Corte di Cassazione, sezione sesta penale, ordinanza 3 gennaio 2018, n. 48. Ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 4 per integrare l’elemento soggettivo dell’illecito e’ sufficiente la semplice colpa

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3.1) Con il primo motivo, la societa’ ricorrente deduce la falsa applicazione della L. n. 241 del 1990 e la violazione della L. n. 689 del 1981, articolo 1 con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Cio’ in quanto l’ordinanza-ingiunzione ed il pregresso verbale di accertamento non contengono richiami al decreto n. 376/2006 dell’Autorita’ Portuale di Civitavecchia, rinviando unicamente alle ordinanze n. 55 e 148/2007, le quali non indicano le concrete modalita’ operative della delimitazione dell’area portuale di carico.
In connessione, con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del principio di specialita’ ex articolo 360 c.p.c., n. 3, negando che ordinanze e decreto convergano in una organica disciplina unitaria.
Premesso il collegamento logico, i primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente. Le censure sollevate vanno disattese.
Va ricostruita, in primis, la cornice giuridica in cui si inscrive l’illecito amministrativo contestato. L’articolo 5 dell’ordinanza n. 55/2007 e l’articolo 6 dell’ord. 148/2007 hanno portata precettiva per quanto concerne l’adozione delle opportune misure di sicurezza in area portuale. La prima disposizione stabilisce gli adempimenti necessari ai fini di mettere in sicurezza l’area. La seconda prevede espressamente che “la zona demaniale antistante il ciglio banchina, per una larghezza di metri 3 (tre) (…) e’ considerata zona limite di accesso”.
Entrambe le ordinanze richiamano in premessa il Decreto n. 376 del 2006, con cui sono stati resi esecutivi i regolamenti recanti la disciplina per lo svolgimento delle operazioni e i servizi portuali nei porti di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta e che specifica, all’articolo 6, il contenuto della condotta dovuta. Nel dettaglio, prescrive: “prima dell’avvio delle operazioni portuali, le aree demaniali interessate dalle medesime, devono essere opportunamente recintate e segnalate al fine di impedire il transito a tutti coloro non espressamente autorizzati (…)”.
A chiusura del sistema, l’articolo 1174 c.c., comma 1, formulato secondo la tecnica della norma in bianco – sanziona testualmente “chiunque non osserva una disposizione di legge o di regolamento, ovvero un provvedimento legalmente dato dall’autorita’ competente in materia di Polizia dei porti e degli aeroporti”.
Dunque, il coordinamento tra gli atti normativi si rinviene, prima ancora che per via esegetica e per ragioni logico-sistematiche, direttamente nelle due ordinanze che, in premessa, rinviano al decreto de qua, nonche’ nella formulazione aperta dell’articolo 1174 c.n..
Pertanto, la qualificazione del rapporto tra le diverse fonti alla luce del criterio della combinazione operata dal Giudice a quo risulta corretta: le ordinanze prescrivono la doverosita’ della condotta; il decreto, richiamato in premessa dalle ordinanze, descrive le modalita’ comportamentali di essa; l’articolo 1174 c.n., comma 1, sanziona le violazioni ivi prescritte. Ne deriva l’infondatezza della tesi di parte ricorrente secondo cui solo le due ordinanze 55 e 148 e non anche le disposizione del decreto 376 sarebbero applicabili per il porto di Gaeta. Non e’ dunque ravvisabile alcuna violazione del principio di legalita’ di cui alla L. n. 689 del 1981, articolo 1.
3.2) Con il terzo motivo, il ricorrente deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla sussistenza dell’esimente della buona fede con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Il motivo merita il rigetto.
Ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 4 per integrare l’elemento soggettivo dell’illecito e’ sufficiente la semplice colpa, l’errore sulla liceita’ della condotta, collegato alla buona fede, puo’ rilevare in termini di esclusione della responsabilita’ amministrativa solo quando esso risulti inevitabile.

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