Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza  5 dicembre 2017, n.54692. In tema di bancarotta fraudolenta documentale

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’imprenditore non è esente da responsabilità nel caso in cui affidi la contabilità dell’impresa a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, dipendenti o liberi professionisti, in quanto, non essendo esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice, superabile solo con una rigorosa prova contraria, che i dati siano trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa.

CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
SENTENZA 5 dicembre 2017, n.54692

Pres. Sabeone – est. Calaselice

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Tribunale di Milano del 19 aprile 2012, S.G. è stato giudicato per concorso nei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e bancarotta documentale, quale amministratore unico della fallita (OMISSIS) s.r.l., nel periodo dal 24 aprile 2006 al 8 novembre 2006. Il predetto ha riportato condanna per il reato di bancarotta documentale e per bancarotta patrimoniale, limitatamente alla distrazione dei macchinari acquistati dalla (OMISSIS) s.r.l. per il valore di 2.500.000,00 Euro, nonchè per distrazione del furgone targato (OMISSIS), concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, alla pena ritenuta di giustizia, oltre le pene accessorie di legge, con condanna al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita, Fallimento (OMISSIS) s.r.l. e liquidazione di provvisionale.

2. La Corte di appello di Milano, investita del gravame dell’imputato, ha riformato la sentenza di primo grado, limitatamente alle statuizioni civili, per effetto dell’intervenuta revoca della costituzione di parte civile, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

3. Avverso la sentenza di secondo grado indicata in epigrafe, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia avv. Stefano Giangrande, chiedendone l’annullamento, articolando i motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

3.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, quanto alla distrazione dei macchinari acquistati dalla (OMISSIS) s.r.l., la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, l’inosservanza di norme processuali a pena di nullità, inosservanza o erronea applicazione di legge.

Si rileva l’omessa motivazione della sentenza di appello la quale fonderebbe la ritenuta distrazione sul dato indiziario dell’annotazione in contabilità (registro Iva degli acquisti delle fatture passive) di acquisti di importo pari, per il periodo in cui l’imputato era stato amministratore, ad Euro 2.500.000,00, senza considerare le decisive contestazioni contenute nell’appello in ordine al difetto o alla contraddittorietà della prova dell’esistenza di tali operazioni. Lamenta inoltre il ricorrente la carenza di motivazione esponendo che, rispetto alle critiche mosse con l’atto di appello, visto il contenuto delle dichiarazioni rese, ex art. 391 bis c.p.p., dalla dipendente della società fallita, F.R., la Corte territoriale non aveva fornito alcuna motivazione, valorizzando il mero dato indiziario, senza considerare l’evidente inesistenza delle operazioni.

3.2. Deduce inoltre il ricorrente il travisamento delle emergenze probatorie da parte del Tribunale, lamentato anche con l’atto di appello senza che la Corte territoriale avesse fornito motivazione, tra l’altro, circa le contestazioni mosse in relazione all’effettività della successiva cessione dei beni acquistati, alla (OMISSIS) s.p.a. di C.M. (amministratore di fatto della fallita).

3.3. Evidenzia il ricorrente la contradditorietà della motivazione, in quanto ipotizza un’interposizione fittizia alla base delle contetaste operazioni commerciali, non coerente con la ritenuta distrazione, posto che si prospetta l’ingresso di beni in favore di società terze, senza fuoriuscita effettiva di danaro dalla fallita.

3.4. Infine si deduce che è insufficiente la motivazione della Corte territoriale che ha individuato la responsabilità penale a titolo di concorso in capo all’amministratore di diritto, per un periodo in cui coesisteva la gestione effettiva dell’amministratore di fatto. Tanto con motivazione contraddittoria rispetto alle risultanze istruttorie che, invece, attesterebbero che il S., privo peraltro di capacità professionale di tipo gestionale, durante la sua amministrazione non prendeva parte ad alcuna attività di tale tipo, nè poteva essere a conoscenza di eventuali operazioni distrattive poste in essere dal gestore di fatto. Sul punto il ricorrente evidenzia, poi, che non viene spiegato dalla Corte territoriale come ascrivere le operazioni in contestazione al S. e non al liquidatore V., rimasto in carica per oltre un anno e mezzo dopo le dimissioni del ricorrente e fino al fallimento, dichiarato il (OMISSIS).

4. Con il secondo motivo in ordine alla distrazione del furgone, viene dedotta la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e l’inosservanza di norme processuali previste a pena di nullità. Il ricorrente deduce l’omessa motivazione rispetto alle doglianze mosse nell’atto di appello circa la riferibilità dell’acquisto del furgone ad epoca (23 giugno 2005) in cui era titolare dell’amministrazione il coimputato Pignolo, per un prezzo pari quasi a quello di vendita (1.500,00 Euro come da fattura allegata all’atto di appello, prezzo di acquisto ed Euro 1.400,00 prezzo della vendita avvenuta in data 13 ottobre 2006), reputando apodittico il riferimento alla mancata annotazione del relativo introito in cassa, tenuto conto della critica mossa con l’appello circa l’esistenza di un movimento sul conto corrente intestato alla società, dell’importo di Euro 132.000,00, con accredito in epoca (25 ottobre 2006) compatibile con la provvista che interessa.

Sul punto si contesta anche il contenuto dell’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 603 c.p.p., comma 1, con la quale la Corte territoriale non aveva acquisito, in quanto ritenuta non indispensabile, la documentazione contabile presso la società acquirente, inerente l’operazione commerciale.

5. Con il terzo motivo relativo alla bancarotta fraudolenta documentale, il ricorrente denuncia l’omessa motivazione e, comunque, la motivazione apparente, rispetto ai rilievi circa la parziale consegna dei libri e scritture contabili da parte del liquidatore al curatore. A parere del ricorrente detta consegna, risalente al febbraio 2008, non autorizzava senz’altro a concludere che, durante la precedente amministrazione del S. (aprile 2006 – novembre 2006), queste scritture non fossero state tenute o tenute in modo tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio della fallita. Nè l’obbligo di conservazione incombeva al ricorrente, risultando incaricato di formare e custodire i libri e documenti contabili, sino alla liquidazione della società, un responsabile amministrativo, dipendente della società.

6. Infine si eccepisce la nullità dell’ordinanza emessa dal Tribunale il 29 marzo 2012, di revoca dell’ordinanza ammissiva della prova testimoniale introdotta dalla difesa e l’omessa motivazione della Corte territoriale circa la dedotta violazione dell’art. 495 c.p.p., comma 4, e art. 125 c.p.p., comma 3. Si deduce che il Tribunale aveva revocato l’ordinanza ammissiva ritenendo ultroneo l’esame di altri testi a discarico e che la Corte territoriale, assumendo che il tenore dell’ordinanza andasse interpretato alla luce delle prove già raccolte, aveva avallato la motivazione apparente del giudice di primo grado, trascurando le censure mosse con il gravame.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

1.1. Va premesso che nella specie ci si trova di fronte ad una ‘doppia conforme’ affermazione di responsabilità e che, in tale ipotesi, è pienamente ammissibile la motivazione di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, laddove le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi. Le due pronunce in tale ipotesi, si integrano formando una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per valutare la congruità della motivazione, completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze della pronuncia di appello. Nella specie poi la Corte territoriale non si è limitata a richiamare la sentenza di primo grado, ma ha risposto alle doglianze proposte con il gravame. Le motivazioni quindi, si saldano in un unico iter argomentativo, che non viene contraddetto dalle censure mosse dal ricorrente il quale, anzi, propone nel ricorso, in alcune parti, i medesimi motivi devoluti con l’appello e respinti in secondo grado, con motivazione esauriente.

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