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La Corte lombarda spiega correttamente nella motivazione impugnata, e con un iter logico argomentativo che non presta il fianco al denunziato vizio di legge, che, al di la’ della applicabilita’ o meno dell’istituto dei vantaggi compensativi previsto dalla norma di cui qui si denunzia la violazione, cio’ che e’ carente, nel caso di specie, e’, a monte, l’allegazione (mai avvenuta da parte del ricorrente, su cui incombeva, invece, il relativo onus probandi) della sussistenza di effettivi vantaggi compensativi per i quali l’imputato aveva, al contrario, evidenziato solo la esistenza di un genericissimo (e non meglio precisato) interesse del gruppo societario, nella sua interezza, alla sopravvivenza, senza tuttavia indicare quali vantaggi potessero derivare alla societa’ controllata (poi, fallita) dalla mancata riscossione dei crediti nei confronti della societa’ capogruppo.
Ne’ puo’ ritenersi che tale interesse sia dimostrato dalla volonta’ di sopravvivenza finanziaria della societa’ debitrice ovvero delle altre societa’ componenti il gruppo ovvero ancora della controllante, giacche’, all’evidenza, ogni compagine societaria (e piu’ in generale imprenditoriale) persegue il suo interesse generico alla sopravvivenza nel regime di libero mercato, senza che quest’ultimo possa configurare quell’interesse compensativo di cui qui si discute.
2.3.1 Sul punto, giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che – in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale – la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo puo’ essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la societa’ fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali (Sez. 5, n. 16206 del 02/03/2017 – dep. 31/03/2017, Magno, Rv. 26970201: fattispecie in cui la S. C. ha censurato la sentenza impugnata che aveva affermato la natura distrattiva del trasferimento di risorse dalla societa’ fallita ad altre societa’ del gruppo, senza considerare la prospettazione da parte dell’imputato di un evidente vantaggio compensativo per i creditori della fallita conseguente a tale operazione, trattandosi di societa’ debitrice solidale con le societa’ del gruppo sostenute verso i medesimi creditori ed in particolare verso il sistema bancario con cui si erano raggiunti accordi di consolidamento del debito di gruppo con la sospensione temporanea e condizionata del decorso degli interessi, cosicche’ il fallimento di una di esse avrebbe comportato l’attivazione della responsabilita’ solidale della societa’ fallita con l’aggravio di pesantissimi interessi di cui avrebbero subito gli effetti negativi gli stessi creditori individuali della societa’).
Orbene, la giurisprudenza di legittimita’ e’ ferma nel ritenere, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, che per escludere la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non sia sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la societa’ controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la societa’ depauperata (Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, P.G. e altro in proc. Coatti e altri, Rv. 26867501). Invero, il reato puo’ ritenersi insussistente solo se, operando una valutazione ex ante, i benefici indiretti per la societa’ fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi e siano tali da rendere il fatto incapace di incidere sulle ragioni dei creditori della societa’ (Sez. 5, n. 30333 del 12/01/2016, Falciola e altro, Rv. 26788301; Sez. 5, n. 20039 del 21/02/2013, Turchi, Rv. 25564601).
Tale orientamento giurisprudenziale si fonda, da un lato, sul limite apprestato alla configurabilita’ del reato di infedelta’ patrimoniale dall’articolo 2634 c.c., comma 3, che esclude l’ingiustizia del profitto della societa’ collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo; dall’altro, sul principio, stabilito in tema di direzione e coordinamento societario dall’articolo 2497 c.c., che analogamente esclude la responsabilita’ se il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’operazione. Ed e’ proprio ragionando su tali presupposti che questa Sezione (Sez. 5, n. 49787 del 05/06/2013, Bellemans, Rv. 25756201) ha affermato il principio (che qui si vuole riaffermare) secondo che “In tema di reati fallimentari, la previsione di cui all’articolo 2634 c.c. – che esclude, relativamente alla fattispecie incriminatrice dell’infedelta’ patrimoniale degli amministratori, la rilevanza penale dell’atto depauperatorio in presenza dei c. d. vantaggi compensativi dei quali la societa’ apparentemente danneggiata abbia fruito o sia in grado di fruire in ragione della sua appartenenza a un piu’ ampio gruppo di societa’ – conferisce valenza normativa a principi – gia’ desumibili dal sistema, in punto di necessaria considerazione della reale offensivita’ – applicabili anche alle condotte sanzionate dalle norme fallimentari e, segnatamente, a fatti di disposizione patrimoniale contestati come distrattivi o dissipativi”.
Pertanto, ove si accerti che l’atto compiuto dall’amministratore non risponda all’interesse della societa’ ed abbia determinato un danno al patrimonio sociale, e’ onere dello stesso amministratore dimostrare l’esistenza di una realta’ di gruppo, alla luce della quale quell’atto assuma un significato diverso, si’ che i benefici indiretti della societa’ fallita risultino non solo effettivamente connessi ad un vantaggio complessivo del gruppo, ma altresi’ idonei a compensare efficacemente gli effetti immediati negativi dell’operazione compiuta, di guisa che nella ragionevole previsione dell’agente non sia capace di incidere sulle ragioni dei creditori della societa’.
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo non e’ sufficiente allegare tale natura intrinseca, dovendo invece l’interessato fornire l’ulteriore dimostrazione del vantaggio compensativo ritratto dalla societa’ che subisce il depauperamento in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui essa appartiene (Sez. 5, n. 48518 del 06/10/2011, Plebani, Rv. 25153601).
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