Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 15 novembre 2017, n. 27093. In materia di trattamento contributivo dell’indennita’ di trasferta

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3. La questione sulla quale le Sezioni Unite sono chiamate a pronunciarsi dall’ordinanza interlocutoria del 18 aprile 2017 n. 9317 riguarda il regime contributivo applicabile alle indennita’ corrisposte dal datore di lavoro ai dipendenti che prestano la loro opera al di fuori della sede dell’impresa, alla luce dello jus superveniens rappresentato dal Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, articolo 7-quinquies (convertito dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225).
Il problema da risolvere e’ quello di stabilire se il trattamento contributivo da applicare in concreto alle indennita’ corrisposte dalla ditta ricorrente ai dipendenti sia quello previsto per i “trasfertisti occasionali” dal Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 51, comma 5, (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR) oppure quello stabilito per i “trasferisti abituali” dall’articolo 51, comma 6, del TUIR, sul quale e’ intervenuto il contestato jus superveniens.
Per una migliore comprensione della soluzione data a tale questione si ritiene opportuno effettuare una sintetica ricostruzione della giurisprudenza di questa Corte e dei principali interventi legislativi in materia.
4. Nella giurisprudenza di questa Corte e’ pacifico che:
a) la nozione di trasferta e’ caratterizzata: 1) dal trasferimento del lavoratore in un luogo diverso da quello abituale per svolgere l’attivita’ lavorativa; 2) dalla “temporaneita’” del mutamento del luogo di lavoro; 3) dalla necessita’ che la prestazione lavorativa sia effettuata in esecuzione di un ordine di servizio del datore di lavoro e dalla irrilevanza del consenso del lavoratore;
b) sono considerati “trasferisti abituali” i lavoratori subordinati destinati a svolgere sistematicamente e professionalmente la propria attivita’ quasi interamente al di fuori dalla sede aziendale (tra le tante: Cass. 15 ottobre 2015, n. 20833; Cass. 11 dicembre 2013 n. 27643; Cass. 21 agosto 2013, n. 19359; Cass. 20 dicembre 2005, n. 28162; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1583; Cass. 14 dicembre 2000, n. 15767).
La configurazione, in concreto, dell’una o dell’altra fattispecie si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, da effettuare prioritariamente sulla base della ricostruzione della volonta’ delle parti, desumibile dall’interpretazione delle specifiche pattuizioni contrattuali al riguardo, come tale incensurabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato.
5. Peraltro, e’ indubbio che la trasferta, occasionale o abituale, e’ una situazione che rende di per se’ piu’ gravosa la prestazione e comporta per il lavoratore la necessita’ di sopportare delle spese (per i pasti, il pernottamento, i mezzi di trasporto ed altro) nell’interesse del datore di lavoro.
Di conseguenza, e’ stato affermato nella giurisprudenza di legittimita’ che il compenso (indennita’) da corrispondere per la trasferta puo’ avere carattere risarcitorio oppure retributivo, a seconda che:
a) riguardi le spese dal lavoratore sostenute per recarsi temporaneamente in un luogo diverso da quello in cui l’impresa svolge la sua attivita’, individuato da parte del datore di lavoro, come destinazione stabile e continuativa del lavoratore stesso per lo svolgimento della sua ordinaria prestazione lavorativa. In questo caso l’emolumento ha carattere risarcitorio, anche se non e’ da escludere, a priori, che possa esservi una (residuale) componente retributiva, onde spetta al giudice del merito stabilire, in relazione al contenuto delle specifiche pattuizioni contrattuali, quale parte di tale indennita’ abbia funzione risarcitoria e quale, invece, funzione retributiva;
b) si tratti, invece, del corrispettivo della peculiarita’ della abituale collaborazione richiesta al dipendente, consistente nell’obbligo di espletare la propria attivita’ in luoghi sempre differenti, ipotesi in cui non e’ identificabile la connotazione tipica della “trasferta in senso proprio”, costituita dalla temporanea dislocazione del lavoratore in un luogo diverso dalla normale sede di lavoro. In questo secondo caso, l’emolumento diviene un elemento non occasionale e predeterminato della retribuzione (anche se di importo non strettamente costante), cosi’ da dovere essere ricompreso nella base di computo del TFR etc. (vedi, per tutte: Cass. 1 settembre 2014, n. 18479; Cass. 30 dicembre 2009, n. 27826; Cass. 19 febbraio 2004, n. 3278).
