Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 24 ottobre 2017, n. 25112. In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, nell’omesso svolgimento di un’attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio per il cliente

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In sostanza, si deduce il difetto di motivazione in ordine alla decisione di liquidare l’indennita’ nella misura massima prevista dal contratto, anziche’ nei minimi (come di prassi per i lavoratori con l’anzianita’ del (OMISSIS)). Inoltre, il giudice dell’appello si sarebbe discostato dai criteri individuati dalla Corte di cassazione nella sentenza del 2001, comunque vincolanti ai sensi dell’articolo 393 c.p.c. Infine, la liquidazione sarebbe errata anche perche’ comprensiva di imposte e di contributi previdenziali che, invece, si sarebbero dovuti escludere.
8.2 In termini del tutto analoghi si pone il sesto motivo del ricorso di (OMISSIS), che contesta il quantum liquidato dalla Corte d’appello, non essendo stati prodotti ne’ il contratto SIM, ne’ alcuna busta paga. Il giudice di merito non avrebbe dato conto dei parametri (oggettivi) adottati al fine della determinazione della somma dovuta.
8.3 Entrambi i motivi sono infondati.
Essi si risolvono, al di la’ del nomen iuris adottato, nella contestazione del difetto di motivazione della sentenza impugnata, nella parte relativa alla liquidazione delle voci di danno risarcibili.
Com’e’ noto, la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che non contempla piu’ il vizio di motivazione, bensi’ lo “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti”. La nuova disposizione si applica alle sentenze pubblicate a partire dal 11 settembre 2012 quindi trova applicazione anche nel caso in esame.
La riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv 629830).
Nella specie non ricorre alcuna delle ipotesi-limite sopra considerate e la motivazione della sentenza impugnata si pone al di sopra del “minimo costituzionale”.
Consegue l’inammissibilita’ dei motivi in esame, che denunciano un vizio non piu’ previsto dalla legge.
Giova aggiungere, peraltro, che nessuno dei due ricorrenti indica dove siano state sollevate tali contestazioni, ne’ in primo grado, ne’ in appello, e le stesse non possono essere proposte per la prima volta in sede di legittimita’.
9.1 Con l’ultimo motivo (undicesimo), (OMISSIS) deduce la violazione dell’articolo 1227 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo: la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare la questione del comportamento colposo imputabile al (OMISSIS), da cui dovrebbe derivare una riduzione del risarcimento.
9.2 A tali censure e’ pressoche’ perfettamente sovrapponibile il settimo motivo del ricorso di (OMISSIS), che ricalca quasi letteralmente quello del figlio.
9.3 Entrambi il motivi sono inammissibili per difetto del requisito di specificita’.
I ricorrenti, infatti, non indicano dove sarebbe stata formulata per la prima volta una simile eccezione, ne’ vi sono elementi da cui evincersi che il fatto sia stato effettivamente oggetto di discussione.
I motivi sono inammissibili anche dalla diversa angolazione dell’omessa pronuncia, che i ricorrenti sembrerebbero voler far valere. Infatti, se cosi’ fosse, (OMISSIS) avrebbero dovuto formulare un motivo ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonche’ indicare gli atti dai quali potersi evincere la corretta proposizione di tale domanda.
10. Restano ora da esaminare i motivi esposti nel ricorso di (OMISSIS) non sovrapponibili a quelli esposti da (OMISSIS) e quindi non esaminati congiuntamente.

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