Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 22 settembre 2016, n. 39458

Applicabile il fatto di particolare tenuità nel caso della moglie che sostituisce la serratura di casa per non far entrare il marito dal quale si stava separando

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 22 settembre 2016, n. 39458

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. CORBO Antoni – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/06/2015 della Corte di appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonio Corbo;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dr. Spinaci Sante, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla mancata applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p.;
sentite le conclusioni dell’avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia della costituita parte civile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e la condanna dell’imputata al pagamento delle spese in proprio favore;
sentite le conclusioni dell’avocato (OMISSIS), difensore di fiducia dell’imputata, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 24 giugno 2015, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato integralmente la sentenza pronunciata dal Tribunale di Cosenza che aveva dichiarato (OMISSIS) colpevole del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, commesso in data (OMISSIS), per aver sostituito la chiave della serratura dell’appartamento di proprieta’ del coniuge in via di separazione (OMISSIS), impedendo allo stesso di accedere nell’immobile, e le aveva irrogato la pena di Euro 300 di multa, previa concessione delle attenuanti generiche, oltre a pronunciare nei confronti della stessa condanna generica al risarcimento dei danni.
2. Hanno presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe, con un unico atto, la (OMISSIS) e l’avvocato (OMISSIS), quale difensore di fiducia della (OMISSIS), articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge in relazione agli articoli 392 e 52 c.p. e manifesta illogicita’ della motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in riferimento all’affermata sussistenza del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.
Si deduce che il (OMISSIS) aveva gia’ spontaneamente e definitivamente lasciato il possesso dell’immobile, per vivere presso i suoi genitori, e che l’imputata aveva cambiato la serratura per tutelare la propria incolumita’ personale nei confronti del (OMISSIS), quale soggetto affetto da serie patologie psichiche.
Questo escluderebbe la fattispecie contestata gia’ sotto il profilo oggettivo. Manca inoltre ogni motivazione in ordine alla sussistenza del dolo. Infine, la motivazione e’ carente anche in punto di esclusione della sussistenza della causa di giustificazione di cui all’articolo 52 c.p., quanto meno putativa, attesa l’esigenza di evitare ulteriori aggressioni fisiche.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge in relazione all’articolo 131-bis c.p., a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto.
Si deduce che la sentenza impugnata ha rapportato l’esclusione dell’esimente alla norma violata, e all’interesse giuridico da questa tutelato, mentre l’articolo 131-bis c.p. ha riferimento al fatto concreto.
2.3. Con il terzo motivo, si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in riferimento alla condanna generica al risarcimento del danno.
Si deduce che il giudice non ha accertato la potenzialita’ lesiva del fatto accertato, ne’ il nesso di causalita’ tra questo ed il pregiudizio lamentato, nonostante le specifiche richieste formulate con i motivi di appello.
3. In data 13 aprile 2016, l’avvocato (OMISSIS) ha depositato memoria, con la quale ha ribadito le ragioni addotte nei primi due motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato con riferimento alle censure formulate nel secondo e nel terzo motivo, mentre e’ infondato in relazione alle doglianze prospettate con il primo motivo.
2. Prive di pregio sono le critiche esposte nel primo motivo, nel quale si contesta la configurabilita’ del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, e comunque il mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa, quanto meno putativa.
2.1. Per quanto attiene alla configurabilita’ del reato di cui all’articolo 392 c.p. mediante la sostituzione della chiave della serratura dell’appartamento coniugale, e’ sufficiente evidenziare che, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, che il Collegio condivide, integra gli estremi del delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose anche la condotta del proprietario di un immobile che sostituisce la chiave della serratura di un appartamento in danno di chi vanti in relazione a questo anche solo il compossesso o la codetenzione (cfr., in particolare, Sez. 6, n. 25190 del 19/06/2012, Crisafulli, Rv. 253027 e Sez. 6, n. 2888 del 26/11/1985, dep. 1986, Toscano, Rv. 172430); cio’ anche perche’ nella nozione di “violenza” rientra pure il mutamento della destinazione delle cose stesse, che si verifica quando con qualsiasi atto o fatto materiale sia impedita, alterata o modificata la loro utilizzabilita’, e perche’ la condotta precedentemente indicata determina la immutazione della specifica destinazione che la cosa possiede ai fini della particolare utilizzazione cui l’hanno destinata le parti interessate al suo godimento (cosi’, specificamente, Sez. 6, Toscano, cit.).
