatore con cadenza mensile o trimestrale.
A seguito dell’integrale liberalizzazione della misura del corrispettivo, non c’è ostacolo ad ammettere la liceità di una clausola che, invece, ne preveda il pagamento in un’unica soluzione.
E’ stato anche precisato da ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 27 settembre 2016, n. 18991
riaffermando un principio già espresso ch in riferimento alla clausola risolutiva espressa prevista in un contratto di locazione, la tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito la rende inoperante, ma la clausola riprende la sua efficacia se il creditore, che non intende rinunciare ad avvalersene, provveda, con una nuova manifestazione di volonta’, a richiamare il debitore all’esatto adempimento delle sue obbligazioni.
Inoltre, è bene chiarire, che essendo possibile pignorare il canone locatizio, secondo la S.C.
Corte di Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 ottobre 2016, n. 20952,
il terzo pignorato (il conduttore) non puo’ essere costretto a proseguire contro la sua volonta’ il rapporto di locazione, qualora abbia la facolta’ di sciogliersene secondo le regole che disciplinano il suo rapporto, sol perche’ i canoni siano stati oggetto di pignoramento
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Il modo
Sempre, in mancanza di un accordo anche tacito delle parti, si ritiene, soprattutto in giurisprudenza, che il locatore abbia diritto di pretendere il pagamento in contanti.
Ad esempio, proprio per altra recente Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 13 marzo 2014, n. 5786
è stata dichiarata la risoluzione del contratto di locazione stante la previsione contrattuale secondo la quale il canone di locazione dovesse essere pagato in contanti presso il domicilio della locatrice avendo invece la conduttrice sempre pagato a mezzo bonifico bancario, senza autorizzazione della locatrice.
L’invio di un titolo di credito improprio, quale un vaglia postale, per effettuare il pagamento del canone di locazione non ha efficacia liberatoria se non venga accettato dal creditore-locatore, sia perché, a norma dell’art. 1277 cod. civ., i debiti pecuniari si estinguono solo con moneta avente corso legale nello Stato, sia perché, a norma dell’art. 1182 cod. civ., essi debiti vanno adempiuti nel domicilio del creditore al tempo della scadenza, e l’invio del vaglia comporta la sostituzione di questo domicilio con la sede dell’ufficio postale presso cui il titolo è riscuotibile.
Tuttavia l’efficacia liberatoria può ravvisarsi qualora la pregressa e prolungata accettazione dei canoni nella forma suddetta manifesti tacitamente il consenso del creditore, di cui all’art. 1197 cod. civ., alla prestazione diversa da quella dovuta.Il detto comportamento del creditore può essere idoneo anche ad escludere lo stato soggettivo di colpa del debitore inadempiente, e quindi la sua dimora, idonea a permettere la risoluzione del contratto[210].
Per altra sentenza della S.C. [211], che riprende a pieno il principio testè indicato, integra grave inadempimento del conduttore — per inosservanza del fondamentale obbligo previsto dall’art. 1587 n. 2 cod. civ. — la persistente corresponsione del canone locatizio per mezzo di vaglia postali, nonostante il ripetuto invito del locatore al rispetto dell’obbligo contrattuale di pagamento, in denaro contante, nel suo domicilio.
Né vale a liberare il conduttore dall’obbligo di versare il canone il deposito su un libretto di risparmio delle somme che si presumono dovute, quando tale libretto non è posto nella materiale disponibilità del locatore.
L’accordo delle parti in ordine all’anzidetto deposito non vale peraltro a escludere la morosità del conduttore in quanto, di fronte all’intenzione di una delle parti di non adempiere, il consenso del locatore all’adozione di una cautela diretta a scongiurare il pericolo di non realizzare il proprio credito non implica necessariamente l’assenso alla sospensione dei pagamenti: ancor più nel caso in cui poi le somme risultino effettivamente dovute.Mentre il pagamento del canone mediante assegno bancario inviato per posta può avere efficacia liberatoria per il conduttore se tale modalità è prevista dal contratto o accettata dal locatore.
L’assegno però deve pervenire al domicilio del creditore (art. 1182, terzo comma, cod. civ.) entro il termine stabilito per il pagamento, rimanendo a carico del conduttore i rischi del ritardo o del disguido derivanti dall’utilizzazione del servizio postale[212].
Secondo poi una recente pronuncia della Corte Partenopea (Corte di Appello di Napoli – Sentenza maggio 2015 n. 1727) non può essere dichiarata la risoluzione per morosità del contratto di locazione ad uso commerciale se la società conduttrice abbia pagato con bonifico bancario e non presso il domicilio della locataria come previsto contrattualmente.
Con questa motivazione la Corte di Appello di Napoli, sentenza n. 1727/2015, ribaltando la decisione di primo grado, ha accolto il ricorso del conduttore condannando il proprietario a restituire l’immobile che era stato costretto ad abbandonare.Sul punto la sentenza chiarisce che «se è vero che tale modalità di pagamento costituisce, ove non concordata, inesatto adempimento, è pur vero che essa è indicativa della seria volontà del conduttore di adempiere». Infatti, una volta accreditata la somma «esce definitivamente dalla disponibilità dell’ordinante». Tale pagamento equivale – perciò – ad un’offerta non formale ex articolo 1220 c.c. «idonea ad impedire la risoluzione per inadempimento in quanto connotata dei caratteri della serietà consistita nell’effettiva introduzione dell’oggetto della prestazione dovuta nella disponibilità della parte creditrice, nonché nella comunicazione di tale fatto alla medesima», avvenuta tramite tempestivo telegramma.
Del resto, l’acccreditamento sul conto ha preceduto la notifica dell’intimazione di sfratto, per cui non si verte neppure «nell’ipotesi del 3 comma dell’art. 1453 c.c. in cui il conduttore in mora di un immobile ad uso non abitativo abbia adempiuto la propria obbligazione solo dopo che il locatore abbia domandato la risoluzione del contratto». In quel caso infatti l’inadempiente non più adempiere. Il proprietario ha però replicato di aver restituito la somma con vaglia postale, di cui ha offerto prova.
Sennonché, ad avviso della Corte, «ciò non è sufficiente a far ritenere legittimo il suo rifiuto perché avrebbe dovuto chiarire qual era il giustificato motivo, da valutare secondo le regole della correttezza e della buona fede oggettiva, che lo indusse addirittura a restituire una somma che ormai aveva definitivamente incamerato, prima che il giudizio iniziasse». Secondo la Cassazione (5235/1999), infatti, «nei contratti a prestazioni corrispettive, il contraente non inadempiente non può, prima di proporre la domanda di risoluzione del contratto, rifiutare l’adempimento tardivo dell’altro contraente qualora una idonea offerta di adempimento sia intervenuta». A questo punto, conclude la sentenza, «neppure ha pregio la questione concernente la richiesta di applicazione della clausola risolutiva espressa, per essere questa inoperante nel caso di accertata insussistenza della mora nel pagamento, in virtù della precedente offerta ex art. 1220 c.c.».
Infine, in tema di locazione di immobili urbani, l’art. 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, sulla «predeterminazione» della gravità dell’inadempimento, al fine della risoluzione del rapporto, non trova applicazione per le locazioni ad uso non abitativo, atteso che tale norma è specificamente dettata per le locazioni ad uso abitativo, non è richiamata nella disciplina di quelle non abitative, ed altresì si correla alle peculiari regole, anche sulla determinazione del canone, che operano per le locazioni del primo tipo.
Ne consegue che, per le locazioni non abitative, ferma restando l’operatività dell’art. 55 della citata legge con riguardo alla possibilità di sanare la mora, la valutazione dell’importanza dell’inadempimento del conduttore resta affidata ai comuni criteri di cui all’art. 1455 cod. civ. (salva la facoltà del giudice di utilizzare come parametro orientativo il principio di cui al menzionato art. 5, alla stregua delle particolarità del caso concreto)[213].
Infine, è opportuno precisare, come ha avuto modo la Cassazione con ultimo intervento
Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 27 giugno 2016, n. 13216
che dopo il pignoramento, il locatore-proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al locatario il pagamento dei canoni, in quanto ogni sua attività costituisce conseguenza del potere di amministrazione e gestione del bene pignorato, di cui egli continua ad avere il possesso come organo ausiliario del giudice dell’esecuzione.
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Divieto di autoriduzione del canone
[214]
È dato riscontrare una uniformità di vedute nelle sentenze della Suprema Corte, la quale tende a limitare l’esercizio di poteri di autotutela nell’ambito del rapporto locatizio, evidenziando i confini entro cui può spingersi il conduttore nell’adempimento di una delle sue obbligazioni principali, quella di corresponsione del canone.
Orbene, per la C.S.[215] non è consentito al conduttore autoridursi o sospendere il canone di locazione in forza di controcrediti.
Per gli Ermellini, tale comportamento si trasforma in un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. E questo a prescindere dalla carenza di prova della sussistenza dei presupposti del vantato controcredito, anche per la non configurabilità di una condotta di non contestazione da parte del locatore.
Nel caso di specie l’inquilina aveva interrotto il pagamento dei canoni a causa dell’avanzare di lavori di straordinaria manutenzione.
Ad esempio secondo un’ultima sentenza di merito[216] nel caso di allagamento dei locali condotti in locazione, verificatosi, peraltro, quale episodio unico riconducibile ad infiltrazioni verificatesi a causa di un temporale particolarmente violento, non costituisce titolo per la sospensione del pagamento dei canoni locativi, anche se dal fenomeno siano derivati notevoli danni ai beni custoditi all’interno dei locali stessi, quando, comunque, non se ne è venuta meno l’utilizzabilità.
La sospensione, infatti, è giustificabile solo nell’ipotesi in cui si offrisse compiuta dimostrazione della circostanza che la produzione di siffatti eventi ha carattere sistematico e regolare e, comunque, che si manifesta con una frequenza tale da rendere i locali stessi inutilizzabili.
Il verificarsi di danni in relazione ad un unico fenomeno infiltrativo, quindi, potrebbe essere posto alla base, al più, di una specifica richiesta di risarcimento formulata nei confronti del proprietario locatore, ma non giustifica la sospensione dell’obbligazione principale posta a carico del conduttore.Il principio inadimplenti non est adimplendum, previsto dall’art. 1460 c.c., ai sensi del quale risulta giustificato il rifiuto del contraente di adempiere la propria prestazione, se la controparte non abbia adempiuto o non offra di adempiere la propria, è destinato ad assumere delle peculiari sfumature nell’ambito del rapporto locatizio.La locazione, infatti, si caratterizza per il trasferimento iniziale della res locata al conduttore in modo permanente, con la conseguenza che, anche nel caso in cui questi non adempia alla propria obbligazione principale di consegna del canone convenuto, continua comunque a godere del bene, poiché il locatore non può unilateralmente impedire il godimento in virtù dell’art. 1460, attraverso la sospensione della propria prestazione corrispettiva, essendo necessario, per ottenere tale risultato, adire l’autorità giudiziaria.
Soltanto la totale mancanza della controprestazione del locatore può costituire un inadempimento grave, tale da alterare il sinallagma contrattuale e da giustificare il comportamento di autotutela del conduttore.In particolare, la Cassazione[217] ha chiarito, di recente, che la sospensione totale del pagamento del canone è legittima soltanto quando venga a mancare completamente la prestazione del locatore, risultando necessario verificare in concreto, in base al principio di buona fede e correttezza, la proporzionalità degli inadempimenti delle parti, in relazione all’intero equilibrio contrattuale.
Con altro recente intervento la S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 3 maggio 2016, n. 8637
ha affermato che la sospensione del pagamento del canone è, pertanto, da ritenersi del tutto legittima, atteso il grave inadempimento del conduttore nella consegna della cosa locata, affetta da un vizio cosi’ grave, per la comprovata impossibilita’ totale dell’uso dell’immobile.
La Corte di legittimita’, ha piu’ volte consonantemente affermato il principio di diritto secondo il quale la sospensione del canone e’ pienamente legittima in tutte le ipotesi di impossibilita’ totale del godimento del bene.
Il caso di specie riguardava la preesistente situazione di pericolosita’ dell’immobile, in cui era stata riscontrata la presenza di una servitu’ di 4 cavi elettrici posti ad una profondita’ inferiore a quella regolamentare di almeno 50 cm., privi di alcuna protezione e preesistente all’esecuzione dei lavori – ed anzi, scoperta grazie ad essi, cosi’ evitandosi possibili e gravi incidenti, e nel contempo rendendone impossibile la prosecuzione.
Sul punto è nuovamente tornata la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 27 settembre 2016, n. 18987
riaffermando che non e’ rinvenibile un potere di autotutela del credito da parte del conduttore che, a fronte dell’inadempimento del locatore, decida di non corrispondere i canoni dovuti. In altri termini, al conduttore non e’ consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e cio’ anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore e’, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti
Altra deroga è prevista espressamente dalla legge, infatti, per recente Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 23 giugno 2015, n. 12915
l’autoriduzione è resa legittima dalla pendenza tra le parti di una controversia avente specificamente ad oggetto la determinazione del c.d. equo canone dovuto per legge.Nella pendenza di siffatta controversia il conduttore è ammesso (art.45 1.392/78) a corrispondere, salvo conguaglio, l’importo non contestato; nell’esercizio di una forma di autotutela che, se realizzata in misura ragionevole, non temeraria e sostanzialmente congrua, non concreta morosità e, dunque, ipotesi di inadempimento risolutorio (Cass. n. 9548 del 22/04/2010 ed altre).
