Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 5 gennaio 2018, n. 62. Le diffide in senso stretto consistono nel formale avvertimento – indirizzato ad un soggetto (pubblico o privato), tenuto all’osservanza di un obbligo in base ad un preesistente titolo (legge, sentenza, atto amministrativo, contratto) – di ottemperare all’obbligo stesso.

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5.2. Nel caso di specie, l’atto di diffida impugnato (DPCM 21 dicembre 2015), adottato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha natura di diffida in senso stretto. Ed infatti:
– in primo luogo, esso si pone in termini meramente ricognitivi di obblighi che, secondo la Presidenza del Consiglio, discendono a carico dei Comuni interessati e della Regione Veneto, in termini generali ed astratti, direttamente da una norma di legge, quale l’art. 250, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, richiamato integralmente nel preambolo del decreto;
– in secondo luogo, l’accertamento dell’inadempimento a tali obblighi – che peraltro nelle premesse del decreto viene assunto quale dato presupposto (“considerato che l’accertamento dell’inadempimento da parte delle amministrazioni regionali e locali risale alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 26 aprile 2007 nella causa C – 135/05”) – ha carattere meramente preliminare rispetto alla definitiva valutazione di competenza del Consiglio dei Ministri. A tal fine, occorre osservare (in adesione alla sentenza impugnata), che il decreto non vincola di per sé il Consiglio dei Ministri alla adozione necessitata di conseguenti provvedimenti per il caso di superamento del termine indicato in diffida, poiché a tal fine è necessaria una nuova determinazione da parte di un organo diverso da quello che ha adottato l’atto di diffida e che provvede solo dopo aver sentito l’ente interessato (art. 8, co. 1, l. n. 131/2003; art. 41, co. 2-bis, l. n. 234/2012); ne consegue che il Consiglio dei Ministri potrebbe – una volta acquisiti ulteriori elementi di valutazione anche dal confronto con l’ente interessato – operare una diversa valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’attivazione di poteri sostitutivi;
– in terzo luogo, l’adozione dell’atto di diffida non priva in alcun modo le amministrazioni destinatarie del potere di adottare gli atti di propria competenza.
5.3. Nel contesto così come innanzi descritto, la mera indicazione nell’atto di diffida di termini puntuali per adempiere agli obblighi ritenuti sussistenti a carico della Regione Veneto e dei Comuni (Venezia, (omissis), (omissis)) non appare sufficiente a mutare la natura dell’atto (diffida in senso stretto), quale atto avente natura endoprocedimentale, non immediatamente lesivo.
Ciò in quanto la Presidenza del Consiglio, operando nel dichiarato presupposto che le amministrazioni destinatarie del decreto versino già in una situazione di inadempimento, non intende assegnare un normale termine per adempiere o un mero differimento, bensì intende integrare un elemento di una fattispecie complessa, che – con il concorso dell’ulteriore presupposto dell’inutile decorso del termine – consente di investire della questione il Consiglio dei Ministri, al quale compete l’adozione degli eventuali (e non predefiniti quanto al contenuto) provvedimenti finali.
5.4. Le considerazioni innanzi delineate non mutano per il fatto che il Comune di Venezia ha esposto che l’obbligo di bonifica era già stato in precedenza posto a carico di un soggetto privato (la società Sy.), ovvero per il fatto che il Comune di (omissis) assume di essere stato incluso per mero errore tra gli enti destinatari di diffida.
Ed infatti, la Regione ed i Comuni interessati ben possono esporre le loro ragioni nel corso ulteriore del procedimento e, nel caso in cui le stesse non vengano favorevolmente valutate, impugnare l’eventuale provvedimento conclusivo adottato e da loro ritenuto illegittimo e lesivo.
Proprio perché non è la diffida l’atto concretamente lesivo, i soggetti destinatari ben possono far valere le proprie ragioni avverso gli atti di attivazione dei poteri sostitutivi e di nomina del commissario straordinario per la gestione delle discariche, assunti nelle riunioni del Consiglio dei Ministri del 29 dicembre 2016 e, da ultimo, del 24 marzo 2017 (ampiamente richiamati negli atti di causa); provvedimenti che, peraltro, risultano essere già stati oggetto di impugnazione (v. memoria Comune di (omissis) dep. il 25 maggio 2017).
6. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello della Regione Veneto e gli appelli incidentali devono essere respinti, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Stante la natura e novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla Regione Veneto (n. 7724/2016), lo rigetta e rigetta altresì gli appelli incidentali proposti, confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata.
Compensa tra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere

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