Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 21 novembre 2017, n. 52974. In tema di tentativo, l’univocità degli atti va accertata ricostruendo, in base delle prove disponibili, la direzione teleologica della volontà dell’agente

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Si riproponevano, in tal modo, le censure espresse nei giudizi di merito dalla difesa di (OMISSIS), secondo le quali le coltellate sferrate all’indirizzo delle persone offese erano il frutto della concitazione degli accadimenti criminosi e che, in ogni caso, i fendenti erano stati inferti dal ricorrente senza alcuna volonta’ di ledere organi vitali delle vittime, con modalita’ talmente superficiali – come attestato dalle stesse sentenze di merito – e repentine che non era possibile ipotizzare alcun intento omicida nell’azione posta in essere in danno della moglie e del suo compagno.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all’articolo 99 c.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse adeguatamente conto della sussistenza degli elementi costitutivi della recidiva oggetto di contestazione, sulla cui ricorrenza la Corte territoriale bolognese si era espressa in termini assertivi e svincolati dalle emergenze probatorie.
Si evidenziava, in proposito, che il riconoscimento della recidiva si fondava su due precedenti penali notevolmente risalenti nel tempo, commessi da (OMISSIS) nel (OMISSIS), rispetto ai quali nessun collegamento poteva essere affermato con la vicenda criminosa oggetto di vaglio, anche in considerazione della natura estemporanea dell’azione armata posta in essere dall’imputato in danno delle persone offese.
Queste considerazioni imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da (OMISSIS) e’ inammissibile.
2. Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse adeguatamente conto degli elementi probatori acquisiti nei confronti di (OMISSIS), indispensabili alla formulazione di un giudizio di responsabilita’ in relazione al tentato omicidio premeditato oggetto di contestazione, che risultava smentito dalle risultanze processuali, univocamente orientate in senso favorevole all’imputato.
Secondo la difesa del ricorrente, l’incongruita’ del giudizio espresso dalla Corte territoriale bolognese rispetto alla configurazione del tentato omicidio premeditato contestato a (OMISSIS) era resa evidente dalle acquisizioni probatorie e risultava contraddetta dalla ricostruzione della dinamica dell’accoltellamento di (OMISSIS) e (OMISSIS), cosi’ come recepita nelle decisioni di merito, che non consentiva di ritenere l’azione armata dell’imputato ne’ premeditata ne’ finalizzata a uccidere la consorte e il suo compagno.
Osserva, innanzitutto, il Collegio che il presupposto sul quale il ricorrente fonda il suo assunto difensivo, secondo cui l’aggressione armata dell’imputato in danno delle persone offese era inidonea a provocarne la morte, risulta smentito dalla sequenza dell’azione delittuosa – correttamente ricostruita nel provvedimento decisorio in esame – caratterizzata dall’uso di un coltello a serramanico con cui venivano provocate alle vittime numerose ferite, in conseguenza delle quali entrambe venivano ricoverate d’urgenza presso l’Ospedale civico di (OMISSIS).
Sui profili valutativi censurati dalla difesa di (OMISSIS), invero, la sentenza di appello si soffermava con un percorso motivazionale immune da censure, evidenziando – sulla base di un vaglio ineccepibile della documentazione sanitaria rilasciata dal Pronto Soccorso dell’Ospedale civico di (OMISSIS) – che l’azione delittuosa dell’imputato era certamente idonea a determinare la morte di (OMISSIS) e (OMISSIS), avendo provocato i numerosi colpi di coltello inferti dal ricorrente alle vittime la penetrazione dell’arma da taglio in aree corporee nelle quali si trovano numerosi organi vitali.
Si consideri, in proposito, il passaggio motivazionale esplicitato nelle pagine 11 e 12 della sentenza di primo grado, espressamente richiamato sul punto dal provvedimento impugnato, nel quale il Tribunale di Rimini evidenziava come costituisse un elemento probatorio incontroverso quello secondo cui il ricorrente avesse accoltellato la moglie e (OMISSIS) nel corso di un’articolata sequenza omicida, sviluppatasi in fasi distinte. Dalla ricostruzione di tale sequenza omicida discende la correttezza dell’inquadramento del tentato omicidio aggravato contestato a (OMISSIS) al capo A, desumibile dal fatto che le coltellate sferrate dall’imputato “erano potenzialmente idonee a cagionare la morte” delle persone offese, in ragione del fatto che attingevano “sedi nelle quali si trovano organi che presiedono a funzioni vitali (…)”.
Sulla scorta di tale ricostruzione dell’aggressione attuata dal ricorrente nei confronti della moglie e del compagno, che deve essere necessariamente correlata alle circostanze di tempo e di luogo nelle quali maturava la sua determinazione omicida, il Giudice di appello bolognese formulava un giudizio affermativo sull’idoneita’ degli atti posti in essere dall’imputato a provocare la morte delle vittime, nel valutare la quale e’ necessario richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale: “L’idoneita’ degli atti, richiesta per la configurabilita’ del reato tentato, deve essere valutata con giudizio “ex ante”, tenendo conto delle circostanze in cui opera l’agente e delle modalita’ dell’azione, in modo da determinarne la reale adeguatezza causale e l’attitudine a creare una situazione di pericolo attuale e concreto di lesione del bene protetto” (Sez. 1, n. 27918 del 04/03/2010, Resa, Rv. 248305; si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 6, n. 23706 del 17/02/2004, Fasano, Rv. 229135).

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