Particolarmente significativa è altra sentenza della Cassazione[218] con la quale il Supremo Collegio ha confermato il consolidato indirizzo interpretativo affermatosi in materia, modificando anche però leggermente tiro.
La Cassazione ha ribadito, nei casi di totale o inesatto adempimento della prestazione locatrice, la particolare rilevanza giuridica del criterio della proporzionalità tra le prestazioni, espressione della ratio del principio di autotutela dell’art. 1460, valorizzando, al contempo, il principio di buona fede, come principio generale destinato a impedire che il potere di autotutela del conduttore diventi arbitrario. Resta, quindi, possibile, nel rispetto di tali principi, la legittimità di un’autoriduzione del canone, a fronte di un inadempimento soltanto parziale del locatore.
In alcune decisioni relative alla locazione di immobili destinati a uso diverso da quello abitativo, i giudici di legittimità hanno precisato che l’autoriduzione del canone integra un comportamento illegittimo del conduttore, anche nell’ipotesi in cui egli vi provveda con l’intenzione di riequilibrare il contratto, turbato dall’inadempimento del locatore, a causa dei vizi della cosa locata.Infatti, l’art. 1578 c.c. non legittima il conduttore a sospendere il pagamento o ad autoridursi il canone, bensì solo a chiedere la risoluzione del contratto ovvero una riduzione del corrispettivo, attraverso l’intervento dell’autorità giudiziaria, non in via di autotutela.
Per la Cassazione, confermando l’indirizzo consolidato,
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 29 gennaio 2013, n. 2099
in tema di locazione, al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nei casi in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore, atteso che la sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti, e, inoltre, secondo il principio inadimplenti non est adimplendum, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede.
Specificando anche nel caso di specie che la sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è illegittima se dovuta ad infiltrazioni ed alla presenza di un tetto in amianto.Il pagamento del canone in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita integra inadempimento grave secondo la valutazione fattane dal legislatore con l’art. 2 del d.l. 30 dicembre 1988, n. 551, conv. in legge 21 febbraio 1989, n. 61, quando l’importo complessivo superi, anche se riferito agli oneri accessori, quello di due mensilità di affitto, anche se il conduttore abbia ritenuto di giustificare il suo comportamento con il fatto di essere titolare di un credito per restituzione di somme pagate in più del dovuto[219].
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Il luogo
Si applicherà, in mancanza di diverso accordo, l’art. 1182 c.c.
Per la S.C.[220] anche per i crediti per fitti e pigioni non è necessaria — ai fini della decorrenza degli interessi — la costituzione in mora, quando il termine per pagare è scaduto e la prestazione deve essere effettuata nel domicilio del creditore.
Principio ripreso anche da ultima Cassazione, Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 9 dicembre 2014, n. 25853
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Il tempo
Troverà applicazione, in linea di massima, l’art. 1183 c.c., secondo il quale il locatore può esigere immediatamente la prestazione (qualora non sia diversamente convenuto); spesso esistono, però, in materia clausole d’uso (tipiche nelle locazioni immobiliari) le quali s’intendono inserite tacitamente nel contatto, così come prescrive l’art. 1340.
3) Dare la garanzia per il pagamento
Questa garanzia è espressamente prevista dagli artt. 2764 e 1608 c.c.
art. 1608 c.c.garanzie per il pagamento della pigione: nelle locazioni di case non mobiliate l’inquilino può essere licenziato se non fornisce la casa di mobili sufficienti o non presta altre garanzie idonee ad assicurare il pagamento della pigione.
art. 2764 c.c.crediti del locatore di immobili: il credito delle pigioni e dei fitti (c.c.1571 e seguenti, 1615 e seguenti) degli immobili ha privilegio sui frutti dell’anno e su quelli raccolti anteriormente, nonché sopra tutto ciò che serve a fornire l’immobile o a coltivare il fondo locato.Il privilegio sussiste per il credito dell’anno in corso, dell’antecedente e dei successivi, se la locazione ha data certa (c.c.2704), e, in caso diverso, per quello dell’anno in corso e del susseguente.
Lo stesso privilegio ha il credito dipendente da mancate riparazioni le quali siano a carico del conduttore (c.c.1576, 1609, 1621), il credito per i danni arrecati all’immobile locato, per la mancata restituzione delle scorte (c.c.1640 e seguenti) e ogni altro credito dipendente da inadempimento del contratto.
Il privilegio sui frutti sussiste finché si trovano nel fondo o nelle sue dipendenze. Esso si può far valere anche nei confronti del subconduttore (c.c.1595).
Il privilegio sulle cose che servono a fornire l’immobile locato o alla coltivazione del fondo sussiste pure se le cose appartengono al subconduttore, nei limiti in cui il locatore ha azione contro il medesimo.
Il privilegio sulle cose che servono a fornire l’immobile locato ha luogo altresì nei confronti dei terzi, finché le cose si trovano nell’immobile, salvo che si provi che il locatore conoscesse il diritto del terzo al tempo in cui sono state introdotte (Cod. Proc. Civ. 621 e seguenti).
Qualora le cose che servono a fornire la casa o il fondo locato ovvero a coltivare il medesimo vengano asportate dall’immobile senza il consenso del locatore, questi conserva su di esse il privilegio, purché ne domandi il sequestro, nei modi stabiliti dal codice di procedura civile per il sequestro conservativo (Cod. Proc. Civ. 671 e seguenti), entro il termine di trenta giorni dall’asportazione, se si tratta di mobili che servono a fornire o a coltivare il fondo rustico, e di quindici giorni, se si tratta di mobili che servono a fornire la casa.
Restano salvi in ogni caso i diritti acquistati dopo l’asportazione dei terzi che ignoravano l’esistenza del privilegio (c.c.1519).
Le parti possono, naturalmente, stabilire convenzionalmente ogni altra forma di garanzia, anche a carico dei terzi (fideiussione, pegno, ipoteca, ecc.).La volontà di prestare fideiussione deve essere manifestata in modo chiaro e inequivocabile, e qualora la dichiarazione sia inserita in un atto posto in essere allo scopo della conclusione di un diverso negozio, per stabilire se la dichiarazione integri anche l’assunzione delle obbligazioni conseguenti alla fideiussione è necessario valutare se essa possa essere interpretata solo in questo modo, o se essa piuttosto non abbia un contenuto congruente con il negozio per cui l’atto è stato formato ed esaurisca in esso il suo significato.
Nella specie[221], in un contratto di locazione era stata inserita la clausola in virtù della quale un terzo si obbligava a garantire l’adempimento delle obbligazioni del conduttore sino alla scadenza del contratto «salvo quanto previsto dagli artt. 28 e 29 della legge n. 392 del 1978». Il giudice di merito aveva ritenuto che tale clausola andasse interpretata nel senso che la fideiussione fosse valida anche per le obbligazioni sorte in caso di automatico rinnovo del contratto; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha ritenuto corretta tale motivazione.In tema di locazione, qualora il contratto preveda, a garanzia del pagamento dei canoni, la prestazione di una fideiussione da parte di un terzo, il recesso di quest’ultimo, intervenuto prima della scadenza del contratto, esclude l’operatività della garanzia per le obbligazioni maturate a seguito della prosecuzione della locazione per effetto dell’applicazione di una clausola pattizia di tacito rinnovo; sebbene, infatti, la fonte del rapporto contrattuale continui ad essere costituita dall’originario contratto di locazione, la recedibilità della fideiussione è conforme al principio generale dell’ordinamento che tende ad evitare la perpetuità dei vincoli obbligatori, nonché alla buona fede che, ai sensi dell’art. 1375 cod. civ., deve ispirare il comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto[222].
Poi, qualora una fideiussione sia stipulata a garanzia di una locazione e si determini una morosità del conduttore tale da giustificare la risoluzione da parte del locatore, questi è tenuto a riferire al fideiussore della morosità per ottenere il pagamento.
Diversamente, il fideiussore stesso sarà liberato a norma dell’art. 1956 c.c.
Inoltre, merita particolare attenzione l’istituto, già analizzato in precedenza[223], che è molto frequente nella prassi del rapporto locatizio, vale a dire il c.d. deposito cauzionale, costituito in genere da una somma di denaro, correlata nella sua entità ad una o più mensilità di canone, consegnata dal locatario al locatore all’atto della stipula.Riguardo alla natura giuridica di tale istituto si ritiene che nel caso di deposito di cose infungibili sia un pegno regolare, mentre, nel caso di deposito di cose fungibili sia un pegno irregolare.
4) L’obbligo di custodia
Quest’obbligo non è espressamente previsto dal legislatore, ma risulta chiaramente sia dalla normativa generale sulle obbligazioni che da quella specifica sulle locazioni.
art. 1177 c.c.obbligazione di custodire: l’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna.Si tratta, in poche parole, di un’autonoma obbligazione.
art. 1588 [224] c.c. perdita e deterioramento della cosa locata: il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabili.
È pure responsabile della perdita e del deterioramento cagionati da persone che egli ha ammesso anche temporaneamente, all’uso o al godimento della cosa.
La presunzione di colpa posta dall’art. 1588 cod. civ. a carico del conduttore per il deterioramento o la perdita della cosa locata è applicabile tanto se oggetto della locazione siano beni mobili tanto se oggetto di essa siano beni immobili[225].
Nello specifico la presunzione di colpa in ordine alla perdita o deterioramento della cosa locata, derivanti da incendio, può essere vinta soltanto mediante la dimostrazione che la causa dell’incendio, identificata in modo positivo e concreto, non è a lui imputabile, onde in difetto di tale prova, la causa, sconosciuta o anche dubbia, della perdita o del deterioramento in questione rimane a suo carico con il conseguente obbligo di risarcimento del danno che deve comprendere pure i canoni di locazione dovuti in base al contratto fino allo spirare dello stesso come corrispettivo spettante al locatore per il mancato guadagno[226].
La natura di tale responsabilità si riporta, come detto, nell’ambito della custodia.
Tale responsabilità la si deve leggere correlativamente con la previsione ex art. 1576 c.c., ovvero il mantenimento della cosa in buono stato locativo[227].
Per la S.C.[228] il conduttore risponde quale custode a norma dell’art. 2051 cod. civ. dei danni che la cosa locata abbia cagionato a terzi, compresi in essi il locatore se danneggiato in altra sua cosa o nella persona e si libera da tale responsabilità solo dando la prova del fortuito che può anche consistere nella dimostrazione che il fattore determinante il danno ha riguardato strutture o apparati dell’immobile sottratti alla disponibilità dello stesso conduttore ed estranei, quindi, ai suoi poteri di vigilanza.
Il proprietario-locatore resta tuttavia custode di tutte quelle cose che non passano nella disponibilità del conduttore vale a dire le strutture murarie, gli impianti in essi conglobati sui quali il conduttore non ha la possibilità di intervenire per prevenire o riparare il danno ed è responsabile in via esclusiva ai sensi degli artt. 2051 e 2053 cod. civ. dei danni arrecati a terzi da dette strutture e impianti (salvo eventuale rivalsa, nel rapporto interno, contro il conduttore che abbia omesso di avvertire della situazione di pericolo); con riguardo, invece, alle altre parti e accessori del bene locato, rispetto alle quali il conduttore acquista detta disponibilità con facoltà e obbligo di intervenire onde evitare pregiudizio ad altri, la responsabilità verso questi ultimi, secondo le previsioni dell’art. 2051 cod. civ., grava soltanto sul conduttore medesimo[229]
Per ultima Cassazione,
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 luglio 2015, n. 15721l
’obbligo di custodia a carico del conduttore deriva dal combinato disposto dell’articolo 1590 c.c., (restituzione della cosa locata) con l’articolo 1177 c.c., e non dall’articolo 2051 c.c., che ha un differente ambito di operativita’ (e sulla base del quale puo’ fondarsi la responsabilita’ del conduttore o del proprietario o di entrambi, a seconda delle fattispecie, verso i terzi per i danni provocati nei loro confronti dalla cosa in custodia: v. Cass. n. 8006 del 2010, Cass. n. 23945 del 2009).
In particolare, nell’espressione “strutture murarie e impianti in esse conglobati” rientrano soltanto i cornicioni, i tetti, le tubature idriche, gli impianti idrici e sanitari e quanto possa essere raggiunto con interventi sulle opere murarie[230].
Così è evidente la responsabilità del proprietario per le infiltrazioni verificatesi nell’appartamento sottostante, causate da copiose perdite delle tubazioni interne alle pareti collegate ai servizi igienici dell’appartamento locato: infatti, nel caso di impianti idrici o sanitari siti all’interno delle strutture murarie, sulle quali il conduttore non ha alcun potere d’intervento, non potendo manometterle per eseguire le riparazioni, il proprietario- locatore conserva la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia sia dei primi che delle seconde, con la conseguenza che, col solo limite del caso fortuito, risponde del danno cagionato al terzo dalla rottura di un qualsiasi manufatto incorporato nelle fabbriche.