Nella specie, poi, e’ pacifico che la persona offesa, il (OMISSIS), era l’unico proprietario dell’appartamento, che l’imputata, anche per l’assenza di figli, si era impegnata a lasciare lo stesso (la donna, nell’atto di appello, asserisce di essere nella fase di organizzazione di un imminente trasloco), e che la sostituzione della chiave avesse come conseguenza voluta dalla (OMISSIS) l’impedimento al coniuge separando di accedere nell’immobile.
Pertanto, correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che la condotta della (OMISSIS) di sostituire la chiave della serratura dell’appartamento di proprieta’ del coniuge in via di separazione, impedendo allo stesso di accedere nell’immobile, integri gli estremi del reato di cui all’articolo 392 c.p..
2.2. Con riguardo al mancato riconoscimento della legittima difesa, quanto meno putativa, va rilevato che l’articolo 52 c.p. richiede, per la configurabilita’ della causa di giustificazione della legittima difesa, la necessita’ di difendersi da un pericolo “attuale” di una offesa ingiusta. Alla luce di questo elemento normativo, costituisce insegnamento piu’ volte ribadito nella giurisprudenza di legittimita’ quello secondo cui uno dei requisiti indispensabili e’ l’attualita’ del pericolo da cui deriva la necessita’ della difesa, sicche’ l’esimente e’ esclusa di fronte ad un pericolo futuro o immaginario, essendo rilevante soltanto il pericolo attuale, ossia quello consistente in una concreta minaccia gia’ in corso di attuazione nel momento della reazione ovvero in una minaccia od offesa imminenti (cosi’, in particolare, Sez. 1, n. 3494 del 28/01/1991, Manti, Rv. 187110, nonche’ Sez. 1, n. 2771 del 19/01/1984, Bertoncin, Rv. 163332). Non solo: l’imprescindibilita’ del requisito dell’attualita’ del pericolo, inteso come “convinzione (del soggetto agente) di trovarsi in presenza di un pericolo presente ed incombente, non futuro o gia’ esaurito, di un’offesa ingiusta”, e’ stata ripetutamente affermata anche al fine di ritenere la configurabilita’ della legittima difesa putativa (cosi’, in particolare: Sez. 1, n. 3464 del 24/11/2009, dep. 2010, Narcisio, Rv. 245634; Sez. 1, n. 4337 del 06/2/2005, dep. 2006, La Rocca, Rv. 233189; Sez. 3, n. 3257 del 25/01/1991, Calabria, Rv. 186611).
Queste essendo le coordinate giuridiche di riferimento, nessun elemento risulta acquisito agli atti, o anche solo allegato dalla ricorrente, circa la convinzione di trovarsi in presenza di un pericolo presente ed incombente, non futuro o gia’ esaurito, di un’offesa ingiusta, nella specie costituita da aggressioni morali o fisiche.
Correttamente, percio’, la sentenza impugnata ha escluso che fosse configurabile la legittima difesa, reale o anche solo putativa.
3. Il secondo motivo, invece, che lamenta l’erroneita’ della mancata applicazione dell’esimente di cui all’articolo 131-bis c.p., e’ fondato.
La sentenza impugnata ha escluso l’operativita’ della causa di non punibilita’ per la particolare tenuita’ del fatto in ragione degli interessi pubblici e privati tutelati dalla norma incriminatrice violata. Trattasi di un assunto palesemente erroneo, posto che il legislatore ha indicato espressamente le fattispecie astratte di illecito penale cui l’esimente non e’ applicabile, individuandole nei reati per i quali e’ prevista una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni (articolo 131-bis c.p., comma 1), e quindi presuppone, per tutte le altre figure di delitti e contravvenzioni, la necessita’ per il giudice di procedere ad una valutazione in concreto.
Nella vicenda in esame, e’ mancato qualunque accertamento in concreto sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p..
Ne consegue la necessita’ di disporre l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro perche’ proceda ad una nuova valutazione in ordine a tale profilo, la quale si confronti con gli elementi concreti della fattispecie oggetto di giudizio.
4. Anche il terzo motivo, che deduce l’assenza di motivazione in ordine alla condanna generica dell’imputata al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, e’ fondato.
Nella sentenza impugnata, infatti, manca qualunque indicazione in proposito nonostante le specifiche richieste formulate nell’atto di appello.
Ne consegue, anche con riferimento a tale aspetto, la necessita’ di disporre l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro perche’ proceda ad una valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per la condanna dell’imputata al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilita’ dell’articolo 131-bis c.p. ed al capo civile e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro.

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