Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 13 novembre 2017, n. 5224. La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico

La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, costituisce dunque una decisioni normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza.

Sentenza 13 novembre 2017, n. 5224
Data udienza 5 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9328 del 2016, proposto da:
In. – Er Ag. Re. Pe. Lo Sv. de. Me. Te., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Lo., Ar. Po., con domicilio eletto presso lo studio Ar. Po. in Roma, via (…);
contro
S.G. – So. Ge. Se. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Do. Ge., Ad. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Domenico Gentile in Roma, via (…);
nei confronti di
Me. Se. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Br., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del TAR Emilia-Romagna, sede di Bologna – sez. II, n. 883/2016, resa tra le parti, concernente affidamento servizio di pulizia igiene ambientale e altri servizi per aziende sanitarie;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sg. – So. Ge. Se. Srl e di Me. Se. Spa e di Autorità Nazionale Anticorruzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Fi. De. su delega di Ar. Po., Do. Ge., Ma. Br. e l’Avvocato dello Stato Ma. An. Sc.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il presente gravame l’Agenzia Regionale In.-ER impugna la sentenza con cui il Tar Bologna, previa la loro riunione:
a) ha accolto il ricorso della SG. – So. Ge. Se. s.r.l., ed ha annullato il bando pubblicato della gara diretta alla stipula di una convenzione quadro ai sensi dell’art. 21 L.R. 24 maggio 2004 n. 11 per l’affidamento del servizio di pulizia, igiene ambientale e altri servizi per le Aziende Sanitarie USL di Imola Parma e Piacenza, l’Azienda Ospedaliera di Parma e di Modena e Istituto Ortopedico Ri.;
b) ha dichiarato improcedibile un secondo ricorso con cui, la Me. Se. S.p.a. ha chiesto l’annullamento dei medesimi atti.
La decisione è fondata sulla violazione della disciplina sui contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in violazione dell’art. 216, comma 1 del medesimo, ed in conseguenza per l’illegittimità della gara, nella quale la mancata suddivisione in lotti “funzionali” avrebbe impedito l’accesso alla gara delle piccole e medie imprese.
L’appellante In.er contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado lamentando l’erroneità delle conclusioni della sentenza.
Con le rispettive memorie ai sensi dell’art. 101, comma 2 c.p.a., si sono costituiti in giudizio all’appello sia la S.G. e sia la Me. Se., riproponendo i motivi dichiarati assorbiti (S.G.) o non esaminati (Me. Se.) in primo grado.
Con ordinanza cautelare n. 338 del 27 gennaio 2017, la Sezione ha accolto la richiesta di sospensione cautelare della sentenza ma ha sottolineato, oltre all’erroneità dell’individuazione della disciplina pro tempore ritenuta applicabile dal Tar, anche la non manifesta infondatezza di alcune censure dedotte dalle società ricorrenti in primo grado.
La Sezione, con sentenza parziale n. 2549 del 29 maggio 2017:
a) ha accolto in parte l’appello di In., sull’assunto per cui il momento della pubblicazione sulla G.U.C.E. — sia nel vecchio che nel nuovo codice — è l’unico rilevante sia per la validità della pubblicazione per gli appalti sopra soglia e sia ai fini della definizione dei criteri di partecipazione e di aggiudicazione della gara;
b) per altra parte ha ritenuto necessario, preliminarmente all’esame dei motivi di primo grado delle società, sollevare il contradittorio su due aspetti problematici, non trattati dalle parti:
— il primo è relativo alla questione se, una volta annullata la sentenza in appello, i due gravami originari possano, o meno, essere decisi in questa sede ovvero debbano essere rinviati al primo grado in applicazione dell’art. 105 c.p.a.;
— il secondo aspetto concerne la successiva eventuale questione una volta che i ricorsi delle società abbiano ripreso la loro autonomia questi possano essere decisi unitariamente ovvero debbano essere esaminati separatamente, l’uno dall’altro, nel presente giudizio di appello;
c) ha, altresì, disposto istruttoria per accertare quale fosse lo stato della procedura di gara oggetto di controversia.
Al quest’ultimo riguardo In. ha specificato che, alla data 15 giugno 2017, lo scrutinio delle offerte tecniche era in corso.
Quanto ai due aspetti sub lett. b), con le proprie memorie e relative repliche, le parti hanno concordemente richiamato quanto al primo profilo, il principio devolutivo dell’appello ed, in ordine al secondo, la preferenza per una decisione congiunta in appello di tutte le questioni. Nel merito, hanno ribadito le proprie tesi ed insistito nelle rispettive conclusioni.
