Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2401. In tema di rifiuti, lo svolgimento di attività di gestione in forma semplificata

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In sintesi, sostiene il ricorrente che con riferimento ai predetti reati, ossia di aver realizzato un terrapieno e che cio’ costituirebbe un abuso edilizio, pur riconoscendo alla Corte di essersi presa carico di una autonoma motivazione, sarebbe censurabile l’approdo cui giudici sarebbero pervenuti, ossia che la destinazione diretta a proteggere da rumori e polveri le abitazioni direttamente confinanti sarebbe gia’ indice della stabilita’ dell’opera, per poi qualificare il mucchio di terra in parola come intervento di nuova costruzione, e dunque soggetto a p.d.c. in base alla norma di cui all’articolo 10 del testo unico dell’edilizia; a tal proposito, la difesa contesta che il predetto terrapieno rientri nel campo di applicazione della norma, non trattandosi ne’ di manufatto ne’ di una struttura, e comunque osservando come lo stesso fosse finalizzato alle attivita’ lavorative della ditta del ricorrente e come, del resto, le dimensioni definite impressionanti in realta’ sarebbero solo quantita’ normali di materiali, tenuto conto della produzione annua di inerti della cava pari a 80.000 m3 donde le dimensioni di 50.000 m3 sarebbero in realta’ poco piu’ della quantita’ di materiale lavorato in mezzo anno; in ogni caso, si sarebbe trattato di materiale sciolto e dunque privo dei caratteri della permanenza, non rilevando la destinazione provvisoria con finalita’ di protezione antirumore e antipolvere rispetto alle abitazioni limitrofe, non essendo questa la destinazione finale ma trattandosi di terre e rocce da scavo in attesa di essere vendute e lavorate; a cio’ peraltro andrebbe aggiunto come tutte le azioni ed iniziative relative al predetto terrapieno erano state intraprese dal ricorrente di concerto con gli enti preposti, come dimostrato dalla documentazione allegata alla memoria difensiva a proposito del terrapieno in contestazione, oltre al rilievo secondo cui la barriera antirumore non risultava composta da materiale qualificato come rifiuto, ma da materiale sciolto di tipo terre e rocce da scavo, come confermato dai test eseguiti dal (OMISSIS).
2.8. Deduce, con l’ottavo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b) ed e), sotto il profilo della violazione di legge in relazione all’articolo 81 cpv. c.p. e articolo 133 c.p., e correlato vizio di motivazione carente quanto al ritenuto giudizio di congruita’ della pena irrogata e degli aumenti in continuazione disposti.
In sintesi, sostiene il ricorrente che la pena inflittagli sarebbe assolutamente eccessiva in quanto non contenuta nel limite edittale minimo nonche’ in relazione agli aumenti di pena per la continuazione; i giudici di appello avrebbero ritenuto la pena base aderente alla gravita’ dei fatti come gli stessi aumenti in continuazione, senza tuttavia considerare gli altri parametri indicati all’articolo 133 c.p.; non si sarebbe tenuto conto che il ricorrente ha sempre svolto una regolare attivita’ lavorativa, ha saputo costruire attorno a se’ una realta’ produttiva, ha scelto lealmente di difendersi nel processo presenziando a tutte le udienze, contribuendo alla ricerca della verita’; conclusivamente, il suo ottimo comportamento processuale avrebbe dovuto essere valutato al fine di contenere la pena per ridurre gli aumenti in continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ inammissibile.
4. Premesso, in linea generale, che il ricorso appare articolato quale mera “riedizione” dei medesimi motivi gia’ esposti nell’atto di appello, prestando il fianco ad un giudizio di complessiva genericita’ (a tal proposito dovendosi ricordare che la motivazione della sentenza di appello puo’ essere censurata con ricorso per cassazione solo nei limiti in cui era sorto, sulla base di un ammissibile e specifico motivo di appello, l’obbligo del giudice di secondo grado di un’adeguata risposta alle censure formulate: Sez. 6, n. 546 del 18/11/2015 – dep. 08/01/2016, P.G. in proc. D’Ambrosio e altri, Rv. 265883), puo’ procedersi nell’esame dei singoli motivi.
5. Seguendo l’ordine suggerito dalla struttura dell’impugnazione proposta in questa sede di legittimita’, deve essere esaminato anzitutto il primo motivo di ricorso, con cui la difesa dell’imputato sostiene l’intervenuta estinzione per prescrizione, antecedentemente alla pronuncia della sentenza d’appello, dei reati di cui ai capi da c.1 a c.9 e del capo c.11, del capo d), dei capi e.1 ed e.2 della rubrica.
Il motivo e’ manifestamente infondato.
E’ sufficiente, al fine di evidenziare la manifesta infondatezza del motivo, richiamare quanto argomentato nella sentenza di primo grado, di cui vi e’ ampia sintesi in quella d’appello (e le cui motivazioni, com’e’ noto, si integrano reciprocamente:
Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595), per individuare le ragioni per le quali il dies a quo da cui far decorrere il termine di prescrizione dei reati deve essere individuato nel 3.07.2012 (data dell’ultimo sopralluogo), atteso che non puo’ certamente individuarsi detto termine iniziale nella data del sequestro (25.10.2011), laddove, infatti, emerge dagli elementi richiamati dalle sentenze di merito che l’imputato aveva proseguito nell’attivita’, nonostante l’intervenuto sequestro, peraltro essendo risultato dal tenore del provvedimento di dissequestro come questi non fosse libero di operare come se nulla fosse accaduto. Sul punto, si legge, in particolare a pag. 7 della sentenza d’appello, richiamando la motivazione del tribunale, che “il provvedimento di dissequestro adottato dal PM non consentiva all’imputato di proseguire l’attivita’ di stoccaggio dei rifiuti come erroneamente ritenuto dall’imputato. Il PM, infatti, nel suo provvedimento espressamente disponeva: “l’adozione di ogni iniziativa opportuna, compresa l’imposizione di eventuali prescrizioni tecniche (….), al fine di garantire il funzionamento in condizioni di salubrita’ e sicurezza dell’impianto oggetto della presente restituzione”.
Deve, quindi, convenirsi con il fatto che la prosecuzione dei comportamenti illeciti sino alla data del terzo sopralluogo, unita alla natura permanente degli illeciti contestati, consentiva di individuare nella data del 3.07.2012 quella di cessazione della permanenza, con conseguente manifesta infondatezza del primo motivo.
6. Proseguendo nell’esame dei motivi aventi natura processuale, deve essere esaminato il secondo motivo di ricorso attinente ad un preteso vizio di violazione di legge in relazione agli articoli 191 e 498 c.p.p., essendo stato escluso il diritto della difesa a contro-esaminare la teste (OMISSIS), escussa solo dal PM e dal giudice, senza che vi fosse stata alcuna rinuncia al controesame da parte della difesa, con conseguente inutilizzabilita’ della predetta deposizione, utilizzata dal primo giudice per fondare il giudizio di colpevolezza per i capi a.b), c) – fatta eccezione per il capo c.10 d) ed e) della rubrica.
Il motivo e’ manifestamente infondato.

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