Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 5 gennaio 2018, n. 62. Le diffide in senso stretto consistono nel formale avvertimento – indirizzato ad un soggetto (pubblico o privato), tenuto all’osservanza di un obbligo in base ad un preesistente titolo (legge, sentenza, atto amministrativo, contratto) – di ottemperare all’obbligo stesso.

Le diffide in senso stretto consistono nel formale avvertimento – indirizzato ad un soggetto (pubblico o privato), tenuto all’osservanza di un obbligo in base ad un preesistente titolo (legge, sentenza, atto amministrativo, contratto) – di ottemperare all’obbligo stesso. Esse, dunque, non hanno carattere novativo di tale obbligo e usualmente il loro effetto consiste nel far decorrere un termine dilatorio per l’adozione di provvedimenti sfavorevoli nei confronti dei soggetti destinatari, i quali, nonostante l’intimazione, siano rimasti inosservanti del proprio obbligo. Ne consegue che le diffide in senso stretto non sono immediatamente lesive della sfera giuridica del destinatario, a differenza dei successivi provvedimenti sfavorevoli, e, come tali, non sono ritenute atti immediatamente impugnabili. A diverse conclusioni si perviene quando l’atto, comunque denominato, sia idoneo a produrre direttamente (immediatamente) effetti giuridici, facendo sorgere un obbligo prima non sussistente o assegnando in modo definitivo ad un bene o ad una condotta una nuova qualificazione giuridica, o vincolando (anche solo per alcuni profili) l’amministrazione alla successiva adozione di atti sfavorevoli; tale è, ad esempio, la diffida a demolire opere abusive. Alla luce di tale distinzione, l’atto adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM 21 dicembre 2015) con cui gli enti sub-statali a sono stati diffidati a bonificare le discariche abusive situate nei rispettivi territori, ha natura di diffida in senso stretto. Ed infatti esso si pone in termini meramente ricognitivi di obblighi discendono a carico dei Comuni interessati e della Regione Veneto, in termini generali ed astratti, direttamente da una norma di legge, quale l’art. 250, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; in secondo luogo, l’accertamento dell’inadempimento a tali obblighi ha carattere meramente preliminare rispetto alla definitiva valutazione di competenza del Consiglio dei Ministri; in terzo luogo, l’adozione dell’atto di diffida non priva in alcun modo le amministrazioni destinatarie del potere di adottare gli atti di propria competenza.

Sentenza 5 gennaio 2018, n. 62
Data udienza 15 giugno 2017

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7724 del 2016, proposto da:
Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Ez. Za., Fr. Za., Lu. Lo., An. Ma., con domicilio eletto presso lo studio An. Ma. in Roma, via (…);
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Ambiente, in persona dei legali rappresentantì p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
nei confronti di
Comune di Venezia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ia., Ni. On., Ma. Ba., Ni. Pa., con domicilio eletto presso lo studio Ni. Pa. in Roma, via (…);
Sy. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato St. Gr., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza (…);
Città Metropolitana di Venezia, Comune di (omissis). non costituiti in giudizio;
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Ra. Tu., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO, SEZ. III n. 00925/2016, resa tra le parti, concernente ECOLOGIA: DIFFIDA AD INTRAPRENDERE I LAVORI DI MESSA IN SICUREZZA PERMANENTE DEL SITO DENOMINATO MALCONTENTA C
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri; Ministero dell’Ambiente, Comune di Venezia, Sy. Spa, Comune di (omissis);
Visti gli appelli incidentali proposti dal Comune di Venezia e dal Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 giugno 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati An. Ma., Za., Fa. Fe. (avv. Stato), Gr., Ma. su delega di Tu. e Na. Pa. su delega di Ni. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con l’appello in esame, la Regione Veneto impugna la sentenza 1 agosto 2016 n. 925, con la quale il TAR per il Veneto, sez. III, ha, previa riunione, dichiarato inammissibili quattro ricorsi proposti avverso una pluralità di atti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, relativi a talune discariche ubicate nel territorio veneto.

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