Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 17 ottobre 2017, n. 47834. In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale ed ai fini dell’esclusione della natura distrattiva di un’operazione infragruppo

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Si evidenzia, in primo luogo, che la ricostruzione dell’elemento soggettivo del reato era stata diversamente operata dal giudice di prime cure e dal giudice di appello, atteso che il primo lo aveva qualificato come dolo diretto ed il secondo come dolo eventuale e che, invece, la motivazione impugnata non aveva affatto considerato che l’intenzione dell’agente era diretta a far proseguire l’attivita’ imprenditoriale a tutte le societa’ del gruppo, e dunque anche alla societa’ fallita, e che, a dimostrazione di cio’, l’imputato non aveva mai incassato personalmente somme della fallita e che, peraltro, i crediti maturati in favore di quest’ultima e a carico della societa’ controllante erano legati all’adempimento di un contratto coerente con l’oggetto sociale. Si evidenzia ancora che il ricorrente aveva correttamente iscritto il predetto credito nella contabilita’ sociale, con cio’ dimostrando la inequivoca volonta’ del ricorrente stesso di riscuotere, a tempo debito, il credito dalla societa’ controllante. Evidenzia ancora la difesa che la possibile condotta alternativa lecita avrebbe comunque comportato l’incriminazione del ricorrente per bancarotta preferenziale – qualora, cioe’, come amministratore anche della societa’ controllante – avesse proceduto al pagamento da parte di quest’ultima del solo credito della controllata fallita, e cio’ in una situazione di gia’ conclamata decozione della controllante e comunque in presenza di piu’ creditori da soddisfare.
Ed infine, evidenzia la difesa del ricorrente che l’intervenuto accollo da parte della (OMISSIS) del debito di oltre 500 mila Euro gravante sulla fallita (OMISSIS) srl nei confronti della (OMISSIS), credito poi posto in compensazione con altro credito vantato nei confronti di quest’ultima, poneva in luce la complessiva volonta’ dell’amministratore di governare le sorti delle societa’ del gruppo verso un risanamento finanziario, poi, non raggiunto per contingenze esterne.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso e’ infondato.
2.1 Si denunzia, con il primo motivo, violazione di legge ed erronea applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 223 e 216 L. Fall., e cio’ con particolare riferimento alla ritenuta integrazione dell’elemento oggettivo del reato di bancarotta impropria patrimoniale.
2.1.1 In ordine al piu’ corretto inquadramento giuridico della fattispecie oggi in esame e per il quale il ricorrente ha sollevato doglianza, occorre ricordare, in termini generali, che in materia di bancarotta fraudolenta, il depauperamento, apprezzabile ai fini della configurazione del reato di cui all’articolo 216 L. Fall., va inteso come riferito ad una nozione giuridica di patrimonio in senso lato, comprensivo cioe’ non solo dei beni materiali ma anche di entita’ immateriali, fra cui rientrano anche le ragioni di credito che avrebbero dovuto concorrere alla formazione dell’attivo del compendio patrimoniale (Sez. 5, n. 32469 del 16/04/2013 – dep. 25/07/2013, Nassetti e altri, Rv. 25625201: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di bancarotta con riferimento alla mancata riscossione di una parte di un credito).
Cio’ posto, risulta evidente come, nel caso di specie, l’attivita’ depauperativa (e non gia’ dissipativa) si sia in realta’ realizzata attraverso la reiterata e continuata fornitura di opus e servizi da parte della societa’ controllante in favore della societa’ controllante, e cio’ nella piena consapevolezza da parte della prima che la controllante giammai avrebbe potuto soddisfare le ragioni creditorie cosi’ maturate dalla societa’ controllata in esecuzione del contratto intercorso tra le parti. Si ricordi che risultano essere circostanze fattuali non controverse quelle secondo cui, da un lato, la societa’ controllante si trovava, al momento della esecuzione del contratto sopra indicato, gia’ in uno stato di conclamata decozione e che, dall’altro, amministratore delle due compagini sociali era l’odierno ricorrente, con la ulteriore conseguenza che lo stato di decozione della controllante non poteva essere ignorato dall’amministratore della controllata (poi fallita).
Alla luce di tali osservazioni il denunziato vizio di violazione di legge non e’ rintracciabile nel caso di specie.
Ed invero, la corte di merito spiega in modo corretto e scevro dai denunziati profili di illegittimita’ che la condotta contestata si era concretizza in una attivita’ depauperativa, consistita nella consapevole volonta’ di fornire prestazioni da parte della societa’ fallenda alla societa’ controllante, e cio’ peraltro per un corrispettivo maturato di ben due milioni di Euro, senza esigere in alcun modo il dovuto corrispettivo nell’immediatezza della esecuzioni delle prestazioni ed anche nel periodo successivo.
Cio’ integra, senza dubbio, sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo (sul punto si tornera’, comunque, nell’esame del quarto motivo di doglianza) gli estremi della bancarotta patrimoniale distrattiva giacche’ la societa’ fallenda era stata consapevolmente impoverita dei suoi beni proprio attraverso la prestazione di servizi in favore della decotta societa’ controllante, e cio’, per quanto anche gia’ sopra osservato, nella piena consapevolezza (perche’ l’amministratore della due societa’ era il medesimo soggetto, coincidente invero con l’odierno ricorrente) della impossibilita’ per la societa’ controllante di pagare il corrispettivo delle prestazioni ricevute.
2.2 I secondo motivo di doglianza e’ invece manifestamente infondato.
Si deduce la mancanza di motivazione in ordine alla destinazione, estranea agli scopi dell’impresa, impressa dall’imputato alle risorse sociali.
Sul punto, e’ agevole replicare che non e’ richiesto, per il reato in esame, tale obbligo motivatorio, atteso che, invero, la bancarotta e’ un reato di pericolo ove non e’ necessario dimostrare la destinazione ultima dei beni sottratti per la dimostrazione probatoria della integrazione del delitto. Comunque, deve anche rilevarsi come la doglianza, cosi’ sollevata dal ricorrente, risulta anche genericamente formulata.
2.3 Il terzo motivo e’ anch’esso infondato.
Anche in tal caso non e’ rintracciabile il denunziato vizio di violazione di legge, con riferimento al disposto normativo di cui all’articolo 2634 c.c., comma 3.

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