Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2401. In tema di rifiuti, lo svolgimento di attività di gestione in forma semplificata

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La sentenza impugnata non merita dunque censura sotto tale profilo.
14. Resta, infine da esaminare l’ottavo ed ultimo motivo di ricorso, con cui il ricorrente svolge censure di violazione di legge in relazione all’articolo 81 cpv. c.p. e articolo 133 c.p., e correlato vizio di motivazione carente quanto al ritenuto giudizio di congruita’ della pena irrogata e degli aumenti in continuazione disposti.
Anche tale motivo non si sottrae al giudizio di inammissibilita’.
Ed invero, la Corte d’appello da’ atto di aver preso in esame il comportamento processuale dell’imputato, tant’e’ che il primo giudice lo aveva valutato per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; quanto al trattamento sanzionatorio, la Corte d’appello ritiene la pena adeguata alla gravita’ dei fatti. Si tratta di un’indicazione, questa, sufficiente, in quanto il giudice muove dalla pena base prevista dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 3, piu’ grave in astratto, determinata in 1 anno di arresto ed Euro 15.000,00 di ammenda, a fronte di una cornice edittale che prevede una pena detentiva da 6 mesi a 2 anni di arresto ed un’ammenda da 2.600,00 Euro a 26.000,00 Euro, donde la pena prescelta dal giudice di merito non risulta superiore al c.d. medio edittale. Sul punto, del resto, e’ ormai consolidata la giurisprudenza secondo cui in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’articolo 133 c.p. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 – dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283).
Quanto, infine, agli aumenti a titolo di continuazione, avuto riguardo al criterio di quantificazione operato dal primo giudice, la relativa censura non merita accoglimento, dovendosi ribadire il principio, cui questo Collegio ritiene di dover dare continuita’ perche’ ritenuto piu’ aderente alla ratio normativa, pur nella consapevole presenza di un difforme orientamento, secondo cui in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base (Sez. 2, n. 18944 del 22/03/2017 – dep. 20/04/2017, Innocenti e altro, Rv. 270361).
15. Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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