Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 22 settembre 2016, n. 39462

Ai fini dell’accertamento del reato di «corruzione propria», anche nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale, «è necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio è stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta dazione.

Deve escludersi l’esistenza di un accordo corruttivo quando l’atto contrario ai doveri di ufficio sia stato oggetto solo di una promessa indeterminata da parte del pubblico ufficiale, senza certezza di prestazioni corrispettive tra le parti

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 22 settembre 2016, n. 39462

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere
Dott. CORBO Anton – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 21/04/2016 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. SPINACI Sante, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
sentite le conclusioni dell’avvocato (OMISSIS), in sostituzione degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), difensori di fiducia dell’indagato, che ha chiesto dichiararsi inammissibile o, in subordine, rigettarsi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 21 aprile 2016, il Tribunale del riesame di Catanzaro ha annullato, per l’insussistenza dei gravi indizi di un accordo corruttivo, l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro aveva applicato nei confronti di (OMISSIS) la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di corruzione ex articoli 81 cpv., 319 e 321 c.p., Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, articolo 86, e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, convertito dalla L. n. 203 del 1991, commesso dal 1999 al 2011 (Capo 1), e di corruzione elettorale ex articolo 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, articolo 86, e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, convertito dalla L. n. 203 del 1991, commesso nel 2010 (Capo 3).
In particolare, nel Capo 1 (in collegamento con il Capo 2) si contesta al (OMISSIS) di essersi accordato, quale componente della cosca (OMISSIS)/(OMISSIS), ed unitamente ad altri sodali, con (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), amministratori locali di vertice del Comune di (OMISSIS), per procacciare voti e svolgere propaganda elettorale in favore degli stessi, avvalendosi del metodo mafioso ed al fine di agevolare la cosca di appartenenza, in cambio di plurime attivita’ amministrative favorevoli ai propri interessi, e contrarie ai doveri di ufficio, in particolare ottenendo personalmente dapprima l’assunzione nel luglio 2005, presso la cooperativa (OMISSIS), e poi l’assunzione nella societa’ in house (OMISSIS) s.r.l. e l’incarico di responsabile del settore di sua pertinenza. Nel Capo 3, invece, si contesta al (OMISSIS) di aver ottenuto la promessa di condotte di favore da parte di (OMISSIS), candidato alla carica di Consigliere regionale nelle elezioni del 2010, per il tramite di (OMISSIS), in cambio dell’impegno a procurare voti avvalendosi del metodo mafioso ed al fine di agevolare la cosca di appartenenza.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, dolendosi, con un unico motivo, dei vizi di difetto di motivazione e di violazione di legge in relazione all’articolo 192 c.p.p., articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86, e Decreto Legge n. 152 del 1991, articolo 7, con riferimento alla ritenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Si contesta, quanto alla imputazione di cui al Capo 1, una valutazione atomistica e parziale degli indizi.
Si premette che il (OMISSIS) e’ un pluripregiudicato per gravi reati, condannato per il delitto di cui all’articolo 416 bis c.p., per appartenenza all’associazione mafiosa (OMISSIS)/(OMISSIS) con sentenza emessa in primo grado il 25 settembre 2014, e divenuta irrevocabile in data 8 febbraio 2015. Si deduce che l’ordinanza ha valutato la posizione del (OMISSIS) senza considerare quelle di altri sodali, come quella di (OMISSIS), per il quale invece sono stati ritenuti i gravi indizi di colpevolezza, e senza considerare le plurime condotte poste in essere a vantaggio degli appartenenti alla cosca (OMISSIS)/(OMISSIS). Si osserva, poi, che il collaboratore di giustizia (OMISSIS) ha riferito che vi era un accordo a prestazioni corrispettive tra i membri della consorteria criminale indicata ed il politico (OMISSIS), che la costituzione della cooperativa (OMISSIS), con l’assunzione di soggetti partecipi o contigui alla cosca, era appunto uno di tali favori (gli assunti, tra l’altro, dovevano versare alla cassa comune del sodalizio una parte degli emolumenti), e che l’indagato di cui si discute, unitamente al fratello, ebbe a chiedergli di sostenere elettoralmente il (OMISSIS). Si aggiunge, quindi, che le dichiarazioni del (OMISSIS) sono riscontrate da quelle di (OMISSIS) e di (OMISSIS), i quali hanno entrambi riferito che la cooperativa (OMISSIS) era il risultato dell’accordo elettorale tra gli esponenti della cosca (OMISSIS)/(OMISSIS) ed il politico (OMISSIS). Si richiama infine una conversazione telefonica intercettata il 19 maggio 2009, ore 19,04, tra il (OMISSIS) ed il candidato (OMISSIS), nel corso della quale il primo dice all’altro di non poterlo appoggiare se non di nascosto, “perche’ mi stanno facendo alcuni favori… che io gli avevo chiesto alcuni favori ed adesso me li stanno facendo… hai capito!!”; che gli autori dei favori fossero gli esponenti del gruppo capitanato dal (OMISSIS) e’ confermato dalle dichiarazioni dell’ (OMISSIS), che, assunto a s.i.t., ha chiarito come, nell’occasione, il (OMISSIS) gli fosse sembrato impegnato a favore del (OMISSIS) e del (OMISSIS).
