Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 22 gennaio 2018, n. 2401. In tema di rifiuti, lo svolgimento di attività di gestione in forma semplificata

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11. Passando ad esaminare il sesto motivo di ricorso, con cui il ricorrente svolge censure di violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 4, (capo c), sotto il profilo dell’assenza della motivazione di appello e della contraddittorieta’ della motivazione del primo giudice quanto ai singoli addebiti sub c), con alcuni atti del processo, il Collegio non puo’ esimersi dall’esprimere un giudizio di inammissibilita’.
Quanto, anzitutto, alla presunta contraddittorieta’ della contestazione sub a) e sub c), la Corte d’appello spiega del tutto convincentemente alla pag. 20 le ragioni per cui tale asserito contrasto non poteva ritenersi sussistere, sottolineando proprio la diversita’ delle condotte contestate. Si legge, in particolare, a pag. 20 che nel capo a) e’ contestato l’accumulo di 9000 mc. di frantumato pur dopo la disposizione dirigenziale del 30.01.2012 che vietava alla ditta di accettare quantitativi di rifiuti in ingresso prima che vi fosse la conformita’ tra i rifiuti in stoccaggio e quelli autorizzati. Da qui, dunque, la contestazione della violazione in assenza di autorizzazione, condotta protrattasi in spregio ai provvedimenti amministrativi sino alla completa inibizione dell’attivita’ in data 18.07.2012.
Quanto, poi, alla configurabilita’ del reato di violazione delle prescrizioni ex Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 4, contestato sub c), la Corte d’appello richiama a pag. 21 le argomentazioni del primo giudice, sottolineando, quanto alla questione della “naturale impermeabilizzazione del terreno” che non sarebbe stata fornita alcuna prova, con riferimento al tema della mancata impermeabilizzazione delle superfici esterne e alla mancanza di un sistema di raccolta e trattamento delle acque meteoriche, evidenziando l’inconferenza delle argomentazioni difensive, come anche in relazione a quelle relative all’utilizzo del frantumatore Klemann, su cui si sofferma alla pag. 22 la sentenza impugnata, motivi che si intendono in questa sede integralmente richiamati per esigenze di economia motivazionale ne’ essendo richiesto a questa Corte di procedere ad una ricognizione e riproposizione delle argomentazioni in fatto sviluppate dalla Corte territoriale a sostegno di quanto sopra, dovendosi la Corte di Cassazione limitare a valutare la congruenza motivazionale e la logicita’ complessiva dell’apparato argomentativo utilizzato dai giudici di merito e non certo sindacare gli argomenti fattuali utilizzati dai predetti giudici.
Orbene, sul punto, le censure difensive si appalesano generiche per aspecificita’ perche’ non si confrontano con le motivazioni della sentenza d’appello e di quella di primo grado (di cui v’e’ una sintesi anche alla pag. 11 della sentenza impugnata) non rilevando la presunta omissione valutativa in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale circa le dichiarazioni del teste (OMISSIS), a fronte di una “doppia conforme” e del tenore complessivo della censura che si risolve in un semplice dissenso rispetto all’approdo motivazionale cui sono pervenuti i giudici di merito.
La genericita’ della doglianza, del resto, si apprezza alla luce delle stesse condizioni indicate da questa Corte circa la possibilita’ di prospettare un vizio di travisamento probatorio per omissioni in consimili ipotesi. Si e’ sul punto affermato infatti che il ricorso per cassazione con cui si lamenta la mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione per l’omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti non puo’ limitarsi, pena l’inammissibilita’, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verita’ dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonche’ della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilita’” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010 – dep. 22/12/2010, Damiano, Rv. 249035). Ed e’ evidente che, nel caso in esame, non risulta soddisfatto quantomeno il punto d), ossia la prova della decisivita’ della prova di cui e’ stata asserita-mente omessa la valutazione.
12. Puo’ poi procedersi nell’esame del settimo motivo di ricorso, con cui il ricorrente svolge censure di violazione di legge in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 10, quanto ai capi d) ed e.2), atteso il travisamento della predetta norma e correlato vizio di contraddittorieta’ della motivazione quanto alla ritenuta necessita’ di un’autorizzazione sul punto con le deposizioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), dovendosi escludere la sussistenza dell’abuso edilizio con conseguente illegittimita’ dell’ordine di demolizione.
Anche tale motivo e’ manifestamente infondato.
Ed infatti, la Corte d’appello sul punto si sofferma argomentando a pag. 22 della sentenza impugnata, richiamando quanto gia’ esposto dal primo giudice (segnatamente, si v. pag. 12 della sentenza in cui si sintetizzano gli elementi e le argomentazioni che il primo giudice aveva utilizzato per giustificare il giudizio di responsabilita’ dell’imputato per l’illecito edilizio a proposito della realizzazione del terrapieno), sottolineandosi da parte dei giudici territoriali anche l’assenza dell’asserita temporaneita’, in quanto opera destinata alla realizzazione di una barriera antirumore, ne’ essendo del tutto rispondente al vero che si fosse trattato di terre e rocce da scavo, essendosi rinvenuti anche residui di materiali provenienti da attivita’ di demolizione. Le conclusioni cui pervengono i giudici di merito, del resto, sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte, che ha infatti affermato che integra il reato di costruzione edilizia abusiva la realizzazione di un terrapieno di rilevanti dimensioni sia in ampiezza che in altezza, non potendosi inquadrare tale intervento tra quelli per i quali non e’ richiesto il permesso di costruire (Sez. 3, n. 35629 del 11/07/2007 – dep. 27/09/2007, Fragapane, Rv. 237565).
13. Nel resto, le deduzioni difensive di cui al settimo motivo quanto all’esistenza di presunti vizi motivazionali si risolvono prospettano una critica risolventesi nel mero dissenso del ricorrente rispetto all’approdo valutativo operato dalla Corte d’appello, non consentito in questa sede.
Deve, a tal proposito, essere ribadito che gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l’esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimita’ e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorieta’ della motivazione solo perche’ contrari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l’indagine sull’attendibilita’ dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della congruita’ e logicita’ della motivazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989 – dep. 11/01/1990, Bianchesi, Rv. 182961). Il controllo di legittimita’ sulla motivazione e’, infatti, diretto ad accertare se a base della pronuncia del giudice di merito esista un concreto apprezzamento del materiale probatorio e/o indiziario e se la motivazione non sia puramente assertiva o palesemente affetta da vizi logici. Restano escluse da tale controllo sia l’interpretazione e la consistenza degli indizi e delle prove sia le eventuali incongruenze logiche che non siano manifeste, ossia macroscopiche, eclatanti, assolutamente incompatibili con altri passaggi argomentativi risultanti dal testo del provvedimento impugnato: ne consegue che non possono trovare ingresso in sede di legittimita’ i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti ne’ su altre spiegazioni, per quanto plausibili o logicamente sostenibili, formulate dal ricorrente (Sez. 6, n. 1762 del 15/05/1998 – dep. 01/06/1998, Albano L, Rv. 210923).

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