Allo stesso modo, è responsabile il locatore per il danno conseguente allo scoppio di un tubo idrico di piombo poco prima dell’innesto del rubinetto d’uscita e, quindi, derivante da un elemento strutturale dell’edificio, su cui il conduttore non ha il potere-dovere di intervenire ex art. 1575 n. 2 e 1576, comma 1 cod. civ.[231]
Di contro, la Cassazione[232] ha ritenuto che dei danni provocati dalla rottura del tubo flessibile del bidet debba rispondere l’inquilino, atteso che la serpentina è un tubo pieghevole non inglobato nell’impianto interno idrico, per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie e, di conseguenza, è sotto la vigilanza del conduttore-inquilino che è responsabile dei relativi danni.
Inoltre, è responsabile il conduttore per infiltrazioni d’acqua che hanno danneggiato un immobile confinante, provocate da un guasto alla lavatrice[233], dai canali di scolo intasati dalle foglie cadute dagli alberi di alto fusto, che il conduttore non ha provveduto a eliminare[234].
Infine per la S.C. [235] il proprietario del locale non è responsabile delle immissioni[236] moleste atteso che la disponibilità sia dell’impianto di aerazione sia delle finestre del locale cucina, trattandosi di accessori e di parti del bene locato strettamente connessi alla gestione del ristorante, sono oggetto di diretto ed effettivo potere da parte del conduttore.Per entrambi i soggetti, tale tipo di responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non già a un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa (che ne è fonte immediata), ma a un elemento esterno, recante i caratteri dell’oggettiva imprevedibilità e inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiante[237].
In tema di responsabilità verificatisi per fatto del terzo, nel tempo in cui questi è stato ammesso dal conduttore nel godimento della cosa, l’art. 1588, secondo comma cod. civ. pone a carico del conduttore la responsabilità, in quanto trattasi di fatti che si ricollegano a sue scelte nelle modalità d’uso della cosa locata, svolgendosi normalmente la condotta del terzo entro la sfera di vigilanza riservata al conduttore, senza che al terzo venga attribuito un autonomo potere di disponibilità sull’immobile. Ne discende, fra l’altro, che il danneggiato, al fine di invocare il concorso, con la responsabilità del conduttore, della responsabilità ex art. 2051 cod. civ. del terzo ammesso nella disponibilità o nel godimento della cosa, deve dimostrare che quest’ultimo si trovi in una situazione di autonoma detenzione qualificata, tale da rendere anche lui titolare di un potere di vigilanza sul bene locato[238].
Particolare rilievo ha avuto il caso di furto della cosa locata rispetto al quale si ritiene che il conduttore, per liberarsi della propria responsabilità, deve provare che la sottrazione è avvenuta nonostante che egli avesse preso tutte le misure richieste dalla normale diligenza e previdenza valutate in concreto.
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La prova contraria
l conduttore, ai sensi dell’art. 1588 cod. civ., risponde verso il locatore del deterioramento della cosa locata qualora non dia la prova dell’esistenza di causa a lui non imputabile; tale principio può essere derogato nel caso in cui il fattore determinante il danno abbia riguardato strutture o apparati dell’immobile sottratti alla disponibilità dello stesso conduttore ed estranei, pertanto, alla sfera dei suoi poteri e doveri di vigilanza[239].
La norma, che sostanzialmente riproduce la disposizione generale di cui all’art. 1218 cod. civ., importa che il conduttore per vincere la presunzione deve dare la prova, piena e completa, non solo del dato obiettivo della perdita o del deterioramento, ma altresì dell’assenza di colpa e, cioè, del caso fortuito o della forza maggiore[240].
In merito la S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 5 febbraio 2014, n. 2619
ha nuovamente affermato che incombe al conduttore, ai sensi degli articoli 1590 e 1588 cod. civ., l’onere di dare piena prova liberatoria della non imputabilità a lui di ogni singolo danno riscontrato all’immobile locato al termine della locazione ed all’atto della riconsegna, presumendosi buono lo stato di quello all’inizio del rapporto ed esclusi solo i danni da normale deterioramento o consumo in rapporto all’uso dedotto in contratto, sicchè è erronea l’integrale reiezione della domanda di risarcimento dei danni stessi proposta dal locatore, ove manchi o sia incompleta la prova sull’imputabilità di quelli.
Dello stesso avviso è altra recente Cassazione, già richiamata in precedenza,
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 luglio 2015, n. 15721
secondo la quale, nel caso specifico di danno derivato da incendio, l’articolo 1588 (coordinato con l’articolo 1218) c.c., in base al quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile con la dimostrazione che il conduttore abbia adempiuto agli obblighi di custodia a suo carico con la diligenza richiesta dal caso concreto, e che sia stata identificata in modo positivo la causa dell’incendio ed essa non sia a lui imputabile.
Non attiene al contenuto della prova liberatoria, invece, ai fimi della liberazione dalla responsabilita’ contrattuale del conduttore verso il locatore per i danni subiti o il perimento della cosa locata, l’individuazione dei soggetti in concreto responsabili dell’incendio stesso.
art. 1589 c.c. incendio di cosa assicurata
se la cosa distrutta o deteriorata per incendio era stata assicurata dal locatore o per conto di questo, la responsabilità del conduttore verso il locatore è limitata alla differenza tra l’indennizzo corrisposto dall’assicuratore e il danno effettivo .Quando si tratta di cosa mobile stimata e l’assicurazione è stata fatta per valore uguale alla stima, cessa ogni responsabilità del conduttore in confronto del locatore, se questi è indennizzato dall’assicuratore.
A norma degli artt. 1588, primo comma, e 1589, primo e terzo comma, cod. civ., il conduttore — al di fuori dell’ipotesi di incendio della cosa locata dovuto a causa a lui non imputabile — è comunque tenuto a rispondere dei danni subiti dalla cosa suddetta: nei soli confronti del locatore, se questa non è assicurata; nei confronti dell’assicuratore fino alla concorrenza dell’indennizzo e nei confronti del locatore per l’eventuale differenza, se la cosa è assicurata. Comunque da tale disciplina consegue l’irrilevanza, ai fini dell’esclusione della responsabilità del conduttore, dell’esistenza o meno di un rapporto assicurativo stipulato dal locatore, posto che esso inciderebbe solo sull’identificazione dei soggetti verso cui il conduttore medesimo è obbligato, non sull’esistenza e sul contenuto della sua responsabilità (che, salva la prova liberatoria di cui all’ultima parte del primo comma dell’art. 1588 citato, è totale)[241].
Nell’ipotesi di immobile danneggiato da incendio, l’assicuratore non può evitare il pagamento opponendo all’assicurato (proprietario dell’immobile) l’avvenuto risarcimento in forma specifica da parte del conduttore — presunto responsabile ex art. 1588 cod. civ. — che abbia provveduto alle necessarie riparazioni, non potendo dedurre situazioni giuridiche estranee al rapporto assicurativo, relative a soggetti che non sono parti in causa ed a pretese di rimborso (del conduttore nei confronti del locatore) e di rivalsa (dell’assicuratore nei confronti del responsabile) che sono meramente eventuali e in ogni caso non formano oggetto di giudizio; inoltre, comportando l’art. 1588 cod. civ. solo una presunzione di responsabilità, non potrebbe escludersi il rimborso da parte del locatore delle spese sostenute dal conduttore per ripristinare l’immobile, e, in tal caso, il locatore avrebbe comunque diritto di essere risarcito dal suo assicuratore, atteso che l’esborso troverebbe pur sempre la propria ragione d’essere nel sinistro[242].
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L’obbligo di manutenzione
Affine all’obbligazione di custodire è quella di manutenzione che consiste nel mantenere la cosa in stato da servire all’uso.
La manutenzione grava prevalentemente sul locatore[243], ma è a carico del conduttore in questi limiti:
1) per la locazione di fondi urbani, soltanto la piccola manutenzione (per la determinazione di tale manutenzione vedi art. 1609)
2) per i beni mobili ed il contratto d’affitto anche le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione (artt. 1576 e 1609).
5) Restituzione della cosa locata
[244]
art. 1590 c.c.restituzione della cosa locata
il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto.In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione.
Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà
Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate.
Si è affermato[245] che la restituzione abbia natura di obbligazione extracontrattuale, perché essa nasce quando è cessato il rapporto di locazione; nasce, cioè, al momento in cui la cosa deve essere restituita in quanto detenuta dal conduttore senza titolo.In contrario è stato osservato[246] che l’obbligazione di restituire sorge nel corso del rapporto locatizio (precisamente nel momento in cui il conduttore accetta la consegna), anche se diviene attuale alla fine del rapporto).
Orbene per la S.C.[247] l’obbligazione di restituire la cosa locata secondo le condizioni stabilite dall’art. 1590, comma primo, cod. civ. pur avendo natura contrattuale, non ha carattere sinallagmatico, ma consegue alla natura propria della locazione (che si configura come contratto a termine), e nasce alla scadenza della locazione.
Corrispondentemente, anche la responsabilità del conduttore per la ritardata consegna della cosa o per la trasformazione o il deterioramento di essa non dovuto all’uso conforme agli accordi convenzionali assume natura contrattuale ed essa si estende ai danni che sono casualmente collegati alla condotta del medesimo conduttore con esclusione di quelli riconducibili unicamente alla condotta del locatore. Da ciò si desume che è responsabile del danno consistente nella perdita di vantaggiose occasioni di vendita della cosa locata o nella risoluzione del contratto di vendita di essa il conduttore che, ritardando la riconsegna del bene o riconsegnandolo trasformato o deteriorato (oltre l’usura ordinaria), ponga in essere le condizioni della perdita di siffatte occasioni o per la determinazione dell’evento comportante lo scioglimento del contratto (anche solo preliminare) di vendita concluso dal locatore con terzi.
Non è infrequente nella prassi l’ipotesi in cui il locatore-proprietario lamenti dei pregiudizi di ordine patrimoniale a seguito del rifiuto del conduttore di restituire l’immobile locato alla naturale scadenza del contratto, ovvero alla sua prima scadenza nelle ipotesi in cui il locatore eserciti il diritto di recesso ricorrendo a una delle ipotesi tassativamente indicate dal Legislatore, sia che la cessione onerosa del godimento del bene abbia una finalità abitativa che nella diversa ipotesi di cessione del bene per uso diverso da quello abitativo.
La responsabilità del conduttore, prevista all’art. 1590 cod. civ., per il deterioramento della cosa locata, ripete la propria disciplina dall’art. 1588 cod. civ., che pone a carico del conduttore la colpa presunta.Tale responsabilità trova limite solo ove il deterioramento sia giustificato da un uso della cosa in conformità del contratto, a norma dell’art. 1590 cod. civ., che delimita la sfera della liceità giuridica del godimento della cosa spettante al conduttore, identificandola nell’uso normale della stessa secondo la sua destinazione[248].
Qualora, in violazione dell’art. 1590 cod. civ., al momento della riconsegna la cosa locata presenti danni eccedenti il degrado dovuto al normale uso della stessa, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni; pertanto, il locatore può addebitare al conduttore la somma necessaria al ripristino del bene nelle stesse condizioni in cui era all’inizio della locazione, dedotto il deterioramento derivante dall’uso conforme al contratto, mentre non può addebitargli le spese inerenti alle ristrutturazioni e ai miglioramenti che vadano oltre questi limiti[249].
Perché, poi, il conduttore possa ritenersi esonerato da ogni responsabilità per danni all’immobile locato non è sufficiente che egli provi che il rapporto di locazione ebbe a risolversi consensualmente ed anticipatamente rispetto all’evento generatore di responsabilità, essendo, bensì, necessario che egli provi di avere restituito effettivamente l’immobile, comprese le chiavi relative, in adempimento all’obbligo posto a suo carico dall’art. 1590 cod. civ.[250]
Il principio secondo cui l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligazione contrattuale costituisce di per sé un illecito, ma non obbliga l’inadempiente al risarcimento, se in concreto non ne è derivato un danno, si applica anche alla fattispecie disciplinata dall’art. 1590 cod. civ., con la conseguenza che il conduttore non è obbligato al risarcimento, se dal deterioramento della cosa locata, superiore a quello corrispondente all’uso della cosa in conformità del contratto, non è derivato, per particolari circostanze, un danno patrimoniale al locatore[251].
Inoltre, qualora, in violazione dell’art. 1590 cod. civ., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto — da parte di terzi — richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori[252].
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Le modalità della restituzione
L’obbligazione di restituzione della cosa avuta in godimento gravante sul conduttore deve ritenersi adempiuta mediante la restituzione delle chiavi dell’immobile o con la incondizionata messa a disposizione del medesimo, senza che sia al riguardo necessaria la redazione di un relativo verbale[253], anche se sull’opportunità si avrà modo di scrivere nell’immediato.
Da ultimo per la S.C.[254]la restituzione del bene locato al termine del rapporto locativo (quale ne sia stata la causa della cessazione) può essere effettuato con modalità aventi valore di offerta non formale (ad esempio la consegna delle chiavi).Secondo un più rigoroso indirizzo giurisprudenziale, invero, il conduttore, per sottrarsi agli obblighi conseguenti alla situazione di mora debendi, deve effettuare la riconsegna dell’immobile al locatore, o fargliene offerta formale ai sensi dell’art. 1216 c.c.[255].
