Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 21 settembre 2017, n. 43434. Non è configurabile il divieto di ne bis in idem nel caso di un soggetto detenuto che sia stato già sanzionato disciplinarmente

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6.1. Nella citata decisione, la Corte costituzionale ha anche evidenziato che, per la consolidata giurisprudenza europea, il divieto di bis in idem ha carattere processuale e non sostanziale: “esso, in altre parole, permette agli Stati aderenti di punire il medesimo fatto a piu’ titoli, e con diverse sanzioni, ma richiede che cio’ avvenga in un unico procedimento o attraverso procedimenti fra loro coordinati, nel rispetto della condizione che non si proceda per uno di essi quando e’ divenuta definitiva la pronuncia relativa all’altro”.
6.1.1. Tale ultimo assunto trova ineludibile conferma in una piu’ recente decisione della Corte EDU (Sez. 4, 13 giugno 2017, Simkus c. Lituania), riguardante un caso nel quale il ricorrente lamentava di essere stato sottoposto ad un processo penale dopo che gli era stata inflitta una sanzione amministrativa per il medesimo fatto posto a fondamento dell’accusa, in violazione dell’articolo 4, Prot. 7, Conv. EDU.
In particolare, egli lamentava di essere stato sanzionato in via amministrativa per fatti illeciti legati a condotte di “hooliganismo” (per avere oltraggiato e minacciato di morte due agenti di polizia giudiziaria che sorvegliavano il suo complice all’interno di un ospedale, ove era stato condotto a seguito di un arresto); le sanzioni erano divenute definitive in quanto non oggetto di impugnazione. In seguito, in relazione ai medesimi fatti l’autorita’ giudiziaria aveva avviato nei suoi confronti un procedimento penale (per reati di minaccia, ostacolo alla giustizia, disturbo della quiete e dell’ordine pubblico, nonche’ oltraggio a pubblico ufficiale), che si era concluso, nonostante la rituale eccezione di bis in idem, con una pronuncia dichiarativa dell’estinzione dei reati contestati al ricorrente per prescrizione.
Ciononostante, la Corte EDU ha ravvisato la dedotta violazione dell’articolo 4, Prot. 7, Conv. EDU, rilevando che le due procedure avevano ad oggetto essenzialmente lo “stesso fatto” (ossia l’avere il ricorrente insultato e minacciato persone all’interno di un ospedale), senza attribuire alcun rilievo al fatto che si verteva in ipotesi di concorso formale tra l’illecito amministrativo (di c.d. “hooliganismo”) previsto dalla legge lituana e gli illeciti penali commessi in danno di pubblici ufficiali, anche se posti in essere nel medesimo contesto spazio-temporale; ha, inoltre, ritenuto che il fatto penalmente rilevante, anche se piu’ ampio, assorbiva completamente quello oggetto dell’infrazione amministrativa e l’uno non conteneva nessun elemento aggiuntivo rispetto all’altro; ha, infine, ricordato che la Costituzione lituana prevede espressamente il divieto di bis in idem e che, secondo una pronuncia della Corte costituzionale interna, risalente al 10 novembre 2005, esso va interpretato nel senso di vietare che una stessa persona sia accusata in sede penale di una infrazione per la quale sia stata gia’ punita in via amministrativa.
Nessun rilevanza, per escludere eventualmente la sussistenza della dichiarata violazione della garanzia convenzionale invocata dal ricorrente, e’ stata attribuita al fatto che quest’ultimo non avesse riportato due condanne a sanzioni da ritenere sostanzialmente penali (alla stregua dei criteri Engel) per il medesimo fatto (il procedimento penale si era concluso, lo si ripete, con la declaratoria di estinzione per prescrizione dei reati contestati all’imputato), poiche’ il divieto di bis in idem comporta, infatti, che non si possa essere processati (non che non si possa essere condannati) due volte per lo “stesso fatto”.
6.1.2. D’altro canto, non si e’ mai dubitato che, all’esito del medesimo procedimento, per lo stesso fatto l’imputato possa riportare condanna ad una pena principale, ad una pena accessoria (anche particolarmente afflittiva) ed alla confisca per equivalente (la cui natura sanzionatoria puo’ ritenersi ormai pacifica: Sez. U, sentenza n. 18374 del 31/01/2013, Rv. 255037).
7. I rilievi che precedono consentono, ed anzi impongono, una prima serie di conclusioni.
7.1. Il giudice nazionale (anche di legittimita’), nell’interpretazione delle norme interne, e’ vincolato dai soli orientamenti consolidati della Corte di Strasburgo.
7.2. Il giudice nazionale non puo’ disapplicare una norma interna per contrasto con una norma convenzionale come interpretabile secondo un orientamento consolidato della Corte di Strasburgo, ma ha l’onere di sollevare questione di costituzionalita’ della norma interna da disapplicare, per contrasto con l’articolo 117 Cost., comma 1, onde consentire alla Corte costituzionale (unica attributaria del relativo potere-dovere) di verificare “se la norma della Convenzione EDU, nell’interpretazione data dalla Corte europea, non si ponga in conflitto con altre norme conferenti della nostra Costituzione” (Corte cost., n. 311 del 2009), “ipotesi nella quale dovra’ essere esclusa la idoneita’ della norma convenzionale a integrare il parametro considerato” (Corte cost., n. 113 del 2011), ovvero di valutare “come ed in qual misura il prodotto dell’interpretazione della Corte europea si inserisca nell’ordinamento costituzionale italiano. Infatti, la norma CEDU – nel momento in cui va ad integrare dell’articolo 117 Cost. il comma 1, da questo ripete il suo rango nel sistema delle fonti, con tutto cio’ che segue, in termini di interpretazione e bilanciamento, che sono le ordinarie operazioni cui questa Corte e’ chiamata in tutti i giudizi di sua competenza” (Corte cost., n. 317 del 2009).
7.3. Il divieto di bis in idem sancito dall’articolo 4, Prot. n. 7, Conv. EDU, nell’interpretazione della consolidata giurisprudenza della Corte di Strasburgo, ha natura processuale, non sostanziale, poiche’ consente l’applicazione, per lo “stesso fatto”, di piu’ sanzioni, anche tutte da ritenersi sostanzialmente penali alla stregua dei criteri Engel, purche’ all’esito del medesimo procedimento, ovvero di procedimenti legati da un nesso sostanziale e temporale “sufficientemente stretto”.
8. Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che l’odierno procedimento penale per il reato di danneggiamento aggravato contestato sia stato instaurato in violazione del divieto di bis in idem, avendo in precedenza l’imputato riportato per il medesimo fatto la sanzione della esclusione dall’attivita’ in comune per la durata di giorni 4.

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