Anche con riferimento alla imputazione di cui al Capo 3, si contesta una valutazione atomistica e parziale degli indizi.
Si premette che il Tribunale ha omesso di rilevare che, nell’interrogatorio di garanzia, il (OMISSIS) ha ammesso di aver incontrato il (OMISSIS) in un bar, di aver ricevuto (in generale e da parte di soggetti non precisati) curricula durante le sue campagne elettorali, e di aver appreso che (OMISSIS), un suo collaboratore nella campagna elettorale, aveva ricevuto una scheda di un nipote del (OMISSIS) finalizzata all’assunzione dello stesso. Si richiamano, poi, quattro conversazioni telefoniche intercettate tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), tra il 6 marzo ed il 14 aprile 2010 (le elezioni si svolgono il 28 e 29 marzo 2019), in cui il primo chiede di “insaccare” qualcuno “in qualche parte”, e si fa riferimento ad un call center, a due curricula, uno dei quali di una nipote dell’odierno indagato, ed alla possibilita’ di prendere circa “un paio di centinaia”, verosimilmente di voti; inoltre, in una telefonata, il (OMISSIS) dice al (OMISSIS) che avrebbe esaminato i tabulati dei voti, per verificare se coloro che gli avevano promesso di votare per il (OMISSIS) avessero rispettato l’impegno. Si conclude che, alla luce di tali elementi, risulta smentito che i curricula sarebbero stati inviati dopo le elezioni e per una iniziativa del tutto autonoma del (OMISSIS).
Si adducono, infine, massime di esperienza desunte dalla giurisprudenza di legittimita’ (in particolare, Sez. 2, n. 18132 del 13/04/2016), per evidenziare, in particolare, che tipico modo di infiltrazione delle associazioni mafiose e’ quello del voto di scambio e che il favore fatto al singolo e’ un favore fatto alla cosca in quanto tale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato con riferimento ai fatti aventi ad oggetto i rapporti tra (OMISSIS), Sandro (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); contiene censure diverse da quelle consentite in sede di legittimita’ con riferimento ai fatti aventi ad oggetto i contatti tra (OMISSIS) e (OMISSIS), anche per il tramite di (OMISSIS).
2. L’esame delle doglianze, incentrato, con riferimento al primo episodio, sulla configurabilita’ della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dei reati di corruzione ex articoli 319 e 321 c.p., e di “corruzione elettorale” Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, ex articolo 86, e, con riferimento al secondo episodio, sulla configurabilita’ della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di “corruzione elettorale” Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, ex articolo 86, impone una premessa sugli elementi costitutivi delle due fattispecie delittuose, e, precisamente, su quello integrato dall’accordo.
2.1. Per quanto attiene al reato di corruzione ex articoli 319 e 321 c.p., costituisce principio piu’ volte ribadito nella giurisprudenza di legittimita’, e che il Collegio condivide, quello secondo cui, ai fini dell’accertamento del reato di corruzione propria, nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilita’ in favore del pubblico ufficiale, e’ necessario dimostrare che il compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio e’ stato la causa della prestazione dell’utilita’ e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta dazione (cfr., in particolare, per citare le piu’ recenti massimate, Sez. 6, n. 5017 del 07/11/2011, dep. 2012, Bisignani, Rv. 251867, nonche’ Sez. 6, n. 24439 del 25/03/2010, Bruno, Rv. 247382). In una prospettiva non dissimile, si e’ anche affermato che, ai fini della configurabilita’ del delitto di corruzione propria, deve escludersi l’esistenza di un accordo corruttivo quando l’atto contrario ai doveri di ufficio sia stato oggetto solo di una promessa indeterminata da parte del pubblico ufficiale, senza alcuna certezza di prestazioni corrispettive tra le parti (cosi’ Sez. 6, n. 3522 del 07/11/2011, dep. 2012, Papa, Rv. 251561).
