Corte di Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 4 gennaio 2018, n. 111. Per applicare le misure di prevenzione personale agli indiziati di appartenere all’associazione mafiosa è necessario accertate il requisito dell’attualità della pericolosità del proposto

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La conseguenza e’ che l’eccezione contenuta nella normativa, che autorizza l’applicazione di restrizioni sulla liberta’ di circolazione anche in mancanza di connessioni della condotta del proposto con la realizzazione di un fatto reato, pur fatta salva dalle statuizioni espresse in argomento dalla giurisprudenza della Corte EDU (G.C. 23/02/2017, De Tomaso c. Italia), sulla considerazione della particolare vitalita’ e pericolosita’ di tali compagini nel nostro territorio, vada interpretata, proprio per salvaguardare nel concreto l’applicazione dei principi fondamentali di rango costituzionale e della CEDU (di cui per altri versi si e’ fatta gia’ carico la giurisprudenza a Sezioni Unite con la sentenza n. 40076 del 27/04/2017, Paterno’, Rv. 270496), ricercando una stringente correlazione tra gli elementi che hanno autorizzato in quella sede tale deroga dai principi generali, e le esigenze concrete, abbandonando interpretazioni fondate su una astratta semplificazione probatoria, tanto piu’ in quanto rimaste prive di sostegno normativo.
Come e’ gia’ stato rilevato nella appena citata pronuncia delle Sez. U, il richiamo sopraggiunto in materia da parte del giudice sovranazionale rimanda alla necessita’ di una lettura tassativizzante e tipizzante della fattispecie per assicurare aderenza del sistema di prevenzione ai principi convenzionali, esigenza che non puo’ che coinvolgere anche i criteri applicativi delle misure, proprio per la loro caratteristica di afflittivita’, al di fuori dalla connessione con la consumazione di un reato, e per la connessa pertinenza ad una situazione di allarme sociale incombente, di cui devono essere definiti specificamente i contorni per giustificarne l’applicazione, esigenza quest’ultima che si pone in antitesi con qualsiasi automatismo dimostrativo.
12. Si deve conclusivamente affermare, alla luce del dato normativo e dello sviluppo della giurisprudenza di legittimita’, avvalorata dalle piu’ recenti pronunce giurisdizionali costituzionali e della Corte EDU, che il richiamo alle presunzioni semplici deve essere corroborato dalla valorizzazione di specifici elementi di fatto che le sostengano ed evidenzino la natura strutturale dell’apporto, per effetto delle ragioni di collegamento espressamente enucleate sulla base degli atti, onde sostenere la connessione con la fase di applicazione della misura.
Per contro, conformemente a quanto gia’ statuito in sede di applicazione della misura cautelare, occorre confrontarsi, al fine della valutazione di persistente pericolosita’, con qualsiasi elemento di fatto suscettibile, anche sul piano logico, di mutare la valutazione di partecipazione al gruppo associativo, al di la’ della dimostrazione di un dato formale di recesso dalla medesima – anche li’ dove sia possibile evocare astrattamente un recesso, che si puo’ connettere solo ad attivita’ partecipativa -, quale puo’ ravvisarsi nel decorso di un rilevante periodo temporale o nel mutamento delle condizioni di vita, tali da renderle incompatibili con la persistenza del vincolo.
13. Sul quesito proposto deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto:
“Nel procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali agli indiziati di “appartenere” ad una associazione di tipo mafioso, e’ necessario accertare il requisito della “attualita’” della pericolosita’ del proposto”.
14. Passando all’analisi del caso di specie si osserva che il ricorso risulta generico, in punto di contestazione sul presupposto dell’appartenenza alla compagine mafiosa dell’interessato, nonche’ proposto per motivi non consentiti, quanto alla contestazione dei vizi di logicita’ della motivazione, in conseguenza della specifica esclusione di tale vizio tra quelli rilevabili a mente dell’articolo 10, comma 3, Decreto Legislativo in esame, e impreciso nella ricostruzione di fatto, ove riferisce dell’esclusione dell’applicazione dell’aggravante speciale di cui al Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 152, articolo 7, conv. dalla L. 12 luglio 1991, n. 203, nell’accertamento del reato di cui al Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-quinques, conv. dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, smentita dall’esame del relativo provvedimento, che espressamente include l’accertamento positivo della citata circostanza.

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