Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 15 novembre 2017, n. 27093. In materia di trattamento contributivo dell’indennita’ di trasferta

In materia di trattamento contributivo dell’indennita’ di trasferta, alla stregua dei criteri di interpretazione letterale, storica, logico-sistematica e teleologica, l’espressione “anche se corrisposta con carattere di continuita’” – presente sia nella L. 4 agosto 1984, n. 467, articolo 11 sia nel vigente articolo 51, comma 6, del TUIR (cosi’ come nel comma 6 dell’articolo 48 del TUIR, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 2 settembre 1997, n. 314) – deve essere intesa, nel senso che l’eventuale continuativita’ della corresponsione del compenso per la trasferta non ne modifica l’assoggettabilita’ al regime contributivo (e fiscale) meno gravoso (di quello stabilito in via generale per la retribuzione imponibile), rispettivamente previsto dalle citate disposizioni.
Il Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, articolo 7-quinquies (convertito dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225) – che ha introdotto una norma retroattiva autoqualificata di “interpretazione autentica” del comma 6 dell’articolo 51 del TUIR, con la quale ha stabilito (comma 1) che i lavoratori rientranti nella disciplina prevista dal suddetto comma 6 sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti tre condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attivita’ lavorativa che richiede la continua mobilita’ del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attivita’ lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennita’ o maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”, attribuite senza distinguere se il dipendente si e’ effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si e’ svolta, aggiungendo che, in caso di mancata contestuale esistenza delle suindicate condizioni, e’ riconosciuto il trattamento previsto per le indennita’ di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51 – risulta conforme ai principi costituzionali di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento nella certezza delle situazioni giuridiche, oltre che all’articolo 117 Cost., comma 1, sotto il profilo del principio di preminenza del diritto e di quello del processo equo, consacrati nell’articolo 6 della CEDU. Infatti, tale norma retroattiva ha attribuito alla norma interpretata un significato non solo compatibile con il suo tenore letterale ma piu’ aderente alla originaria volonta’ del legislatore, con la finalita’ di porre rimedio ad una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo, determinata da un persistente contrasto tra la giurisprudenza di legittimita’, le Pubbliche Amministrazioni del settore e la variegata giurisprudenza di merito

Sentenza 15 novembre 2017, n. 27093
Data udienza 24 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Primo Presidente f.f.

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di Sez.

