cassazione

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 11 febbraio 2014, n. 3089

Ritenuto in fatto

Il Tribunale di Chiavari con sentenza n. 283 del 2004 rigettava la domanda proposta da L.A. (promissario acquirente di un fabbricato abitativo sito in (omissis) località (omissis) , per la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del promittente venditore P.M. e per la condanna di quest’ultimo alla restituzione del doppio della caparra, nonché dell’ulteriore acconto di L. 10.000.000 e al risarcimento danni, In accoglimento della domanda riconvenzionale avanzata da P.M. dichiarava risolto il contratto preliminare di vendita per l’inadempimento del promissario acquirente L. e il diritto del promittente venditore di trattenere le somme ricevute a titolo di caparra confirmatoria, condannava l’attore al rimborso delle spese del giudizio.
Avverso questa sentenza proponeva appello L. , deducendo essenzialmente un’erronea ricostruzione delle trattative, nonché dei rapporti intercorsi tra le parti. Chiedeva la totale riforma della sentenza e l’accoglimento delle domande, già dispiegate in primo grado.
Si costituiva P. assumendo che le valutazione del primo giudice erano corrette e condivisibili, dovendosi individuare nel promissario acquirente L. il contraente inadempiente, chiedeva, pertanto, il rigetto dell’appello.
La Corte di appello di Genova con sentenza n. 1146 del 2007 accoglieva l’appello, e in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la risoluzione del contratto preliminare di compravendita per inadempimento del promittente venditore P. , rigettava l’originaria domanda riconvenzionale del P. e condannava quest’ultimo al rimborso delle spese giudiziali del primo e del secondo grado. Secondo la Corte di Genova il Tribunale aveva erroneamente interpretato le risultanze istruttorie. Piuttosto, i ripetuti ritardi nella stipula del definitivo dipeso tutti da responsabilità del promittente venditore il quale non si era preoccupato prima della regolarità edilizia dell’immobile e poi, risolta tale questione, del fatto che, appartenendo l’immobile pro quota ad un minore, occorreva apposita autorizzazione giudiziale alla vendita.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da P.M. con ricorso affidato a due motivi. L.A. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria. Gli eredi di P. nell’imminenza dell’udienza pubblica hanno depositato memoria ex art. 378 cpc, con elezione di nuovo procuratore con procura a margine della suddetta memoria.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo P.M. lamenta l’errata applicazione dell’art. 1385 cc. ed omessa applicazione dell’art. 1455 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc.

Secondo il ricorrente la Corte di Genova avrebbe omesso una valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento attribuito a P. , valutazione alla quale era tenuta anche di ufficio, considerato che, ai sensi dell’art. 1455, il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza avuto riguardo all’interesse dell’altro.

Si chiede, pertanto a questa Corte di chiarire se nel caso di specie, avendo una delle parti contraenti esercitato il recesso ex art. 1385 cc, deducendo l’inadempimento risolutorio dell’altra parte, il Giudice per poter dichiarare la legittimità dell’operato recesso doveva applicare l’art. 1455 cc. e, quindi accertare anche di ufficio la non scarsa importanza dell’inadempimento avuto riguardo all’interesse dell’altra parte, trattandosi di elemento che attiene al fondamento stesso della domanda? E non avendo effettuato tale accertamento non poteva, in applicazione dell’art. 1385 cc, dichiarare sciolto il contratto per legittimo recesso con i conseguenti oneri a carico del convenuto.

1.1.- La censura è fondata e va accolta.

Appare opportuno premettere che come, pure, afferma la dottrina e la giurisprudenza anche di questa Corte Suprema, ai fini della legittimità del recesso ex art. 1385 cod. civ., come della risoluzione, non è sufficiente l’inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., dovendo il giudice tenere conto della effettiva incidenza dell’inadempimento sul sinallagma contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l’utilità del contratto alla stregua dell’economia complessiva dello stesso. Per altro, la mancata indicazione di un termine essenziale non vale ad escludere che i ritardi nella stipula del definitivo possano costituire di per sé un inadempimento di non scarsa importanza, ove concretamente i ritardi nell’adempimento superino ogni ragionevole limite di tolleranza da apprezzarsi discrezionalmente dal giudice di merito in relazione all’oggetto del contratto e alla natura del medesimo.