Ad avviso di altra più mite interpretazione, il conduttore può evitare la mora anche effettuando un’offerta non formale al locatore: l’eventuale illegittimo rifiuto di quest’ultimo, opposto ad altre modalità di offerta di riconsegna dell’immobile locato, ex art. 1220 c.c., diverse dall’offerta formale, purché serie, concrete e tempestive, escluderebbe, quindi, la mora del conduttore nell’adempimento dell’obbligo di restituzione, esonerando lo stesso altresì dall’obbligo di pagare al locatore il corrispettivo convenuto previsto dall’art. 1591 c.c.[256].
Da ultimo la Cassazione è tornata nuovamente ad un indirizzo meno rigido in merito alla riconsegna dell’immobile
Corte di Cassazione sezione III, sentenza 29 gennaio 2014, n. 1980
difatti anche l’offerta non formale, pur non essendo idonea a costituire in mora il locatore, può tuttavia fondare la liberazione del conduttore dal pagamento dell’indennità di occupazione; a condizione che venga formulata in maniera seria, concreta ed efficiente rispetto allo scopo: Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 1337 del 20/01/2011 “In tema di riconsegna dell’immobile locato, mentre l’adozione della complessa procedura di cui agli artt. 1216 e 1209, secondo comma, cod. civ., costituita dall’intimazione al creditore di ricevere la cosa nelle forme stabilite per gli atti giudiziari, rappresenta l’unico mezzo per la costituzione in mora del creditore per provocarne i relativi effetti (art. 1207 cod. civ.), l’adozione da parte del conduttore di altre modalità aventi valore di offerta reale non formale (art. 1220 cod. civ.) – purché serie, concrete e tempestive e sempreché non sussista un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore – pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore nell’obbligo di adempiere la prestazione (costituita, nel caso esaminato, dal pagamento di un’indennità per occupazione dell’immobile ex art. 1591 cod. civ.); ed ancora: “L’offerta non formale della prestazione è idonea ad escludere la mora del debitore soltanto se sia seria, tempestiva e completa, e consista nell’effettiva introduzione dell’oggetto integrale della prestazione dovuta nella disponibilità del creditore, nonché nella comunicazione di tale fatto al medesimo. Il parametro valutativo della sussistenza dei caratteri della serietà e della completezza è costituito dalla esaustività della posizione assunta dal debitore con l’offerta stessa, nel senso che il creditore deve potervi aderire senza ulteriori accordi ed ottenere la prestazione limitandosi semplicemente a riceverla, ovvero a porre il debitore nelle condizioni di poterla materialmente effettuare” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15352 del 06/07/2006, Rv. 591558).
Con pronuncia immediatamente successiva la medesima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 17 febbraio 2014, n. 3616
ha nuovamente ribadito che l’offerta seria, concreta e tempestiva di riconsegna dei locali – ancorché non formale – solleva il conduttore dall’obbligo del pagamento dei canoni ex articolo 1591 cod.civ. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21004 del 27/11/2012); e che “il conduttore non può essere considerato in mora nell’adempimento dell’obbligo di restituzione della cosa alla scadenza del contratto, con conseguente cessazione altresì dell’obbligo di corrispondere l’indennità di occupazione, se abbia fatto, ai sensi dell’art. 1220 cod. civ., un’offerta seria ed affidabile, ancorché non formale, della prestazione dovuta, liberando l’immobile locato; e il locatore abbia opposto a tale offerta un rifiuto ingiustificato sulla base del dovere di buona fede ex art. 1375 cod. civ., non comportandone l’accettazione alcun sacrificio di suoi diritti o legittimi interessi” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18496 del 03/09/2007; e molte altre in termini).
Ne deriva che l’offerta reale di riconsegna dei locali al locatore non vale a costituire quest’ultimo in mora, ma può invece risultare idonea – se assistita da modalità di restituzione serie, concrete e funzionali allo scopo – ad escludere la mora del conduttore ed il suo obbligo al pagamento dell’indennità di occupazione.
Va poi considerato che il riscontro della serietà e funzionalità delle modalità dell’offerta di restituzione in concreto adottate costituisce accertamento di fatto insindacabile ove congruamente e logicamente motivato – in sede di legittimità.
E nel caso di specie la corte territoriale ha dato efficacemente conto del perché la riconsegna dell’immobile mediante lettera RR e messa a disposizione delle chiavi dovesse ritenersi a tal punto seria ed idonea allo scopo, da non poter essere rifiutata se non in forza di una “resistenza pretestuosa” del locatore e dunque, in buona sostanza, di un contegno di mala fede.
Per altra pronuncia l’omessa verifica, all’atto della riconsegna delle chiavi, delle condizioni dell’appartamento locato e dei danni arrecativi dal conduttore non è, di per sé, espressione di una inequivoca volontà abdicativa del diritto del locatore al risarcimento del danno e non implica, quindi, tacita rinuncia a tale diritto[257].
L’onere della prova dell’effettuata restituzione incombe sul conduttore trattandosi di fatto estintivo del diritto di credito del locatore, al quale il bene va restituito al termine del rapporto locatizio ovvero va offerto con modalità aventi valore di offerta reale[258].
E’ bene, comunque, che, al momento della restituzione del bene locato, le parti provvedano a redigere un verbale di riconsegna, con un’indicazione precisa delle condizioni del bene, e che il locatore, in caso di discussione con la controparte in tale sede, provveda tempestivamente a richiedere un accertamento tecnico preventivo (in gergo si abusa dell’acronimo ATP) che descriva la reale situazione del momento, al fine di ottenere una relazione peritale, che fotografi la situazione creatasi (necessaria, tenuto conto dei tempi dei processi e delle probabili mutate condizioni dell’immobile nel caso di consulenza tecnica d’ufficio che venga espletata dopo anni), sempre distinguendosi tra i due tipi di danno, nonché per la determinazione della spesa necessaria per la rimessione in pristino dell’immobile.
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Il rifiuto del locatore
È legittimo il rifiuto del locatore, ai sensi degli artt. 1176 e 1218 cod. civ., di accettare la restituzione della cosa locata sino a quando il conduttore non l’abbia rimessa in pristino stato, rendendosi altrimenti inadempiente all’obbligazione di cui all’art. 1590, comma primo, cod. civ.[259]
ll principio desumibile dall’art. 1590 cod. civ., che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell’immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all’art. 1227 comma secondo cod. civ. secondo il quale in base alle regole dell’ordinaria diligenza il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un facere non corrispondente all’id quod plerumque accidit.[260]
Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione ex art. 1576 cod. civ.; il locatore può invece rifiutare la riconsegna dell’immobile locato nel caso in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poiché in tale caso la rimessione in pristino richiederebbe l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, un facere al quale il locatore non è tenuto secondo l’id quod plerumque accidit.
In tema è ritornata la S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 maggio 2013 n. 12977
affermando nuovamente che se il conduttore abbia arrecato all’immobile gravi danni o effettuato non consentite innovazioni di tale rilievo che, nell’economia del contratto, sia necessario l’esborso di notevoli somme per eseguire le opere di ripristino, il rifiuto del locatore di ricevere la restituzione è in via di principio legittimo fino a quando quelle somme non siano state corrisposte dal conduttore; la legittimità del rifiuto del locatore comporta, in applicazione dell’art. 1220 c.c., che fino ad allora persisterà la mora del conduttore, dunque tenuto anche al pagamento del canone ex art. 1591 c.c.
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Obbligo del pagamento del canone sino alla riconsegna
L’obbligo del conduttore in mora nella restituzione della cosa di pagare al locatore il corrispettivo convenuto sino alla riconsegna, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., costituendo una forma di risarcimento minima per la mancata disponibilità dell’immobile, prescinde dalla prova di un danno in concreto subito dal locatore, essendo tale prova necessaria solo per gli eventuali maggiori danni[261].
Ancora, per il disposto dell’art. 1591 cod. civ. il conduttore in mora nella restituzione della cosa locata è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto e a risarcirgli il maggiore danno. Quest’ultima obbligazione esclude che il conduttore debba pagare soltanto il canone legale con gli aumenti stabiliti dalle sopravvenute disposizioni di legge, la cui applicabilità o meno al rapporto di locazione rimane un fatto irrilevante per la maggiore estensione del risarcimento[262].
Poi, il principio stabilito dall’art. 1591 cod. civ., relativo all’obbligo del conduttore in mora nella restituzione del bene locato di dare al locatore il corrispettivo pattuito fino alla riconsegna effettiva di esso, salvo il risarcimento del maggior danno, deve trovare applicazione anche con riferimento al caso in cui il conduttore rivesta contestualmente anche la qualità di comproprietario del bene stesso, trovando giustificazione tale estensione nell’obbligo di reintegrare gli altri comproprietari[263] nella facoltà di disporre della loro quota e di far uso della cosa comune secondo il loro diritto, alla stregua di quanto disposto espressamente dagli artt. 1102 e 1103 cod. civ.[264]
art. 1591 c.c.danni per ritardata restituzione
il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno.
Elementi della fattispecie sono:
a) la mora del conduttore nella restituzione del bene;
b) l’obbligazione di pagamento del canone di locazione fino alla riconsegna;c) l’obbligazione di risarcire il danno ulteriore rispetto a quello costituito dal canone.
Il diritto al risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento a tale obbligo, ancorché in parte normativamente determinato con riferimento al corrispettivo convenuto, non si prescrive nel termine breve di cui all’art. 2948 n. 3 cod. civ., bensì nell’ordinario termine decennale[265].
Le due obbligazioni previste dall’art. 1591 cod. civ., inoltre, sono autonome e di duplice natura: di valuta quella avente ad oggetto il canone, su cui maturano gli interessi dalla domanda; di valore invece quella avente ad oggetto il maggior danno.
Poi, l’adozione da parte del conduttore, di modalità aventi valore di offerta non formale, ai sensi dell’art. 1220 cod. civ., pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore circa l’esecuzione della sua prestazione e ad escludere, quindi, il prodursi dei relativi effetti — in particolare il sorgere dell’obbligazione di risarcimento del danno per il ritardo —, mentre l’unico mezzo per costituire in mora il creditore e provocare liberazione del conduttore dall’obbligo di pagamento del canone — è costituito dall’offerta formale di riconsegna, ai sensi dell’art. 1216 cod. civ.[266].
Per recente Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 26 ottobre 2012, n. 18499
la responsabilità del conduttore a norma dell’art. 1591 c.c. per ritardata restituzione dell’immobile locato ha natura contrattuale, con la conseguenza che il locatore, in applicazione del principio dettato dall’art. 1218 c.c., deve provare il danno derivatogli dalla ritardata restituzione con l’ulteriore effetto che per il c.d. maggior danno è il locatore a dovere fornire la prova della lesione del suo patrimonio, consistente nel non avere potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato o nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo più vantaggioso o nella perdita di altre analoghe situazioni vantaggiose.Tuttavia, la richiesta del maggior danno da parte del locatore medesimo per la mancata disponibilità del bene può essere provata secondo le regole ordinarie e, quindi, anche con presunzioni, avendo presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative a quell’immobile è obiettivamente giustificabile proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore, successivamente alla scadenza del rapporto.
Sul punto è intervenuta nuovamente la S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 ottobre 2014, n. 22352
andando ad affermare il seguente principio:in tema di locazione di immobili, la valutandone relativa alla configurabilita’ o meno del danno da ritardato rilascio di immobile va effettuata, una volta che l’attore abbia provato l’esistenza di una favorevole occasione di vendere o di locare l’immobile, con valutazione prognostica ex ante in cui si consideri se, in mancanza del ritardo nella riconsegna, il proprietario avrebbe potuto secondo la regolarita’ causale concludere l’affare . Non puo’ procedersi, accolto il ricorso, alla decisione nel merito della controversia ex articolo 384 c.p.c., comma 2, recependo la quantificazione dei danni effettuata dal giudice di primo grado, in quanto la determinazione del danno da ritardo nella riconsegna di un immobile, che faccia perdere una occasione di vendita favorevole, non e’ automaticamente corrispondente, e come tale determinabile con semplice operazione aritmetica, alla differenza tra quanto si sarebbe potuto guadagnare cogliendo l’occasione favorevole e quanto effettivamente guadagnato, dovendo tenersi conto per la sua quantificazione di diversi fattori, quali l’andamento del mercato, che fanno parte della valutazione del giudice di merito.
Nelle sentenza in commento è stato ribadito che perche’ sia configurabile il maggior danno da ritardo nella restituzione del bene locato, ex articolo 1591 c.c., debbono essere provate la situazione di mora del conduttore, il maggior danno subito dal locatore (prova che deve essere fornita secondo le regole ordinarie e, quindi, allegando e documentando piu’ vantaggiose proposte di locazione o concrete possibilita’ di vendita dell’immobile occupato o anche mediante presunzioni) e deve essere dimostrata l’esistenza del nesso di causalita’ tra il ritardo nella riconsegna e la perdita della proposta vantaggiosa.Ai fini della corretta formulazione del giudizio volto all’accertamento del nesso di causalita’ tra ritardo e perdita dell’occasione vantaggiosa, esso deve essere strutturato come giudizio prognostico con valutazione ex ante, ovvero occorre chiedersi, ponendosi nella situazione del locatore ovvero utilizzando gli elementi di conoscenza a sua disposizione nel momento di compiere la scelta, se, qualora il fatto dannoso- nel caso di specie, il ritardo nell’adempimento della obbligazione di rilascio – non si fosse verificato, avrebbe l’attore potuto evitare il danno, consistente nella perdita di una piu’ favorevole occasione di vendita. In caso di risposta affermativa il danno da ritardo nell’inadempimento sussiste (ed e’ da quantificarsi nel corso del giudizio di merito) ed e’ imputabile al comportamento del conduttore.