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 8844/2011 proposto da:
(OMISSIS), titolare dell’omonima ditta individuale, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) S.P.A. AGENTE PER LA RISCOSSIONE PER LA PROVINCIA DI TORINO;
– intimata –
avverso la sentenza n. 850/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata l’11/10/2010;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/10/2017 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).
ESPOSIZIONE DEL FATTO
1. Con sentenza depositata l’11 ottobre 2010, la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato (OMISSIS), titolare dell’omonima ditta individuale, a pagare all’INPS, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) s.p.a., i contributi dovuti sulle somme corrisposte ai propri dipendenti a titolo di indennita’ di trasferta nella misura di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 51, comma 6, (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR).
2. La Corte territoriale, per quel che qui interessa, ha sottolineato che:
a) l’INPS ha impugnato la sentenza di primo grado esclusivamente nella parte attinente al mancato assoggettamento a contribuzione degli importi versati sotto la voce “indennita’ di trasferta” della opposta cartella di pagamento (verbale di accertamento n. 509/2007) mentre non ha formulato alcuna doglianza con riferimento alla parte della sentenza stessa riguardante i contributi riferibili al lavoratore (OMISSIS) (verbale di accertamento n. 309/2007) del pari inseriti nella suindicata cartella di pagamento;
b) pertanto, su tale ultima parte della decisione si e’ formato il giudicato;
c) quanto alla prima parte, va precisato che la suindicata ditta individuale svolge lavori di impiantistica in cantieri itineranti posti in luoghi sempre diversi e variabili e corrisponde ai propri dipendenti nei giorni di presenza e di svolgimento di attivita’ al di fuori del Comune (Settimo Torinese) dove ha sede un’indennita’ di trasferta giornaliera non eccedente i limiti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 51, comma 5;
d) la suddetta indennita’ non viene corrisposta quando i lavoratori svolgono mansioni di preistallaggio presso la sede della ditta ovvero attivita’ presso terzi all’interno del menzionato Comune;
e) dall’istruttoria svolta e’ emerso che, invece, alla presente fattispecie va applicato l’articolo 51, comma 6, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 cit. secondo cui, a prescindere dalle modalita’ di pagamento, il datore di lavoro e’ tenuto a versare i contributi dovuti all’INPS sull’indennita’ corrisposta ai dipendenti nella misura dovuta per le indennita’ dei lavoratori c.d. trasferisti (50% del valore dell’indennita’).
3. Per la cassazione della suddetta sentenza (OMISSIS) propone ricorso per due motivi; l’INPS – in proprio e quale procuratore speciale della (OMISSIS) s.p.a. – resiste, con controricorso; (OMISSIS) s.p.a. non svolge attivita’ difensiva in questa sede.
4. In prossimita’ dell’udienza presso la Sezione Lavoro di questa Corte il ricorrente ha anche depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ., nella quale ha fatto espresso riferimento allo jus superveniens rappresentato dal Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, articolo 7-quinquies (convertito dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225), rilevando che con esso il legislatore ha fatto proprio l’indirizzo interpretativo dell’Amministrazione finanziaria e dello stesso INPS (in sede amministrativa), che non era stato condiviso da alcune sentenze di questa Corte.
5. Con ordinanza interlocutoria 18 aprile 2017 n. 9317 la Sezione Lavoro di questa Corte ha rilevato che il sopravvenuto cit. Decreto Legge n. 193 del 2016, articolo 7-quinquies ha stabilito che l’articolo 51, comma 6, del Decreto del Presidente della Repubblica debba essere interpretato autenticamente “nel senso che i lavoratori rientranti nella disciplina ivi stabilita sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro; b) lo svolgimento di un’attivita’ lavorativa che richiede la continua mobilita’ del dipendente; c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attivita’ lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennita’ o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si e’ effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si e’ svolta”; precisando poi, al comma 2, che “Ai lavoratori ai quali, a seguito della mancata contestuale esistenza delle condizioni di cui al comma 1, non e’ applicabile la disposizione di cui all’articolo 51, comma 6, del testo unico di cui al citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e’ riconosciuto il trattamento previsto per le indennita’ di trasferta di cui al medesimo articolo 51, comma 5”.
Nella suindicata ordinanza si sostiene che, con la previsione tra le condizioni richieste per la configurabilita’ di una fattispecie cui si applica l’articolo 51, comma 6, cit., anche della corresponsione delle indennita’ e delle maggiorazioni ivi previste “in maniera fissa e continuativa” – elemento invece considerato irrilevante dalla giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla sentenza 13 gennaio 2012, n. 396 – il legislatore, con una disposizione non interpretativa ma innovativa con effetti retroattivi, avrebbe attribuito al suddetto comma 6 un significato che non poteva in alcun modo essere incluso nel novero dei suoi significati possibili.
Pertanto, la Sezione Lavoro, sull’assunto secondo cui la questione del calcolo dei contributi dovuti sulle indennita’ corrisposte dal datore di lavoro ai dipendenti che prestano la loro opera al di fuori della sede dell’impresa ha dato luogo, nel tempo, ad un rilevante contenzioso – che ha visto susseguirsi plurimi e contrastanti interventi del legislatore e di questa stessa Corte – ha disposto la rimessione della presente controversia al Primo Presidente, per la valutazione della relativa assegnazione alle Sezioni Unite, considerando la suddetta questione qualificabile come questione di massima di particolare importanza, a norma dell’articolo 374 c.p.c., comma 2.
6. Il ricorso e’ stato quindi assegnato dal Primo Presidente a queste Sezioni Unite.
7. In prossimita’ dell’odierna udienza entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 – Sintesi delle censure.
1. Il ricorso e’ articolato in due motivi.
1.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 51 (gia’ articolo 48), per avere la Corte di merito ritenuto che i contributi dovuti sull’indennita’ di trasferta corrisposta dalla ditta ricorrente ai propri dipendenti debbano essere assoggettati al regime di cui all’articolo 51 cit., comma 6, e dunque commisurati al cinquanta per cento del valore dell’indennita’ stessa, benche’ detta indennita’ non venisse corrisposta se i dipendenti prestavano la propria attivita’ presso la sede dell’impresa ovvero presso, cantieri situati entro un raggio di 20 km dal Comune dove l’impresa stessa ha sede.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 26 del CCNL 27 novembre 1997 per i dipendenti di imprese metalmeccaniche artigiane, per non avere la Corte territoriale considerato che tale norma esclude la natura retributiva dell’indennita’ di trasferta corrisposta ai lavoratori che prestino la propria opera fuori dalla sede dell’impresa.
L’INPS ha resistito con controricorso, eccependo tra l’altro l’improcedibilita’ del ricorso, limitatamente al secondo motivo, per mancato deposito del contratto collettivo invocato a sostegno della censura.
2 – Esame delle censure.
2. L’esame delle censure porta all’accoglimento del primo motivo del ricorso, per le ragioni di seguito esposte, e al conseguente assorbimento del secondo motivo.

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