6. La sussistenza dell’indicata duplice componente restitutoria (quanto alle spese) e retributiva (quanto al maggior disagio della prestazione) della indennita’ di trasferta ha riflessi anche per la determinazione del relativo trattamento ai fini contributivi (e fiscali): questione che nel corso del tempo ha avuto il suo fulcro nella corrispondente individuazione della percentuale del compenso da considerare retribuzione – e percio’ da assoggettare, rispettivamente, ad imposta oppure a contribuzione previdenziale – e della percentuale da considerare esente (in un primo tempo in parte e poi totalmente) perche’ di natura risarcitoria.
Proprio la soluzione di tale questione ha dato luogo al rilevante contenzioso che ha visto susseguirsi ed intrecciarsi plurimi, contrastanti, interventi di questa Corte e del legislatore (anche retroattivi).
Il che e’, del resto, comprensibile ove si consideri che la distinzione, in concreto, tra la trasferta occasionale e la trasferta abituale si risolve in un apprezzamento di fatto e che resta un accertamento in fatto anche quello relativo alla determinazione quantitativa della componente risarcitoria e di quella retributiva dell’indennita’ di trasferta, anch’esso dipendente dalla interpretazione delle specifiche pattuizioni contrattuali (Cass. 15 luglio 2014, n. 16142; Cass. 5 agosto 2010, n. 18269; Cass. 17 febbraio 2010, n. 3684).
7. I suddetti contrasti interpretativi hanno origine remota.
Infatti, gia’ con riguardo al regime introdotto dalla L. 30 aprile 1969, n. 153, articolo 12, nel suo testo originario, si sono manifestate una pluralita’ di soluzioni ermeneutiche fra loro discordanti, tanto che queste Sezioni Unite, con sentenza 30 giugno 1985, n. 3292, sono intervenute in materia, stabilendo che, in base all’articolo 12 cit., in caso di contratto avente come specifico oggetto l’effettuazione di prestazioni normalmente rese al di fuori di una sede abituale di lavoro (“trasferisti abituali”), la relativa indennita’ dovesse essere integralmente assoggettata a contribuzione, correlandosi nella sua totalita’ alla causa tipica e normale del rapporto, mentre l’indennita’ corrisposta ai “trasferisti occasionali” dovesse essere inclusa nella retribuzione imponibile per la sola percentuale del 50 per cento, integrando la restante parte un rimborso di spese, per presunzione legislativa.
A tale tesi si sono conformate le successive decisioni di questa Corte (ex plurimis: Cass. 4 dicembre 1991, n. 13051; Cass. 8 ottobre 1992 n. 10954), nonche’ gli Istituti previdenziali (circolare INAIL 637/PG/11B del 20 maggio 1986), il Ministero del lavoro e quello delle Finanze.
8. Tuttavia, permanendo nella giurisprudenza di merito e nella dottrina voci discordanti, venne emanato la L. 4 agosto 1984, n. 467, articolo 11 che – introducendo una specifica e nuova disciplina per una particolare categoria di trasfertisti, cioe’ i dipendenti da imprese di autotrasporto – escluse dalla retribuzione imponibile per il calcolo dei contributi ai sensi della L. n. 153 del 1969, articolo 12, l’indennita’ di trasferta “anche se corrisposta con carattere di continuita’”, stabilendo che essa poteva rientrarvi nei limiti di una quota – la cui misura non poteva essere maggiore della quota esente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche quale risultante dalla legge fiscale (l’allora Decreto del Presidente della Repubblica n. 597 del 1973, articolo 48) determinata annualmente con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, sentite le rappresentanze degli imprenditori e dei lavoratori (sicche’ con il Decreto Ministeriale 30 novembre 1984, in Gazz. Uff. 7 dicembre 1984, n. 337, tale quota venne fissata in misura identica a quella esente dall’IRPEF per la disciplina fiscale).
In questa disposizione, per la prima volta, il legislatore, riferendosi all’indennita’ di trasferta, ha usato l’espressione “anche se corrisposta con carattere di continuita’”; e all’evidenza lo ha fatto per stabilire che, pure in un simile caso, l’emolumento doveva essere parzialmente escluso dalla base imponibile, visto che all’epoca, per effetto della citata sentenza delle Sezioni Unite, la continuita’ della corresponsione comportava una contribuzione pari al 100 per cento dell’ammontare del compenso.
9. In considerazione della gravosita’ di tale ultimo regime contributivo per le aziende necessitate a fare largo uso di trasferisti, per la loro specificita’ produttiva, poco dopo – sulla falsariga della disciplina per le imprese di autotrasporto – venne modificata anche la disciplina generale.

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