Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 15 novembre 2017, n. 27093. In materia di trattamento contributivo dell’indennita’ di trasferta

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Cosi’ il legislatore, prima con una serie di dd.ll. non convertiti (n. 761 del 1986, nn. 6, 130, 211 del 1987, ma i cui effetti sono stati salvati), e poi con il Decreto Legge 29 marzo 1991, n. 103, articolo 9-ter, introdotto in sede di conversione dalla L. 1 giugno 1991, n. 166, ha in via di “interpretazione autentica” della L. n. 153 del 1969, articolo 12 cit. stabilito che questa norma dovesse essere intesa nel senso che nella diaria o nell’indennita’ di trasferta – in base alla norma interpretata, corrisposte “in cifra fissa” ed incluse nella retribuzione imponibile limitatamente al 50 per cento del loro ammontare dovevano ricomprendersi pure le indennita’ spettanti ai lavoratori tenuti per contratto ad una attivita’ lavorativa in luoghi variabili e sempre diversi da quello della sede aziendale, “anche se corrisposte con carattere di continuita’”.
E, pure in questo caso, il significato evidente di tale ultima espressione e’, in analogia della normativa sugli autotrasportatori, quello secondo cui l’indennita’ di trasferta doveva essere parzialmente esclusa dalla base imponibile ancorche’ corrisposta continuativamente, con il medesimo intento di mitigare, questa volta in linea generale e non solo per una categoria di imprese, il rigore del regime contributivo derivante dalla citata sentenza delle Sezioni Unite, in base al quale la continuita’ della corresponsione comportava una contribuzione pari al 100 per cento dell’ammontare dei compensi.
10. La giurisprudenza di legittimita’ ha, in un primo momento, attribuito al suddetto articolo 9-ter natura innovativa, escludendone l’applicabilita’ a rapporti contributivi sorti anteriormente alla relativa entrata in vigore (Cass. 6 marzo 1992 n. 2740; Cass. 8 ottobre 1992, n. 10954); sicche’ il legislatore e’ intervenuto nuovamente per attribuirvi esplicitamente efficacia retroattiva, con il Decreto Legge 15 gennaio 1993, n. 6, articolo 4-quater, convertito dalla L. 17 marzo 1993, n. 63.
Il testo del comma 1 di tale articolo 4-quater, conferma l’indicata esegesi dell’espressione “anche se…” perche’ in esso compare l’univoca formula: “datori di lavoro che abbiano avuto in forza lavoratori tenuti per contratto anche con carattere di continuita’ a prestare la propria opera in luoghi diversi dalla sede aziendale”, sempre nel medesimo significato di applicare a tale situazione un regime contributivo piu’ favorevole di quello fino ad allora vigente.
11. Di conseguenza, la Sezione Lavoro di questa Corte, con ordinanza del 15 marzo 1996, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 38 Cost., questione di legittimita’ costituzionale del citato articolo 4-quater, sull’assunto che tale norma, avendo riconosciuto efficacia retroattiva, limitatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi contributivi su un imponibile commisurato al 50 per cento degli importi corrisposti ai lavoratori, al cit. Decreto Legge n. 103 del 1991, articolo 9-ter – al quale la giurisprudenza di legittimita’ aveva attribuito natura innovativa e non retroattiva – aveva determinato una disuguaglianza irragionevole fra datori di lavoro, che avevano versato i contributi sull’intero importo delle somme corrisposte, e datori di lavoro che invece avevano effettuato il versamento sul 50 per cento di dette somme, cosi’ concedendo “una sanatoria totale senza alcuna contropartita”.
La questione e’ stata dichiarata non fondata, con sentenza n. 292 del 1997, nella quale la Corte costituzionale ha precisato che – a prescindere dall’esattezza o meno della tesi, affermatasi in giurisprudenza, secondo cui la disposizione di cui al cit. Decreto Legge n. 103 del 1991, articolo 9-ter avrebbe avuto carattere innovativo e non interpretativo – comunque la norma censurata non aveva realizzato impropriamente una “sanatoria”, cioe’ una rinuncia a perseguire comportamenti illeciti che tali continuano ad essere qualificati (cio’ che, peraltro, non e’ di per se’ sempre precluso al legislatore), ma aveva semplicemente esteso nel tempo l’efficacia del regime legittimamente disposto dal legislatore per la materia in questione, superando il contenzioso rimasto aperto, con riguardo al passato, dopo l’intervento legislativo del 1991, a seguito dell’affermazione giurisprudenziale del carattere innovativo e non retroattivo della disciplina cosi’ introdotta.
