Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 15 novembre 2017, n. 27093. In materia di trattamento contributivo dell’indennita’ di trasferta

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16. Per tali ragioni, gia’ nella citata sentenza delle Sezioni Unite 30 giugno 1985, n. 3292 e poi nella vicenda riguardante la norma retroattiva di cui al Decreto Legge n. 103 del 1991, articolo 9-ter (seguito dal Decreto Legge n. 6 del 1993, articolo 4-quater), conclusasi con la sentenza della Corte costituzionale n. 292 del 1997, la giurisprudenza di questa Corte si e’ orientata nel senso di ritenere applicabile il regime contributivo, di tempo in tempo, piu’ rigoroso – originariamente commisurato al 100 per cento e poi al 50 per cento del rispettivo ammontare – per i compensi corrisposti per l’effettuazione di prestazioni normalmente rese fuori di una sede abituale di lavoro in base a specifiche pattuizioni contrattuali.
17. Nella medesima ottica, a partire dalla citata sentenza n. 396 del 2012, nella giurisprudenza di questa Corte si e’ affermato – e consolidato – il principio in base al quale per l’applicazione dell’articolo 51, comma 6, del TUIR (secondo cui i compensi in oggetto concorrono a formare reddito, assoggettabile a contribuzione previdenziale, nella misura del cinquanta per cento del loro ammontare) non si richiede che le indennita’ e le maggiorazioni ivi previste siano corrisposte in “maniera fissa e continuativa”, anche indipendentemente dalla effettuazione della trasferta e dal tipo di essa e ferma l’irrilevanza dell’assunzione del dipendente avvenuta per una determinata sede.
A sostegno di tale tesi e’ stato precisato che:
a) l’articolo 51, comma 6, cit. indica come eventuale la “rigida continuita’” (“anche se”) mentre concentra il nucleo significativo della disposizione, in rapporto a quello del precedente comma 5, nel dato relativo ad una erogazione corrispettiva dell’obbligo contrattuale assunto dal dipendente di espletare normalmente le proprie attivita’ lavorative in luoghi sempre variabili e diversi e quindi al di fuori di una qualsiasi sede di lavoro prestabilita;
b) esso si riferisce, testualmente, al caso in cui la normale attivita’ lavorativa si debba svolgere contrattualmente al di fuori di una sede di lavoro prestabilita, ancorche’ l’assunzione del dipendente sia avvenuta per una determinata sede, e ha riguardo al pagamento di un’indennita’ o maggiorazione erogata in ragione di questa caratteristica, anche se non in giorni quali ferie o malattia e in misura variabile, in relazione alle localita’ di volta in volta assegnate;
c) non possono valere in contrario le circolari n. 326/E del 23 dicembre 1997 e n. 101/E, 19 maggio 2010 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ritenute applicabili anche in materia di retribuzione previdenziale dal messaggio della Direzione Generale dell’INPS n. 27271 del 5 dicembre 2008 – secondo le quali la disciplina dell’articolo 51, comma 6 sarebbe applicabile unicamente per quelle indennita’ o maggiorazioni della retribuzione attribuite per tutti i giorni retribuiti, senza distinguere se il dipendente si e’ effettivamente recato in trasferta e dove questa si e’ svolta – perche’ non costituiscono fonti del diritto e neppure hanno la portata interpretativa che si vuole loro attribuire.
18. La successiva giurisprudenza di legittimita’ si e’ uniformata alla suindicata sentenza, come risulta anche dall’ordinanza di rimessione della presente causa (vedi, per tutte: Cass. 17 febbraio 2016, n. 3066, Cass. 11 settembre 2015, n. 17982; Cass. 23 dicembre 2014, n. 27303; Cass. 6 marzo 2014, n. 5289; Cass. 26 febbraio 2013, n. 4837; Cass. 7 ottobre 2013, n. 22796; Cass. 9 marzo 2012, n. 3824).