Altrimenti, se questo accadimento – ritardo nella riconsegna – risulta irrilevante o comunque non determinante, nel senso che pur in presenza di esso il locatore avrebbe potuto concludere l’affare (o all’opposto, ma la questione non e’ affrontata sotto questo profilo, se in ogni caso il locatore non avrebbe per altri motivi concluso l’affare), non esiste la prova del nesso causale, e l’eventuale perdita dell’occasione favorevole non sara’ imputabile al conduttore ed al ritardo con cui questi ha rilasciato l’immobile.
Per fare questo ragionamento con coerenza logica e seguendone le regole, il giudice si deve porre nelle condizioni del danneggiato ex ante ovvero al momento di compiere la scelta, e non deve inserire quegli elementi di fatto che solo dopo si sono verificati o di cui solo successivamente il danneggiato ha acquisito conoscenza e che quindi non possono aver inciso sulla sua scelta.Infine, nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali, la subordinazione, ai sensi dell’art. 34 della legge 27 luglio 1978 n. 392, della esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile locato, al pagamento della indennità di avviamento[267], non esclude la permanenza dell’obbligo del conduttore di continuare a pagare il canone fino alla riconsegna del bene, anche se abbia cessato di utilizzarlo e si limiti a detenerlo, salvo che, con comportamento conformato alla buona fede, egli ne abbia offerto la restituzione al locatore nelle forme e per gli effetti di cui all’art. 1216 cod. civ. e all’art. 1209 cod. civ., mediante cioè atto notificato al creditore «nelle forme prescritte per gli atti di citazione», e quindi a mezzo di ufficiale giudiziario, non essendo a tale fine viceversa idonea l’intimazione a riceverlo inviata al locatore a mezzo lettera raccomandata; quest’ultima vale peraltro quale offerta non formale ai sensi dell’art. 1220 cod. civ. e, se illegittimamente rifiutata dal locatore, esclude la mora del conduttore nell’adempimento dell’obbligo di restituzione (cosicché per tale aspetto essa è parificabile all’offerta formale), e conseguentemente esclude per il conduttore, l’obbligo di pagare al locatore il corrispettivo convenuto previsto dall’art. 1591 cod. civ., riferendosi detta norma espressamente al «conduttore in mora»[268].
In via generale, è stato anche precisato
Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 13 settembre 2017, n. 21209
che nel caso di contratto di locazione o di contratto di albergo a favore di un terzo, colui che ha stipulato il contratto e’ il soggetto obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa locata e alla corresponsione della somma dovuta come corrispettivo fino alla data della consegna, salvo il maggior danno, in caso di ritardo, a norma dell’articolo 1591 c.c.
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La prova del maggior danno e la quantificazione
Trattandosi di responsabilità contrattuale non potrà che applicarsi l’art. 1224 c.c., e pertanto il locatore potrà richiedere sia la perdita subita (ovvero il danno emergente ) che il mancato guadagno (c.d. lucro cessante , inteso comunemente nella dottrina giuridica come mancato guadagno, ossia come il lucro che il creditore avrebbe realizzato se avesse utilizzato la prestazione ottenuta). A ciò dovranno aggiungersi gli interessi legali dal giorno della costituzione in mora, ex art. 1124 c.c.
Tuttavia, nulla esclude la possibilità per il locatore di domandare il risarcimento anche dei danni di natura non patrimoniale , qualora dalla mancata riconsegna dell’immobile nei termini, e dalla convinzione, fondata su elementi concreti, di trovarsi nell’impossibilità di accettare proposte di locazione o di acquisto del bene o di destinarlo al proprio godimento diretto (destinandolo ad esempio a studio professionale), siano derivate delle sofferenze di ordine morale degne di rilievo e suscettibili di valutazione economica .
Il maggior danno che il locatore assuma di aver subito per effetto della morosità del conduttore e del mancato, tempestivo rilascio dell’immobile locato (art. 1591 cod. civ.), scaturendo da una fonte di responsabilità «ex contractu», come già detto, va rigorosamente provato, nella sua sussistenza e nel suo concreto ammontare, dal locatore medesimo, sul presupposto che l’obbligo risarcitorio non sorge automaticamente, in base al valore locativo presumibilmente ricavabile dall’astratta configurabilità dell’ipotesi di locazione o vendita del bene, ma va accertato in relazione alle concrete condizioni e caratteristiche dell’immobile stesso, alla sua ubicazione, alla sua possibilità di utilizzazione, onde far emergere il verificarsi di una lesione effettiva nel patrimonio del locatore, ravvisabile nella circostanza del non aver potuto locare o alienare il bene a condizioni vantaggiose, e dimostrabile attraverso la prova dell’esistenza di ben precise proposte di locazione o di acquisto, ovvero di altri, concreti propositi di utilizzazione[269].
Principio confermato da ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza n. 21234 del 29 novembre 2012
secondo la quale il mero ritardo nella riconsegna dell’immobile legittima soltanto la condanna generica al risarcimento del danno, richiedendosi, in sede di liquidazione del danno medesimo, che il proprietario dimostri, con ogni mezzo, e, quindi, anche per presunzioni, l’esistenza di una concreta lesione del suo patrimonio in relazione alle condizioni dell’immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di una specifica attuale utilizzazione (potendo assumere rilievo anche al circostanza che il proprietario non sia autorizzato a dare in locazione a terzi l’immobile oggetto di restituzione: Cass. n. 5051/2009), nonchè all’esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo (argomento desumibile da Cass. n. 23720/2008; 7499/2007; 993/2002, tutte in tema di ritardato rilascio ex art. 1591 c.c.).
Altra ultima sentenza della Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 gennaio 2014, n. 530
ha affermato che,una volta intervenuta la risoluzione anticipata per inadempimento del conduttore e cessata, altresì, l’occupazione dell’immobile – il danno risarcibile al locatore (id est, l’effetto pregiudizievole, conseguente alla risoluzione anticipata) a titolo di lucro cessante è rappresentato dalla mancata percezione di un introito mensile per tutto il tempo presumibilmente necessario per poterlo nuovamente locare, in relazione al quale un obiettivo parametro di riferimento può essere utilmente individuato, salvo prova diversa, nel periodo di preavviso previsto per il recesso del conduttore. Il che postula che, una volta ottenuta la disponibilità materiale del bene, il locatore abbia effettivamente rimesso l’immobile sul mercato delle locazioni, non essendo, altrimenti, possibile profilare l’esistenza di un danno che trovi fonte nell’inadempimento del debitore. Inoltre – in applicazione del principio generale che onera la parte creditrice della specifica dimostrazione dell’esistenza del danno – deve ritenersi che gravi sul locatore l’onere della prova di avere inutilmente tentato di locare l’immobile ovvero della sussistenza di altre analoghe situazioni pregiudizievoli (come ad es. il reperimento di offerte di locazione meno vantaggiose), dando conto dei concreti propositi di utilizzazione dell’immobile, atteso che la relativa dimostrazione, anche in ragione del criterio di vicinanza della prova, non può far carico al conduttore.
Con altro adagio recente la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 13 febbraio 2015, n. 2865
è intervenuta dichiarando che quanndo il locatore abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto. L’ammontare del danno risarcibile costituisce valutazione del giudice di merito che terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto.
Ancora la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 14 dicembre 2016, n. 25599
da ultimo ha avuto modo di affermare che in tema di locazione di immobili urbani, la condanna del conduttore al pagamento dei canoni da scadere sino alla riconsegna dell’immobile locato, dal medesimo comunque dovuti a seguito della risoluzione della locazione a titolo di danni per la protratta occupazione dell’immobile (ai sensi dell’articolo 1591 Cc), costituisce ampliamento della domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, che trova fondamento nella particolare disposizione dell’articolo 664, comma 1, Cpc. secondo cui, in caso di convalida definitiva dello sfratto intimato per la morosità del conduttore, è ammissibile l’emissione dell’ingiunzione al pagamento non solo dei canoni scaduti alla data di notificazione dell’intimazione ma, ove l’intimante ne abbia fatto contestuale richiesta, anche di quelli «da scadere fino all’esecuzione dello sfratto», quale ipotesi specifica di condanna c.d. in futuro, di carattere tipico e di natura eccezionale, con la quale l’ordinamento tutela l’interesse del creditore all’ottenimento di un provvedimento nei confronti del debitore prima ancora che si verifichi l’inadempimento.
Per altra pronuncia[270] la prova del maggior danno, ai sensi dell’articolo 1591 cod. civ., non deve essere necessariamente fornita attraverso la dimostrazione di determinate proposte di locazione per un canone più elevato, potendo il locatore avvalersi a questo fine di elementi presuntivi dotati dei requisiti previsti dall’articolo 2729 cod. civ., purché consentano di ritenere l’esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsi il godimento dell’immobile dietro corrispettivo; l’offerta da parte del conduttore di un canone maggiore per la rinnovazione del contratto può tutt’al più valere come elemento presuntivo che concorre unitamente ad elementi dello stesso segno a provare l’esistenza del danno. Pertanto, secondo la tesi più restrittiva il locatore non può limitarsi a dedurre, genericamente, che il bene locato era suscettibile di impiego tale da garantirgli un risultato economico migliore rispetto al canone originariamente pattuito.
La giurisprudenza di legittimità con orientamento che appare altrettanto consolidato riconosce poi al locatore la possibilità di fornire la prova del maggior danno avvalendosi di ogni mezzo di prova , quindi anche dello strumento delle presunzioni[271].
In particolare – precisa la Suprema Corte – le presunzioni non possono essere invocate in astratto, al solo scopo di provare l’esistenza di un maggior canone virtuale di mercato, ma debbono essere idonee a dare in concreto la prova del danno del locatore derivante dal fatto provato dal quale si risale al fatto ignoto[272].
Ad esempio: rilevano ai fini della prova per presunzioni del maggior danno le vere e proprie trattative[273] per la stipulazione di una nuova locazione con terzi che si instaurano normalmente quando sussiste almeno la certezza circa l’epoca dell’effettivo rilascio dell’immobile; non è consentito assumere come dato di comune esperienza che il conduttore è frequentemente inadempiente ed escludere, per tale ragione, la serietà della trattativa intercorsa con un aspirante conduttore[274]; è raggiunta la prova del maggior danno mediante presunzioni allorquando dal fatto noto dell’avvenuta stipulazione di un nuovo contratto per un determinato canone mensile pochi mesi dopo il rilascio sia stato desunto il fatto ignoto della perdita di favorevoli occasioni di locazione già nel periodo in cui si era realizzata la mora del conduttore nella restituzione[275].
Infine è bene anche precisare che la disposizione sancita dall’art. 1591 cod.civ. costituisce espressione di un principio applicabile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione del bene dietro corrispettivo, per l’ipotesi in cui il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre la scadenza del termine finale del rapporto senza averne più il titolo.In queste ipotesi, infatti, al vantaggio che consegue il concessionario da tale utilizzazione consegue un danno per il concedente, che ha come misura certa il corrispettivo periodico che era stato stabilito nel contratto, salva la prova del maggior danno[276].
Il conduttore rimasto nella detenzione dell’immobile dopo la cessazione del contratto (nella specie, accertata giudizialmente) è tenuto al pagamento, da tale momento, dell’indennità di occupazione ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., e non già del canone secondo le scadenze pattuite, perché, cessato il rapporto di locazione, la protrazione della detenzione costituisce inadempimento dell’obbligo di restituzione della cosa locata anche quando è consentita dalla legge di sospensione degli sfratti, e la liquidazione del relativo danno, da riconoscersi fino all’effettivo rilascio dell’immobile, deve essere effettuata in base all’art. 1 bis del d.l. n. 551 del 1988 (convertito, con modif., dalla legge n. 61 del 1989), senza che possa avere alcuna rilevanza al riguardo la diversa misura inferiore stabilita nel contratto (ormai conclusosi) a titolo di indennità di mora per il ritardo nel pagamento del canone[277].
Il potere riconosciuto al giudice di liquidare il danno con valutazione equitativa non esonera la parte istante dall’onere di fornire gli elementi probatori ed i dati di fatto in suo possesso, al fine della precisa determinazione del danno stesso, ed è altresì subordinato alla condizione imprescindibile della sua esistenza ontologica e dell’impossibilità di provarlo nel suo preciso ammontare, così da non poter essere esercitata quando tale impossibilità sia esclusa dallo stesso danneggiato, il quale abbia chiesto l’ammissione di prove aventi ad oggetto proprio la precisa determinazione del danno, ovvero (nell’ipotesi, quale quella di specie, di risarcimento connesso alla mancata disponibilità di un immobile locato) quando sia possibile far riferimento ai dati del mercato immobiliare, opportunamente portati a conoscenza del giudice[278].
