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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 3 febbraio 2014, n. 2357. La revisione delle rendite catastali deve essere fatta rendendo noto l’atto con il quale si è provveduto alla revisione dei «valori della microzona sulla base di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano». In caso contrario l’atto è nullo, perché non viene reso possibile al contribuente conoscere i presupposti del nuovo classamento.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 3 febbraio 2014, n. 2357 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE T Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CICALA Mario – Presidente Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 febbraio 2014, n. 3089. Ai fini della legittimità del recesso ex art. 1385 cod. civ., come della risoluzione, non è sufficiente l’inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., dovendo il giudice tenere conto della effettiva incidenza dell’inadempimento sul sinallagma contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l’utilità del contratto alla stregua dell’economia complessiva dello stesso. Per altro, la mancata indicazione di un termine essenziale non vale ad escludere che i ritardi nella stipula del definitivo possano costituire di per sé un inadempimento di non scarsa importanza, ove concretamente i ritardi nell’adempimento superino ogni ragionevole limite di tolleranza da apprezzarsi discrezionalmente dal giudice di merito in relazione all’oggetto del contratto e alla natura del medesimo

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II SENTENZA 11 febbraio 2014, n. 3089 Ritenuto in fatto Il Tribunale di Chiavari con sentenza n. 283 del 2004 rigettava la domanda proposta da L.A. (promissario acquirente di un fabbricato abitativo sito in (omissis) località (omissis) , per la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore P.M....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 10 febbraio 2014, n. 2962. L’occupazione a fini di ricerca archeologica costituisce attività lecita della pubblica amministrazione, mirante a realizzare l’interesse pubblico alla conservazione del patrimonio storico-artistico e alla promozione della cultura e della ricerca (art. 9 Cost.), essendo d’altro canto giustificati, per ragioni d’interesse culturale, anche il sacrificio definitivo della proprietà privata (art. 56 l. 1089/39), o, più in generale, la limitazione all’uso, al godimento, alla disponibilità (artt. 3 e 21). La proprietà delle cose che rivestono l’interesse storico, artistico, archeologico, nasce vincolata, e la connotazione culturale del bene è un carattere che incide sulla valutazione economica dello stesso, comportando, ad esempio, che in caso di esproprio, dell’eventuale minusvalore che il vincolo determini sul bene, a causa della sua limitata utilizzabilità, si debba tener conto in sede di determinazione dell’indennizzo, come per tutti i vincoli conformativi della proprietà. La riparazione del pregiudizio arrecato alla proprietà privata dall’occupazione a fini di ricerca archeologica non può essere ispirata ai caratteri di integralità del risarcimento, bensì assume i connotati dell’obbligazione indennitaria che, in quanto riferita alla lesione dell’altrui interesse a prescindere dal contegno illecito e dalla colpa, si risolve nell’obbligo di versare un compenso minore, per lo più limitato alla perdita della disponibilità del bene

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 10 febbraio 2014, n. 2962 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 12.6.1996, la Edilstevi s.r.l. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Lecce il Ministero per i beni culturali e ambientali chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 1.149.954.960, con interessi e rivalutazione,...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 7 febbraio 2014, n. 2815. All’ordinanza con la quale il Presidente del tribunale pronunci, ai sensi dell’art. 708 c.p.c., i provvedimenti temporanei ed urgenti di contenuto economico nell’interesse dei coniugi e della prole, è riconosciuta esplicitamente dall’art. 189 disp. att. c.p.c. la natura di titolo esecutivo, riguardo alle obbligazioni già definite nell’ammontare (ad es., il contributo al mantenimento per il coniuge e per i figli), non anche per le spese che debbano essere affrontate il prosieguo. In linea con la giurisprudenza di questa sezione, va riaffermato che nel caso in cui il coniuge onerato alla contribuzione delle spese straordinarie, sia pure pro quota, non adempia, al fine di legittimare l’esecuzione forzata, occorre adire nuovamente il giudice affinché accerti l’effettiva sussistenza delle condizioni di fatto che determinano l’insorgenza stessa dell’obbligo di esborso di quelle spese, e ne determini l’esatto ammontare

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza  7 febbraio 2014, n. 2815 Svolgimento del processo Con la sentenza depositata il 22.3.2007, oggetto della presente impugnazione, il Giudice di pace di Terni, decidendo sull’opposizione di R.R. all’esecuzione (oltre che agli atti esecutivi) promossa da P.L. per il rimborso del 50% delle spese mediche e scolastiche relative...