12. La successiva giurisprudenza di legittimita’ (vedi, per tutte: Cass. 2 marzo 2001, n. 3081; Cass. 7 marzo 2000, n. 2574 e Cass. 15 giugno 1999, n. 5954) ha quindi chiarito che il Decreto Legge n. 103 del 1991, articolo 9-ter aveva la funzione di stabilire la regola della sottoposizione delle indennita’ corrisposte ai “trasferisti abituali” a contribuzione solo per la quota del 50 per cento, determinando il superamento della tesi secondo cui le indennita’ ai trasfertisti non potevano usufruire dell’esonero parziale dalla contribuzione prevista per le indennita’ di trasferta dalla L. n. 153 del 1969, articolo 12 all’epoca vigente in quanto aventi – diversamente da queste ultime la sola funzione di compensare il disagio per il lavoro fuori sede.
13. Per effetto delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo 2 settembre 1997, n. 314 rispettivamente alla L. n. 153 del 1969, articolo 12 e all’articolo 48 del TUIR – con la conseguente determinazione del reddito da lavoro dipendente ai fini contributivi attraverso il riferimento alla disciplina fiscale di cui all’articolo 46, comma 1, del TUIR come modificato -, e’ stato introdotto (commi 5 e 6 dell’articolo 48 TUIR come novellato dall’articolo 3 cit.) un regime contributivo delle indennita’ di trasferta in base al quale:
a) le indennita’ percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale dovessero concorrere a formare il reddito per la parte eccedente lire 90.000 al giorno, elevate a lire 150.000 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto;
b) in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite dovesse essere ridotto di un terzo;
c) il limite dovesse essere ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto;
d) in caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non dovessero concorrere a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonche’ i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di lire 30.000, elevate a lire 50.000 per le trasferte all’estero.
14. Tale regime fiscale e contributivo dell’indennita’ di trasferta e’, nella sostanza, rimasto invariato anche con l’entrata in vigore della riforma del sistema tributario, di cui al Decreto Legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, tradottasi in un complesso di incisive innovazioni introdotte nel TUIR.
Ai fini che qui rilevano, il nuovo articolo 51 del TUIR, pur contenendo nel comma 1 una determinazione dei redditi di lavoro dipendente molto piu’ articolata del vecchio articolo 46, tuttavia, nei commi 5 e 6, ha riprodotto lo stesso contenuto precettivo dei commi 5 e 6 del vecchio articolo 48 TUIR, salvo l’ampliamento dell’elencazione delle situazioni cui si applica la tassazione al 50 per cento. Resta, pertanto, invariato il persistente riconoscimento della duplice componente del compenso – comunque denominato e pagato – in parte restitutoria (quanto alle spese) e in parte retributiva (quanto al maggior disagio della prestazione), che porta alla forfettaria presunzione legislativa della tassabilita’ nella misura del 50 per cento dell’ammontare corrisposto (vedi, sul punto, Cass. 15 luglio 2014, n. 16142 e Cass. 5 agosto 2010, n. 18269, citt.).
15. Alla luce dei riportati passaggi della lunga storia della questione relativa alla determinazione del trattamento contributivo dei compensi per la trasferta, non si puo’ certamente dire che la giurisprudenza di questa Corte in materia si sia sviluppata in modo lineare e univoco nonche’ armonico rispetto alle posizioni delle Amministrazioni del settore, come si riconosce anche nell’ordinanza di rimessione della Sezione Lavoro.
Questo si puo’ considerare in un certo senso fisiologico, visto che: 1) da un lato, la configurazione, in concreto, della trasferta occasionale e di quella abituale e dei relativi compensi si risolve in apprezzamenti di fatto; 2) d’altra parte, molte incertezze della giurisprudenza di questa Corte – e disallineamenti rispetto al legislatore e alle Amministrazioni – hanno la loro fonte nella consapevolezza del fatto che la trasferta sia essa occasionale o abituale e’ una situazione che rende in se’ piu’ gravosa la prestazione lavorativa.

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