Corte di Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 4 gennaio 2018, n. 111. Nel procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali agli indiziati di “appartenere” a una associazione di tipo mafioso

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Tale progressiva equiparazione procedimentale intervenuta tra applicazione delle sanzioni penali e delle misure di prevenzione, in ragione del riconoscimento della natura afflittiva di queste ultime che, sia pure incidenti sulla liberta’ di circolazione, in luogo che sulla liberta’ personale – secondo quanto stabilito con riferimento a casi di modalita’ esecutive che, valutate nel concreto, non appaiano eccessivamente restrittive -, ha progressivamente avvicinato le tutele previste in fase di applicazione della misura di prevenzione all’applicazione di misure cautelari o di sanzioni penali. Cio’ e’ avvenuto riguardo alla previsione dell’udienza pubblica, ed alla necessita’ di una tipizzazione della previsione astratta per l’avvertita esigenza di connessione delle stesse al principio di legalita’ gia’ ampiamente riconosciuto in pronunce risalenti della Corte cost. (n. 177 del 1980), e tale sviluppo risulta antitetico rispetto al ricorso a presunzioni valutative non piu’ astrattamente legittimate dalla diversa previsione normativa.
La conseguenza e’ che l’eccezione contenuta nella normativa, che autorizza l’applicazione di restrizioni sulla liberta’ di circolazione anche in mancanza di connessioni della condotta del proposto con la realizzazione di un fatto reato, pur fatta salva dalle statuizioni espresse in argomento dalla giurisprudenza della Corte EDU (G.C. 23/02/2017, De Tomaso c. Italia), sulla considerazione della particolare vitalita’ e pericolosita’ di tali compagini nel nostro territorio, vada interpretata, proprio per salvaguardare nel concreto l’applicazione dei principi fondamentali di rango costituzionale e della CEDU (di cui per altri versi si e’ fatta gia’ carico la giurisprudenza a Sezioni Unite con la sentenza n. 40076 del 27/04/2017, Paterno’, Rv. 270496), ricercando una stringente correlazione tra gli elementi che hanno autorizzato in quella sede tale deroga dai principi generali, e le esigenze concrete, abbandonando interpretazioni fondate su una astratta semplificazione probatoria, tanto piu’ in quanto rimaste prive di sostegno normativo.
Come e’ gia’ stato rilevato nella appena citata pronuncia delle Sez. U, il richiamo sopraggiunto in materia da parte del giudice sovranazionale rimanda alla necessita’ di una lettura tassativizzante e tipizzante della fattispecie per assicurare aderenza del sistema di prevenzione ai principi convenzionali, esigenza che non puo’ che coinvolgere anche i criteri applicativi delle misure, proprio per la loro caratteristica di afflittivita’, al di fuori dalla connessione con la consumazione di un reato, e per la connessa pertinenza ad una situazione di allarme sociale incombente, di cui devono essere definiti specificamente i contorni per giustificarne l’applicazione, esigenza quest’ultima che si pone in antitesi con qualsiasi automatismo dimostrativo.
12. Si deve conclusivamente affermare, alla luce del dato normativo e dello sviluppo della giurisprudenza di legittimita’, avvalorata dalle piu’ recenti pronunce giurisdizionali costituzionali e della Corte EDU, che il richiamo alle presunzioni semplici deve essere corroborato dalla valorizzazione di specifici elementi di fatto che le sostengano ed evidenzino la natura strutturale dell’apporto, per effetto delle ragioni di collegamento espressamente enucleate sulla base degli atti, onde sostenere la connessione con la fase di applicazione della misura.
Per contro, conformemente a quanto gia’ statuito in sede di applicazione della misura cautelare, occorre confrontarsi, al fine della valutazione di persistente pericolosita’, con qualsiasi elemento di fatto suscettibile, anche sul piano logico, di mutare la valutazione di partecipazione al gruppo associativo, al di la’ della dimostrazione di un dato formale di recesso dalla medesima – anche li’ dove sia possibile evocare astrattamente un recesso, che si puo’ connettere solo ad attivita’ partecipativa -, quale puo’ ravvisarsi nel decorso di un rilevante periodo temporale o nel mutamento delle condizioni di vita, tali da renderle incompatibili con la persistenza del vincolo.

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