Le affermazioni giurisprudenziali in questione esprimono l’esigenza che la prova dell’accordo illecito, quale fatto tipico costituente il reato di corruzione propria, sia raggiunta in termini di certezza al di la’ del ragionevole dubbio. In linea con il dettato dell’articolo 319 c.p., e’ infatti necessario dimostrare non solo la dazione indebita dal privato al pubblico ufficiale (o all’incaricato di pubblico servizio), bensi’ anche la finalizzazione di tale erogazione all’impegno di un futuro comportamento contrario ai doveri di ufficio ovvero alla remunerazione di un gia’ attuato comportamento contrario ai doveri di ufficio da parte del soggetto munito di qualifica pubblicistica. La prova della dazione indebita di una utilita’ in favore del pubblico ufficiale, quindi, ben puo’ costituire un indizio, sul piano logico, ma non anche, da solo, la prova della finalizzazione della stessa al comportamento antidoveroso del pubblico ufficiale: e’ pertanto necessario valutare tale elemento unitamente alle altre circostanze di fatto acquisite al processo, in applicazione della previsione di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 2, secondo cui “l’esistenza di un fatto non puo’ essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti”.
2.2. Per quanto attiene al delitto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, articolo 86, comma 2, ossia quello riferito all'”elettore”, va rilevato che la fattispecie risulta spesso definita in giurisprudenza come “reato di corruzione”, e talvolta ricondotta a tale paradigma normativo anche per l’individuazione delle condotte rilevanti (cfr., in particolare, Sez. F, n. 32825 del 09/08/2011, Zappala’, Rv. 252207). Ai fini dell’individuazione delle condotte rilevanti, puo’ essere utile aggiungere un richiamo ad un precedente pertinente all’articolo 96 d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, riferito alle elezioni politiche, ma molto simile, sotto il profilo oggettivo, al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86: secondo Sez. 3, n. 1035 del 09/12/1997, dep. 1998, Colucci, Rv. 209510, le attivita’ illecite costituite dalla promessa, dalla offerta o dalla dazione di denaro o altra utilita’, “devono necessariamente svolgersi a ridosso dell’elezione”, in quanto “impongono la definizione di un ambito temporale entro il quale si configura l’aggressione alla liberta’ di scelta elettorale, ambito che va ragionevolmente contenuto tra la data in cui risulti comunque proposta la candidatura e quella dell’elezione”.
In linea con queste indicazioni giurisprudenziali, ritiene il Collegio che anche il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86, richiede un preciso “patto” tra quest’ultimo ed il candidato (o chi per esso) in funzione del voto da esprimere in relazione ad una determinata e prossima competizione elettorale. La necessita’ del pactum sceleris finalizzato ad una specifica e prossima espressione di voto, infatti, risulta desumibile da un’analisi complessiva e coordinata dei due commi dell’articolo 86 cit. Invero, il primo comma, nel prefigurare il comportamento del “corruttore” (punibile anche a prescindere dal raggiungimento di un accordo), sanziona la condotta di chi, “per ottenere, a proprio od altrui vantaggio, la firma per una dichiarazione di presentazione di candidatura, il voto elettorale, o l’astensione, da’, offre o promette qualunque utilita’ ad uno o piu’ elettori (…)”; il secondo comma, invece, tipizza la condotta dell’elettore, come quella di colui “che, per dare o negare la firma o il voto, ha accettato offerte o promesse o ha ricevuto denaro o altra utilita’”. In effetti, non solo la qualita’ di “elettore” assume un significato selettivo coerente con la necessita’ di un collegamento tra il patto illecito ed una “tornata” elettorale determinata e prossima, in quanto suscettibile di venir meno per varie ragioni, quali la pronuncia di condanne penali, e, con riferimento alle competizioni locali, anche per la mutevolezza della residenza anagrafica. Anche piu’ incisivamente, l’impiego, nel descrivere la condotta dell'”elettore”, delle sole parole “dare” o “negare”, e non anche della parola “promettere”, evoca un’attivita’ da compiere con immediatezza.
3. Compiuta questa premessa, occorre dare conto di quanto evidenziato dal Tribunale del riesame, trattando distintamente i due fatti in contestazione.