Qualora questo danno sia stato determinato con apposita clausola penale[279], a corrispondere l’ammontare di detta penale — ancorché il ritardo sia dipeso da vicende dilatorie dovute a termini fissati in sentenza per l’esecuzione e graduazione dello sfratto o a proroghe e sospensioni ex lege dello stesso, perché trattandosi di termini apposti all’esecuzione forzata e non all’adempimento, non fanno venir meno la mora e così la responsabilità del conduttore, senza che al riguardo possa rilevare la norma di cui all’art. 2 del d.l. 25 settembre 1987, n. 393 (convertito in legge 25 novembre 1981, n. 478), che esonera il conduttore dal risarcimento dei danni di cui all’art. 1591 cod. civ. per il tempo intercorrente tra la data di scadenza del regime transitorio e la data fissata giudizialmente per il rilascio — atteso che detta norma si applica espressamente alle sole locazioni di immobili ad uso non abitativo[280].
Unica deroga al pagamento del maggior danno si ha nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciali disciplinate dagli artt. 27 e 34 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (e, in regime transitorio, dagli artt. 68, 71 e 73 della stessa legge); il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la restituzione dell’immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennità di avviamento[281], è obbligato al solo pagamento del corrispettivo convenuto per la locazione, e non anche al risarcimento del maggior danno[282].
Infine, dopo la cessazione «de iure» del rapporto, sino alla riconsegna dell’immobile, rientrano anche gli aumenti stabiliti dalle sopravvenute normative (come quelli previsti dalla legge 27 luglio 1978 n. 392, «ratione temporis» applicabile), essendo l’indennizzo sempre ragguagliabile alla misura convenzionale o legale dei canoni per il tempo in cui si è protratta l’occupazione di fatto, senza che alla richiesta di siffatti aumenti, possa essere ricondotta — in mancanza di prova in contrario — la volontà del locatore di riattivare il rapporto locatizio[283].
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I rapporti con la legge 61/1989 e 431/1998
[284]
Secondo una prima pronuncia[285] in tema di locazione d’immobili adibiti ad uso di abitazione, l’art. 1bis della legge 21 febbraio 1989, n. 61 — il quale, nel convertire con modifiche il decreto legge 30 dicembre 1988, n. 551, ha disposto che, per i comuni ad alta tensione abitativa, l’esecuzione degli sfratti per finita locazione rimaneva sospesa fino al 30 aprile 1989 e che, durante il periodo di sospensione dell’esecuzione, il conduttore era tenuto a corrispondere, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., una somma mensile pari all’ammontare del canone dovuto alla cessazione del contratto, maggiorato del venti per cento — va interpretato nel senso che tale maggiorazione escludeva (ed esclude) eventuali, ulteriori pretese pecuniarie del locatore, ai sensi del menzionato art. 1591, limitatamente al periodo di sospensione dell’esecuzione, ferma restando, al di fuori di tale ambito temporale, l’applicabilità delle regole ordinarie dettate dalla citata norma del codice civile.
Mentre per altra sentenza[286] l’art. 1bis della legge 21 febbraio 1989, n. 61 considera in mora il conduttore non soltanto durante il periodo di sospensione dell’esecuzione stabilito dall’art. 1 della medesima legge, ma per tutto il periodo successivo alla condanna di rilascio, fino alla riconsegna effettiva dell’immobile, in virtù dell’espresso richiamo all’art. 1591 cod. civ.
La maggiorazione del venti per cento che il conduttore è tenuto a corrispondere, oltre al canone mensile, durante il periodo di sospensione dell’esecuzione degli sfratti a norma dell’art. 1 bis del D.L. 30 dicembre 1988, n. 551, conv. nella legge 21 febbraio 1989, n. 61, costituendo risarcimento del danno da inadempimento dell’obbligazione di restituzione, è dovuta indipendentemente dalla richiesta del locatore[287].A mente di una nota sentenza della S.C.[288], in tema di locazione di immobili urbani, la dichiarazione di incostituzionalità «in parte qua» dell’art. 6 della legge 431/1998, – che, interpretando autenticamente la norma di cui all’art.1 bis della legge 61/89 (a mente della quale, dichiarata la cessazione della locazione, il conduttore, per tutto il periodo di sospensione dell’esecuzione dello sfratto, era tenuto a corrispondere una somma mensile pari all’ammontare del canone dovuto al momento della cessazione del contratto maggiorato del quinto, oltre aggiornamenti ISTAT), sanciva, durante i periodi di sospensione delle esecuzione degli sfratti, l’obbligo del conduttore di corrispondere la somma di cui al citato art. 1 bis, e non altra diversa, per tutto il periodo effettivo di sospensione (e, dunque, fino all’effettivo rilascio, e non soltanto limitatamente al periodo di sospensione «ope legis», a prescindere dall’eventuale maggior danno sofferto dal locatore) – comporta che, a tutt’oggi, il sistema normativo vigente in tema di quantificazione legale del danno subito dal locatore per il periodo intercorrente tra la data della sentenza di rilascio dell’immobile e quella dell’effettiva riappropriazione del bene risulta così delineato:
1) la quantificazione legale del danno che il conduttore è comunque tenuto a corrispondere al locatore ai sensi dell’art. 1591 c.c. è quella determinata con la prevista maggiorazione del canone nella misura del quinto oltre aggiornamenti ed oneri accessori;
2) detto importo è astrattamente dovuto per tutto il periodo di sospensione delle esecuzioni e sino all’effettivo rilascio;
3) per il periodo sino al termine della sospensione «ope legis» delle esecuzioni (o per quello giudizialmente fissato per il rilascio, ex art. 56 legge 392/78), la corresponsione dell’ultimo canone così maggiorato esime il conduttore dall’obbligo di risarcire il maggior danno ex art. 1591 seconda parte cod. civ., pur in costanza di prova dell’esistenza di un più grave pregiudizio fornita dal locatore;
4) per il periodo intercorrente tra la scadenza della sospensione «ope legis» e la data dell’effettivo rilascio, il locatore (giusta sentenza della Corte costituzionale 482/2000), ove ne abbia offerto la prova, può pretendere il risarcimento del maggior danno subito, rispetto a quello quantificato «ex lege» ex art. 1 bis legge 61/89.
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Provvedimenti di sospensione o proroga degli sfratti per finita locazione
In forza di cicli legislativi lo Stato è intervenuto più volte al fine di tutelare le classi deboli con provvedimenti di sospensione o proroga degli sfratti per finita locazione[289].
Ciò non toglie, però, che la responsabilità risarcitoria del locatario, ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., per ritardato rilascio dell’immobile, non resta esclusa, in difetto di espressa previsione, dai provvedimenti normativi di sospensione o proroga dello sfratto, quali quelli resi, ad esempio, si legge nella sentenza in commento, nell’ambito della Regione Campania, dal d.l. 26 novembre 1980, n. 776, convertito in legge 22 dicembre 1980, n. 874, e dal d.l. 30 dicembre 1985, n. 791, convertito in legge 28 febbraio 1986, n. 46, in quanto i medesimi attengono alla fase esecutiva, senza incidere sugli obblighi contrattuali del conduttore[290].
Inoltre anche qualora questo danno sia stato determinato con apposita clausola penale, a corrispondere l’ammontare di detta penale — ancorché il ritardo sia dipeso da vicende dilatorie dovute a termini fissati in sentenza per la esecuzione e graduazione dello sfratto o a proroghe e sospensioni ex lege dello stesso, perché trattandosi di termini apposti alla esecuzione forzata e non all’adempimento, non fanno venir meno la mora e così la responsabilità del conduttore[291].
NOTE
[90]Vedi pag. 86, par.fo 6, n. 5 – l’obbligo di custodia
[91] Corte di Cassazione, sentenza 6-12-96, n. 10897
[92] Corte di Cassazione, sentenza 19 aprile 2006, n. 9089
[93] Corte di Cassazione, sentenza 29-7-75, n. 2938. Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza del merito, con cui era stata negata la responsabilità del locatore, non tempestivamente avvertito della difettosa chiusura del portone, per i danni subiti dal conduttore per furto nell’appartamento locato
[94] Tribunale Foggia, civile, sentenza 23 giugno 2011, n. 1007
[95] Corte di Cassazione, sentenza 21-10-83, n. 6193. Nella specie, trattavasi di locali destinati in parte ad esercizio farmaceutico ed in parte a sovrastante abitazione del gestore della farmacia
[96] Corte di Cassazione, sentenza 21-3-70, n. 766
[97] Corte di Cassazione, sentenza 10-7-74, n. 2043
[98] Corte di Cassazione, sentenza 2-11-1992, n. 11856
[99] Corte di Cassazione, sentenza 14659 del 15-10-200
2[100] Tribunale Milano, Sezione 13 civile, sentenza 5 aprile 2012, n. 4071
[101] Corte di Cassazione, sentenza 14-12-94, n. 10685
[102] Corte di Cassazione, sentenza 10-4-95, n. 4119
[103]pag. 53, par.fo 5, punto 2 – necessità di riparazioni
[104] Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, sentenza 21 novembre 2011, n. 24459. In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 15 maggio 2007, n. 11198, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 9 maggio 2008, n. 11514. Corte di Cassazione, sentenza 6-3-95, n. 2605. Qualora sia stato riconosciuto un concorso di colpa del conduttore, relativamente ai danni verificatisi in conseguenza di un vizio della cosa locata, per avere egli omesso, a causa della sua prolungata assenza dall’immobile, di dare avviso al locatore della necessità di riparazioni in occasione di una specifica manifestazione del vizio, non può ravvisarsi un’ulteriore ragione di sua concorrente responsabilità nella violazione dell’obbligo di impiego della ordinaria diligenza al fine di evitare di contenere le conseguenze lesive del fatto. (Nella specie, a causa della fuoriuscita di liquami da una condotta di scarico in un appartamento, si era danneggiato materiale filatelico lasciato anche sul pavimento. La S.C. ha rigettato il motivo di ricorso della locatrice, volto a lamentare la mancata considerazione da parte del giudice di merito di una ulteriore causa di responsabilità del conduttore conseguente alla carente custodia del materiale, sulla base del principio suesposto e del rilievo che una specifica causa di responsabilità non poteva essere ricollegata al disordine con cui era stato lasciato detto materiale, in difetto di una prevedibilità in concreto di quell’evento in relazione al quale aveva inciso la collocazione del materiale). Per ultima sentenza di merito costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art. 1578 c.c. – la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art. 1575 c.c., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sulla idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del corrispettivo, ma non la esperibilità dell’azione di esatto adempimento – quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone la integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione. Tribunale Roma, Sezione 6 civile, sentenza 9 marzo 2012, n. 5469
[105] Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento
Corte di Cassazione, III sezione, sentenza n.12286 del 7 giugno 2011[
106] pag. 64, par.fo 6, punto 1 – Concessioni ed autorizzazioni amministrative
[107] Corte di Cassazione, sentenza 23-1-70, n. 155
[108] Corte di Cassazione, sentenza 1-4-87, n. 3125
[109] Corte di Cassazione, sentenza 4495 del 24-2-2010
[110] Corte di Cassazione, sentenza 5-2-79, n. 774
[111] Corte di Cassazione, sentenza 25278 del 1-12-2009
[112] Corte di Cassazione, sentenza 14737 del 13-7-2005
[113] Corte di Cassazione, sentenza 18854 del 9-7-2008. Nella specie la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito di condanna della locatrice al risarcimento dei danni e all’esecuzione dei lavori necessari all’eliminazione di fenomeni di infiltrazione di umidità, lavori consistenti in un intervento risolutivo tinteggiatura con pitture speciali a carattere manutentivo esorbitante dalla manutenzione ordinaria
[114] Corte di Cassazione, sentenza 24-3-80, n. 1951[115] Corte di Cassazione, sentenza 14737 del 13-7-2005
[116]pag. 76, par.fo 6, punto 2 – divieto di autoriduzione del canone
[117] Corte di Cassazione, sentenza 10271 del 16-7-2002[118] Corte di Cassazione, sentenza 23-12-68, n. 4063
[119] Corte di Cassazione, sentenza 2-11-2000, n. 14342 (conf. Cass. 19-3-93, n. 3249)[120] Corte di Cassazione, sentenza 16220 del 18-11-2002. Nella specie la SC, ha formulato il principio di cui sopra, in relazione ad una ipotesi in cui il giudice di merito aveva ritenuto operativa la clausola in un caso in cui il mancato temporaneo godimento era stato dovuto all’esecuzione di opere di riparazione determinate dal crollo del solaio di divisione con il sottostante cantinato per difetti che, al momento della consegna del bene, non potevano essere accertati con l’ordinaria diligenza.[121] Corte di Cassazione, sentenza 5-1-83, n. 17[122] Corte di Cassazione, sentenza 8-4-98, n. 3636[123] Corte di Cassazione, sentenza 3-2-99, n. 915
[124]Vedi pag. 82, par.fo 6, n. 4 – obbligo di custodia
[125] Corte di Cassazione, sentenza 20-6-98, n. 6158[126] Corte di Cassazione, sentenza 9019 del 30-4-2005. Nella specie la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto priva di rilevanza la clausola con la quale le parti avevano convenuto che «tutte le riparazioni di cui agli artt. 1576 e 1609 del cod. civ.» erano a carico del conduttore, che doveva «provvedervi tempestivamente»[127] Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, sentenza 17 maggio 2010, n. 11971[128] Corte di Cassazione, sentenza 9-10-96, n. 8812. conforme, — Cass. III, sent. 2142 del 31-1-2006. In materia di locazioni di immobili urbani destinati ad uso di abitazione, soggette alla disciplina di cui alla legge 27 luglio 1978 n. 392, è nullo ai sensi dell’art. 79 della citata legge il patto in deroga all’art. 1576 cod. civ., con il quale le parti abbiano convenuto che siano a carico del conduttore le spese per la straordinaria manutenzione occorrenti per conservare all’immobile locato l’attitudine all’uso abitativo, poiché esso integra per il locatore un indebito vantaggio in contrasto con la predeterminazione legale dei limiti massimi del canone.