Ora, nel caso concreto la Corte di Genova nel dichiarare la risoluzione del preliminare di vendita oggetto della controversia ha accertato l’inadempimento del P. ma non ha chiarito – e lo avrebbe dovuto fare – se l’inadempimento di cui si dice fosse oggettivamente e nella situazione specifica non di scarsa rilevanza.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’errata applicazione del’art. 1385 cc, in relazione agli artt. 1455 e 1460 cc, Contraddittorietà ed insufficienza della motivazione sul dedotto inadempimento del promittente.

Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata presenterebbe una motivazione insufficiente e contraddittoria, in ordine alla sussistenza di un inadempimento del promittente venditore. In particolare, il ricorrente specifica che le coordinate della questioni sono: a) che le parti dopo aver concordato la data del 30 settembre 1991 per la stipula del contratto concordarono un differimento per poter procedere ad una serie di adempimenti senza, tuttavia, fissare una nuova data; b) il 20 gennaio 1993 veniva conclusa la pratica di sanatoria, ma a quella data emergeva la necessità dell’autorizzazione del Giudice tutelare per la vendita atteso che una quota del bene promesso in vendita risultava intentato alla figlia del P. , all’epoca era minorenne; c) nel frattempo e prima ancora che venisse rilasciata l’autorizzazione del Giudice tutelare la moglie e la figlia del L. , che in un incontro presso il notaio rappresentavano il L. chiedevano una riduzione del prezzo della compravendita, una richiesta che non veniva accettata. Pertanto, specifica il P. non essendo stato fissato un termine per l’adempimento, non poteva sussistere inadempimento del promittente per non aver adempiuto nei termini.

Né sarebbe corretta l’affermazione della Corte di merito secondo cui:

l’inadempimento del P. sarebbe risolutorio in quanto nell’ultimo incontro dal notaio ammesso pure che la moglie e la figlia del L. si fossero offerte di pagare l’intero prezzo, comunque, il P. non era in grado di stipulare il contratto perché mancava l’autorizzazione del Giudice tutelare che fu rilasciata il 25 agosto 1994 perché quell’incontro non era stato programmato per la stipula del contratto, ma per valutare la proposta dell’ulteriore riduzione del prezzo e per valutare la correttezza della richiesta autorizzazione al Giudice tutelare in vista della vendita dell’immobile a nuovo contraente del tutto estraneo al promissario acquirente. Piuttosto, dalle dichiarazioni del Notaio emergeva che la data della stipula del contratto non era stata più fissata non per il mancato espletamento della pratica presso il Giudice tutelare ma per la pretesa del promissario acquirente di pagare un prezzo inferiore a quello convenuto.

E di più, la Corte di Genova ha omesso di valutare l’inadempimento del promissario anche in relazione all’art. 1460 cc. In sostanza, la Corte di appello affermava un inadempimento del P. o senza per altro indicare esattamente né i termini di tale inadempimento né la gravità dello stesso e pur ammettendo l’inadempimento di controparte ometteva totalmente un giudizio di comparazione tra i comportamenti delle parti indispensabile per stabilire quale delle due abbia con il proprio contegno reso impossibile la stipula.

Il fatto decisivo, conclude il ricorrente, sul quale quindi la motivazione è insufficiente e contraddittoria ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc e 366 bis è che il rifiuto da parte del L. di provvedere al pagamento del prezzo convenuto si poneva come inadempimento impeditivo della stipula del contratto nonché della stessa presentazione dell’istanza al Giudice tutelare con conseguente illegittimità dell’operato recesso da parte, proprio, del contraente che non intendeva adempiere alla obbligazione principale del pagamento del prezzo.

2.1.- Il motivo rimane assorbito dal precedente, atteso che la valutazione relativa all’inadempimento del P. non può che coinvolgere anche l’inadempimento del L. e una comparazione tra gli stessi.

In definitiva, va accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Genova anche per il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Genova, anche per le spese del presente giudizio di cassazione

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