3.1. In ordine al Capo 1, il giudice della liberta’ ha concluso che gli elementi acquisiti – in particolare, intercettazioni telefoniche e dichiarazioni di collaboratori di giustizia – consentono di ritenere dimostrato l’interessamento del (OMISSIS) alla campagna elettorale per le elezioni provinciali del 2009 in favore del (OMISSIS) e del (OMISSIS), quali esponenti del gruppo facente capo al (OMISSIS), per gratitudine determinata dalla collocazione e stabilizzazione lavorativa e per la speranza di futuri vantaggi, ma non anche la sussistenza di gravi indizi di un accordo corruttivo: emergerebbe, cioe’, una ricerca del consenso da parte dei politici mediante assunzioni di tipo clientelare, “non in virtu’ di un accordo criminoso, che rimane non provato, ma per creare quel vincolo “fideistico” di riconoscenza alla quale e’ anche collegata la speranza di ottenere ulteriori vantaggi”. Inoltre, nell’esame delle fonti di prova, il giudice dell’impugnazione di merito ha riportato ampi brani delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS), indicati nel ricorso per cassazione del Pubblico ministero; da tali dichiarazioni, sulla cui corretta riproduzione nulla ha puntualmente dedotto l’impugnante, non risulta l’indicazione di accordi specifici del (OMISSIS) con il gruppo politico facente capo al (OMISSIS), e, ancor meno, di un patto stipulato in occasione o in funzione delle elezioni comunali del 2009.
Le conclusioni riferite si presentano immuni da vizi logici o giuridici.
Le stesse poggiano, in fatto, su un presupposto ben preciso: la costituzione della Cooperativa (OMISSIS), l’assunzione di (OMISSIS) nella societa’ (OMISSIS) s.r.l. e l’incarico allo stesso di responsabile di settore sono accadimenti di molto precedenti, o comunque del tutto sganciati, rispetto alla competizione elettorale del 2009; puo’ anzi rilevarsi, che, alla luce di quanto emerge dalla lettura dello stesso capo di imputazione sub 2), la costituzione della Cooperativa (OMISSIS) risale ad epoca non successiva al 2002, e che l’assunzione del (OMISSIS), secondo quanto allegato nel ricorso, e’ avvenuta il 20 luglio 2005, ossia ben quattro anni prima della competizione elettorale indicata in contestazione. Ne’ tali conclusioni potrebbero mutare in considerazione dell’allegato contenuto della conversazione intercettata il 19 maggio 2009, tra il (OMISSIS) ed il candidato Rocco (OMISSIS), non riportata nell’ordinanza impugnata: il colloquio, infatti, a prescindere da ogni considerazione sull’attendibilita’ delle parole pronunciate dall’indagato nel corso della telefonata, di spettanza al giudice di merito, non indica l’esistenza di accordi, ma la generica asserzione di “favori in corso”.
Di conseguenza, una volta esclusa, sulla base di una valutazione metodologicamente corretta, l’esistenza di un accordo illecito funzionale allo scambio tra utilita’ corrisposte dai candidati o dai loro sponsor e sostegno offerto loro dal ricorrente nella specifica campagna elettorale del 2009, correttamente e’ stata ritenuto non configurabile il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86. Allo stesso modo, una volta esclusa, alla luce di un’analisi logico-giuridica immune da vizi, la sussistenza di un accordo di scambio tra gli atti amministrativi relativi all’assunzione di (OMISSIS) nella societa’ (OMISSIS) s.r.l. e/o alla sua preposizione all’incarico di responsabile di settore e la dazione o la promessa di specifiche utilita’ da parte di questo in favore dei pubblici amministratori, correttamente e’ stato ritenuto non configurabile il delitto di cui agli articoli 319 e 321 c.p..
3.2. Con riferimento al Capo 3, il Tribunale del riesame ha evidenziato che non puo’ ritenersi accertato un incontro diretto prima delle elezioni tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), ma solo un interessamento del primo al buon esito delle stesse per il secondo e l’invio di curricula per assunzioni di amici e parenti successivamente alla competizione elettorale, e che, in ogni caso, manca la sussistenza di gravi indizi in ordine ad una promessa di assunzioni stipulata prima delle elezioni.
A fronte di tale apprezzamento, il ricorso si e’ limitato a riproporre gli elementi acquisiti nel corso delle indagini e a domandare, di fatto, una rinnovata valutazione degli stessi, per inferirne l’esistenza, in via di deduzione logica, di un patto di scambio tra (OMISSIS) e (OMISSIS), formulando cosi’ una doglianza estranea al novero delle tipologie di motivi previste dall’articolo 606 c.p.p., in relazione al ricorso per cassazione.
4. All’infondatezza delle ragioni addotte, segue il rigetto del ricorso.
Trattandosi di parte pubblica ricorrente, in considerazione di quanto previsto dall’articolo 616 c.p.p., non si dispone condanna alle spese del procedimento.
P.Q.M.

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