Chiamata all’udienza di discussione, i difensori delle ricorrenti, tra l’altro, hanno insistito nelle proprie tesi e ricordato che per tutti i lotti della gara avrebbero partecipato solo 14 concorrenti: mentre il difensore dell’appellante ha sottolineato la legittimità del bando.
Il gravame è stato conseguentemente ritenuto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.§. In primo luogo il Collegio concorda con le parti che, nella specie, non sussistono i presupposti per la rimessione della causa al giudice di primo grado.
Nella vicenda processuale in esame non si è infatti -verificata alcuna violazione del contradittorio sostanziale sui motivi assorbiti o non esaminati sui quali tutte le parti hanno potuto ampiamente dedurre, e replicare su tutte le tesi avversarie.
Come esattamente ricordato dalla Difesa di S.G., l’assorbimento dei motivi è comunque esso stesso un esito del giudizio che, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., comporta solamente l’onere di una tempestiva riproposizione in caso di appello. Cosa che, nella specie, è ritualmente avvenuta.
Infine, essendo evidente la connessione oggettiva e parzialmente soggettiva di entrambi i gravami, si può procedere alla congiunta complessiva decisione di tutte le questioni introdotte.
2.§. Per ragioni di economia espositiva tutti i profili di gravame possono essere esaminati congiuntamente.
2.§.1. Con l’unico motivo di ricorso, non esaminato dal Tar e riproposto nella memoria di costituzione in data 27 dicembre 2016, la S.G. assume l’illegittimità del bando di In.er per la mancata suddivisione dell’appalto in lotti “funzionali e/o prestazionali”. Le attività oggetto dell’affidamento, essendo di importi spropositati, non avevano permesso di partecipare alla Società che, nel periodo indicato dal bando, aveva un fatturato complessivo variabile tra i E. 3.532.927 ed i E. 4.373.383, di cui la metà circa per le attività di sanificazione.
La gara centralizzata, caratterizzata dall’elevato valore economico di ciascun lotto richiede una capacità economico finanziaria e tecnico organizzativa evidentemente non compatibile con quella delle imprese di più ridotte dimensioni e violerebbe le regole e gli obiettivi del legislatore europeo in favore delle PMI, recepite anche dal nuovo codice.
In.er ha suddiviso l’appalto in lotti su base macro-territoriale accorpando diverse aziende e presidi ospedalieri in violazione dell’obbligo stringente di prevedere una ripartizione dei lotti secondo criteri “funzionali o prestazionali”, comunque idonei ad aprire il mercato alle PMI così come stabilito dall’art. 51, comma 1(che recepisce l’articolo 46 della direttiva n. 24/2014) e dall’articolo 3, lett. qq) del d.lgs. n. 50/2016 e i quali sarebbero entrati in vigore fin dal 19 aprile 2016.
Di qui l’illegittimità di un bando i cui lotti, oscillando tra i 20 milioni di euro e di 40 milioni di euro, non sarebbero adeguati alla predetta normativa ed altresì violerebbero il criterio geografico coincidente con l’ambito territoriale di competenza delle singole Asl, accorpando servizi da eseguirsi su immobili posti a notevole distanza.
Nella memoria per l’udienza, la S.G. richiama altresì l’art. 2, comma l bis, del d.lgs. n. 163/2006 e sottolinea comunque che il legislatore, con il d.l. n. 201/2011 ed il d.l. n. 95/2012, aveva posto l’obbligo di garantire la massima partecipazione alle piccole e medie imprese.
Con l’illegittima richiesta, quale requisito di partecipazione, della fascia di classificazione “L” e con la richiesta di contratti analoghi nel triennio per un valore pari E. 38 milioni di euro, si sarebbe impedita la partecipazione alla gara alla S.G. ed alle altre piccole e medie imprese.
2.§.2. A sua volta, con la propria memoria di costituzione, ai sensi dell’articolo 101 c.p.a la Me. Se. S.p.A. ripropone le sue censure non esaminate in primo grado.
2.§.3. L’impostazione complessiva degli atti della gara in questione avrebbe violato l’articolo 42 del d.lgs. n. 163/2006 ed i principi di concorrenza e di massima partecipazione. In corrispondenza della strutturazione di lotti di valore molto elevato, il bando richiedeva ai concorrenti il possesso di un fatturato “specifico”, cioè esattamente coincidente con l’oggetto dell’appalto per servizi specifici di pulizie presso strutture sanitarie, mentre il codice consentiva la richiesta di servizi “nel settore” oggetto della gara.
La giurisprudenza aveva sanzionato l’illegittimità della richiesta di “requisiti identici” in quanto, di per se, suscettibile di creare situazioni di monopolio o oligopolio e di restringimento della concorrenza.

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