[….segue pagina antecedente]
Con il quarto motivo, formulato ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, e’ stata lamentata la violazione e falsa applicazione di articolo 112 c.p.c. e articolo 1331 c.c., nonche’ omessa e contraddittoria pronunce circa un fatto controverso decisivo in relazione al termine per l’esercizio dell’opzione (pgg. 25/27 del ricorso).
Il presupposto sul quale si fondava l’impugnata pronuncia era sempre quello di ritenere ab origine perfezionato un patto che tale non era.
Nella specie tuttavia si trattava di un patto di opzione ex articolo 1331 c.c. annesso al patto di non concorrenza, che non si era dunque ancora perfezionato, e che mai si sarebbe perfezionato, avendo la societa’ comunicato al dipendente in costanza di rapporto la volonta’ di non esercitare il proprio diritto, di guisa che il patto non era entrato in vigore e non vincolava quindi alcuna delle parti.
La sentenza impugnata si era, dunque, pronunciata sulla validita’ di un recesso datoriale da un patto di non concorrenza, omettendo invece di pronunciarsi sulla validita’ di un patto di opzione, annesso tale a patto, con conseguente violazione del citato articolo 112, di guisa che l’impugnata pronuncia meritava di essere cassata.
Con il quinto motivo di ricorso, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ stata dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio, nonche’ omessa e insufficiente motivazione circa la validita’ della rinuncia all’opzione, effettuata in costanza di rapporto. Infatti, la sentenza di appello aveva mal valutato un fatto decisivo per stabilire la validita’ della rinuncia all’opzione, ossia la circostanza che detta rinuncia era stata esercitata in costanza di rapporto, il 15 ottobre 2004 ovvero 40 mesi prima che il (OMISSIS) presentasse le sue dimissioni. Per contro, l’impugnata sentenza aveva ritenuto irrilevante il fatto che l’opzione/recesso risalisse alla fine del 2004, avendo pero’ sino ad allora prodotto i suoi effetti deterrenti e limitativi (nei sensi gia’ indicati sul punto nella precedente narrativa), sicche’ in effetti non si era avuta alcuna motivazione sul fatto che la rinuncia all’opzione era intervenuta in costanza di rapporto, quindi ben prima della sua cessazione e del conseguente termine di trenta giorni all’uopo fissato con l’anzidetto patto.
Era errata e meritava di essere riformata la motivazione svolta dalla Corte distrettuale, laddove si era ritenuto che la clausola determinava sin dal momento della sottoscrizione una situazione di precarieta’ in danno del lavoratore, risolvibile pero’ soltanto in forza di una successiva determinazione di parte datoriale, ma discrezionale nel quanto e nel contenuto, oltretutto con agevole possibilita’ di elusione…. Dunque, la societa’ aveva comunicato al dipendente in costanza di rapporto di rinunciare irrevocabilmente ad esercitare l’opzione, con conseguente reciproca liberazione da ogni e qualsiasi obbligazione ad essa connessa (per ulteriori migliori riferimenti si rimanda, ancora una volta, alla lettura del ricorso, pagine 27/30).
Con il sesto motivo di censura, formulato ex articolo 360 c.p.c., n. 3, e’ stata denunciata la violazione la falsa applicazione dell’articolo 1463 c.c., in relazione alla risoluzione di diritto del patto di non concorrenza, pero’ erroneamente esclusa dalla Corte di appello per l’asserita sopravvenuta impossibilita’ dell’oggetto. Infatti, l’oggetto del patto di non concorrenza riguardava la sola fornitura di lavoro temporaneo ex L. n. 196 del 1997, e non gia’ lo svolgimento di qualsiasi attivita’ in concorrenza con quella svolta dalla societa’. Per di piu’ con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 276 del 2003 erano state abrogate le disposizioni di cui alla citata L. n. 196, sicche’ era venuta meno per il (OMISSIS) la possibilita’ di prestare attivita’ a favore di societa’ fornitrice di lavoro temporaneo ex L. n. 196, articolo 2, di modo che era venuto meno anche il patto di non concorrenza siccome sottoscritto all’atto dell’assunzione. Ne’ poteva sostenersi che la disciplina di cui alla L. n. 196 e quella dettata dal decreto n. 276 in materia di somministrazione non avessero alcuna sostanziale differenza.
Dunque, il patto di non concorrenza in esame riguardava attivita’ di fornitura di lavoro temporaneo ex cit. articolo 2 e non poteva, pena la nullita’ dell’intero patto, estendersi ad ulteriori attivita’ o diverse rispetto a quelle ivi contemplate. Ne derivava che a seguito dell’abrogazione del lavoro interinale era venuto meno anche l’oggetto del patto di non concorrenza, donde l’impossibilita’ della prestazione lavorativa. Di conseguenza, il patto si era risolto di diritto, liberando cosi’ entrambe le parti che avevano sottoscritto l’accordo. Percio’ ai sensi dell’articolo 1463 c.c. andava affermata l’intervenuta risoluzione di diritto del patto In realta’ un’attenta analisi avrebbe portato alla necessaria conclusione che fossero venute meno le circostanze di fatto e di diritto che avevano portato (OMISSIS) SFLT ad annettere al contratto di lavoro de quo il suddetto patto di non concorrenza e che quindi lo stesso non potesse ritenersi efficace e produttivo di effetti. Da cio’ derivava il venir meno della causa, stante il venir meno dell’interesse giuridicamente sotteso al contratto, donde pure la legittimita’ del mancato esercizio dell’opzione da parte di (OMISSIS) (pgg. 30/38 del ricorso).
[…segue pagina successiva]
Leave a Reply