Peraltro, in dottrina e da parte delle Amministrazioni del settore si e’ subito osservato – gia’ a commento della citata sentenza n. 396 del 2012 – che con essa era stato riaperto un problema che, alla luce della precedente giurisprudenza, sembrava superato.
E, con il consolidarsi del suddetto indirizzo, per la determinazione del trattamento contributivo e fiscale in oggetto si sono registrate notevoli incertezze, determinate dalla mancata condivisione di tale orientamento da parte delle Pubbliche Amministrazioni del settore nonche’ da una variegata giurisprudenza di merito.
19. Nel frattempo si e’ registrato un notevole inasprimento delle sanzioni a carico dei datori di lavoro per infedele registrazione o non conforme registrazione/scritturazione della voce “trasferta” nel Libro Unico del Lavoro (LUL), con applicazione del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 39, comma 7, convertito dalla L. n. 133 del 2008 (modificato dal Decreto Legislativo n. 151 del 2015, articolo 22), come risulta, in particolare, dalla nota n. 11885 del 14 giugno 2016 della Direzione Generale per l’Attivita’ Ispettiva, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nonche’ dalle circolari n. 22/2008 e n. 26 del 12 ottobre 2015 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
E si e’ specificato che, in materia di trasferta, il regime sanzionatorio per infedele registrazione sul Libro Unico del Lavoro previsto dal Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 39, comma 7, puo’ trovare applicazione nei casi in cui la registrazione del dato risulti sostanzialmente infedele sotto il profilo quantitativo che qualitativo.
20. Questa e’ la situazione in cui il legislatore e’ intervenuto con il Decreto Legge n. 193 del 2016, articolo 7-quinquies, introducendo una norma autoqualificata di “interpretazione autentica” del comma 6 dell’articolo 51 del TUIR, con la quale ha stabilito (comma 1) che i lavoratori rientranti nella disciplina prevista dal suddetto comma 6 sono quelli per i quali sussistono contestualmente le seguenti tre condizioni: a) la mancata indicazione, nel contratto o nella lettera di assunzione, della sede di lavoro (elemento formale); b) lo svolgimento di un’attivita’ lavorativa che richiede la continua mobilita’ del dipendente (elemento sostanziale); c) la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attivita’ lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennita’ o maggiorazione di retribuzione “in misura fissa”, attribuite senza distinguere se il dipendente si e’ effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si e’ svolta (elemento retributivo). Ed ha aggiunto che, in caso di mancata contestuale esistenza delle suindicate condizioni, non e’ applicabile la disposizione di cui al comma 6 dell’articolo 51 TUIR, ma e’ riconosciuto il trattamento previsto per le indennita’ di trasferta di cui al comma 5 del medesimo articolo 51 (esenzione totale).
Si tratta quindi di una norma con la quale sono stati dettati criteri univoci per distinguere, ai fini contributivi (e fiscali), la situazione dei “trasferisti abituali” da quella dei “trasferisti occasionali”, superando il precedente criterio distintivo legato alla – variabile – ricostruzione della singola fattispecie di volta in volta esaminata.
Questo si desume agevolmente dal testo della norma nonche’ da Cass. 27 giugno 2017, n. 15379 nella quale e’ stata data applicazione del citato articolo 7-quinquies in una fattispecie in cui si e’ riscontrata la sussistenza di tutti i requisiti ivi indicati per l’applicazione del regime di cui all’articolo 51, comma 6, cit..
21. Nell’ordinanza di rimessione, si sostiene che il legislatore, includendo tra le condizioni richieste per la configurabilita’ di una fattispecie cui si applica articolo 51, comma 6, cit. anche la corresponsione delle indennita’ e delle maggiorazioni in oggetto “in maniera fissa e continuativa”, avrebbe attribuito alla norma interpretata un significato non compatibile con il suo tenore letterale, come indicato dalla giurisprudenza di legittimita’.

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