[129] — Cass. 15-12-87, n. 9280[130] — Cass. 6-5-78, n. 2181. Nella specie, alla stregua del principio di cui sopra, la Suprema Corte ha ritenuto correttamente affermato dai giudici del merito l’obbligo dell’inquilino di provvedere ad eliminare l’eccessivo accumulo di fuliggine in una canna fumaria[131] — Cass. 27-7-95, n. 8191, rv. 493443.
[132] Corte di Cassazione, sentenza 27-7-95, n. 8191, rv. 493443.[133] Corte di Cassazione, sentenza 19-1-89, n. 271. Nella specie, alla stregua del principio enunciato, la S.C. ha confermato la pronuncia dei giudici del merito che aveva posto a carico del locatore le spese per la riparazione della vaschetta raccoglitrice delle acque di scarico del bagno escludendo una colpa del conduttore in relazione alla protratta immissione di detersivi nelle tubature in quanto rientrante nell’uso normale, nonché considerando la rilevanza della spesa perché l’indicato guasto comportava anche il rifacimento del pavimento[134] Corte di Cassazione, sentenza 12712 del 25-5-2010
[135] Corte di Cassazione, sentenza 14305 del 7-7-2005. Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, aveva addebitato alla errata installazione di un forno elettrico in luogo di un preesistente forno a legna sia il degrado prodotto della umidità ascendente accumulatasi nelle pareti e nel controsoffitto, sia quello dei pavimenti, in parte rimossi per l’installazione del predetto forno
[136] — Cass. 6-4-81, n. 1947. Nella specie, rifacimento del manto di asfalto del lastrico solare
[137] — Cass. III, sent. 1878 del 30-1-2006[138] — Cass. 27-6-97, n. 5780
[139] Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento Corte di Cassazione, sezione III, sentenza n. 6525 del 22 marzo 2011
Il principio è stato affermato dalla Corte di cassazione all’esito di una vicenda giudiziaria, dagli esiti contrastanti, in cui il proprietario di un terreno era stato, appunto, evocato in giudizio dal comune che ne chiedeva la condanna alla rifusione dei costi sopportati per gli interventi di bonifica ambientale nonché al risarcimento del danno perché sull’immobile, concesso in locazione, erano stati rinvenuti dall’unità sanitaria locale dei materiali classificati come rifiuti tossici nocivi.
[140] Corte di Cassazione, sentenza 30-8-95, n. 9193[141]Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, sentenza 28 giugno 2010, n. 15372. In argomento, in senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 8 settembre 1977, n. 3933.[142] Corte di Cassazione, sentenza 8-9-77, n. 3933[143] Corte di Cassazione, sentenza 19943 del 18-7-2008
[144]pag. 40, par.fo 5, punto 1 – vizi
[145] Corte di Cassazione, sentenza 6-3-95, n. 2605[146] Corte di Cassazione, sentenza 6-3-95, n. 2605. Nella specie, a causa della fuoriuscita di liquami da una condotta di scarico in un appartamento, si era danneggiato materiale filatelico lasciato anche sul pavimento. La S.C. ha rigettato il motivo di ricorso della locatrice, volto a lamentare la mancata considerazione da parte del giudice di merito di una ulteriore causa di responsabilità del conduttore conseguente alla carente custodia del materiale, sulla base del principio suesposto e del rilievo che una specifica causa di responsabilità non poteva essere ricollegata al disordine con cui era stato lasciato detto materiale, in difetto di una prevedibilità in concreto di quell’evento in relazione al quale aveva inciso la collocazione del materiale[147] Corte di Cassazione, sentenza 26-9-97, n. 9465. Nella specie, il conduttore aveva riparato l’appartamento sovrastante quello locatogli, entrambi di proprietà del locatore, dal quale gli provenivano infiltrazioni[148] Corte di Cassazione, sentenza 10742 del 23-7-2002[149] Corte di Cassazione, sentenza 16089 del 27-10-2003[150] Corte di Cassazione, sentenza 14-10-87, n. 7609. Nella specie la S.C., dopo aver qualificato molestia di fatto il comportamento del condominio che omettendo di eseguire la regolare manutenzione della siepe condominiale aveva creato intralcio all’ingresso di un garage concesso in locazione da un condominio, ha confermato la decisione di appello che riconosceva al conduttore l’autonomo diritto di proporre l’azione diretta di responsabilità verso il condominio. Per altra pronuncia Corte di Cassazione, sentenza 11514 del 9-5-2008. Costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti di cui all’art. 1578 cod. civ., quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale o legale; si configurano, invece, come molestie di diritto, per le quali, ai sensi dell’art. 1585, primo comma, cod. civ., il locatore è tenuto a garantire il conduttore, quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore; nel caso, infine, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, col proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento del conduttore, la molestia è di fatto e il conduttore può agire direttamente contro il terzo ai sensi del secondo comma dell’art. 1585 cod. civ.. (Nella specie la S.C. ha confermato,ritenendone la correttezza della motivazione, la sentenza della Corte di appello che aveva qualificato come molestie di fatto, dalle quali il locatore non era tenuto a garantire il conduttore ex art. 1585, secondo comma, cod. civ., le interferenze elettromagnetiche provocate dalle emittenti televisive conduttrici della struttura realizzata dalla stessa locatrice nel cortile attiguo al capannone condotto in locazione dalla società ricorrente).[151] Corte di Cassazione, sentenza 2531 del 7-2-2006[152] Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 2-7-65, n. 1375. Inoltre per altra sentenza il conduttore, che subisca molestie di diritto da parte di terzi, può agire direttamente in via di responsabilità extracontrattuale contro di essi, senza esser obbligato ad una previa rinuncia all’azione di garanzia ex art. 1585 cod. civ. verso il locatore, potendo, anzi, le due azioni essere proposte cumulativamente nello stesso giudizio, dal momento che esse traggono origine da due titoli diversi, ma tra loro concorrenti e compatibili. Corte di Cassazione, sentenza 12-2-79, n. 950[153] Corte di Cassazione, sentenza 12220 del 20-8-2003
[154] Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza n.17881 del 31 agosto 2011
[155] Corte di Cassazione, sentenza 1693 del 27-1-2010[156] Corte di Cassazione, sentenza 2530 del 7-2-2006[157] Corte di Cassazione, sentenza 22-1-69, n. 162[158] — Cass. 24-3-86, n. 2068[159] — Cass. 10-10-92, n. 11093[160] Corte di Cassazione, sentenza 7-3-2001, n. 3343. L’obbligo del conduttore di osservare nell’uso della cosa locata la diligenza del buon padre di famiglia, a norma dell’art. 1587 n. 1 cod. civ., con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione e la natura, è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall’altro obbligo, sancito dall’art. 1590 cod. civ., di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui all’art. 1587 n. 1 e di agire nei confronti del conduttore inadempiente.[161] Corte di Cassazione, sentenza 1-9-94, n. 7621[162] Corte di Cassazione, sentenza 15-1-97, n. 372[163] Corte di Cassazione, sentenza 2-11-92, n. 11856. Nella specie, trattavasi di riparazioni straordinarie poste dal contratto di locazione a carico del conduttore[164] Corte di Cassazione, sentenza 23-3-92, n. 3590[165] Corte di Cassazione, sentenza 19300 del 17-12-2003[166]Vedi pag. 23, par.fo 3, lettera D)[167]Vedi pag. 81, par.fo 6, n. 4 – dare la garanzia per il pagamento[168]Vedi pag. 85, par.fo 6, n. 5 – restituzione della cosa locata[169] Corte di Cassazione, sentenza 9-11-89, n. 4725[170] Corte di Cassazione, sentenza 20-1-97, n. 538. Nella specie il locatore aveva dedotto che la conduttrice, essendo receduta senza preavviso, gli aveva cagionato un danno di importo corrispondente al cumulo dei canoni scaduti durante tutto il periodo per il quale l’immobile era rimasto sfitto[171] Corte di Cassazione, sentenza 9442 del 21-4-2010. In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che la dichiarazione d’improcedibilità dell’opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo con cui era stata disposta la restituzione della cauzione al conduttore comportasse la formazione di un giudicato in ordine all’esclusione del diritto del locatore al pagamento dei canoni e degli oneri condominiali rimasti insoluti ed al risarcimento dei danni[172] Corte di Cassazione, sentenza 12117/2003, Corte di Cassazione, sentenza 8 gennaio 2010, n. 75, Sez. III.[173] Trib. Salerno 30 novembre 2007; Corte di Cassazione, sentenza 25136/2006; Corte di Cassazione, sentenza 14655/2002[174] Corte di Cassazione, sentenza 23052/2009: nella specie, non essendo stata la relativa domanda riproposta in appello, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva condannato parte locatrice a corrispondere alla società conduttrice gli interessi sulla somma versata a titolo di cauzione[175] Trib. Modena 23 luglio 2004[176] Guarino – Tabet -[177] Giannattasio – Provera – Tifone – Mirabelli
[178]pag. 41, par.fo 5, punto 1 – Vizi non conosciuti
[179] Cass. III, sent. 13395 del 8-6-2007[180] Corte di Cassazione, sentenza 20067 del 19-7-2008
[181] Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 29 maggio 2012 n. 8561
[182] Tribunale Roma, Sezione 6 civile, sentenza 8 marzo 2012, n. 5363
[183] Corte di Cassazione, sentenza 5836 del 13-3-2007
[184] Vedi pag. 109, par.fo 8 – conseguenza del divieto
[185] Corte di Cassazione, sentenza 7-3-2001, n. 3343, conf. Cass. 21-1-86, n. 390[186] Corte di Cassazione, sentenza 26-1-87 n. 724.[187] Corte di Cassazione, sentenza 24206 del 14-11-2006. Nella specie, la S.C., sulla base dell’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito perché questa, avendo ravvisato inadempimento del conduttore per essere l’albergo destinato all’esercizio del meretricio, lo aveva ritenuto di gravità tale da comportare la risoluzione del contratto, affermando genericamentre che «ogni ulteriore considerazione pare superflua anche in ordine al pregiudizio che ne conseguiva per le proprietarie a seguito della diffusione di tali notizie»[188] Corte di Cassazione, sentenza 28-10-93, n. 10735. Nella specie, la Corte Suprema ha confermato la decisione del giudice di merito che ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione per avere il conduttore, senza il consenso del locatore, aperto una porta tra due locali contigui, costruito un soppalco e realizzate vetrine esterne[189] Corte di Cassazione, sentenza 11 maggio 2010, n. 11345[190] Corte di Cassazione, sentenza 2-4-97, n. 2868[191] Corte di Cassazione, sentenza 22-4-99, n. 3989. Nell’affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha ritenuto applicabile solo l’azione ordinaria di risoluzione ex art. 1453 cod. civ. ad una fattispecie relativa al mutamento di un laboratorio di pasticceria in esercizio di bar-pasticceria
[192] In base all’articolo 80 della legge n. 392 del 1978 , se il conduttore adibisce l’immobile a un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza. Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile.
