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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 16 giugno 2015, n. 25230. La truffa c.d. contrattuale, quale è quella per cui si procede, è un reato di danno che si consuma nel momento in cui si verifica l’effettivo conseguimento dei bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato. Danno che non solo deve avere contenuto economico, ma deve consistere anche per il soggetto passivo in una lesione del bene tutelato, concreta ed effettiva, e non soltanto potenziale. Va, infatti, osservato che la truffa è un reato che prevede, come elementi costitutivi, due requisiti: il conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente e il danno da parte dei soggetto leso: solo quando entrambi questi due elementi si sono verificati, la truffa può dirsi consumata proprio perché la condotta ingannatrice (alla quale sono riconducibili causalmente i due suddetti eventi) si è completamente realizzata. Nei casi tipici in cui l’oggetto materiale dei reato è costituito da titoli di credito, il momento della sua consumazione è stato indicato in quello dell’acquisizione da parte dell’autore del reato, della relativa valuta, attraverso la loro riscossione o utilizzazione, poiché solo per mezzo di queste si concreta il vantaggio patrimoniale dell’agente e nel contempo diviene definitiva la potenziale lesione dei patrimonio della parte offesa. Nel caso in esame, tuttavia, il raggiro è stato realizzato attraverso l’uso di una carta postepay ricaricabile che consente il versamento di denaro su una carta propria o di terzi. Il conseguimento dei profitto da parte dei soggetto truffatore si è verificato nel momento stesso in cui la parte offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta ricaricabile a lui intestata. Detto versamento ha infatti realizzato contestualmente l’effettivo conseguimento dei bene da parte dell’agente, che ha avuto immediatamente a disposizione la somma versata, e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato. La competenza territoriale va quindi radicata nel luogo ove è stato effettuato il versamento

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 16 giugno 2015, n. 25230 Rilevato in fatto 1. Con sentenza resa in data 3 ottobre 2013, il Tribunale di Agrigento in composizione monocratica, investito dei giudizio nei confronti di A.M. imputato del reato di truffa, dichiarava la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Brescia, nella...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 25756. La circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso è integrata quando – anche in base alla Convenzione di New York del 7 marzo 1966, resa esecutiva in Italia con la legge n. 654 dei 1975 – l’azione si manifesti come consapevole esteriorizzazione, immediatamente percepibile, nel contesto in cui è maturata, avuto anche riguardo al comune sentire, di un sentimento di avversione o di discriminazione fondato sulla razza, l’origine etnica o il colore e cioè di un sentimento immediatamente percepibile come connaturato alla esclusione di condizioni di parità, non essendo comunque necessario che la condotta incriminata sia destinata o, quanto meno, potenzialmente idonea a rendere percepibile all’esterno – e quindi a suscitare – il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori, anche perché ciò comporterebbe l’irragionevole conseguenza di escludere l’aggravante in questione in tutti i casi in cui l’azione lesiva si svolgesse in assenza di terze persone

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 25756 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 9 novembre 2012 del Tribunale di Cremona, confermata dalla Corte d’appello di Brescia il 19 novembre 2013, M.G. era condannata alla pena di giustizia per il reato di atti persecutori, aggravato dalla finalità di discriminazione...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 giugno 2015, n. 25748. Ad integrare l’elemento psicologico dei delitto di lesioni personali non è necessario che la volontà dell’agente sia diretta alla produzione di determinate conseguenze lesive, ma è sufficiente la volontà consapevole di far subire all’altrui persona fisica una violenza

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 giugno 2015, n. 25748 Ritenuto in fatto Con sentenza in data 12.11.13 la Corte di Appello di Firenze pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Firenze in data 6.4.10 che aveva condannato B.P.P., quale responsabile del reato di lesioni colpose;- in accoglimento dell’appello proposto...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 giugno 2015, n. 24785. La confisca per equivalente assolve ad una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 11 giugno 2015, n. 24785 Fatto Con ordinanza del 07/01/2015, il Tribunale del Riesame di Monza – su ricorso proposto da STAN s.r.l., M.G. e G.F. avverso il decreto di sequestro per equivalente ordinato dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 05/12/2014 – rigettava...