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Di nessun pregio quindi l’assunto difensivo secondo il quale la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto che nel procedimento in oggetto non era indicato l’inizio dell’attivita’ del gruppo criminale – esprimendosi il capo di imputazione nei seguenti termini “da prima del 14.1.2011” – con la conseguenza che non era possibile individuare chi avesse per primo fondato ed organizzato il sodalizio, proprio per l’acclarata egemonia esercitata dallo (OMISSIS) sui propri adepti, i quali si rapportavano a lui riconoscendone in modo indiscusso il ruolo dominante di capo carismatico.
5. (OMISSIS) contesta la ritenuta qualifica di organizzatore dell’associazione.
Anche tale doglianza non e’ fondata, a fronte delle ineccepibili argomentazioni dei giudici di merito, i quali hanno evidenziato che il (OMISSIS), pur rivestendo una posizione subalterna rispetto a quella di (OMISSIS), da cui riceveva direttive riguardo ad attivita’ essenziali dell’associazione e che rendeva edotto di eventi ad essa comunque inerenti, aveva un potere gestionale in ordine a rilevanti profili operativi, godeva di significativa autonomia e dunque si poneva ad un livello sovraordinato rispetto a quello dei pusher, che facevano capo a lui anche a fini retributivi.
La Corte d’Appello ha premesso, in linea di principio generale, richiamando giurisprudenza di questa Corte Suprema, che nell’ambito delle condotte punibili ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, deve definirsi “organizzatore” anche colui che, rispetto al gruppo gia’ costituito, non si limiti ad attivita’ intercambiabili e meramente esecutive del progetto criminoso comune, bensi’ assuma una funzione di fulcro nonche’ poteri gestionali, quand’anche non pienamente autonomi, in uno specifico e rilevante settore operativo: in tali termini, infatti, apporta all’associazione un contributo primario e non semplicemente paritetico a quello di ogni altro associato e la condotta si connota di quella maggiore pericolosita’ che la norma intende piu’ pesantemente sanzionare per il superiore apporto alla vita associativa (Sez. 4, n.45018 del 23/10/2008, Rv.242032).
Spetta dunque tale qualifica all’affiliato che, sia pure nell’ambito delle direttive impartite dai capi e non necessariamente dalla costituzione del sodalizio criminoso, esplichi con autonomia la funzione di curare il coordinamento dell’attivita’ degli altri aderenti ovvero l’impiego razionale delle strutture e delle risorse associative o di reperire i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un’attivita’ che assuma i caratteri dell’essenzialita’ e della infungibilita’, non essendo invece necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell’attivita’ di altri soggetti (Sez.5, n.39378 del 22/6/2012, Rv.254317), ne’ che svolga il suo ruolo con riferimento all’associazione nella sua interezza, potendo risultare sufficiente il coordinamento di una sua articolazione territoriale (Sez.3, n.40348 del 6/7/2016, Rv.267761).
Nello specifico, i giudici di merito hanno rilevato che l’attivazione di intercettazioni ambientali all’interno di due autovetture rientranti nella disponibilita’ del (OMISSIS) nell’arco temporale monitorato, avevano posto in luce il ruolo particolarmente attivo, versatile e dinamico rivestito da questi, capo di uno dei sottogruppi territoriali di spaccio dipendenti da (OMISSIS), autorizzato a smerciare droga nei pressi dei circoli ricreativi di (OMISSIS), come la sala giochi denominata “(OMISSIS)” e nei pressi del “(OMISSIS)” di (OMISSIS).
Ancora sotto gli ordini di (OMISSIS), il (OMISSIS) curava il rifornimento di droga presso un narcotrafficante albanese in Trani; provvedeva all’assistenza economica degli associati; era leader di una squadra impegnata tanto nell’occultamento di droga nella cupe rurali del sodalizio, quanto nello smistamento di cocaina, eroina, hashish e marijuana in quantita’ apprezzabili, e persino elevate, presso i circoli ricreativi di cui si e’ detto; era direttamente interessato alla gestione del “laboratorio” di confezionamento di sostanze stupefacenti istituito dal sodalizio all’interno di un trullo in agro di (OMISSIS); era impegnato nella elargizione della “paga” settimanale, ed anche giornaliera, ai vari pusher della sua squadra ed era tenuto, unitamente ad altri, su ordine dei vertici del clan, al mantenimento economico in carcere di soggetti vicini al sodalizio, detenuti per l’omicidio di (OMISSIS) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), maturato sempre nel locale mondo dello spaccio di stupefacenti, ovvero per condotte di spaccio nel contesto del medesimo gruppo criminale ( (OMISSIS)).
Il ruolo di “organizzatore” del gruppo criminale non puo’ percio’ essere messo in dubbio, poiche’ le conversazioni riportate nella sentenza di primo grado e richiamate in quella di appello, hanno appunto consentito di acclarare una serie di elementi sintomatici di un compito di coordinamento sull’attivita’ degli associati svolto dal (OMISSIS) e la sua dedizione per garantire il pieno funzionamento della vita associativa, in posizione di “quadro intermedio” tra i vertici e la base.
5.1. Si duole ancora il ricorrente, con un secondo motivo, di un errore di calcolo da parte dei giudici di appello, i quali hanno applicato le circostanze attenuanti generiche in termini di prevalenza senza riconoscerle nella massima estensione e senza motivare sulla loro ridotta operativita’.
Il motivo non ha pregio.
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