Art. 80 Uso diverso da quello pattuito
Se il conduttore adibisce l’immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione(1). Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile. Qualora la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso prevalente.(1) La Corte cost., con sentenza 18 febbraio 1988, n. 185, ha dichiarato l’illegittimità cost. del presente comma, nella parte in cui dispone «e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione»
.[193]Corte di Cassazione, sentenza 21 febbraio 2006, n. 3683[194] Corte di Cassazione, sentenza 12-11-96, n. 9875[195] Corte di Cassazione, sentenza 17-5-90, n. 4279[196] Corte di Cassazione, sentenza 3-6-93, n. 6223[197] Corte di Cassazione, sentenza 28 ottobre 1995, n. 11301
[198]Vedi pag. 148, par.fo 12, lettera B) – indennità
[199] Corte di Cassazione, sentenza n. 4664/1989[200] Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza n. 11301/1995
[201]Vedi pag. 149, par.fo 12, lettera B) – indennità
[202] Corte di Cassazione, sentenza 19 maggio 2010, n. 12278[203] Corte di Cassazione, sentenza 24-3-99, n. 2792[204] Corte di Cassazione, sentenza 6 maggio 2010, n. 10962
[205] Vedi pag. 151, par.fo 12, lettera B) – Uso diverso dall’abitazione – diritto di prelazione
[206] Corte di Cassazione, sentenza 19 gennaio 2010, n. 699
[207]pag. 3, par.fo 1, punto 2[208]Vedi pag. 141, par.fo 12, lettera B – uso diverso dall’abitazione – canone [209] Corte di Cassazione, sentenza 4210 del 23-2-2007[210] Corte di Cassazione, sentenza 5-1-81, n. 24[211] Corte di Cassazione, sentenza 25-9-98, n. 9595[212] Corte di Cassazione, sentenza 23695 del 21-12-2004[213] Corte di Cassazione, Sez. Un. sentenza 28-12-90, n. 12210
[214]pag. 44, par.fo 5, punto 1 – riduzione del corrispettivo
[215] Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 7 maggio 2012
In senso conforme Corte di Cassazione, Sezione 6 civile, Ordinanza 23 giugno 2011, n. 13887. Il conduttore di un immobile non può astenersi dal versare il canone, ovvero ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, quand’anche tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. Inoltre, secondo il principio inadimplenti non est adimplendum, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede. Ancora in senso conforme Cass. III, sent. 7772 del 23-4-2004. In tema di locazione, al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore.(Nella specie, mancato mantenimento della cosa locata in condizioni da servire all’uso convenuto). La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore.[216] Tribunale Rovigo, civile, sentenza 7 luglio 2010, n. 271[217] Cassazione civ., Sez. III, 18 gennaio 2008, n. 261[218] Corte di Cassazione, sentenza 8 gennaio 2010, n. 74[219] Corte di Cassazione, sentenza 22-9-2000, n. 12527 (conf. Cass. 4-11-96, n. 9543 )[220] Corte di Cassazione, sentenza 7-12-86, n. 7628[221] Cassazione civ., Sez. III, 30 ottobre 2008, n. 26064[222] Corte di Cassazione, sentenza 8129 del 3-4-2009. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto inoperante il recesso dalla fideiussione, benché le parti avessero tenuto un comportamento contrario alla buona fede, in quanto, pur essendo edotte della volontà del fideiussore di recedere dal vincolo, avevano rinnovato il contratto di locazione, trasferendo sullo stesso la garanzia disdettata
[223]Vedi pag. 61, par. 5, n. 4 – caparra
[224]Vedi pag. 34, par.fo 4, lettera D
[225] Corte di Cassazione, sentenza. 6-4-83, n. 2418[226] Corte di Cassazione, sentenza 17-2-97, n. 1441[227]pag. 47, par.fo 5, punto 2 [228] Corte di Cassazione, sentenza 19-1-2001, n. 782[229] Corte di Cassazione, sentenza n. 16231/ 2005; Corte di Cassazione, sentenza 11321/1996; Cass., Sez. Unite, n. 12019/1991[230] Corte di Cassazione, sentenza 2422/2004, Corte di Cassazione, sentenza 782/ 2001[231] Corte di Cassazione, sentenza 4994/1996[232] Corte di Cassazione, sentenza 24737/ 2007[233] Corte di Cassazione, sentenza 2422/2004[234] Corte di Cassazione, sentenza 1878/2006[235] Corte di Cassazione, sentenza 9 giugno 2010, n. 13881, Sez. II
[236] Per una maggiore disamina dell’istituto aprire il seguente collegamento Le immissioni ex art. 844 c.c.
[237] Cass. n. 20427/2008; Cass. n. 26086/2005; Cass. n. 21684/2005; Cass. n. 5326/2005; Cass. n. 376/2005; Cass. n. 15429/ 2004; Cass. n. 12211/2003; Cass. n. 5578/ 2003; Cass. n. 472/2003; Cass. n. 584/2001.[238] Corte di Cassazione, sentenza 19185 del 15-12-2003[239] Corte di Cassazione, sentenza 20434 del 25-7-2008. Nella specie la S.C. ha cassato la decisione dei giudici di merito che, pur dando atto, nella sentenza impugnata, che i lavori fatti eseguire dalla società conduttrice, in occasione dei quali si era prodotto il danno alle tubazioni di raccolta delle acque, avevano comportato la ristrutturazione dell’edificio con radicali interventi non solo sulle parti visibili dello stesso ma anche sugli impianti idrici e fognari, in base a tale situazione avevano erroneamente escluso la responsabilità della conduttrice[240] Corte di Cassazione, sentenza 2-8-2000, n. 10126. Nel caso di specie la Corte ha accolto il ricorso con il quale si censurava la sentenza che aveva ritenuto in un caso di furto di una cinepresa data in locazione e custodita in un camper l’esistenza della causa non imputabile[241] Corte di Cassazione, sentenza 3-11-82, n. 5776[242] Corte di Cassazione, sentenza 22-4-97, n. 3470
[243]Vedi pag. 36, par. 5 – numero 1 – consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione
[244]Vedi pag. 61, par. 5, n. 4 – caparra
[245] Barbero[246] Capozzi – Tabet – Provera – Tifone – Mirabelli – e la giurisprudenza prevalente[247] Corte di Cassazione, sentenza 11189 del 15-5-2007. Nella specie, la S.C., ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che non aveva ravvisato la sussistenza del nesso causale fra l’inadempimento dell’ente conduttore e quello dei locatori concernente il contratto preliminare di vendita intervenuto con terzi per il fatto che i locatori stessi si erano assunti l’obbligo di consegnare l’immobile alla promissaria acquirente sgombro prima ancora di ottenere la rimozione dei prefabbricati insistenti sul terreno oggetto del preliminare senza valutare se tale fatto fosse da solo idoneo a produrre l’evento dannoso, addossando, altresì, ai ricorrenti locatori un’attività straordinaria, consistente in un «facere», alla quale, secondo lo sviluppo fisiologico delle reciproche obbligazioni del contratto locatizio, essi non erano tenuti, ritenendo erroneamente, peraltro, l’irrisarcibilità del danno nella fattispecie, siccome imprevedibile[248] Corte di Cassazione, sentenza 18-6-91, n. 6896[249] Corte di Cassazione, sentenza 23721 del 16-9-2008. Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito che, pur dando atto che i lavori di ripristino eseguiti dal locatore includevano opere diverse e maggiori rispetto a quelle rese indispensabili dall’eliminazione dei danni arrecati dal conduttore, aveva liquidato a titolo di danni l’intera somma spesa per la ristrutturazione dell’immobile[250] Corte di Cassazione, sentenza 5-6-96, n. 5270. Nella specie, le parti si erano incontrate per risolvere consensualmente il contratto di locazione, ma il conduttore aveva omesso di riconsegnare al locatore tutte le chiavi dell’appartamento, nel quale, successivamente, si era verificato un allagamento. Il locatore, privo delle chiavi, aveva dovuto accedere all’immobile a mezzo dei vigili del fuoco ed aveva provveduto alle conseguenti riparazioni. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza del merito che ha condannato il conduttore al risarcimento dei danni in favore del locatore, riconoscendo che il contratto era da ritenersi effettivamente risolto consensualmente dalle parti, ma che il conduttore stesso aveva omesso di assolvere al suo onere di provare l’avvenuta restituzione dell’immobile, con le relative chiavi di accesso[251]Corte di Cassazione, sentenza 23086 del 16-11-2005. Nella specie, la S.C., confermando la sentenza di merito impugnata, ha rilevato la congruità e la logicità della relativa motivazione con la quale, al di là della mancata prova da parte del locatore circa l’assunta diminuzione patrimoniale subita, era rimasto incontestato che l’immobile, dopo il suo rilascio da parte del conduttore convenuto, era stato locato ad un istituto bancario, che, per adattare i locali alle proprie esigenze, aveva proceduto ad un’integrale ristrutturazione degli stessi, anche con parziali demolizioni, senza che, peraltro, fosse rimasto provato che il locatore avesse locato l’immobile al nuovo conduttore ad un prezzo inferiore a quello altrimenti esigibile, per effetto dell’assunta situazione di degrado in cui versava l’immobile stesso[252] Corte di Cassazione, sentenza 1-7-98, n. 6417[253] Corte di Cassazione, sentenza 5841 del 24-3-2004[254]
Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza del 26 luglio 2012, n. 13189[255]
Corte di Cassazione, sentenza 2086/2002; Corte di Cassazione, sentenza 1941/2003[256] Corte di Cassazione, sentenza 3 settembre 2007, n. 18496; Corte di Cassazione, sentenza 7 giugno 2006 n. 13345; Corte di Cassazione, sentenza 14 febbraio 2006 n. 3184; Corte di Cassazione, sentenza 6090/2002; Corte di Cassazione, sentenza 2419/1999[257] Corte di Cassazione, sentenza 14-10-93, n. 10152[258] Corte di Cassazione, sentenza 23 aprile 2004, n. 7776, che nella specie aveva escluso valore di offerta formale a una raccomandata di messa a disposizione del bene, concretatesi in una mera dichiarazione unilaterale da parte del conduttore[259] Corte di Cassazione, sentenza III, sent. 7992 del 2-4-2009[260] Corte di Cassazione, sentenza 13-7-98, n. 6856, conf. Cass. 18-6-93, n. 6798, rv. 482809; Cass. 7-4-70, n. 958[261] Corte di Cassazione, sentenza 7-6-95, n. 6368[262] Corte di Cassazione, sentenza 26-11-97, n. 11843
[263]Vedi pag. 10, par.fo 1 – lettera C
[264] Corte di Cassazione, sentenza 18524 del 3-9-2007[265] Corte di Cassazione, sentenza 3183 del 14-2-2006[266] Corte di Cassazione, sentenza 2086 del 13-2-2002
[267]Vedi pag. 148, par.fo 12, lettera B) – indennità [268] Corte di Cassazione, sentenza 6090 del 26-4-2002[269] Corte di Cassazione, sentenza 993 del 28-1-2002[270] Corte di Cassazione, sentenza 6958 del 22-3-2007[271]ex plurimis Cass. civ. n. 10115/1997; Cass. civ. n. 5051/2009[272] ex plurimis Cass. civ. n. 23720/2008; Cass. civ. n. 8071/2007; Cass. civ. n. 6958/2007[273] Corte di Cassazione, sentenza 5051/2009; Corte di Cassazione, sentenza 13628/2004[274] Corte di Cassazione, sentenza 26061/2008[275] Corte di Cassazione, sentenza 1224/2006[276] Corte di Cassazione, sentenza 29-11-2000, n. 15301. Nella specie, un privato aveva continuato ad occupare un’area demaniale marittima per molti anni dopo che era scaduta la concessione. L’Amministrazione delle Finanze pretendeva il risarcimento del danno nella misura del vantaggio ricevuto dall’occupante. La S.C. ha confermato la sentenza di merito che, invece, ha attribuito all’Amministrazione il risarcimento determinato nella misura del danno subito dalla stessa e liquidato con riferimento al canone pagato dal privato durante il periodo della legittima occupazione dell’area[277] Corte di Cassazione, sentenza 4484 del 25-2-2009[278] Corte di Cassazione, sentenza 3327 del 7-3-2002
[279] Per una maggiore disamina dell’istituto aprire il seguente collegamento Il rafforzamento degli effetti del contratto 1) la clausola penale; 2) la caparra confirmatoria; 3) la caparra penitenziale
[280] Corte di Cassazione, sentenza 4-11-93, n. 10887
[281]Vedi pag. 148, par.fo 12, lettera B) – uso diverso dall’abitazione – indennità
[282] Corte di Cassazione Sez. Un. , sentenza 15-11-2000, n. 1177[283] Corte di Cassazione, sentenza 9488 del 20-4-2007
[284] Vedi pag. 138, par.fo 12, lettera B)[285] Corte di Cassazione, sentenza 27-5-95, n. 5927[286] Corte di Cassazione, sentenza 3-4-95, n. 3913[287] Corte di Cassazione, sentenza 22-9-2000, n. 12527[288] Corte di Cassazione, sentenza 15621 del 7-11-2002
[289] Testo del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (in Gazzetta Ufficiale – serie generale – n. 303 del 29 dicembre 2010), coordinato con la legge di conversione 26 febbraio 2011, n. 10 (in GU n. 47 del 26-2-2011 – Suppl. Ordinario n. 53), recante: «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.». A norma dell’art. 27 comma 16, dell’ultimo decreto Milleproroghe sono stati rinviati al 31.12.2012 gli sfratti in corso, negli stessi termini di cui al precedente Decreto 158/2008 e successive modifiche. Dispone il comma 16 del richiamato art. 27: «all’art 1, comma 1, del Decreto Legge 20 Ottobre 2008, n° 158, convertito, con modificazioni, dalla Legge 18 Dicembre 2008, n° 199, come da ultimo modificato dall’art. 2, comma 12-sexies, del Decreto Legge 29 Dicembre 2010, n° 225, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 Febbraio 2011, n° 10, in materia di esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione di immobili ad uso abitativo, le parole “al 31 Dicembre 2011” sono sostituite dalle seguenti “al 31 Dicembre 2012”». Si riporta per comodità l’art. 1, comma uno, del D.L. 20.10.2008, n. 158: «al fine di ridurre il disagio abitativo e di favorire il passaggio da casa a casa per le particolari categorie sociali individuate dall’articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9, in attesa della realizzazione delle misure e degli interventi previsti dal Piano nazionale di edilizia abitativa di cui all’articolo 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo, gia’ sospesa fino al 15 ottobre 2008 ai sensi dell’articolo 22-ter del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, e’ ulteriormente differita al 31 dicembre 2011, nei comuni di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9».[290] Corte di Cassazione, sentenza 14-8-91, n. 8842
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